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Autore: Locked    05/04/2015    3 recensioni
Questa FF partecipa al Glee Big Bang Italia.
"Perché essere anime gemelle significa molto di più che amarsi per tutta la vita."
Questo era esattamente il genere di frasi melense che Kurt Hummel avrebbe creduto di poter ritrovare nella carta spiegazzata di un cioccolatino di San Valentino - o in una versione arrangiata della proposta di matrimonio del proprio fidanzato Blaine Anderson, insomma.
Non avrebbe mai potuto immaginare quanta verità una simile frase potesse effettivamente nascondere.
Dal testo:
[Dopo una lotta – impari, a detta di Blaine – contro gli scatoloni ricolmi di vecchi oggetti inutilizzati che ‘continuano ad uscire fuori dal nulla, Kurt!’ la sua testa riccioluta riemerse dal ripostiglio con un vecchio lettore di videocassette nelle mani e una luce brillante negli occhi.
“Okay, Kurt, potresti spostarti? Non ho posto per sedermi.”
“Blaine.”
“Ho capito che non volevi alzarti, ma se per favore potresti scorrere—“
“Blaine quei due-- i due sullo schermo, siamo noi.”

"Oh mio Dio."]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note Iniziali:
Un grazie a Anna_Vik e Fé per le splendide recensioni alla scorsa OS. *regala colombe pasquali e marshmallows*
Duuuunque, questa OS è -- non saprei come definirla. So che mi sono divertita da morire a scriverla, questo sì.
E' ambientata in un qualsiasi reality show a contatto con la natura: io non sono solita guardarli, quindi l'ho trattato in maniera moooolto generale - come ben vedrete, non è quello il centro della storia. :')
E nulla, spero vi piaccia!


 
I’m in love with you and all your silly things – kind of


 
Giorno 1

Se c’è una cosa che Kurt Hummel, ventidue anni e un cumulo di battute sarcastiche sulla lingua, ha capito dalla vita è mai fidarsi di Rachel Berry. E il fatto che sia la sua migliore amica da quando entrambi pesavano come un uovo di Pasqua al cioccolato non ha la minima influenza sul suo giudizio; la regola resta mai fidarsi di Rachel Berry.
Il loro conoscersi da tempo immemore, poi, era diventato completamente irrilevante nel momento in cui Kurt si era ritrovato nella cassetta della posta una lettera che recitava a caratteri cubitali “Congratulazioni! Siete stati scelti per partecipare al Reality Show dell’anno L’ultimo sopravvissuto!”. A quel punto, le urla di Kurt si erano sentite pressoché per tutta l’isola di Manhattan, e Rachel era rimasta senza il suo amato caffè al Ginseng per due intere settimane.
Certo, è pur vero che non navigano nell’oro e che l’aria del loro dannato monolocale nell’angolo più infognato di Bushwick sa di umido e vecchiotto per la maggior parte del tempo, ma quei cinquecentomila dollari in palio non convincerebbero nemmeno il più povero dei Kurt Hummel a trascorrere un’indefinita quantità di tempo su un’isola semi-deserta, con Dio solo sa quanti insetti e animali selvatici.
Nossignore.
Infatti in quel momento Kurt Hummel non si trova sulla suddetta isola semi-deserta, con una valigia pesante come il suo intero armadio – nessuno aveva messo un limite sui vestiti che si potevano portare, quindi, perché no? – agganciata alla mano e una smorfia non meglio identificabile stampata in faccia.
Assolutamente.
“Ti odio,” borbotta in direzione di Rachel. Lei rotea gli occhi e s’incastra una ciocca di capelli sotto agli occhiali da sole. “Non è vero,” gli canticchia, e Kurt le rifila la peggiore delle sue occhiate truci, quelle da se ti azzardi a contraddirmi potresti ritrovarti un arto in meno.
“Dai, Kurtie!” sbuffa Rachel. “Quei soldi ci servono, il posto è bellissimo,” gesticola vagamente in direzione dell’oceano limpido a due passi da loro, “e laggiù intravedo dei ragazzi decisamente interessanti. Non fare lo scorfano brontolone.” Si gira in una folata di capelli castani e s’incammina verso il centro dello spiazzo che ha indicato prima, attorno al quale si è formato un discreto chiacchiericcio, trascinandosi dietro un trolley fucsia.
“Stai citando Alla ricerca di Nemo, Rachel Berry.”
“Zitto e nuota.”
Ed è a quel punto, che Kurt Hummel si rende conto di essere nei casini.
 
*
 
Miracolosamente, è riuscito ad arrivare al cerchio di ragazze e ragazzi, trascinandosi dietro la valigia senza riportare danni gravi al proprio corpo. Sbuffa e si avvicina a Rachel, che sta già chiacchierando con un tipo piuttosto gigantesco e piuttosto addormentato. Non che conosca il suo nome – non conosce nessuno, lì. Quel reality show è decisamente un covo di sfigati, per essere riuscito a prendere in un colpo solo lui e Rachel. Non che quei tipi siano tanto più interessanti di loro, comunque.
Scandaglia con lo sguardo il piccolo gruppo di persone che lo circonda; nessuno sembra aver notato il suo arrivo, tranne un ragazzo non troppo alto all’estremità opposta del cerchio. Lo sta fissando intensamente, consapevolmente, e per un attimo qualcosa nello stomaco di Kurt si contrae. E’ davvero carino; di quel tipo di bellezza che sa di esotico e particolare, di non-canonico. Il corpo piccolo è racchiuso da una t-shirt slabbrata ai bordi e un paio di jeans assolutamente normali, eppure tutto in lui sembra gridare Notami! e Kurt si ritrova a fissarlo.
Si perde per qualche istante negli intrecci dei lineamenti mascolini del suo volto – la mascella ben squadrata e marcata, due bolle di carne soffici e carnose al posto delle labbra, dei pozzi di un colore indefinito al posto degli occhi – e non riesce ad impedirsi di lasciar scivolare lo sguardo sulla pelle ambrata ed olivastra del collo e delle braccia muscolose e— okay, lo sta fissando ed è inquietante.
Sposta di nuovo gli occhi nelle sue iridi e vi si immerge dentro – non riesce nemmeno a far finta di riuscire a smettere di divorarlo con lo sguardo – e il ragazzo ammicca. Ammicca, e il respiro di Kurt si perde da qualche parte tra i polmoni e la trachea. E no, non sta arrossendo.
Oh, al diavolo. Potrebbe star arrossendo.
Da quel momento in poi, non guarda più in quella direzione e le sue orecchie assumono cinque diverse tonalità di magenta.
 
*
 
“Questa qui è una pazza,” sibila Kurt all’orecchio di Rachel. C’è una donna, al centro del cerchio; è arrivata cinque minuti prima e non ha smesso di sbraitare in un megafono per un singolo istante. “Ascoltatemi bene, mucchietti informi di ossa e tessuto muscolare flaccido che avete deciso di imbarcarvi in questa follia: io sono Sue Sylvester, ma siete liberi di chiamarmi Il Capo—“
“E ha manie di grandezza peggiori delle tue.” Rachel gli conficca un gomito tra le costole.
“Laggiù,” Sue indica la grande distesa azzurra di acqua che riempie loro gli occhi, “c’è l’oceano. Ci sono gli squali, pericolo mortale e bla, bla, bla— bazzecole. Invece qui,” gesticola appena verso dei bungalow al centro di una radura poco distante da loro “ci sono le vostre camere. Tutt’intorno, la foresta. Ora,” sbircia l’orologio sul polso e sbuffa appena, “prima prova. Buttate qua le vostre valigie.”
Tutti sbattono gli occhi e si guardano in giro un po’ confusi – tutti tranne Kurt, che sente lo sguardo insistente di quel ragazzo premergli addosso e si rifiuta categoricamente di smettere di fissare le proprie scarpe.
“Le regole sono semplici: scegliete una valigia dal mucchio e cercate di indovinare di chi è – se non conoscete il nome di quella persona, basterà indicarla. Se riuscite ad associare la valigia giusta alla persona giusta, lei dovrà indovinare la vostra. Quando entrambi avrete dato la risposta corretta, afferrate l’uno la valigia dell’altro e iniziate a correre fino ai bungalow. I primi di ogni coppia che arrivano possono scegliere i letti meno infognati.”
“Questa sfida fa schifo,” Rachel gli sussurra all’orecchio e Kurt rotea gli occhi. “Avevi qualche dubbio?”
“Iniziamo!” esclama la donna bionda con un ghigno stampato sulle labbra. “Tu!” grida, ed indica un ragazzo alto e muscoloso dall’altra parte del cerchio. “Io? Okay. Uhm. Io sono Puck,” ridacchia lui, e si passa la mano abbronzata nella cresta da moicano che ha al posto dei capelli. Si avvicina al centro del cerchio e afferra un trolley celeste pallido, dalla forma vagamente arrotondata; lo scruta per qualche istante e poi scandaglia il folto gruppo di ragazzi che lo circonda. Si ferma sulla figura esile di una ragazza bionda ed estremamente aggraziata. “E’ la tua?” Lei sorride e si mordicchia il labbro, annuendo. Muove qualche passo in avanti, mentre si presenta con un “sono Quinn” accarezzato sulle labbra e avanza senza esitazione verso un grande borsone da ginnastica grigiastro.
All’occhiata stranita del ragazzo, Quinn alza le spalle noncurante. “Ti ho visto portarla mentre arrivavi.” Un istante dopo sta già volando verso i bungalow – Puck si ricorda che deve correre solo quando il vestito celeste di lei smette di svolazzare nell’aria.
 
*
 
Kurt scopre che il ragazzo alto e un po’ tonto che parlava con Rachel si chiama Finn, che quello in carrozzina – Artie – corre probabilmente più veloce di tutti quanti messi insieme ed è parecchio simpatico, che i due ragazzi dai tratti vagamente orientali – Mike e Tina, gli sembra di aver capito – stanno insieme e non riescono a tenere le lingue all'interno delle proprie bocche per più di cinque minuti, che un ragazzo biondissimo, Sam, è davvero un gentiluomo, perché si è sacrificato per una certa Mercedes, permettendole di arrivare per prima. Oh, e che Rachel è in grado di correre coi tacchi a spillo nel fango.
Alla fine rimangono in pochi, attorno al cerchio. Lui, il ragazzo davvero carino, due loro coetanee dai tratti meravigliosi — una mora, una bellezza sfacciata intrinseca nei lineamenti esotici e nella pelle color caffellatte; l'altra bionda e vagamente spaesata, due lapislazzuli incastrati nelle iridi e le labbra sottili e vermiglie –, un ragazzo alto e magro con un ghigno stampato sul viso e una ragazzina non troppo alta, bionda e decisamente più giovane di loro.
Sue-Il-Capo lancia loro un’occhiata esasperata – Kurt è convinto che non la paghino abbastanza, per ciò che è costretta a fare – e poi indica con un cenno del capo il ragazzo davvero carino – forse dovrebbe smetterla di chiamarlo così, o il suo quoziente intellettivo si abbasserà a quello di una dodicenne alla sua prima cotta.
Lui ridacchia e raggiunge il centro del cerchio, dove sono raccolte le poche valigie rimaste. “Mi chiamo Blaine,” offre con un sorriso malizioso, continuando a concentrarsi su Kurt.
Blaine.
BlaineBlaineBlaine.
Blaaaaaaine.
Si può essere innamorati di un nome?
Kurt si prenderebbe a calci da solo, se potesse. Non fa neanche in tempo a pensare che ti prego, non prendere la mia— che Blaine sta già agguantando la sua valigia rigida e azzurra, ammiccando di nuovo verso di lui.
“Questa è tua.”
E’ più o meno in quell’istante, che Kurt sente il fiato incespicare nella propria gola; trova da qualche parte la forza di annuire – è completamente certo che le proprie guance stiano sfiorando le tonalità del viola – e muove qualche passo incerto in avanti. “Io sono Kurt,” dice a nessuno in particolare. Si sforza di concentrarsi sul mucchio informe di borsoni accatastati a terra – sul serio, come ha fatto Blaine a riconoscere il suo? – e nota una sacca di un blu scuro un po’ sbiadito piena di spille a cui è agganciata la custodia di una chitarra. Non sa bene cosa  lo attiri verso di essa, ma perché no?
“E’ tua?” Blaine sembra vagamente sorpreso, ma annuisce e si stampa di nuovo in volto la solita maschera di sfacciataggine. “In bocca al lupo con la chitarra,” sogghigna ed inizia a correre.
 
*
 
Kurt vorrebbe poter dire di non essere incespicato nelle sue stesse gambe. Vorrebbe poter dire di essere arrivato ai bungalow per primo senza rischiare la morte a causa di quella dannata chitarra. Vorrebbe poter dire di aver sbattuto la porta delle casette contro il ghigno di Blaine.
Vorrebbe.
 
*
 
Giorno 15

Kurt Hummel è abbastanza sicuro di non aver mai detestato qualcuno tanto quanto detesta Blaine Anderson.
E non c'entra niente il fatto che abbia quella dannata abitudine di arricciare gli angoli delle labbra quando sorride, quella terribile di gettare la testa all'indietro ed increspare la pelle attorno agli occhi quando ride, o quella idiota di mordicchiarsi il labbro inferiore quando è convinto che nessuno lo stia guardando.
Assolutamente.
Kurt Hummel detesta Blaine Anderson perché nel giro di quindici giorni è riuscito a chiuderlo fuori dal loro bungalow quattro volte, a svegliarlo – non capisce perché i loro compagni di stanza non lo sentano nemmeno – a suon di canzoni cantate a squarciagola dalla doccia comune alle cinque del mattino, a rubargli ogni giorno l'ultimo sorso di succo d'arancia a colazione, a prenderlo in giro per la sua tonnellata di vestiti e a ridacchiare – in una maniera che Kurt non dovrebbe definire adorabile – ad ogni suo “vaffanculo, Blaine”.
Quindi sì, Kurt Hummel detesta Blaine Anderson con ogni fibra del proprio essere, e quando quella mattina se lo vede sfilare davanti con solo un ridicolo costume addosso vorrebbe saltargli addosso.
Per mutilarlo, ovviamente.
Non che abbia un problema con i costumi da bagno; al contrario, si è quasi messo a saltellare quando ha scoperto che la loro prova del giorno ha a che fare con l'acqua – almeno in questo modo gli otto anni che ha trascorso nella piscina comunale di Lima non saranno andati perduti. Ma andiamo, ha pur sempre ventidue anni e nessuna storia seria da tempo immemore, e davanti a lui c'è così tanta pelle olivastra esposta e così tante curve e muscoli al posto giusto che ha bisogno di deglutire un paio di volte, prima di ristabilire l'ordine nel proprio cervello.
"Buongiorno, splendore; dormito bene?"
Appunto.
"Buongiorno, Blaine. Avrei sicuramente dormito meglio se qualcuno non avesse deciso di intonare tutta la discografia di Katy Perry alle cinque e un quarto, stamattina, grazie tante."
Blaine ridacchia, poi si ferma per un attimo a fissarlo, e Kurt deve farsi violenza fisica per non avvolgersi il busto nudo tra le braccia.
Rachel gli dice sempre che ha un fisico bellissimo – da far cambiare sponda al più etero degli etero –, ma Kurt non le ha mai creduto più di tanto. È solo un ammasso di pelle bianca e qualche muscolo sulle braccia – non ha mai avuto addominali definiti o bicipiti scolpiti, insomma. Ma è stranamente rincuorato dal fatto che anche Blaine lo stia fissando apertamente. Almeno non dovrà sentirsi in colpa quando qualcuno lo sorprenderà con gli occhi incollati a un certo costume verde scuro.
È solo quando Rachel gli rifila una gomitata nel fianco – mi hai appena trafitto la milza, pazzoide – che Kurt si rende conto di essersi perso l'inizio della spiegazione della prova. Blaine deve riuscire a distrarlo in una maniera assurda, se non si è neanche reso conto di quando Sue abbia iniziato a sbraitare nel suo megafono.
"—i lancerete da quella scogliera, in mare. Da lì, nuoterete fino al motoscafo in cui mi troverò io, afferrerete uno dei sassi colorati che vi darò e nuoterete fino a riva. Se perdete il sasso, la prova è nulla. Se morite per via degli squali, la prova è nulla. Se siete troppo femminucce per tuffarvi dalla scogliera, la prova è nulla. Ora, dividetevi in coppie. Tutto chiaro?"
Kurt deve essersi perso alla parola squali. O forse a scogliera, non ne è particolarmente sicuro; fatto sta che si ritrova il braccio di Blaine agganciato alla vita e così tanta sua pelle incollata alla propria che per un attimo sussulta e sente il cuore sfondargli la cassa toracica.
"Cosa stai facendo?" sibila, tentando di allontanarsi. Le ciglia di Blaine svolazzano, ombreggiandogli gli incavi degli occhi, "La prova. Dobbiamo dividerci in coppie. Buongiorno principessa."
"E perché avresti scelto me, sentiamo?"
Blaine si lecca le labbra e per un attimo il nero delle sue pupille sembra risucchiare ogni sprazzo di ambra nelle sue iridi.
"Perché non avrei dovuto farlo? Sarà divertente vederti affogare, se nuoti come corri," ridacchia e Kurt lo spinge di lato.
"Vaffanculo, Anderson."
 
*
 
Alla fine la prova non è così male. Tuffarsi è abbastanza terrorizzante, ma Sue li stava soltanto prendendo in giro, sugli squali, e tutto sommato ... È divertente.
Kurt stiracchia i muscoli sull'orlo della scogliera e lancia un'occhiata a Blaine. Sembra vagamente preoccupato. "Tutto bene, dolcezza? Sicuro di non avere paura?" Ghigna e per un attimo vorrebbe battersi il cinque da solo, perché è riuscito a lasciare senza parole Blaine Anderson.
Lui lo manda gentilmente a quel paese con un dito alzato.
"Al mio via!" Sentono le parole rimbombare dagli altoparlanti in uno scricchiolio cupo. "Tre", Kurt prende un respiro profondo, "due", flette il corpo in avanti, "uno! Via!"
L'impatto con l'acqua arriva qualche istante dopo la sensazione di vuoto che gli attraversa il corpo come una scarica elettrica. Kurt si irrigidisce appena, a contatto con l'acqua fredda, ma poi sente i muscoli elasticizzarsi e si getta in avanti, divorando bracciate e bracciate d'oceano nel giro di pochi secondi.
Può sentire Blaine nuotare accanto a lui.
 
*
 
Arrivano a terra nello stesso istante, le casse toraciche che si alzano e si abbassano furiosamente in cerca di ossigeno e i sassi stritolati nelle loro mani.
"Sei— veloce, Hummel."
"Hai ancora— fiato, Anderson?"
Blaine lo guarda in quel modo, e Kurt sente il poco ossigeno che gli è rimasto in gola aggrovigliarsi attorno ai propri polmoni.
"Sempre," gli risponde, poi rotola su un fianco ed inizi a fargli il solletico sulla pelle dei fianchi. "Smettil— Ah! Blaine sei un coglione, toglit—mpfh."
Rachel e gli altri li fissano da lontano, dei sorrisi divertiti impressi sulle labbra.
 
*
 
Giorno 27

"Quando ti deciderai ad ammettere che ti piace?"
"Mai, Rach. Lo detesto."
"Ah-ah."
Kurt rotea gli occhi e si concentra sulla figura di Sue, in piedi su un piccolo sgabello traballante della mensa, con il solito megafono accostato alle labbra.
"Buongiorno, chiappeflaccide. La vostra prova di oggi è Sopravvivi – Alla – Foresta – Magic— Magica?" si interrompe un attimo per guardare più attentamente il foglio che sta leggendo. Scuote appena la testa e sbuffa un qualcosa di tremendamente simile a non vengo pagata abbastanza, prima di continuare. "Sarete soli, ognuno verrà dotato di una coperta e dello stretto indispensabile per superare la giornata nel bosco. Dovrete recuperare uno di questi fazzolettoni sparsi per tutta l'isola," sventola una banda bianca davanti ai loro nasi "e tornare indietro prima che tramonti il sole. Attenti agli orsi."
"Orsi! Figo! Puckzilla può batterli tutti!" Puck alza un pugno in aria sotto gli occhi sconvolti dei ragazzi – sono ancora in molti; i due fidanzatini asiatici sono stati rimandati a casa dopo appena due giorni, così come Mercedes, con grandissimo dispiacere di Sam, che si è esibito in una struggente serenata d'addio mentre lei lo salutava dal parapetto della nave che l'avrebbe riportata nel mondo civile, ma per il resto sono ancora tutti lì.
"Tu sei pazzo," Quinn scuote la testa e lo guarda con un sorriso un po' obliquo.
"Pazzo di te, piccola."
Lei lo manda elegantemente a quel paese e Kurt sente Finn seduto accanto a lui sussurrare qualcosa all'orecchio di Rachel e ridacchiare.
Non deve neanche alzare lo sguardo, per percepire gli occhi di Blaine perforargli la nuca e le spalle.
 
*
 
Si è perso. Si è perso nel bel mezzo di una foresta gigantesca e manca un’ora al tramonto. Kurt ha voglia di strangolare qualcuno – la sua migliore amica, per esempio. Che è sempre la causa di tutto quello che sta passando.
Sbuffa, quando si rende conto di essere già passato per il sentiero che sta attraversando – per cinque volte, a dirla tutta – e si blocca nel bel mezzo del nulla per cavare di nuovo dallo zaino la mappa stropicciata. Non che serva a molto, comunque; non ha una bussola, e anche se ne spuntasse una da un albero non sarebbe in grado di usarla.
Uno scalpiccio di passi lo riporta alla realtà – ti prego fa che non siano gli orsi – e Kurt sobbalza, guardandosi freneticamente attorno; il cuore gli sale in gola e riesce a sentire i battiti sconnessi pulsargli sulle tempie, quando i passi si fanno più vicini e un cespuglio prende a muoversi da solo e—
E’ Blaine.
“Coglione! Mi hai fatto prendere un infarto!” E’ quasi tentato di lanciargli contro la torcia che stringe in mano, ma forse non è una buona idea, visto che sei nel mezzo di un bosco e il sole sta per tramontare.
“Ciao anche a te, ti sei perso?”
“Non mi sono—“
“Sì, ti sei perso. Bene, perché anch’io non trovo più la strada per tornare.”
Fantastico!”
Blaine lo guarda con quell’espressione che sa un po’ di esasperato.
Per favore; io ti odio e tu mi detesti, ma siamo soli nel bel mezzo del nulla, potremmo … che ne so? Collaborare come due persone normali?” Kurt lo fissa – per un attimo di troppo –, poi distoglie lo sguardo, “Suppongo di sì.”
“Bene. Qualche idea su dove potremmo fermarci a dormire?” Gli occhi di Kurt si spalancano per un istante, “Vuoi dire che non torniamo ai bungalow prima del tramonto?” L’altro rotea gli occhi. “E’ quasi notte, principessa, e a meno che tu non abbia una fata turchina nascosta nello zaino, dubito che riusciremo a trovare una zucca che ci porti indietro.”
“Sei ridicolo.” Kurt scruta la vegetazione folta per qualche istante, le guance che gli si imporporano sotto gli occhi divertiti di Blaine, “Vieni; sono passato su questo sentiero per un centinaio di volte, più avanti c’è una radura abbastanza protetta.”
 
*
 
“Oh, wow è— carino qui.”
Kurt ridacchia e lo spinge di lato – sembra un gesto così familiare –, prima di accasciarsi a sedere contro il tronco di un albero. La radura è piccolina – una decina di passi bastano ad attraversarla tutta – e dalla forma vagamente circolare, le chiome degli alberi che la cingono solleticano le nuvole aranciate del tramonto e Kurt si ritrova a pensare che quella sfumatura del cielo ricordi così tanto gli occhi di Blaine.
“Ehi, vieni qua! Mangiamo qualcosa.”
“Blaine, ti prego, sono distrutto. Ho solo voglia di dormire fino a domani mattina.” Lui lo scruta da sotto le ciglia nere e si mordicchia il labbro, “Allettante. Ma cosa ne dici, invece, di un invitante pacco di biscotti al cioccolato?”
Kurt spalanca un po’ gli occhi e si tira in piedi, muovendo qualche passo per raggiungerlo al centro della radura; lascia scivolare lo zaino sull’erba e afferra un biscotto con aria incerta.
“Sono solo biscotti, principessa; li ho rubati dalla dispensa questa mattina.”
Kurt dice “Okay”, e pensa sei adorabile anche mentre mangi quattro biscotti tutti in una volta.
 
*
 
Forse non hanno calcolato che è freddo, di notte. Nella foresta. E’ parecchio freddo, e loro hanno solo due misere coperte di pile per tenersi al caldo.
“Principessa, è inutile che cerchi di resistere, vieni qua sotto. Non sarò un termosifone, ma almeno sono in grado di scaldarti più di quanto faccia quello zainetto.”
Kurt distoglie lo sguardo dalla distesa di stelle che popolano il cielo come lentiggini sulle guance di un bambino; guarda per un attimo la sacca che sta stritolando da una decina di minuti e poi osserva Blaine, sdraiato a terra con la sua coperta avvolta attorno al corpo e un sorriso pacifico appollaiato sulle labbra. Sbuffa un po’ e rabbrividisce per l’ennesima volta, guardando con aria critica il groviglio di tessuto che dovrebbe tenerlo al caldo per il resto della notte.
“E va bene,” sospira e calcia via lo zainetto, accovacciandosi cautamente sul terreno umido ed avviluppandosi la coperta addosso.
“Puoi venire più vicino, non mordo, dolcezza.” Blaine gli aggancia un braccio al fianco e lo attira a sé, “Non in quel senso, almeno.”
“Idiota,” mugugna Kurt, senza allontanarsi dalla sua stretta. E’ che forse, in fondo, si sente bene così. Coi polpastrelli di Blaine che disegnano cerchi immaginari al di sopra della coperta, col suo respiro che gli si infrange contro le ciglia, col suo profumo vagamente dolce che gli invade le narici.
“Sei sempre così adorabile, principessa?”
Forse sarei meno acido, se la smettessi di chiamarmi così.”
“Principessa?”
“Ecco.”
“Non pensavo ti desse fastidio.”
“Sei serio, Blaine?” Kurt si alza a sedere di scatto e punta gli occhi su di lui – su quello che riesce a scorgere di lui nella notte blu, almeno. “Non fai altro che provocarmi per far sì che io ti risponda male. Non fai altro che trattarmi come se fossi il tuo giocattolo, come se dovessi usarmi per renderti più … non so, divertente? Interessante? Superiore agli occhi degli altri. Non ti ha mai sfiorato la mente l’idea che forse io detesti questo, di te?” L’ossigeno sembra mancare per un istante nei polmoni di Kurt; le pupille di Blaine si allargano.
“Non pensavo che—“
“Già, non pensavi. Tu non pensi, Blaine. Lo so.”
“Kurt, smettila—“
“E sai, dico sul serio quando ti do dell’idiota. Perché lo sei. Sei un idiota.”
“Non sei simpatico.”
“Sei un coglione.”
“Sei egocentrico.”
“Sei pieno di te.”
“Sei insensibile.”
“Ti detesto!”
“Kurt, stai zitto—“
Blaine preme le labbra sulle sue, le mani che gli si aggrovigliano alle ciocche di capelli sulla nuca e i toraci spiaccicati l’uno contro l’altro. Si baciano con la una fame che non sapevano di possedere, con una forza che li sorprende. Ed è un bacio che sa un po' di non potrei odiarti nemmeno se volessi e di spiegami come si fa a non innamorarsi di te; un bacio che Kurt interrompe giusto il tempo di sussurrargli sulle labbra Coglione, per poi assaltargli di nuovo il viso a labbra aperte e fameliche – Blaine sussulta, quando sente la sua lingua accarezzargli la bocca languidamente.
È un bacio che non finisce.
 
*
 
Giorno 28

"SIGNORINE? SI PUÒ SAPERE DOVE SIETE?"
Kurt si tira su di scatto e sente la testa vorticare per un attimo; si siede con una mano piantata al terreno e si passa l'altra sul viso, cercando di scacciar via i residui del sonno dagli occhi, ed è a metà di uno sbadiglio, quando realizza.
Che quelle coperte attorcigliate a terra non sono il suo letto e quella radura non è il suo bungalow, che quello che respira profondamente accanto a lui non è Puck e che quella voce è Sue col suo dannatissimo megafono.
"Cazzo, Blaine!" Gli risponde un sospiro un po' più pesante; Blaine si volta verso di lui e piega una gamba sotto la coperta, e i ricordi investono Kurt come un uragano.
Lascia scorrere lo sguardo sul suo volto sereno, dalla curva delle ciglia a quella degli zigomi, ritrovando in quel sorriso le labbra morbide che ha divorato la sera precedente; sente le proprie guance imporporarsi, quando lo sguardo gli scivola sulle ombre rossastre che lui stesso gli ha inciso sulla pelle del collo. Non si lascia tempo per indugiare sulle sue braccia forti che l’hanno tenuto così stretto, quella notte; gli lancia lo zaino sulla testa e lo scuote per il polso.
"Ma che—"
"Blaine, sbrigati! Sue è—"
"Chiappeflaccide numero uno e due, siete qui?"
"Muoviti!"
“Kurt, ma che diavolo—? Non siamo nudi, calmati!” Kurt lo trafigge con uno sguardo un po’ incredulo e un po’ stralunato, e lui non può letteralmente fare a meno di sorridere dolcemente ed attirarlo a sé per posargli un bacio soffice sulle labbra. Dura un istante, ma pizzica di sempre sulla bocca di Kurt.
 
*
 
Kurt raggiunge Blaine sulla riva dell’oceano, quel pomeriggio – alla fine Sue li ha trovati e li ha trascinati per le orecchie fino ai bungalow borbottando decine di insulti contro nessuno in particolare – e gli si siede accanto, le gambe incrociate e le caviglie intrappolate nelle mani, gli occhi che fissano l’azzurro.
“Abbiamo perso la sfida.” Blaine ridacchia, “Già.”
“Quello che è successo ieri sera— uhm. Io— Noi ci siamo baciati,” balbetta Kurt.
“Me ne sono accorto.”
“Puoi smettere di fare il coglione per un secondo?” dice, e Blaine si ferma a guardarlo con gli occhi spalancati – sembrano ambra liquida, con la luce del sole che li illumina. Kurt prende un respiro profondo. “Tu … mi piaci.” Dirlo ad alta voce sembra come liberarsi di un peso sul cuore – le guance gli s’imporporano, ma non può farci nulla. Blaine sorride, ed è così bello. “E ti detesto. Sto ancora cercando di capire come far conciliare le due cose, ma sì. Più o meno è così. E ieri sera è stato bello dormire con te— oh mio Dio, non in quel senso.” Può percepire distintamente le orecchie diventargli fucsia. “E’ stato bello dormire letteralmente con te. Abbracciato a te. Dio, non abbiamo fatto nulla, ma—“
“Kurt, ho capito. Anche a me è piaciuto baciarti e dormire con te.” Blaine gli prende una mano nelle sue e la stringe.
“Sul serio?”
“Sul serio.” Gli occhi di Kurt sono più azzurri dell’oceano. “Stai diventando sdolcinato, Anderson,” dice, e pensa baciami, baciami, baciami. Blaine ridacchia e preme le labbra contro le sue, incastrandogli una mano sulla curva della nuca.
“Ti ci dovresti abituare, Kurt.”
 
“Ehi, Kurt? Tutto— tutto bene?”
“Sì, sì, io—sto bene.”
“Amore, perché stai piangendo non— Ho fatto qualcosa?“
“Cosa--? No—no, no, no. E’ solo che … Forse ho iniziato a capire cosa significa tutto questo.”












 
Il titolo è una semi-citazione di una frase della canzone Little Things.
Cheeee ve ne pare?
*se ne va saltellando a rispondere alle recensioni e a guardare Shameless*
   
 
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