Capitolo
XX
Lost.
«Itai! Mitchi!», si lagnò Hana, massaggiandosi
la testa.
«Itai un corno!», sbottò l’altro, furente. «Perché quel
ramoscello non te lo ficchi dove dico io, anziché rompere le palle a chi sta
pisciando in santa pace?».
Il
rosso ridacchiò, ficcandosi le mani in tasca.
«Hanaaa!».
I
due spalancarono gli occhi, facendo sbucare la testa da dietro l’albero per
guardare una Hime che, allegramente, trotterellava tra un arbusto e l’altro.
Hisashi
dovette imbraghettarsi alla velocità della luce, se non voleva mostrare le sue
grazie alla rossa, mentre Hanamichi le piombò addosso, stritolandola in uno dei
suoi classici abbracci letali.
«Hicchaaan! Che ci fai qui? Potresti perderti!».
«Di
solito le scimmie hanno un buon senso dell’orientamento», fece una voce gelida,
dietro la ragazza.
«Aaah! Kitsune! Che ci fai anche tu qua?!».
Mitsui
corrugò la fronte. «Non è che devo farvi pagare il biglietto per vedermi a
braghe scese?».
«Hisashi!»,
esclamò Hime, tirandogli un calcio nel sedere.
«Ti
piacerebbe!», fece Hanamichi, che si beccò una pigna in testa.
E
mentre i due si scannavano all’ultimo sangue, Hime si sedette su una roccia che
sporgeva lì vicino. «Ragazzi, che facciamo? Io non ho pù
voglia di continuare a correre!».
«Giretto
panoramico?», propose il rosso, cercando di divincolarsi dalle grinfie della
guardia.
Rukawa
si poggiò al tronco dell’albero. «Se ci fosse un precipizio sarebbe perfetto».
«E
bravo Kit! Così ti ci butti e fai un favore all’umanità!».
«Do’aho».
«Akagi
s’incazzerà?», domandò Hime, guardandoli sorniona.
Hisashi
sorrise malizioso. «La cosa me gusta».
I
tre scoppiarono a ridere, sotto uno sguardo finto-superbo di Kaede. Del resto
lo sapeva bene che andare in giro con quei folli significava ficcarsi
indissolubilmente nei casini più completi. Ma in cuor suo si divertiva
intimamente a passare guai con i due gemelli e l’altro pazzo scatenato di
Mitsui. E poi, doveva essere sincero: quella corsa pomeridiana aveva sfiancato persino
uno sportivo come lui.
«Oh,
guardate! Un ruscello!», esclamò Hime, balzando in piedi e trotterellando verso
una piccola discesa che portava a un fiumiciattolo di acqua tiepida.
«Dev’essere
quella che alimenta le terme», fece Hisashi, bagnandosi una mano. «A proposito
di terme, quando ci andiamo? Stanotte?».
«Se
Akagi non ci ammazza prima», commentò Hime, giocando con un ramoscello
sull’acqua.
Passò
qualche istante prima che Hime, Hisashi e Kaede si ritrovassero completamente
bagnati. Quando si voltarono verso Hanamichi, lo videro chino sulla riva, con
una mano immersa nell’acqua, pronta a schizzare nuovamente. Neanche il suo
sorrisone innocente e divertito servì a farli calmare.
«Hanamichi,
deficiente! È anche calda!», sbraitò imbestialito Mitsui, iniziando a
rincorrere l’amico.
Hime
osservò i due divertita, tra esclamazioni poco eleganti e calci che volavano a
destra e a manca. «Ragazzi, non allontanatevi troppo!».
«Hn. Non sarebbe male».
La
ragazza scosse la testa, riprendendo a guardare l’acqua che scorreva lentamente
davanti ai suoi occhi. Era incredibile quanto quel movimento e il suono che
produceva potessero tranquillizzarla.
«Gli
hai fatto trapiantare il cervello?», chiese d’improvviso Kaede, facendola
voltare verso di lui.
Hime
rimase un po’ stupita da quella domanda campata in aria, di colpo. Ormai si era
abituata a capire l’amico, ma non smetteva mai di lasciarla interdetta. Si
potevano contare sulla punta delle dita le volte che era stato lui a iniziare
un discorso che non lo riguardasse in prima persona. Non che in caso contrario
fosse un logorroico da oscar, intendiamoci.
La
rossa sorrise, ripensando alla sua Nobu-Scimmia. Perché era di lui che stava
parlando Kaede, lo sapeva. «Non è servito. Anche perché non credo mi farebbe
molto piacere essere considerata dopo un trapianto di cervello».
«Hn. A volte non basterebbe nemmeno quello», disse l’altro,
beccandosi una gomitata in pieno stomaco.
Restarono
qualche minuto in silenzio, ascoltando le esclamazioni di Hanamichi e Hisashi
in lontananza e il suono del ruscello sotto i loro occhi.
Fu
Hime ad interrompere quella tranquillità. «Ede… ti voglio bene», gli sussurrò,
sorridendogli.
Rukawa
la fissò enigmatico, senza dire nulla. L’unico gesto che le fece capire la
risposta fu un leggero sorriso, solo per lei.
*
Akagi
camminava avanti e indietro, sempre più nervoso, percorrendo lungo tutta la sua
interezza la hall dell’albergo. Se prima era incazzatissimo, ora era solo
molto preoccupato. Quei quattro incoscienti dei suoi compagni si erano
allontanati dal gruppo, perché ovviamente se lui diceva bianco loro facevano
nero. Ed erano già tre ore che non si vedevano. Era anche tornato personalmente
indietro per trovarli e appenderli a testa in giù per un albero, ma niente.
Spariti nel nulla.
La
cosa che più lo lasciava interdetto che in mezzo ci fosse anche Rukawa. Di
solito in quelle cazzate non si faceva mai trascinare. Di solito.
Ma
il Gorilla non era l’unico preoccupato: infatti, oltre lo Shohoku e la vecchina
dell’albergo che si stava dando da fare con le telefonate per chiamare soccorsi
(ci mancò poco che s’inforcasse un giubbotto e degli stivali per andare a
cercarli personalmente!), Nobunaga Kiyota era piantato davanti all’ingresso da
quando aveva avuto la bella novella. Sarebbe anche andato a cercarli da solo
pur di trovare Hime e assicurarsi che stesse bene, se non fosse stato per il
buon Maki che lo fece desistere. Del resto, conoscendo il suo numero dieci si
sarebbe perso anche lui.
«Ma
porca paletta, se non si cacciano nei guai non sono contenti!», stava
sbraitando Ayako, mani sui fianchi e viso rivolto verso quella che sembrava la
direzione per la campagna.
«Stai
tranquilla, Ayakuccia! Almeno ce li siamo levati da mezzo!», fece Miyagi per
scherzare, facendo annuire però il Capitano.
«Ma
davvero!», infatti esclamò, furente. «Appena mi capitano a tiro non so cosa gli
farò! Anche se credo che una pallottola in mezzo alla fronte vada più che bene».
Kogure,
al suo fianco nel vano tentativo di calmarlo, sorrideva sereno, continuando a
ripetergli di non preoccuparsi, che erano grandi e grossi e che sarebbero
tornati in albergo al più presto. «Magari si stanno facendo solo una scampagnata,
Takenori!».
«Scampagnata
un paio di palle! Sono le sette e mezza di sera!».
Il
Quattrocchi, temendo l’espressione diabolica e spaventevole del King Kong, fu
costretto ad arretrare di qualche metro. Ohi ohi,
poveri ragazzi! Non avrebbe voluto essere al loro posto, una volta rientrati in
albergo!
Ebbero
loro notizie quando intravidero le loro sagome comparire sull’orizzonte,
tranquilli come se niente fosse: Hisashi mani in tasca e viso dallo sguardo
truce come sempre; Rukawa mezzo addormentato con una bolla sul naso; e infine
Hanamichi, che con un’espressione un po’ più tesa teneva sulle spalle l’altra
casinista del gruppo.
Akagi
non ebbe neanche la forza di prenderli a voci e cambiargli i connotati quando
si accorse che il piede della ragazza era fasciato alla carlona con la
ginocchiera della guardia e il polsino, più stretto, dell’ala piccola.
«Dove
diavolo eravate finiti? Hime, che ti sei fatta?», chiese brusco, sorpassato
immediatamente dopo dalla scimmietta del Kainan.
«Ehi,
rosso-scimmia, che l’è successo?», chiese preoccupato Kiyota, guardando la
caviglia della ragazza.
«Secondo
te?», sbottò il rosso, portandola dentro l’albergo.
Hime
gli sorrise, tranquillizzandolo. «Solo una piccola storta! Se non ingigantiscono
le cose, questi qui, non sono contenti».
«Ehi,
bel ringraziamento!», esclamarono offesi Hanamichi e Hisashi, mentre Rukawa si
limitava a lanciarle un’occhiataccia gelida.
«Vedi
di non sporcarmi il polsino», le disse, dirigendosi verso la sua camera, senza
neanche sentire le urla di Akagi che gli sbraitava contro. In risposta
ricevette solo una linguaccia divertita.
Ayako
si avvicinò ai fratelli, arrabbiata. «Complimenti, eh! Eravamo tutti in
pensiero!», gridò, tirando un colpo di ventaglio ai due. Risparmiò la testa di
Mitsui solo perché era un suo senpai, altrimenti avrebbe fatto brutta fine
anche lui.
Hime
venne portata in camera sua, dove Ayako le fasciò per bene la caviglia. Era
solo un po’ gonfia e arrossata, ma fortunatamente non sembrava niente di
preoccupante. Probabilmente quel venerdì avrebbe anche potuto giocare
normalmente.
«Ma
si può sapere come te la sei fatta?», le chiese la manager, assecondata da
Kiyota, seduto al suo fianco.
Hime
si grattò la nuca, imbarazzata. «Ecco, stavamo camminando tranquillamente alla
ricerca dell’uscita da quel labirinto–».
«Maledetti
incoscienti e deficienti!», borbottò Akagi, che faceva scivolare lo sguardo
dalla ragazza agli altri due screanzati Hanamichi e Hisashi.
«–quando
Mitchi mi ha fatto un simpatico scherzetto che mi ha fatto perdere anni e anni
di vita», continuò la rossa, lanciando un’occhiata al diretto interessato, che
ghignò noncurante.
«Che
scherzo?», chiese Ryota, seduto nell’altro letto a gambe incrociate.
«Mi
ha gridato dietro che stavo per schiacciare una mantide religiosa e ho fatto un
salto di cinque metri!», borbottò la ragazza, facendo sghignazzare sempre di
più Hisashi.
«Ha
lanciato un urlo disumano, non l’avete sentito?», chiese innocentemente
l’ex-teppista.
«Ed
è caduta come una pera, giusto?», concluse Ayako, scuotendo la testa.
«Poteva
farsi male seriamente», fece Hanamichi, guardando arrabbiato l’autore dello
scherzo.
«Su,
su, ragazzi! Non è nulla di che!», esclamò Hime per sdrammatizzare. «Quando
potrò camminare per bene lo ammazzerò di botte, tranquilli!».
Hisashi
le si avvicinò per darle un bacino sulla guancia e mormorarle uno “scusami”
sommesso, che fece andare su tutte le furie Nobunaga per la gelosia.
I
presenti sorrisero, tranne Akagi che si stava preparando il cazziatone
dell’anno. «Mi spiegate come diavolo devo fare con voi?».
«Semplice,
non devi fare!», disse convinta Hime, beccandosi uno sguardo fulminante da
parte del suo capitano.
Mitsui,
alzando le braccia al cielo, esclamò: «Ehi, Akagi! Io dovevo pisciare! Mica
potevo farmela addosso!».
«La
prossima volta ti compro un pannolino, va bene?», lo schernì il Gorilla, con un
sopracciglio alzato.
«O
un catetere, tu che te ne intendi!», fece serio Hanamichi, beccandosi un
poderoso pugno sulla capa rossa e suscitando l’ilarità di tutti i presenti.
Akagi
sospirò mesto e seriamente stanco di dover fare da balia a quei mascalzoni. Si
passò una mano sul viso, come per ripulirsi dall’ennesimo casino di quella
sera. «Ragazzi, facciamo così. Siete stanchi e io lo sono il triplo di voi,
quindi domani faremo allenamenti solo di mattina, ok?».
Si
morsicò la lingua pur di non ululare dal disappunto, quando i suoi ragazzi
gioirono con grida e battiti di mani. Hanamichi, addirittura, gli si buttò tra
le braccia per ringraziarlo.
«Ehi,
così non vale!», sbottò Nobunaga, incrociando le braccia imbronciato.
Hime
gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia. «Su, su! Verrò a sostenerti agli
allenamenti pomeridiani, non sei contento?».
«Contentissimo»,
fece sarcastico lui, reprimendo un lieve rossore sulle guance.
Il
Gorilla, prima di andarsene, li bloccò con un gesto della mano. «Vi sto dando
l’opportunità di sbollirvi un po’, da dopodomani si ricomincia. Non fatemene
pentire, intesi?».
La
risposta fu quella che si sentirebbe in un campo d’addestramento militare.
«Sissignore!».
Dopo
cena nessuno dei giocatori dello Shohoku ebbe la forza fisica ne morale di
muoversi dall’albergo o di fare qualche cazzata. Solo qualche componente del
Kainan decise di farsi un giro per il paese e distrarsi un po’. Gli altri
optarono tutti per una bella chiacchierata in tranquillità nel giardino, tra
risate e battute.
Nobu
e Hime, dato che non erano potuti uscire insieme come avevano deciso, causa lo
scazzo del Gorilla, si erano limitati a starsene seduti uno tra le braccia
dell’altro, spettatori dei discorsi degli altri. Del resto, la ragazza doveva
stare comoda e sdraiata per non sforzare troppo la caviglia… scusa banalissima
che Kiyota aveva tolto fuori per tenersela stretta a se contro il suo petto,
completamente perso nel suo profumo. Mica era scemo, lui.
«Comoda?»,
le soffiò nell’orecchio, facendola rabbrividire.
Hime
chiuse gli occhi, sistemandosi meglio tra le sue braccia. «Uhm… potrei
relegarti a cuscino, in futuro».
«A
pagamento?».
«Mi
paghi per farmi da cuscino? Grazie!».
Kiyota
le diede un pizzicotto sul fianco, facendola ridere. «Baka! Intendevo il
contrario!».
«Ehi,
Nobu-Scimmia!», lo richiamò Hanamichi. «Non stare così attaccato alla mia
Hicchan!».
Molti
rotearono gli occhi esasperati (era la decima volta in cinque minuti che glielo
ripeteva) e, ovviamente, Kiyota vide bene di sorridere provocatorio e stringere
la ragazza ancora di più.
«Guarda
che la stritoli, se continui così», disse Mitsui, guardando la scimmietta.
«Magari!»,
fece maligno Akagi.
«Ah,
è questo tutto il bene che mi vuoi, Gori?», esclamò melodrammatica la rossa,
facendo scendere un gocciolone in testa al diretto interessato.
«Non
scambiare l’affetto con l’odio, demente di una ragazza».
«Demente
a chi?!», sbottarono le due scimmie della situazione, mentre gli altri
scuotevano la testa rassegnati.
Akagi
chiuse gli occhi, contando mentalmente fino a dieci, poi venti, cinquanta,
cento… sarebbe arrivato anche a un milione, pur di non perdere la calma.
Altrimenti col nervoso e l’emicrania che si ritrovava era sicuro che li avrebbe
fatti fuori una volta per tutte.
Rimasero
in giardino ancora un po’, tranne Hime che si era addormentata beatamente
contro il petto del ragazzo, che, salutando tutti, si era fatto dare le chiavi
della camera da Ayako e ve l’aveva portata in braccio, tra gli sbraiti di Hanamichi
che temeva il peggio. Del resto, neanche Hisashi aveva fatto niente per
tranquillizzarlo. “Io, al posto tuo, non mi fiderei a lasciare la scimmia
solo con Hime… per giunta in camera da letto!”.
Intanto
Nobunaga, con la ragazza tra le braccia, riuscì a stento ad aprire la porta
della camera e, cercando di non svegliarla, l’adagiò sul letto, coprendola con
il lenzuolo. Rimase a osservarla per qualche istante, sorridendo. Com’era
piccola e tenera, mentre dormiva. Aveva un delizioso sorriso sulle labbra e
un’espressione rilassata e beata in viso. Le scostò una ciocca rossa di capelli
dal viso, carezzandole poi una guancia. Chi avrebbe mai detto che quella fosse
la peggior peste che avesse mai conosciuto, insieme al fratello?
Hime
si mosse leggermente, stringendosi al cuscino. «Nobu…».
Kiyota
sussultò nel sentirsi chiamare nel sonno. Lo stava sognando, per caso?
Sorrise,
intimamente contento. L’avrebbe voluta abbracciare a sé, tenerla contro il suo
petto tutta la notte, guardarla dormire beatamente tra le sue braccia… ma si
limitò a chinarsi su di lei, dandole un piccolo bacio sulla tempia, e uscì
dalla stanza, felice come non mai.
* * * *
Piccolo siparietto per l’autrice:
E dopo l’ennesima
settimana estenuante, finalmente in vacanza! O “vacanza” tanto per dire, dato
che devo studiare come una matta! e_e”
Non so quando
aggiornerò, ma non disperate (??), massimo entro due settimane! :)
Many thanks to:
Black_Moody: credo che il Gori, al
rientro dal ritiro, dovrà farsi diverse sedute dallo psicanalista, perché ne
sta uscendo matto, povero ragazzo! ;O; Non so neanche quanto gli sia convenuto
a lasciare il pomeriggio libero a quegli animali dei suoi compagni… O almeno,
io lo so, lui ancora no! XD A presto carissima! :*
lilli84: ehehe! Grazie bella! :*
gaara4ever: carissima! quanto tempo! *O* Grazie mille!
^-^
Miha_Chan: così però mi
imbarazzo, eh! Mi stai dicendo che faccio più ridere del Sensei? Giammai! ù///ù
E… Hisashi e Hana… come ti capisco! *Q* Un bacione bella! :***
kuro: il Gori qualcosa
doveva fare per sedarli un po’… anche se, a quanto pare, non è servito molto,
vabbè! XD Grazie, grazie! Gentilissima come sempre! :*
Un ringraziamento anche
a tutti i lettori anonimi! <3
Colgo l’occasione per
augurarvi un Felice
Natale e Buon Anno Nuovo [se non dovessi aggiornare
entro il 2008!]!
Un abbraccio strittoloso,
Kenjina.