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Autore: darkmirror17    06/04/2015    2 recensioni
Dal testo:
"Jamila sa cosa accadrà non appena chiuderà gli occhi. Sentirà le urla, gli spari, la pioggia. Vedrà il mondo macchiarsi di rosso e poi farsi completamente nero. Lo sa, perchè ogni volta succede sempre la stessa cosa. E ogni dannata volta ha paura. "
La storia di Jamila e di Karim, e di come non importa in quale buio si è avvolti, perchè l'oscurità fa paura a tutti.
Se volete lasciate pure una recensione.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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It's Always Darkest Before The Dawn

 
Jamila sa cosa accadrà non appena chiuderà gli occhi. Sentirà le urla, gli spari, la pioggia. Vedrà il mondo macchiarsi di rosso e poi farsi completamente nero. Lo sa, perchè ogni volta succede sempre la stessa cosa. E ogni dannata volta ha paura. Ormai dovrebbe aver capito che sono solo ricordi, dei maledetti ricordi, che la sua mente ripete come se fossero un disco rotto. La verità è che lei vorrebbe semplicemente smettere di ricordare, ma quando tenta di dimenticare le immagini, i suoni, ma soprattutto le persone, quelle si attaccano ancora di più al suo cervello, rendendola sempre più stanca e esausta ogni volta che ci prova. Anche questa volta, sebbene sappia di essere al sicuro in una casa confortevole, appena le palpebre si serrano, è come se sette anni non siano passati per niente e lei sia costretta a rivivere quelle scene, dall'inizio...

Il giorno in cui il loro mondo è diventato un incubo nero e rosso Jamila aveva dodici anni, suo fratello Karim sette.

Il giorno in cui tutto è cambiato sembrava un giorno qualunque. Anzi, in realtà l'atmosfera che si respirava era quasi di festa, poichè l'indomani ci sarebbe stato il mercato nella città grande e tutti al villaggio erano emozionati. Nella piazza centrale c'era un gran fermento. Gente che preparava le cavalcature e le merci, altre che raccomandavano delle commissioni a chi sarebbe andato, altre ancora, soprattutto ragazzini, che semplicemente ridevano osservando la scena, contagiati dall'allegria della situazione.
Dall'alto di una collina scarna sovrastante l'abitato un bambino osservava risentito la scena, mentre si inerpicava per la salita insieme alla sorella.
-Perchè non possiamo andare anche noi in piazza?- si era lamentato- Tutti i miei amici sono lì a divertirsi e invece noi siamo su questa stupida collina!-
- Karim, lo sai anche tu perchè non possiamo. Abbiamo promesso alla mamma di andare a trovare la nonna, dato che non può muoversi. Non fare il bambino capriccioso!- aveva risposto Jamila, spazientita per l'insofferenza del fratello. Sorbendosi i borbottii contrariati del fratello aveva quindi ripreso la salita.
Arrivati in cima all'altura i due si erano guardati un po' intorno, ammirando il paesaggio selvaggio e caldo che  era il villaggio circondato dalle immense praterie della savana, piene di sterpaglie e arbusti cotti al sole. Tutto sembrava tranquillo, il ruscello che attraversava il villaggio scorreva placido e alcune delle bestie da allevamento si stavano abbeverando lungo il suo corso.

D'improvviso, accadde.
Per prima cosa si sentì il rumore: un cupo mormorio, che si faceva sempre più vicino e cresceva di intensità.
Poi l'odore: il vento portò con se zaffate di un odore aspro e salato, come di carne putrefatta.
Infine, loro. Vennero a frotte, tanto simili a un esercito di formiche, nelle loro uniformi nere. Si avvicinarono con prepotenza alla prime capanne dell'abitato, come pronti a inghiottire le casupole ed impedire loro di rivedere la luce del sole.
Karim non capiva. Chi erano tutti quegli uomini?Cosa volevano dalla loro gente? E perchè alla loro vista la folla nella piazza si era dispersa, barricandosi in casa?
Jamila invece, aveva compreso la situazione. Quelli erano gli uomini di cui parlava ultimamente il papà con la mamma, convinto che lei non li potesse sentire. Ricordò che il padre aveva accennato a uccisioni e violenze, ma non aveva voluto aggiungere di più per non turbare la moglie. Per cui non sapeva con esattezza che cosa avrebbero fatto quegli uomini, ma di sicuro niente di piacevole. Lei e Karim dovevano trovare un rifugio, e al più presto.
Intanto, da una delle capanne centrali era uscito un uomo, che si stava avvicinando cautamente alla testa del convoglio. Era il capovillaggio, Jamila lo riconobbe dalla lunga barba bianca. Non si poteva capire molto dal loro punto di osservazione, ma sembrava che un altro uomo si fosse avvicinato all'anziano e i due avessero incominciato a discutere.
 Poi si sentì uno sparo. L'uomo anziano cadde riverso a terra, senza un lamento, e dopo non si mosse più. Il terreno secco  si colorò di rosso scuro, in una macchia che andava sempre più allargandosi. Sembrò come un segnale convenuto, al quale tutti i soldati neri si sparpagliarono per il villaggio, urlando e brandendo grossi fucili. Entrarono nelle case e incominciarono a sparare. Qualcuno incominciò anche a tirare delle granate, che incendiavano i tetti di paglia delle abitazioni. Gli abitanti del villaggio tentavano di fuggire, correndo disperatamente verso gli spazi aperti della savana, ma i proiettili li facevano precipitare al suolo uno a uno, emettendo delle grida strozzate. Il terreno era sempre più vermiglio, come se la morte,  macabra pittrice, avesso deciso di usare il villaggio come tela del suo operato.
Lo scroscio della pioggia fitta, arrivata con la stessa velocità degli invasori, copriva in parte le urla di disperazione e la visuale del massacro.
Jamila, sentendo le prime gocce, si riscosse dalla specie di trance in cui era caduta quando aveva vista il capovillaggio cadere; le era venuto alla mente tutte le volte che l'uomo aveva raccontato delle storie ai bambini seduti in cerchio. Non sarebbe stato più possibile. Tutto intorno a lei si faceva sempre più confuso e opprimente, come se la luce andasse via via scemando lasciandola ad un buio sconosciuto. Pensò di lasciarsi andare, di cadere in ginocchio e rimanere immobile, finchè qualche soldato non la avrebbe trovata e avrebbe messo fine alla sua vita, perchè tutto quel buio faceva paura e lei non aveva la forza per affrontarlo da sola.
Sentì una manina che cercava la sua e poi la stringeva con forza e un pianto straziante. Karim singhiozzava accanto a lei e urlava disperato:- Jamila, perchè il capovillaggio non si muove? Perchè la terra è talmente rossa che la pioggia non riesce a lavarla? Dove sono mamma e papà?-
A quelle parole Jamila si riscosse. Non era da sola. Karim contava su di lei e in quei momenti di panico lei era l'unica a cui il bimbo potesse appoggiarsi. Non doveva perdere la calma. In quel momento l'unica cosa importante era mettersi in salvo. Avrebbe pensato in seguito a disperarsi e a piangere. Strinse ancora più forte la stretta delle loro mani unite e poi disse al bimbo di seguirla, cercando di non fare rumore. Incominciò ad avanzare verso le casupole più vicine, strisciando nel fango per non farsi scorgere dai soldati. Quando arrivarono al sicuro, nei pressi di un muro semidistrutto della capanna, Jamila si permise di abbracciare il fratello e di fare un piccolo sorriso, non sapendo quante volte avrebbe ancora potuto sorridere o sentire la risata di suo fratello. I due ragazzini si rannicchiarono l'uno vicino all'altra, a ridosso di una parete semidistrutta, fradici e sporchi di fango, e aspettarono.

  Jamila non saprebbe dire se aspettarono per ore, per giorni, per minuti o per secondi interi. Sa solo che aspettarono. Fermi, zitti e immobili, sperando che il rumore delle grida e degli spari cessasse presto, che nessun soldati li scoprisse lì, in quella casupola ai margini del villaggio. Jamila desiderò diventare parte della pioggia, per poter lavare via la sofferenza dai volti delle persone immobili, stese sul terreno pregno di sangue. Poi desiderò essere un uccellino, per poter volare via da tutta quella follia, ma l'idea le sembrò stupida, perchè così facendo avrebbe dovuto abbandonare tutte le persone a lei più care, e poi che senso avrebbe avuto vivere?
- Jamila?-
-Sì?-
- Ho paura. Tu ne hai?-
- Tantissima. Però se ti guardo ho un po' meno paura.-
- Anch'io.- un piccolo sorriso era nato dalle labbra di Karim. Si erano abbracciati ancora più stretti e avevano continuato ad aspettare.

Smise di piovere. Con la pioggia cessarono anche le grida e gli spari, così i due fratelli si arrischiarono a uscire dal loro rifugio per cercare i loro genitori. Il cielo si stava facendo azzurro e in lontananza si intravedevano le strisce di colore dell'arcobaleno. Jamila si arrabbiò vedendolo. Come osava il cielo dare spazio ad altri colori, se sulla terra non c'era posto che per il rosso del sangue e il nero della disperazione? Tuttavia vide gli occhi del suo fratellino illuminarsi a quella vista, e se ne rellegrò. Continuarono a camminare tra le rovine del villaggio, tentando di non farsi soffocare alla vista di tutte quelle vite spezzate.
Improvvisamente, sentirono le voci dei loro genitori che chiamavano i loro nomi. Subitò la gioa inondò i loro volti. Incominciarono a correre in direzioni delle grida, ma a un certo punto Karim rellentò e poi si fermò di botto.
- Karim, cos'hai? Perchè hai smesso di correre?-
- Non lo senti anche tu?-
- No. Cosa dovrei sentire?-
- Le loro grida... hanno qualcosa di sbagliato. Sono sempre più deboli, come si stessero arrendendo a qualcosa di inevitabile.-
A quella costatazione Jamila si fece più cauta e i due si avvicinarono alle invocazioni con molto più timore. Alla fine, li videro. Stesi l'uno di fianco all'altra, mano nella mano, le grida che assomigliavano sempre di più a dei lamenti. Il vestito bianco che la mamma si era messa quella mattina per salutare i parenti che andavano in città era ora decorato con due fiori rossi, uno all'altezza dello stomaco e l'altro al livello delle anche. Loro padre aveva invece un unico, enorme fiore rosso, al centro del petto.
 I due fratelli corsero al loro fianco. I loro genitori sembrarono riconoscerli per un istante e si sforzarono per fare un ultimo, grande sorriso. Poi semplicemente tutto si fece buio per un momento e quando Jamila riaprì gli occhi loro erano morti.
Mentre le lacrime le scorrevano silenziosamente sulle guancie, Jamila chiuse gli occhi a entrambi e diede loro un bacio sulla fronte. Karim era immobile, in piedi di fianco a lei. Quando la sorella lo guardò, sembrò sbloccarsi improvvisamente. Gridò:- Non è giusto!- e poi si inoltrò per le vie deserte del nuovo villaggio fantasma, cercando di fuggire dal luogo in cui tutto era finito. Jamila seguì la sua corsa, angosciata. Avrebbe tanto voluto rimanere lì a prendersi cura dei suoi genitori, ma al momento era più importante occuparsi dell'unica persona viva che le rimaneva.
Era riuscita a raggiungerlo nella piazza centrale. Karim stava lanciando dei sassi contro una parete, urlando rabbiosamente.
- Perchè doveva succedere proprio a noi?!- un sasso scagliato lontano.
 - Karim, fermati!- gli urlò Jamila
- E perchè dovrei? Tanto sono tutti morti! Anche mamma e papà! Io rivoglio la mia mamma e il mio papà!- un'altro sasso, preso alla cieca e sbattuto con forza sul muro opposto.
 A contatto con la superficie dura il sasso esplose. In realtà non era un sasso, ma una granata, rimasta inesplosa. Il muro si frantumò e schegge volarono in tutte le direzioni.
Jamila si buttò a terra appena in tempo per evitare che i calcinacci la colpissero. Rialzandosi vide che anche Karim era a terra,poco più avanti di lei, con le mani sul volto. Preoccupata si avvicinò al fratello e constatò sollevata che era semplicemente svenuto.  Quando però lo girò a pancia in su non potè fare a meno di mettersi a urlare, disperata e terrorizzata. Al posto degli occhi, di quei bellissimi occhi sempre pronti a illuminarsi per ogni piccola cosa entusiasmante, Karim aveva due grumi di sangue.

Dopo quell'immagine Jamila non ricorda molto di quel giorno. Sa che i soccorritori dell'organizzazione umanitaria li hanno trovati svenuti, uno accanto all'altro. Poi sono stati portati in tutta fretta in un grande ospedale in città. Lei non ha dovuto stare molto in cura, anche perchè non aveva niente, ma Karim ha dovuta trascorrere in degenza molte settimane e le hanno messo un piccolo lettino nella stessa stanza, per farli stare vicini. Ricorda quando Karim si è svegliato e non ha visto più nulla. Gridava, disperato e incredulo, e lei non poteva fare altro che assistere impotente, tentando di rassicurarlo, quando in realtà non poteva fare assolutamente niente, niente.

Sono stati molto fortunati ad essere stati adotti subito e insieme, o almeno è quello che ha detto l'assistente sociale. Sono andati a vivere in questa bella casa in centro città. La coppia che li ha presi in affido è sempre molto gentile e disponibile e anche se Jamila non riesce a chiamarli mamma e papà, pensa che siano due brave persone. D'altronde la signora non avrà mai lo stesso sorriso della sua mamma e il signore non canterà mai bene come il suo papà, neanche se si esercitasse per cento anni. é comunque grata per come hanno accolto lei e suo fratello in casa loro. I loro genitori adottivi hanno raccontato loro che avevano un figlio, ma è morto quando anche la città è stata attaccata dai soldati neri. In pratica è come se si fossero incontrati in mezzo, vite spezzate che tentano di far combaciare i pezzi, anche se sanno che non saranno mai perfetti.

 Alla fine, tra i due fratelli, Karim è quello che è riuscito ad andare avanti, nonostante la condizione in cui si trova. Anzi, probabilmente è proprio la sua condizione di buio perenne a fargli distinguere il "prima" e il "dopo", dividendo i ricordi visivi della sua vita precedente da quelli del presente, in cui si affida a tutti gli altri sensi. Ormai è un ragazzo, sempre pronto a esplorare il mondo con gli strumenti che ha a disposizione. Sorride sempre, perchè è convinto che il solo fatto di essere vivo sia un gran premio, e vuole goderselo fino in fondo.
Jamila, invece, è rimasta indietro. Proprio lei, che si era ripromessa di proteggere il suo fratellino, ora non è in grado neanche di badare a sè stessa. è come se la vera cieca fosse lei, che non riesce proprio a vedere oltre quelle immagini. Non sa come uscire dalla prigione di ricordi in cui è intrappolata. A dire il vero non sa neanche se lo vuole. Sa solo che ogni volta che Karim sorride, così aperto e fiducioso nonostante tutto, il buio che la circonda lascia passare un minuscolo, pallidissimo e fondamentale raggio di luce. E per ora questo le basta.
  
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