FALLING OR FLYING
‘Sometimes it's hard
to tell
If there's a life behind a song
But i know tomorrow
Today won't feel so long
Cause on the 42nd night
The room was dark but the stage was bright
Are we falling or flying
Are we falling or flying
Are we living or dying
Cause my friend this too shall pass
So play every show like it's your last’
Grace Potter and the
Nocturnal
Los
Angeles, 2008
Orlando
appoggiò la fronte sulla superficie fresca della vetrata del finestrone, in
salotto.
Si sentiva
esplodere.
Teso fino
allo spasmo, aveva l’impressione che anche il tocco più delicato avrebbe potuto
farlo scattare come una molla.
Aveva
provato a chiamare Abaigeal, invano. Lei aveva staccato il cellulare. Da tre
giorni.
Gli
sembrava di impazzire se non parlava subito con qualcuno.
E con chi
parlava di solito quando si sentiva confuso? Quando si sentiva insicuro,
sconvolto, indeciso, stupito? O quando si sentiva felice, divertito, sereno?
Parlava con
lei. Parlava con Bee.
E gli
sembrava un nonsense non poter parlare con lei adesso. Gli sembrava
dannatamente incomprensibile che lei avesse tagliato ogni ponte con lui. Lui
che era il padre di quel bambino che cullava nel grembo.
Istintivamente
sorrise.
Un
bambino….
Aveva
sempre desiderato un figlio. Un piccolo frugoletto che corresse per casa e
riempisse la sua vita di risate e domande e pianti e sorrisi.
Diversamente
da quello che si potesse immaginare, non gli sembrava poi una tragedia. Ok,
c’era Miranda, c’era il matrimonio e una vita programmata fino all’ultimo
dettaglio. Ma c’era anche Bee.
Si rese
conto, che il suo rapporto con lei, aveva sempre camminato in binari separati e
paralleli a quelli della vita che aveva scelto per lui.
Loro due
non avevano niente a che fare con la vita reale, eppure era proprio quello il
rapporto più reale di cui si sentiva parte.
Era la loro
relazione quella che aveva sempre pesato di più sul piatto della bilancia e si
chiese, dannazione a lui, per quale cavolo di motivo non avesse preso in mano
le redini di quella situazione prima che degenerasse definitivamente.
Sbuffò,
sbattendo la testa sul vetro.
Cazzo-cazzo-cazzissimo.
Doveva
parlare con qualcuno. Con qualcuno che non l’avrebbe giudicato, con qualcuno
che avrebbe capito e che non fosse stato troppo coinvolto.
Scartò
subito Samantha e sua madre. Scartò Kevin e scartò Allison.
Fece una
smorfia di disappunto, finché un barlume di idea gli passò per la testa.
Prese il
cellulare dalla tasca e compose il numero di Dominic.
L’amico gli
rispose nel giro di un paio di squilli.
“Ciao Dom”,
mormorò tetro.
“OB che
hai?”, si preoccupò l’altro,”Ti sei rotto qualcos’altro?”, ridacchiò, “Spero
non sia niente che possa tornare utile durante il matrimonio!”.
Orlando, a
sentire quella parola, ebbe un crampo allo stomaco.
Il
matrimonio, già.
“Dom, hai
da fare?”
“Cosa
diavolo sta succedendo OB? Mi fai preoccupare”.
E fai bene
a preoccuparti, amico mio, pensò Orlando.
“Puoi
venire da me subito?”
“Se me lo
dici così arrivo di volata, ragazzo. Sono ufficialmente angosciato”, borbottò,
“Dammi un quarto d’ora e sono da te!”, promise, chiudendo la comunicazione.
Orlando
rimase a fissare il display del telefono.
E
improvviso, come una sferzata di vento gelido, gli arrivò un ricordo vecchio di
anni.
Abaigeal era seduta sul dondolo del
patio.
Orlando, istintivamente, incrociò le
braccia sul petto. Nello sguardo, un sottile velo di preoccupazione.
Aveva sperato che quella settimana di vacanza
a Galway le avrebbe fatto bene, ma invece lei sembrava sempre più assorta nei
suoi pensieri, tanto da escludere anche lui.
Sospirò, quindi aprì la porta di
casa Gallagher e uscì fuori.
Bee non si voltò nemmeno, rimase a
contemplare la luna lucente che illuminava il boschetto al lato di casa.
Fece un paio di passi, quindi si
sedette nel dondolo accanto a quello di lei, senza dire nulla.
Aveva imparato che alcuni pensieri
non vanno disturbati.
Finalmente lei si voltò ed Orlando
riconobbe i suoi occhi vagamente bagnati di pianto.
“Tutto ok, Bee?”, si decise a dire.
Lei gli sorrise tristemente.
“Io ti amo, Flow. Lo sai, vero?”,
gli domandò.
Lui spalancò gli occhi, sorpreso.
Cos’è che aveva appena detto?
Abaigeal sorrise ancora, “Ci sto
pensando da un po’ a dir la verità e pensavo fosse giusto dirtelo”.
Lui ammutolì. Non sapeva davvero
cosa rispondere.
“Capisco che ti amo perché non
conosco nessuno meglio di te, Flow. Ti conosco a memoria. So l’espressione che
fai quando c’è troppa luce in giro e non porti gli occhiali da sole. Strizzi di
più l’occhio sinistro e fai una buffa smorfia con la bocca. So che quando dormi
ti piace che chi ti è accanto ti tenga le dita. Non la mano. A te basta avere
un dito intrecciato alla persona che dorme con te. So che se fai un brutto
sogno hai la tendenza a nascondere la faccia nell’incavo del mio collo, come a
volerti proteggere da quello che vedi. So che quando sei veramente felice,
scoppi a ridere e ti tieni una mano sullo stomaco. So che quando parli con
qualcuno hai bisogno di toccarlo, di sfiorargli anche solo una spalla, come a
volergli ricordare che tu sei davvero lì, che stai partecipando completamente
alla conversazione. So che quando devi dire qualcosa a cui tieni
particolarmente, guardi il tuo interlocutore dritto negli occhi e non distogli
mai lo sguardo, neanche per un secondo. So che sei terrorizzato all’idea di
deludere che ti ama, ma so anche che sei cosciente che amare
incondizionatamente qualcuno significa anche perdonargli qualche errore. So che
ti piace stare a sentire la musica fino a che non crolli addormentato sul
divano. So che adori passeggiare in mezzo alla natura e so anche che quando
mediti ti visualizzi seduto in mezzo al St. James perché è lì e in nessun altro
posto di Londra che senti davvero il profumo della vita. So quello che
significa il sole che ti sei tatuato vicino l’ombelico e so perché ti ostini a
portare i capelli lunghi.
So che detesti i tuoi ricci, che
vorresti i tuoi capelli più ordinati ma so anche che non li avrai mai troppo
precisi perché sono esattamente come sei te. Liberi di essere come
preferiscono. So che alle volte hai dei vuoti nell’anima perché ti senti
inadatto ad affrontare quello che ti capita e so che è in quei momenti che ti
devo abbracciare sul serio. Con tutte due le braccia ad avvolgerti le spalle e
con una mano devo accarezzarti la testa lentamente, e ti devo promettere che
andrà tutto alla meraviglia perché un essere come te merita di avere ogni sogno
realizzato. So che quando ridi davvero e non per dovere, socchiudi un po’ gli
occhi e ti metti una mano vicino alla bocca. So che sei fragile come un fiore
ma so anche che non hai paura che la tempesta ti spezzi perché sai assecondare
perfettamente il movimento del vento, checché tu ne dica. E so che se sono a
conoscenza di tutte queste cose… è perché ti amo, Flow”.
Lui continuò a non parlare, la
guardava e basta, come se non la riconoscesse davvero.
Abaigeal proseguì senza paura, “So
che ti ho amato da quella sera in cui mi hai detto che non dovevo mai smettere
di cercare il grande amore ed eravamo proprio qui, mentre navigavamo sulle
acque di questa meravigliosa terra. E posso assicurarti che non sono mai venuta
meno alla promessa che ti feci quella notte, Flow. Non ho dovuto cercarlo il
grande amore, mi è semplicemente capitato tra le mani come una goccia di
pioggia. La stessa pioggia di cui parla quella canzone che amo tanto e che tu
sai perfettamente perché la amo in quel modo così sconsiderato. Perché io
conosco a memoria te come tu conosci a memoria me, Flow. E questo è sufficiente
per me. Per non chiedere niente di più dalla vita”.
“Io…”, balbettò lui, imbarazzato.
Abaigeal allungò una mano fino a
sfiorare la sua, “Flow volevo solo dirtelo, non c’è bisogno che tu dica
qualcosa”.
“Tu stai…cioè, sei triste…insomma,
sei così triste a causa mia?”, le domandò.
“Oh Dea, certo che no! Io stavo così
perché ti mentivo Flow e tu sai perfettamente quanto detesti mentirti”.
Orlando annuì, sforzandosi di
sorridere.
Abaigeal intuì dalla sua espressione
che stava reprimendo qualcosa dentro di lui. Che stava cercando di non ferirla.
Sospirò, quindi si alzò in piedi, si sedette sulle sue gambe e lo abbracciò.
Forte. Quasi a stritolarlo.
Orlando ridacchiò.
“Flow mi prometti che questa cosa
che ti ho detto non cambierà il nostro rapporto neanche di una virgola?”, rise,
“Cioè, lo so che ho appena detto di amarti, ma anche tu sai che l’amore ha
mille facce e mille modi di manifestarsi, quindi…”
“Bee non rinuncerei a te neanche se
mi dicessi che stai per sposare il giardiniere di tua nonna!”, la rassicurò
carezzandole la schiena.
Abaigeal si rilassò ed Orlando la
strinse impercettibilmente.
No, il loro rapporto non sarebbe
cambiato.
Neanche di una virgola.
A
ripensarci adesso, gli veniva quasi da ridere. E da maledirsi.
Naturale
che il loro rapporto era cambiato, dopo quella dichiarazione così intensa.
Naturale anche che lui aveva cominciato a pensare spesso – troppo spesso- alle
parole di Bee e a quello che gli suscitavano nello stomaco. Perché come diceva
lei, le emozioni nascono nel cuore ma le senti nello stomaco. Sempre nello
stomaco. Se non le senti lì, allora non sono vere emozioni e quindi non c’era
da preoccuparsi.
E lui non
aveva mai avuto alcun dubbio sulle emozioni che gli provocava quella
dichiarazione.
Già, provocava.
Dopo quasi
cinque anni, ancora sentiva una morsa nello stomaco se ci ripensava. Perché
indubbiamente quella era stata la dichiarazione d’amore più bella e
appassionata che qualcuno gli avesse mai fatto.
E che fosse
stata proprio Bee a fargliela, non lo stupiva neanche un po’, a dire il vero.
Il
campanello lo riscosse dai suoi pensieri, così come la voce di Dominic che
gridava, “Bloom apri la porta prima che la sfondi!”.
Scosse la
testa, suo malgrado divertito dall’impeto di quello che considerava il suo
miglior amico. Lui e Bee erano più simili di quello che credevano.
Girò la
chiave e con un colpo di polso aprì la porta.
Dom lo
guardò con aria sconvolta, quindi prese a toccarlo in vari punti del corpo.
“Che fai?”,
domandò lui senza capire.
“Controllo
che non ci sia niente di rotto”, lo zittì Dom con uno sguardo torvo.
“Secondo te
se mi ero rotto qualcosa sarei venuto ad aprirti?”
“Giusto”,
gli concesse l’altro spingendolo dentro e chiudendo la porta.
“Siamo
soli?”
“Chi ci dovrebbe
essere?”, domandò Orlando stranito.
“Che ne
so!”, borbottò l’altro lasciandosi cadere sul divano.
“Ovviamente
se ti chiamo dicendoti che ho una crisi in corso, invito altre sedici persone
ad assistere”, ironizzò Orlando, sedendosi a sua volta sulla poltrona.
“Hai una
crisi?”, domandò Dom.
“Si”
“Bene”,
disse l’altro con sarcasmo, “Ci voleva proprio una bella crisi! Mi mancavano”.
“Sei
simpatico”, borbottò l’altro.
“Avanti OB,
sputa il rospo”, si guardò intorno, “Ma prima rispondi a questa: dov’è Bee?”
Orlando
sbiancò di colpo e Dominic mangiò la foglia in meno di un secondo.
“Oh merda”,
sibilò.
L’altro
affondò la testa nelle mani.
“OB non
dirmi che ci sei andato a letto”.
Orlando
annuì senza alzare il viso.
“Da quanto
va avanti?”
“Da un
po’”, mormorò l’altro.
Dominic si
agitò sul divano, “Un po’ quanto OB?”
“Un po’…anni, Dom!”
“Oh Cristo
Benedetto! Anni? Anni??? Tu e Bee andate al letto insieme da anni??”
Orlando
soffocò una risatina. Dominic era assolutamente sconvolto.
“Dom lo so
che può suonarti strano ma…”
“No,
invece”, disse l’altro più tranquillo, “Si capiva che poteva esserci qualcosa.
Ma Sam ha sempre detto che siete così praticamente da una vita e mezza, quindi non ci ho
smaliziato sopra”, fece una smorfia, “Ma a guardarvi bene uno può pensarci”.
Orlando
sorrise.
“Che vuoi
fare, dunque? La ami? Lasci Miranda? Sposi lei? Lasci tutte e due e te ne vai
in Patagonia?
“Che amo
Bee è talmente scontato che neanche dovrei risponderti”, puntualizzò Orlando,
“Ma il problema non è solo questo”
“Come
sarebbe a dire?”
Orlando
sospirò. Doveva raccontare a Dom la storia dall’inizio.
E così
prese a parlare della loro amicizia, di come Bee fosse stata sempre presente.
Gli raccontò delle promesse che si erano fatti durante quegli anni e della
dichiarazioni di Bee sotto il cielo stellato di Galway. Gli raccontò della loro
prima volta e di tutte quelle che seguirono. Gli disse che aveva sempre saputo
che era lei la donna per lui, ma che non aveva mai voluto crederci veramente.
Gli disse di amare Miranda, anche. Che non avevano mai pensato, lui e Bee, di
poter veramente unire le loro strade.
Dominic lo
ascoltava con interesse, interrompendolo di tanto in tanto per avere maggiori
spiegazioni.
Quando
Orlando terminò, Dom lasciò andare un lunghissimo sospiro.
“Ok,
capisco OB, mi è chiara tutta la situazione. Ma non mi è chiaro perché hai una
crisi ora”, si accese una sigaretta, “Hai cambiato idea?”
Orlando si
grattò la tempia, “Si. Cioè, ci stavo pensando già da un po’ a dir la verità.
Da quando questa storia del matrimonio ha cominciato a diventare seria…però non è solo per questo”.
“OB, ti
prego, parla!”, lo implorò.
“Bee è
incinta, Dom. Incinta di me”.
Dominic
Monaghan aprì la bocca sconvolto, la sigaretta cadde sul parquet del salotto e
riuscì a dire una sola parola.
“Oh cazzo!”
NDA
Ebbene
si… pensavate di esservi liberate di me e invece TADAN! Sono tornata.
Perdonatemi
per il maledettissimo ritardo ma purtroppo ho avuto mezzo mese decisamente
pesantissimo. Lasciamo stare va….
Con
questo capitolo torniamo ai giorni nostri, come avete visto. Giorni difficili
per questi due scemi che non hanno ancora capito cosa fare.
E
giorni a cui seguiranno altri giorni pieni zeppi di colpi si scena.
Siete
pronte??
Io
si… *Amaranta ride come una cretina*
Vi
ringrazio tutte, ragazze.
Strow
(che ti adoro e venero come Cerridwen), Bebe (che deve necessariamente
continuare la sua storia che sono curiosissima) e Star Petal che mi ha fatto
arrossire quando ho letto la sua recensione.
Un
grande GRAZIE anche a tutte le ragazze che mi hanno scritto in privato
facendomi i complimenti. Siete state carinissime e vi ringrazio davvero di
cuore.
E
un grazie anche ai lettori silenti…anche se, gente, potete anche mandarmi
affanculo, ma se lasciate un segno del vostro passaggio ve ne sono grata!!
Vi
bacio tutte, splendide donne!
A
prestissimo!
Amaranta