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Autore: Better_Than_Words    06/04/2015    1 recensioni
Il corpo senza anima è solo un involucro, abbiamo bisogno di qualcuno d'importante al nostro fianco.
Sempre.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Negli anni il genere umano ha sempre di più perso il senso del pudore, rinnegando la loro anima e la parte razionale che ad ognuno appartiene.
Ecco, io, avevo rinnegato la mia parte razionale, chiudendomi in me stessa, senza far trasparire le mie emozioni, apparendo inespressiva, morta addirittura, ma quando nella tua vita c’è qualcosa che non va, certi comportamenti te li puoi permettere.
Io me li ero permessi per tre lunghi anni, in cui nessuno, nemmeno mia madre, era riuscito a convincermi a tornare ad essere la giovane ragazza solare e amichevole che ero.
Ma io non me la sentivo ancora di tornare ad essere quella che ero una volta perché, nel profondo, sentivo che non lo ero più.
Ero cambiata. C’era chi pensava in peggio, e chi in meglio per alcuni aspetti, ma a me sembrava sempre di essere la stessa, solo con atteggiamenti diversi."
 

-2012-

Per quale motivo non potevo indossare il cappello in classe, quando per le donne, secondo le regole del bon ton, possono indossarlo?!
Ma a scuola vigevano solo le regole dettate dal preside, uomo burbero, ignorante e con al seguito varie denunce per maltrattamento. E c’era ancora gente che si fidava a lasciare i figli dentro quel posto!
Per fortuna per me era l’ultimo anno e non dovevo più assistere alle scenette fra “amiche” a cui un tempo ero anche io legata.
«…dovete essere esaustivi! Non scrivete superficialmente! Capito ragazzi?!» domandò il professor Flynn, di letteratura inglese, che in tutte le lezioni si faceva prendere un po’ troppo  e iniziava a urlare contro gli ignoranti in giro nel mondo.
A me faceva quasi ridere, era divertente vederlo infuriato contro le masse e per quel motivo era diventato uno dei miei professori preferiti. Non amava nessun tipo di massa, a parer suo ognuno di noi era un individuo e doveva agire da tale, certo, era normale avere qualcuno al proprio fianco, ma non per forza bisognava farsi trasportare dalle altre persone.
Io la pensavo allo stesso modo.
La campanella suonò scatenando nell’intera scuola il delirio della fine dell’ultima ora. Mentre gli altri si alzavano in fretta per uscire, io rimasi al mio posto, sistemando meglio i miei quaderni nella tracolla nera e usurata a cui ero molto, forse troppo, affezionata.
«Jamie, da te mi aspetto uno splendido tema» il professore mi fece un minuscolo occhiolino seguito da un sorriso, che svanì non appena si accorse di un’altra persona all’interno dell’aula, così sorrise cordialmente anche all’altra persona dietro le mie spalle, ed uscì dall’aula con sotto il braccio il registro e i suoi libri.
Non mi ero accorta di non essere sola, solitamente chiunque avesse avuto un cervello “sano” sarebbe scappato via urlando dall’aula, ma io amavo percorrere i corridoi deserti, mentre i bidelli si accertavano che rimanessero puliti.
Così, con la scusa della tracolla a terra, mi girai lievemente per vedere chi fosse.
Era Styles, un tipo discreto, ma che spesso era in mezzo a tanta gente.
Accorgendomi dei suoi movimenti simili ai miei ma più veloci, mi rigirai facendo finta di nulla, mentre mi sistemavo meglio il berretto in lana grigia.
Si piazzò davanti a me, con lo zaino in spalla, mentre provava a guardami in faccia, cosa difficile dato che ancora ero piegata per chiudere la tracolla, che in seguito misi in spalla non appena mi alzai.
«Credo che in quattro anni di scuola insieme non ci siamo mai parlati…Harry» disse allungando la mano che accettai un po’ riluttante.
«Jamie» mi presentai a mia volta.
«Ti posso dare un passaggio a casa?» mi chiese speranzoso non appena le nostre mani tornarono ai posti di partenza.
«Ho le mie gambe, mi bastano» gli sorrisi cordialmente iniziando ad avviarmi verso l’uscita, percorrendo con lui alle calcagna i corridoi.
«Almeno per questa volta…Ti prego, mi farebbe molto piacere accompagnarti» insistette iniziando a camminare all’indietro per guardarmi.
«…La macchina mi da’ fastidio…» inventai una scusa, storcendo il naso.
«Andrò piano…Dai!» insistette.
Feci per replicare, ma stava per andare contro un estintore, così gli afferrai la mano e lo scansai velocemente, portandolo al mio fianco facendolo camminare normalmente.
«Visto? Per fortuna che c’eri tu! Dai! Fallo per me! Altrimenti domani leggerai sul giornale che sono morto schiantato contro un albero» insistette.
«Non  leggo la cronaca nera, mi mette tristezza» annunciai leggermente divertita dal suo incessante insistere.
«Va bene, vorrà dire che ti perseguiterò per il resto della tua vita…»sospirò affranto aprendo, dal suo lato, la porta con i maniglioni antipanico «Ci vediamo Jamie Iris» disse prendendo la via verso i parcheggi, per poi salutarmi con la mano tutto sorridente.
Rimasi lì, a fissarlo salire in macchina e sfrecciare via come una saetta.
 
 
-2014-

«Jamie! Ascolta tua madre!» mi rimbeccò papà appena  si accorse che ero presa da altro invece di ascoltare mia madre rimproverarmi il fatto che non fossi andata a nessuna delle lezioni della mia università, frequentando invece un corso breve di letteratura inglese, tenuta dal mio, ormai, ex professore Flynn, che mi accolse a braccia aperte non appena gli raccontai delle mie difficoltà nel rimanere concentrata durante le lezioni.
Come al solito era l’unico ad aver capito la mia situazione e ad aver interpretato bene le mie intenzioni, accettandomi nei suoi corsi pomeridiani che alla fine dell’anno rilasciavano un diploma, e a me bastava.
«Non capisco cosa ti abbiamo fatto di male per meritarci questo?! Cosa vuoi da noi, Jamie?!» domandò mamma, completamente all’oscuro della mia vita.
Non potevo continuare ad ascoltarla, così scappai di casa, correndo chissà dove.
L’importante era correre, correre il più lontano possibile. Correre lontano da loro che non mi capivano, che dopo tre anni di silenzio non avevano provato a comprendermi!
Corsi così tanto, lasciando che le mie gambe mi guidassero, che quando mi fermai per riprendere fiato mi ritrovai leggermente spaesata.
Ma io quella via la conoscevo, la conoscevo molto bene, come se fosse quella di casa mia.
Allungai il passo fino a raggiungere la porta in legno elegante con dei batacchi circolari e dall’aria pesante, che spesso avevo fatto risuonare in tutta la casa.
Non badai al fatto che fossero le cinque del pomeriggio di una domenica uggiosa, così presi a sbattere il metallo per annunciare il mio arrivo a casa Flynn.
«…Jamie…Cosa ci fai anche tu qui?» domandò sbalordito il professore, completamente sconvolto.
«Mi dispiace…» temporeggiai riprendendo fiato «…Avevo bisogno di scappare via…» mi poggiai con la mano sullo stipite della porta, continuando a respirare ancora affannosamente.
«Ti senti bene?» domandò preoccupato.
«Più o meno….» continuai con il fiatone «…Come mai “anche” io?» domandai dopo un po’ ripensando alla sua domanda iniziale.
«Beh…» provò a dire ma alle sue spalle comparse un ragazzo che già avevo visto, un volto conosciuto.
Lo guardai con gli occhi semi chiusi, concentrata al massimo per ricordarmi di quel volto.
«Entra che fa freddo» il professore mi fece accomodare, così, una volta dentro, il ragazzo, che anche lui mi fissava, mi fece spazio, per farmi accomodare in sala con un camino scoppiettante che riscaldava l’intera casa arredata impeccabilmente e con grande gusto.
Come al solito, presi posto sul divano davanti al camino, mentre il professore si sedette sulla sua poltrona di pelle bordeaux usurata.
Il ragazzo venne vicino a me.
«Strano che ancora non vi siate riconosciuti…Eppure alle mie lezioni eravate sempre di banco insieme» ci fece notare il professore.
«Harry?!»
«Jamie?!»
Urlammo sconvolti all’unisono, guardandoci negli occhi, sconvolti nel rivederci dopo soli due anni.
Il professore rise sommessamente, divertito nel vederci in quel modo sconvolti.
«Mio Dio! Sei cambiata!» esclamò sconvolto Harry.
«Anche tu non scherzi! Cos’è? Ti sei dato alla palestra?» sogghignai  divertita nel ripensare alla sua avversione verso le palestre e tutto quello che c’era di atletico nell’intero universo.
«Alla box» precisò, accomodandosi meglio sul divano a due posti, mentre io mi poggiavo con la schiena al bracciolo per guardare meglio i due uomini e sentirmi, almeno in quella casa, a mio agio.
«Strano che non vi siate tenuti in contatto» mormorò il professore.
«Diciamo che dopo il college non ho avuto molta calma» sorrise divertito Harry che mi guardò come spesso faceva a lezione.
«Ho sentito che ti stai per laureare alla triennale» iniziai ad indagare.
«Il prossimo anno, per ora ho solo viaggiato molto»
«E appena è tornato è venuto a trovare il suo professore preferito, vero Harry?» scherzò il professore, poggiando con poca delicatezza la mano sul ginocchio del suo ex alunno.
«Ma certo» si fece scappare un sorriso, di quelli che spesso mi riservava mentre eravamo solo noi due.
«Dove sei stato?» domandai io, curiosa di sentire le sue storie.
«Per lo più in Giappone, ma comunque mi sono mosso in quasi tutta l’Asia»
«Vedo che la passione per il Giappone ti è rimasta» sorrisi in memoria dei pomeriggi passati a parlare dei nostri futuri, mentre guardavamo la gente passare con le macchine.
«Non sono molto cambiato» m’informò, lanciandomi un’occhiata complice.
«Nemmeno io» rilanciai lo stesso sguardo e fu quello che all’improvviso fece scomparire il professore che era lì a studiarci come faceva durante le sue lezioni, dove eravamo troppo presi da noi per ascoltare lui.
«Vi va’ un bel tè?» George, il professore, si alzò scattante dalla poltrona, senza nemmeno badare alle nostre risposte, così si diresse in cucina.
«Come stai?» chiese un po’ più serio.
«Come quando mi hai lasciata l’ultima volta. Una merda» affermai.
«George mi ha detto che non frequenti più l’università ma i suoi corsi pomeridiani qui in casa sua» continuò guardandomi bene negli occhi, mentre io provavo a sfuggirgli.
«Lo sai che il mio sogno non è diventare ingegnere!» gli ricordai.
«Allora perché non ne parli con i tuoi genitori?» insistette.
«Possiamo cambiare discorso?» domandai un po’ più fragile del solito.
Lui continuò a perlustrarmi per alcuni secondi, per poi tornare al suo posto e fissare, come me, il fuoco scoppiettante.
«Ecco qui il tè!» il professore entrò in sala con un vassoio e tre grandi tazze piene di liquido caldo e fumante.
Lo posò sul tavolino basso al centro della sala, mentre noi altri prendevamo le nostre tazze sorseggiando in silenzio il tè bollente.
 
 
-Più tardi la sera-

«Grazie per oggi…» mormorai.
«Sei sicura che vada tutto bene?» domandò il professore, preoccupato.
«Sì, non si preoccupi..» continuai sfoderando un leggero sorriso.
«Se hai bisogno chiamami» si raccomandò.
Così gli sorrisi annuendo, lo salutai per l’ultima volta e uscii dal vialetto della villetta Flynn.
Era buio, ma la pioggia aveva cessato di cadere, lasciando l’asfalto completamente bagnato.
«O i soldi o la vita» mormorò qualcuno alle mi spalle.
«Harry, questo tipo di approccio ormai non funziona più» dissi leggermente annoiata, così lui, affranto, si mise davanti a me.
«Posso darti un passaggio?» domandò mettendo le mani nel giaccone nero.
«Nemmeno questo tipo di approccio funziona» sghignazzai divertita.
«E’ vero, non sei proprio cambiata» esclamò stupefatto.
«Cosa ci fai ancora qui, Harry?» tornai seria.
«Ti aspettavo, non mi va di farti andare in giro da sola» mi confidò.
«Soprattutto se ci sono persone come te in giro» lo stuzzicai.
«Ehi! Dovresti sapere ormai che sono un gentleman!» esclamò sconcertato.
«Sì, e io sono un cane…Buona notte, Harry» tagliai corto, sorpassandolo, ma lui mi seguì, bloccandomi nuovamente il passaggio «Cosa vuoi?» sbuffai.
«Solo un passaggio! Per favore!» mi supplicò.
«So camminare! Non ho bisogno di quattro ruote sotto il culo, grazie!» con la mano lo spostai per poi sorpassarlo agilmente, lasciandomelo finalmente alle spalle.
«Ricordati che non ti libererai tanto facilmente di me!» urlò, con un leggero sorriso all’interno della frase.
«Vedremo!» urlai io di rimando, sorridendo, mentre ormai ero diretta verso casa.
«Ci vediamo, Jamie Iris!» concluse.
 

-2018-

«…Siamo qui riuniti per celebrare la vita, non la morte, di un uomo. Un uomo che ha fatto molto per questa comunità, cercando e riuscendo a combattere l’ignoranza, indirizzando giovani verso il loro futuro. Quest’oggi piangiamo la morte di un uomo sincero…» il prete era così preso dalla sua predica che nemmeno si accorse dell’improvviso temporale che ci colse tutti di sorpresa.
Le ultime volontà del professore furono quelle di celebrare il suo funerale all’aria aperta, come quelli americani, come mi aveva raccontato una volta.
Era ancora così giovane.
Infarto a soli cinquantasei anni. Non aveva nessuno a cui lasciare i suoi beni, così andarono tutti in beneficenza, solo una cosa riuscii a prendere, la sua agenda privata, con numeri e contatti di tutti i suoi alunni e amici, che chiamai per essere presenti a quell’insolito e triste funerale, in cui, le sessanta persone presenti, non si mossero fino alla fine della cerimonia, lasciando che la pioggia ci bagnasse tutti.
Ero tremendamente triste per quella perdita. Nessuno se lo aspettava, e pensare che il giorno prima avevamo preso il tè insieme.
Ormai i fazzoletti mi erano poco utili, le lacrime si mischiavano alla pioggia estiva, trasportando via quel poco trucco che avevo.
«…Preghiamo affinché l’anima di quest’uomo raggiunga il Creatore…» concluse il prete per poi raccogliersi in preghiera e finire la messa.
Essendo io l’organizzatrice vennero a farmi tutti le condoglianze, stringendomi la mano cercando di consolarmi.
Alla fine rimanemmo solo io e il professore.
Quella bara era così ingiusta! Perché lui?
Mi alzai dalla sedia, che tenni occupata per tutta la cerimonia, per andare a posare un’ultima rosa rossa sulla bara, ormai mezza sotterrata grazie all’uomo del cimitero.
Appena mi girai, mi ritrovai davanti un figura maschile, in giacca e cravatta, con le mani nelle tasche dei pantaloni neri, facendo arricciare la giacca anch’essa nera e completamente zuppa.
«Lo vuoi un passaggio?» mi domandò, con un pizzico di compassione e divertimento nel vedermi zuppa e con i tacchi impiantati nel terreno ormai melmoso.
Mi avvicinai a lui, che mi raggiunse per aprirmi la portiera della sua auto, per poi salire nel lato del guidatore e mettere in moto.
«Dove ti porto?» mi chiese.
«Dove vuoi tu…»mormorai affranta.
Lo vidi annuire.
 

-Più tardi il pomeriggio-

«…Hai bisogno d’altro?» mi urlò al di fuori del bagno.
«No, sono a posto» gli risposi che ormai ero nella doccia.
Eravamo a casa sua, un appartamento discreto, di un uomo ormai in carriera che non ha tempo da perdere dietro una grande casa.
Era incredibile come anche dopo anni senza mai esserci sentiti o visti avessimo un tipo di rapporto immutato, sempre uguale, come se non ci fossimo mai persi di vista.
Finito di lavarmi uscii con attorno al corpo l’asciugamano, dirigendomi verso il lavandino per vedere in che condizioni fossi, ma ormai ero completamente lavata, come i capelli tornati ad essere normali.
Uscii di lì mezza nuda, dirigendomi verso la sala, dove ormai era a guardare la televisione con in mano una birra fresca e la tuta al posto del completo.
«Ti ho messo nella lavatrice le cose…Tra qualche minuto dovrebbero essere pronti, così li metto nell’asciugatrice» m’informò, non appena mi misi seduta sul divano vicino a lui, ma con una distanza legale.
«Grazie» mormorai ancora un po’ provata dal funerale.
«Come stai?» proseguì con le domande, solo dopo aver spento la televisione.
«Una merda. Come sempre» sorrisi affranta.
«Sei sicura di voler tornare a casa? Insomma, non mi piace saperti lì da sola» ammise.
«Sì, sono sicura Harry…Non me la sento di rimanere a romperti qui»
«Ma a me non dai fastidio, lo sai» mi sorrise.
«Quando ripartirai per l’Asia?» gli chiesi cambiando discorso.
«Non ripartirò…Ormai rimango qui a Londra» m’informò.
«Niente più avventure per il signor Styles?» mi girai verso di lui sorridendo dopo ore passate a piangere.
«Diciamo che a ventiquattro anni ti stufi di continuare a girare senza trovare un punto fisso…Ma ora ho l’opportunità di fermarmi e la prendo al volo» finì l’ultimo goccio di birra sorridendomi «Veramente non vuoi rimanere qui da me?» insistette alquanto preoccupato.
«E’ mai possibile che la tua insistenza non si affievolisca con gli anni?» gli domandai divertita.
«Stessa cosa posso dire di te! Sono anni che ti offro passaggi in macchina e tu solo ora lo accetti! Per tutti quegli anni mi sono sentito inutile!» scherzò.
«Ma tu sei inutile, Styles!» con quella frase mi beccai un pizzicotto sul braccio nudo.
 

-Più tardi la sera-

«Ti prego rimani!» mi scongiurò che ormai ero intenta a mettermi di nuovo i sandali che avevo al funerale quella mattina.
«Ho una casa anche io» gli ricordai.
«Ma dai! E’ mezzanotte! E’ tardi! Rimani qui solo per questa notte!» continuò mentre mi seguiva a passo spedito lungo il corridoio di casa sua.
«Ho il mio letto che mi aspetta» affermai sicura con ormai la mano sulla maniglia del portone.
«No! Questa volta si fa come dico io!» si piazzò davanti la porta richiudendola con doppia mandata.
«Harry, per favore, sono stanca voglio mettermi il mio pigiama e rilassarmi davanti al televisore» mi lagnai.
«Tutte queste cose le puoi fare anche a casa mia» controbatté sicuro.
«Lasciami andare, Harry» continuai più seria.
«No» si raddrizzò con la schiena.
«Ho detto di lasciarmi andare!» mi avvicinai a lui, rabbiosa fino alle punte dei capelli.
«E io ho detto di no!»
«Cos’è?! Invece di crescere sei tornato indietro?!»gli urlai contro, mentre mi distaccavo di poco da lui.
«E tu invece?! Ogni anno per te è sempre una merda! Mai che rispondi in modo positivo! Io sarò pure retrocesso ma te sei sempre rimasta allo stesso punto!» urlò di rimando anche lui adirato.
Rimasi scioccata dalla sua risposta fulminea, come se era da anni che l’avesse premeditata e che in quel caso era riuscito a dirmela senza problemi.
Forse, accorgendosi della sua offesa nei miei confronti, si scostò dall’entrata di casa, lasciandomi uscire.
 
 

-2020-

«…Danielle! Non puoi farmi andare al negozio per prenderti l’abito senza dirmi che lo dovevi ancora pagare!» gli urlai sommessamente per telefono, mentre serpeggiavo fra i turisti di Oxford Street.
«Mi dispiace, Jamie! Appena torni ti rimborso!» si scusò la mia migliore amica.
«Sappi che ti odio!» sorrisi mentre posavo nei sedili dietro la busta con dentro l’enorme scatola con l’abito al suo interno.
«Io ti voglio bene! Ciao!!» disse tutta felice riattaccando poi la chiamata.
Feci il giro dell’auto, cercando di non ammazzarmi sui sandali con tacco a spillo che avevo solo per un ovvio motivo: il matrimonio di Danielle, che era quella mattina.
Solo che, la scorderella, aveva preparato tutto tranne l’abito che era ancora da ritirare, così io, ormai vestita per il matrimonio con un abito completamente attillato, lungo fin sotto il ginocchio e di un cipria molto delicato, andai a ritirarglielo solo che non lo aveva ancora pagato!
«Jamie?!» mi sentii richiamare, così mi bloccai a metà strada prima di salire in macchina, iniziando a guardarmi attorno «Ehi!» davanti comparse un uomo della mia stessa età, un uomo già visto, in smoking.
«Harry….Che ci fai qui?» domandai sconcertata.
«Ci vivo» sorrise indicando il palazzo da cui era appena uscito.
Aveva cambiato casa.
«Scusami, ma sono in un tremendo ritardo» mi affrettai a partire.
«Stai andando al matrimonio di Liam e Danielle?» s’informò.
«Come fai a saperlo?» rallentai nel camminare, per fissarlo mentre provava a darmi una risposta valida.
«Sono amico di Liam…Mi ha invitato» rispose cordialmente.
«Ah…Allora vorrà dire che ci vedremo in giro…» tagliai corto iniziando a camminare all’indietro mentre fiancheggiavo la mia Jeep.
«Sarà difficile liberarti di me» mi fece un microscopico occhiolino.
«Staremo a vedere» dissi ormai di spalle.
«Ci vediamo, Jamie Iris!» mi salutò saltando dentro la sua macchina, come me del resto.
 

-Più tardi-

«Grazie per oggi! Dopo non scappare che ti lascio l’assegno» mi abbracciò Danielle.
«Ma no…Prendilo come il regalo che non ti ho potuto fare» ridemmo insieme.
«Ehi! A me nessuno mi da’ abbracci?!»s’intromise Liam, un po’ troppo euforico.
«Taci!» lo ammonimmo insieme io e Danielle.
«A proposito! Vieni! Devo farti conoscere una persona!» mi prese per il polso, facendomi attraversare l’intera pista da ballo per poi arrivare a uno dei tavoli della cerimonia «Jamie, ti presento Harry. Harry, questa è Jamie, l’amica di cui ti parlavo» continuò tutta entusiasta quella che doveva essere la mia migliore amica.
Lui era seduto al tavolo a parlare con altre persone, ormai lasciate in disparte per fissare me.
Danielle ci osservava come ad una partita di tennis, con quello sguardo da pazzoide.
«Harry! Dai! Fa il gentiluomo! Invitala a ballare!» lo incitò Danielle, sempre più euforica nel vederci in quel modo impacciati.
A quel punto lui si alzò, sorpassò Danielle e mi prese sotto braccio portandomi sulla pista da ballo dove altre persone, ormai da ore, ballavano tutti i lenti che il dj rifilava.
«Forse dovremmo dire a Danielle che ci conosciamo da otto anni» mormorai.
Con una mano mi teneva stretta a lui, tenendomi per la vita, mentre con l’altra mi portava con la mano, mentre ondeggiavamo elegantemente.
«Lascia che passi del tempo, poi glielo diremo» lo sentii sorridere, mentre con il naso sbirciava in mezzo ai miei capelli, in modo delicato.
«Non me lo chiedi più come sto?» gli chiesi io, dopo alcuni minuti passati a ballare soltanto, senza guardarci perché troppo uniti per farlo.
«E perché mai? So già la risposta» affermò ostile.
«Magari potrei sorprenderti» mi scostai per sorridergli mentre lo guardavo divertita.
«Proviamo….Come sta, signorina Jamie Iris?» mi sorrise lievemente.
«Finalmente bene» risposi sinceramente.
«Wow! Mi meraviglia!» scherzò facendomi ridere.
«Te? Come stai?» domandai con ormai la nuca posata sulla sua spalla, con il profilo rivolto verso il suo collo.
«Senza fissa dimora…Ricordi quando ti dissi di voler un punto fisso?» tornai a fissarlo interessata, annuendo inseguito «Beh, erano tutte stronzate! Dopo la nostra discussione sono tornato in Giappone e ci sono rimasto fino a qualche giorno fa, poi Liam mi ha chiamato, in ritardo, dicendomi che si sposava e che voleva me al suo addio al celibato» sorrise divertito.
«Visto? Io sono cambiata questa volta, mentre te sei rimasto sempre lo stesso» gli feci notare con un senso di vittoria.
«E secondo te il vecchio me avrebbe accettato di ballare un lento?» alzò un sopracciglio.
Sorrisi tornando a posarmi con la nuca sulla sua spalla, odorando il suo profumo, di uomo ormai.
Sembrava, però, che l’anno delle superiori era di un’altra vita, come se non eravamo noi a baciarci di nascosto negli sgabuzzini, o come se non eravamo noi quelli che una volta alla seconda ora di ginnastica ci eravamo nascosti dietro i palloni da basket a fare l’amore, con tutti che erano lì pronti a scoprirci. Era come se entrambi fossimo realmente cambiati tanto da dimenticarci delle notti passate insonni per fumare e bere e parlare del perché la vita fosse tanto schifosa nei nostri confronti.
Era come se non fossimo io a lui a dirci “ti amo” sotto la pioggia incessante di Londra in piena primavera, quella volta in cui sapevamo che era l’ultima volta che si saremmo visti come coppia.
Ma comunque, in cuor nostro, sapevamo di appartenerci.
 




-Spazio Autrice-
Buon pomeriggio! 
Ho scritto un’altra OS! Eh già!
Pure questa mi è venuta in mente all’improvviso, ma grazie ad una frase che ha detto questa mattina mia madre LOL
Non è hard, lo so, e mi dispiace deludere alcune persone, ma ogni tanto ci sta una storia più “tranquilla” ;)
Ditemi cosa ne pensate…A me piace il fatto che la “verità” venga a galla solo alla fine.
Non lo so…Ditemi voi :D
Come al solito fate finta che gli errori/orrori non esistano, grazie LOL
 
Baci Xx
 
BUONA PASQUETTA A TUTTI!
 
  
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