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Autore: Christa Mason    06/04/2015    1 recensioni
Julian Casablancas è uno studente del Le Rosey e fa tremendamente freddo quando incontra Gil.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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 Ciao ragazzi. Cose veloci. Grazie mille per le vostre recensioni, ricambierò piano piano tutto. Purtroppo esami, amici che stanno pubblicando libri e mi mandano altre cose e viaggi mi impediscono di fare di EFP una priorità. A presto!

  S’appoggia a me mentre facciamo i tre piani di scale che sembrano infiniti per arrivare all’appartamento nel quale ho sempre vissuto e dove non ha messo piede nessun estraneo che non fosse Hans, e lui non si può neanche considerare un estraneo. Julian cade, più volte. E le sue cadute risuonano per i piani della silenziosa palazzina. Cerco di sollevarlo, ma è lui a decidere. 
  Ancora un piano, cazzo. 
  Entriamo il più silenziosamente possibile in casa, ma i passi di Julian sono pesanti e i miei si trascinano sul pavimento. Mia madre è abbandonata sul divano con il telecomando in mano e la televisione non più sintonizzata. Il grigiume frizzante dello schermo illumina la stanza. Mia madre aveva passato la sera prima a preoccuparsi pensando che fossi scappata per sempre, e ora dormiva senza aspettarmi. L’ho odiata per un attimo, solo perchè ti ho assicurato che non me ne sarei andata, non significa che sia vero. Odio me per quello che sto pensando. Realizzo che Julian avrebbe visto mia madre, non subito perchè è troppo ubriaco per notare qualsiasi cosa, ma l’avrebbe vista appena sveglio. Non voglio che la veda, enorme e triste, chiusa in casa e borbottante. Mia madre rappresenta una parte di me, la più imbarazzante, la più segreta che nessuno deve conoscere. Sono passati un paio d’anni da che Hans non mette piede in quest’appartamento, un paio d’anni da che qualsiasi essere umano che non sia io mette piede in quest’appartamento: e due anni sono stati abbastanza per permettere a mia madre di raddoppiarsi, e i suoi preoccupanti cento chili sono diventati duecento, e la sua immobilità parziale è diventata totale. 
  “Di qua.” dico a Julian sottovoce indicando la porta della mia camera. 
  Siamo in camera mia, finalmente lascio andare Julian sul letto, con il suo peso fa cigolare le molle del materasso. É sveglio, ma è come se non lo fosse. Si contiene le tempie doloranti. Sembra trovarsi a suo agio, si appropria del cuscino e non fa domande. Vado in bagno e mi guardo allo specchio, le occhiaie scavate dalla stanchezza, dal lavoro e da Julian Fucking Casablancas. Solo un’altra fottuta complicazione che s’è presa il mio letto. Esco dal bagno con una maglietta dei Rolling Stone che mi arriva alle ginocchia, un pigiama che odora di sonno arretrato e di film da weekend. Trovo lo spettacolo pietoso di un Casablancas abbandonato al sonno, con addosso la sua giacca di pelle troppo stretta e le sue Adidas luride. Gli sfilo le scarpe, che lascio cadere sonoramente sul pavimento. Non voglio pensare a mia madre, a Julian che la vedrà quando si sveglierà ondeggiante e alcolico non ricordando neanche dove si trova, non voglio pensare all’americano al fianco del quale mi concederò un sonno senza sogni. Mi stendo al suo fiancovedo le sue palpebre chiuse e le narici che si allargano al ritmo del suo respiro sento il suo odore e Julian Casablancas, odori proprio di disastro.
  Mi sveglio rannicchiata in un letto vuoto, realizzo in fretta che Julian non c’è. Già lo immagino al ristorante dove lavoro, con il suo gruppo di amici entusiasti dei suoi racconti, lo vedo che descrive il mio appartamento umido e grigio, lo sento che prende in giro mia madre e mi indica. Sua madre, è una cazzo di balena, dovete credermi, anche se ci sarebbe da non crederci. Non esce di casa da dieci anni perchè è troppo enorme. Potete crederci? Mi infilo i jeans più in fretta che posso, voglio fermarlo, impedirgli di fare della mia vita un altro dei suoi inutili show. Afferro il mio giaccone e mi precipito nell’altra stanza. 
  “Gil.” mi saluta lui. 
  É seduto per terra, mia madre lo guarda dall’alto, ancora seduta sul divano come l’avevo lasciata la sera prima, ma è sveglia, allegra come non la ricordo da troppo tempo. Sorridono entrambi come se fossero appena scoppiati a ridere e io li avessi interrotti. Julian ha in mano una ciotola di cereali annacquati in un latte che spero non sia scaduto. Sta facendo colazione. Sta facendo colazione con mia madre. E non c’è niente sul suo volto, né la superiorità buonista di chi dentro di sè pensa Sto facendo una buona azione perchè sto parlando con una balena svizzera senza ridere, né il disgusto che avevo visto nella mia fantasia di lui che parlava di mia madre ai suoi amici. 
  “Grazie per ieri sera.” mi dice. 
  Accenno un sorriso imbarazzato.
  “Non c’è di che.” rispondo guardando mia madre, poi guardo Julian: i suoi capelli sono unti e spettinati, ha uno sguardo distrutto. 
  Perchè mia madre non è arrabbiata? Perchè non mi sta guardando come si guarda una figlia che ha appena portato a casa un americano ubriaco? Ora mia madre starà pensando che Julian sia un fidanzato, una cosa del genere, forse non è arrabbiata perchè sa già quanto è ricco, forse già è felice per un amore fortunato che ci porterà lontano dalle case popolari. 
  Due cucchiaiate voraci e Julian ha finito la sua ciotola di cereali. Pensavo che gli studenti del Le Rosey non mangiassero cereali. Si alza da terra con la sua ciotola. Non ha niente del traballante Julian Casablancas che si trascinava passo dopo passo e che era affondato nel mio letto come se non dovesse più riemergerne.  
  “Dia a me.” dice a mia madre prendendo anche la sua. 
  “Grazie, Julian.” risponde lei. 
  Julian va in cucina, comincia a sciacquare le tazze con la confidenza casalinga che non avevo potuto vedere in nessun altro. Lo seguo. 
  “Cosa stai facendo?” gli chiedo, sottovoce perchè mia madre non possa sentirci. 
  “Lavo queste ciotole.” mi risponde lui, semplicemente. 
  “Intendo con mia madre, cosa stai facendo con mia madre?” mi scaldo.
  Mi guarda come se non sapessi di cosa io stia parlando, come se desse per scontata quell’intimità che sembra farlo muovere in casa mia. Sento il volume della televisione che si diffonde nell’appartamento, è mia madre che comincia la sua giornata fatta di programmi televisivi e cibi scadenti.
  “Io adesso me ne vado.” conclude, deluso della mia reazione poco gentile.
  “Cosa le hai detto, Julian? Cosa hai detto a mia madre?” penso ancora al Julian che parla della mia patetica casa e della mia patetica madre ai suoi amici del Le Rosey, nel ristorante dove non posso neanche tenermi le mance. Non posso che essere arrabbiata con quel Julian. 
  “La verità, Gil. Non ti scaldare.” lascia le ciotole sciacquate nel lavandino, so che poi sarò io a rimetterle nella credenza. Senza chiedermi il permesso entra in camera mia, tira su le sue scarpe, le Adidas che sembrano sul punto di distruggersi da un momento all’altro. 
  “Quale verità?” divento ostile. 
  “La verità e basta, Gil.” s’infila la sua giacca di pelle, torna in soggiorno. Continuo a stargli dietro esasperata. Ignoriamo mia madre, incollata alla televisione. “Che abito dall’altra parte del lago, che siamo usciti insieme e che sono stato male.” chiarisce sussurrando. 
  Non aspetta un congedo formale e esce di casa. Mia madre lo vede uscire e pronuncia un gentile Ciao, Julian, torna a trovarci. E l’aveva detto con tutta la sincerità che c’era da aspettarsi. M’erano bastate meno di ventiquattro per trovare mia madre, timorosa dell’esterno e delle persone, che invitava a tornare a trovarci niente poco di meno che Julian Casablancas. Continuo a seguire Julian, giù per le scale, è più veloce di me. 
  “Che eri completamente sbronzo glielo hai detto?” 
  “Non c’è bisogno di fare così, Gil.”
  “Julian, fermati…” gli imploro, e lui, incredibilmente si ferma. Siamo sulle scale del primo piano, m’aspetta. Ci guardiamo. “Giura che non lo dirai a nessuno.”
  “Cosa non devo dire a nessuno?”
  “Di mia madre?”
  “Di tua madre cosa, Gil?”
  “Di mia madre, del fatto che è enorme.”
  “Enorme?” chiede come se non l’avesse notato.
  “Giuralo, giura che non racconterai a nessuno di mia madre.” cerco di trattenerlo.
  “Lo giuro.”
  “Grazie.”
  “Dovresti voler bene a tua madre.”
  “Gliene voglio. Ma non è facile, e tu non puoi capire.”
  “Perchè non posso?”
  “Beh, perchè non hai idea di cosa significhi volersi male tanto da diventare così.”
  “Tua madre è ok, Gil.” si volta e continua a scendere le scale. 
  “Ciao, allora.” dico io.
  “Ciao.” dice neutro, gira l’angolo e sparisce. 
  Mi sento una stupida perchè Julian sembrava davvero a suo agio con mia madre, e non so perchè ho pensato che la sua presenza potesse farle del male, gli avevo fatto giurare una cosa che probabilmente non avrebbe fatto comunque. Torno in camera mia e sento il suo odore, birra del Quarto Potere, inchiostro e la sua aria disastrosa e euforica tipica del solo Julian Casablancas. Penso che adesso tornerà al suo albergo e si farà una doccia cercando togliere l’alcol dalla sua pelle, forse dormirà meglio di quanto abbia dormito qui. Mi butto sul letto ancora disfatto e sento la sua presenza sulle lenzuola. Mi sento in colpa e non so neanche perchè, di Julian Casablancas non me ne importa proprio niente. 


 

  
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