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Autore: Simo6060    06/04/2015    3 recensioni
Questa non è la solita storia dove la protagonista, timida e ingenua, si innamora di un ragazzo stronzo e bellissimo. Andrea Stewart è una ragazza che ha deciso di cambiare vita decisamente, vuole diventare una ragazza gentile e vuole tenersi lontano dall'amore. Derek è un ragazzo che vuole realizzarsi nello studio ma agli occhi di Andrea è uno sconosciuto, non sa nulla di lui ma, l'idea del professore di farli studiare insieme giornalmente, li porterà a conoscersi a fondo. Derek non vorrà aprirsi subito, è misterioso e ha un piccolo grande segreto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Passò una settimana da quella sera, ed era proprio da una settimana che Derek non andava a scuola, né si faceva sentire. Gli avevo mandato alcuni messaggi dove gli chiedevo se avremmo potuto studiare insieme ma ottenni una risposta soltanto dopo cinque giorni.
No.
Almeno sapevo che era vivo.
Nemmeno Isaac e gli altri avevano sue notizie, ma Leah sosteneva che probabilmente si era sentito male. Ma era una coincidenza che fosse scappato da casa mia la sera prima che facesse una settimana di assenze? Forse si era sentito male quella sera, o magari la “cosa urgentissima” che avrebbe dovuto fare impiegava proprio una settimana di tempo.
Insomma, nessuno sapeva niente.
Se avessi saputo dove abitava, ci sarei andata per avere sue notizie ma non mi azzardavo a chiedere agli altri. Così feci una cosa alquanto idiota, persino per me.
M’intrufolai insieme a Scarlett negli archivi della scuola e cercai quello di Derek.
-“Aia”- si lamentò la mia amica a causa di uno scatolone caduto sul suo povero piede.
-“Silenzio, siamo in incognito”- la zittii.
-“Non siamo le “Charlie’s agels”, sappilo.”-
Alzai gli occhi al cielo e ritornai alla ricerca del fascicolo di Derek, che trovai subito dopo.
-“Et voilà”- gioii.
Lo sfogliai velocemente in cerca del suo indirizzo e lo annotai sullo smartphone. Conclusa la missione segreta, uscimmo dagli archivi in punta di piedi. Entrambe sbattemmo proprio contro il professore di storia, il signor Collins.
-“Stewart, Watson. Che diamine ci fate in sala professori, uscendo dagli archivi?”- ci fulminò con lo sguardo.
Quel bastardo era sempre in mezzo ai coglioni.
Scarlett era un po’ spaventata di cosa avesse potuto fare, se metterci una nota, punirci o mandarci in presidenza.
-“Signor Collins, noi stavamo solo...ecco...il nostro compagno Derek Nelson non si vede a scuola da una settimana e vorrei andarlo a trovare a casa sua ma non sapendo dove abita ho pensato di controllare nel suo fascicolo…con tutto il rispetto, ovvio”- il bastardo alzò un sopracciglio.
-“Non credo che nessuno dei vostri compagni non sappia dove abita il signorino, o mi sbaglio? Non potevi chiedere a loro? Sicuramente te l’avrebbero detto...”-
-“Andrea è innamorata di lui e quindi non voleva farsene accorgere”- intervenne Scarlett, sorridendo.
Brutta stronza.
Io non potei far altro che annuire a denti stretti, pronta a scatenare la terza guerra mondiale con la mia ex migliore amica. Alla fine il professore ci diede un compito in più per il quadrimestre scolastico come punizione e mi rimproverò per aver messo in atto questo piano alquanto cretino.
-“Non ho ancora finito per te, Andrea”- pronunciò, mentre ce ne stavamo dileguando.
-“Mercoledì prossimo resterai qui a scuola a pulire la mensa e la biblioteca, sono stato chiaro?”- mi rimproverò, autoritario.
-“Sì”- borbottai a braccia incrociate.
Non solo volevo fare una buona azione per un...amico? conoscente? compagno di studi? per un quello che sia, inoltre dovevo beccarmi pure una punizione, fanculo.
 
Ormai “l’angolo dei cervelloni” ribattezzato sempre dalla sottoscritta “l’angolo dei cisonoanchioquindinonpiucervelloni”, era un appuntamento fisso per me e Scarlett durante l’intervallo. Non che avessero imparato ad amarmi, però avevano cominciato a considerare che magari fossi cambiata davvero e qualche volta m’interpellavano.
-“Quindi parteciperai al corso di danza moderna?”- mi stava chiedendo Valerie.
Mi ero persa qualcosa? Come sapevano che volevo, anzi non volevo, partecipare? Guardai in cagnesco Scarlett che però era sorpresa quanto me.
-“Emh…tu come lo sai?”-
-“Ce ne ha parlato Derek, sai è una bella cosa! Forse potremmo andarti a vedere”-
Rimasi spiazzata da quello che mi rispose, Derek aveva detto quello ai suoi amici? Forse aveva parlato di me altre volte? L’ultima frase però mi fece sorridere, l’idea di ballare con i miei “quasi amici” che assistevano era entusiasmante ma ovviamente non avrei ballato.
-“Sì, sarebbe bello ma...non credo che andrò a quei provini”-
-“Tranquilli, la convincerò. E’ bravissima a ballare e le farà bene riprendere”- intervenne Scarlett.
-“Come mai hai interrotto?”- mi chiese Isaac.
Ci fu silenzio e tutti mi guardarono, aspettando da me una risposta. Non sarei riuscita a dire la vera motivazione, inoltre non volevo che nessuno provasse pena verso i miei confronti. Dovevo inventarmi in fretta qualcosa, qualunque cosa...
-“Mi...mi ruppi una gamba e il medico mi consigliò di non ballare per un bel po’.”- bofonchiai.
Tutti cercarono di convincermi a partecipare, chi per curiosità di vedermi ballare chi per...non saprei cosa, tranne Leah. Quella sicuramente se ne sbatteva di me e dei miei piani. Fortunatamente cambiammo in fretta discorso e Owen cominciò a raccontare l’esperimento che aveva fatto il giorno precedente. Smisi di ascoltare e pensai se magari Derek si fosse incazzato nel vedermi spuntare davanti casa sua o se mi avesse preso per pazza. Io speravo solo che avrebbe apprezzato il gesto, volevo solo essere...amichevole.
Tornai a casa e stranamente trovai mia madre ancora con il camice da infermiera. Pensavo che non lavorasse poi così tanto. Stava preparando il pranzo per se stessa, ovviamente, mentre io mi diressi in camera mia intenta a cambiarmi. Presi un borsone medio-grande e andai di nuovo in cucina. Preparai quattro tramezzini, presi dell’insalata in scatola, qualche frutta, una birra e dell’acqua, due bicchieri di plastica e dei tovaglioli, infine sistemai il tutto dentro il borsone.
-“Vai da qualche parte?”- si accigliò mia madre.
Ero quasi emozionata, si era interessata a me! Forse era semplice curiosità oppure voleva il via libera per invitare Charlie. Sicuramente la seconda opzione.
-“Sì.”- non avrei rivelato la mia posizione.
Mia madre annuì pensierosa e continuò a mangiare il tonno in scatola e l’uovo in camicia.
Mi misi il giubbotto e uscii di casa con le chiavi della macchina in mano. Più o meno la casa di Derek era distante dalla mia di venti minuti, lui abitava quasi vicino al lago e quindi mi venne una bella idea. Arrivai di fronte casa sua e parcheggiai.
Era una villetta davvero bella, all'esterno. Grande, di color giallo tenue e con tante siepi attorno. Il tetto era di legno scuro, così come il portone dove vi era attaccato un quadrato di ceramica con scritto “Nelson” in modo molto fine. Esitai a premere il campanello, mi sudavano le mani. Forse ero davvero ridicola, forse si sarebbe davvero arrabbiato, forse…
Dai, Andrea, coraggio
Mi chiesi per quale motivo ero così agitata, in fondo era solo Derek.
-“Pronto?”- rispose al quarto squillo, dall'altro lato del telefono.
-“Hai pranzato?”- buttai lì.
-“No…perché?”-
Si sentiva dalla voce che era confuso e stranito.
-“Perfetto, esci”-
-“Ah?”- domandò.
-“Ho detto, esci di casa Nelson!”- gli imposi.
Dopo qualche minuto il portone si aprì e la prima cosa che scorsi fu la figura di Derek con il telefono all'orecchio, accigliato e con la bocca aperta. Era vestito in modo molto disordinato così come erano i suoi capelli. Aveva gli occhi lucidi, stanchi, sicuramente vittima di poco sonno.
-“Ma che cazz…”- sussurrò, ancora con il telefono all'orecchio.
-“Cosa ci fai ancora lì impalato? Su, vestiti ed esci immediatamente.”- gli ordinai, sorridendo.
Finalmente ripose il telefono in tasca e rilassò i muscoli facciali, era ancora un po’ sorpreso e non capiva nulla, era ovvio. Alzai il borsone e glielo sventolai in faccia sorridendo e gli ripetei di nuovo di andarsi a vestire. Entrò dentro e si richiuse la porta alle spalle. Aspettai sul portico, mi sedetti su un divano a dondolo, che notai solo dopo, e mi domandai se davvero si stesse vestendo o magari stesse chiamando la polizia, denunciandomi. Dopo dieci minuti circa la porta si riaprì e comparse lui, stavolta vestito con una maglietta arancione e un paio di jeans, i capelli un po’ bagnati e sistemati.
-“Stavo cominciando a chiedermi se te l’avessi data a gambe, prendendomi per pazza”- confessai.
-“In effetti avevo una mezza idea”- disse, sorridendo.
Eccole di nuovo lì, le sue fossette, che ricomparvero incorniciando quel suo sorriso davvero bello...
-“Mi spieghi che hai in mente?”-
Nel frattempo io mi stavo dirigendo in macchina e lui mi seguì, da bravo bambino. Una volta dentro, cominciai a guidare verso la meta.
-“Sì-risposi-da una settimana sei dato per disperso quindi la cara e vecchia Andrea ha deciso di far svagare il signorino che sicuramente è stato male”-
-“Grazie, fata madrina. Sì...sono stato male...Non è che vuoi sequestrarmi e in seguito stuprarmi?”- scherzò.
Era strano. Non era il Derek con Andrea, ma era il Derek che conoscevano tutti, scherzoso e allegro. Non capivo come mai la sua freddezza era stata sostituita da...gioia o forse era riconoscenza? Bisognava sempre ricordare che nessuno dei suoi amici aveva fatto quello che stavo per fare io.
-“Fata madrina...mi piace! Che hai avuto? Sai potrei anche essere una dottoressa! Se avessi voluto sequestrarti sicuramente avrei sfondato la porta di casa tua, ti avrei imbavagliato e legato e infine ti avrei portato in un vicolo solitario e…”- ridemmo.
Non ero abituata a questo tipo di Derek, che rideva e scherzava, tranquillo e felice. Forse la malattia gli aveva fatto bene, in fondo. Durante il tragitto notai che mi osservava di sottecchi, mi squadrava per bene e io avrei pagato chissà quanto per sapere cosa stava pensando.
-“Ma dove stiamo andando?”- piagnucolò, come un bambino.
-“Abbi pazienza”- gli sorrisi con malizia.
Attaccò la musica della radio e partì una canzone molto bella “Stay with me”. Lui cominciò a canticchiarla ma io gli intimai di non rovinare una bella canzone cantando come un tricheco maltratto, come mi aveva detto mia madre.
Dopo una ventina di minuti arrivammo dove avrei voluto portarlo e gli dissi di scendere. Presi il borsone dal cofano e ci allontanammo dall’auto. L’avevo portato in un piccolo parco dove scorreva il lago d’acqua dolce della città. Quando io e mio papà andavamo a fare un picnic, questo era il posto dove eravamo soliti andare. Entrammo dall’entrata e lo feci camminare fino al posto giusto. Vi era una parte isolata dove vi era il giardino, gli alberi e ogni tipo di vegetazione che circondavano una parte del lago. Lì non ci andava nessuno ma era il posto più bello.
-“Non conoscevo questo posto, è davvero bellissimo”-
-“Solo il meglio con Andrea Stewart”- gli sorrisi, con finta vanità.
Misi una tovaglia nel prato, giusto accanto all’acqua cristallina del lago, e ci sedemmo prendendo il cibo dentro il borsone. Mangiammo con gusto, godendoci la natura e ridendo alla vista di qualche scoiattolo che cadeva in acqua e cercava di ritornare sulla terra ferma. Dopo aver mangiato ci sedemmo sul bordo del lago, reggendoci con le braccia.
-“E’ stato bello, sinceramente ci voleva! Ti ringrazio, Andy”- disse, guardandomi con serietà e riconoscenza.
Gli sorrisi e ricambiai lo sguardo. Restammo per un po’ così, a guardarci senza un motivo ben preciso. Poi si alzò e all’improvviso sentì una spinta dietro di me e mi ritrovai dentro l’acqua. Mi vendicai.
-“Non...so...nuotare”- urlai, alternando le parole a un finto annegamento.
Lui, davvero preoccupato, si tuffò in mio aiuto e io lo spinsi sott’acqua. Sentii qualcosa tipo “stronza” ma poi lo vidi riemergere e cominciò una battaglia d’acqua. Eravamo isolati quindi nessuno ci avrebbe potuto dire nulla e continuammo a ridere. Uscimmo dall’acqua tutti bagnati fradici e ci sedemmo sul prato. Con l’acqua, la sua maglietta era diventata trasparente e metteva in mostra i suoi pettorali che attirarono la mia attenzione. Io, invece, era come se fossi nuda. Avevo una maglietta bianca e dato che era bagnata rendeva visibile tutto. Vidi che anche lui lo notò e avvertii un luccichio nei suoi occhi castani. Forse se avessi avuto un seno piccolo non sarebbe stato uno scandalo, ma avendo una terza piena la merce era in bella mostra...avrei dovuto preoccuparmi anche a come sarei riuscita a uscire dal parco con dignità. Ma mi piaceva essere guardata in quel modo da Derek, non sapevo perché ma mi piaceva.
Cercò di evitare di guardarmi il seno mentre parlavamo ma non gli fu facile e quasi mi veniva da ridere ma se l’avrei fatto lo avrei imbarazzato.
-“Posso farti una domanda? Come mai non andrai al college per studiare odontoiatria? Mi sembra che non hai problemi economici come me”- forse avrei dovuto lasciar stare l’ultima affermazione.
Lo vidi scurirsi in volto e mi rispose freddamente.
-“Non ne voglio parlare.”-
No, no, no. Non avevo fatto tutti quei progressi per ritornare alla sua freddezza con una stupida domanda. Cosa potevo fare?
-“Mi sono divertita oggi, ho avuto proprio una bella idea”- dissi, schioccandogli un bacio sulla guancia.
Mi venne d’istinto e anch’io, come lui, mi sorpresi di quel gesto. Mi ero sporta in avanti per farlo quindi eravamo molto vicini e ci stavamo guardando negli occhi, lui abbassò lo sguardo sulle mie labbra e io feci lo stesso. Perché mi batteva forte il cuore? Che stava succedendo? Perché volevo...baciarlo? Avevo già chiuso gli occhi.
-“E’ tardi, forse è meglio andare”- annunciò lui, alzandosi.
Ah.
Lo riaccompagnai a casa.
-“Vedi che per sapere dove abitavi, sono dovuta entrare negli archivi dei professori e Collins mi ha beccata. Sappi che mercoledì prossimo mi aiuterai a pulire la mensa e la biblioteca”- gli urlai dal finestrino.
Non ne ero sicura ma mi parve di sentire “Ci sarò”.
  
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