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Autore: Piperilla    07/04/2015    1 recensioni
Mai fermarsi alla superficie delle cose.
Questa è una verità più importante di quanto si possa credere: sotto l'aspetto ordinario, infatti, molte persone nascondono capacità fuori dal comune: quella che permette loro di governare i quattro Elementi fondamentali.
In un luogo sperduto vengono riunite queste persone speciali: separati contro la loro volontà da parenti e amici, segregati in quella che è più una prigione che una scuola, viene insegnato loro tutto sul loro potere e su come padroneggiarlo: gli anni si susseguono in una serie infinita di lezioni e addestramenti fino a quando, nelle mente dei prigionieri, non rimane più nulla delle loro vite precedenti. Fino a quando non diventano strumenti nella scalata al potere bramata dai quattro Maestri che dirigono quel luogo.
Ma proprio come la lava ardente, la ribellione si agita appena sotto la superficie.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga degli Elementi'
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Sentirono le voci prima ancora di arrivare.
   Quando finalmente giunsero in cima videro i ragazzi che, seduti sul prato, ascoltavano attentamente Sofia.
   «Sapete tutti per quale motivo siete stati portati al Centro» disse, guardandoli a uno a uno. «Sapete anche che metodi venivano usati per far sì che il vostro Elemento emergesse. Questo perché essere in grado di manipolare un Elemento apre molte possibilità per manovrare anche le persone, dato che i quattro Elementi fondamentali – Aria, Acqua, Terra e Fuoco – insieme danno vita all’Energia che, come vi è stato insegnato, è ciò che muove e costituisce tanto gli esseri viventi quanto gli oggetti inanimati».
   Si interruppe per soffermarsi con particolare attenzione sugli allievi che si trovavano al Centro da meno tempo.
   «Voi, che siete arrivati da poco, non avete ancora capito quale sia effettivamente il vostro Elemento. È essenziale che lo individuiate. Per far sì che ciò accada, inizieremo oggi stesso con un programma innovativo che sono certa darà ottimi risultati».
   Sofia osservò divertita gli sguardi poco convinti che le venivano rivolti: sapeva che stavano pensando al peggio. Riprese a parlare.
   «Per questo motivo, adesso ognuno di voi riceverà del cibo da portare con sé».
   Fu interrotta da un ragazzo.
   «Perché, dobbiamo andare via? Ieri ci avevano detto che saremmo rimasti qui!» disse guardando André, Laurence e Blaze che si erano avvicinati a Sofia.
   Lei sorrise. «Non dobbiamo affatto andare via. Quello che vi chiedo di fare oggi è di esplorare questo posto. Ascoltate cosa vi suggerisce la Natura, vivetela, fatene parte». Si rivolse al resto del gruppo.  «Vorrei che anche quelli di voi che sanno già utilizzare il proprio Elemento riprendessero contatto con la Natura. Questo aumenterà l’affinità tra Elemento e Portatore» concluse allegra.
   Tutti la guardarono sbigottiti.
   «Quindi… ci stai dicendo che dobbiamo andare in giro a divertirci e fare quello che vogliamo?» chiese dubbioso lo stesso ragazzo che l’aveva interrotta poco prima.
   «Precisamente» fu la risposta.
   «Ma…» il ragazzo sembrava ancora scettico «che posto è questo?».
  «Ah! Ottima domanda. In effetti, nella concitazione di ieri non vi è stato detto nulla. A proposito, come ti chiami? Non eri nei miei gruppi» chiese Sofia sempre più allegra… e già questo era sufficiente a confonderli. Nessuno ricordava d’averla mai vista sorridere.
   «Fernando. Sono un’Apprendista di secondo livello dell’Aria».
   «Bene. Il posto in cui ci troviamo è un luogo dove la Natura non è stata in alcun modo intralciata dall’uomo e questo ha permesso agli Elementi di manifestarsi liberamente in tutte le loro forme. A rischio di risultare banali, l’abbiamo chiamato “Valle degli Elementi”».
   «E Giovanni sarebbe quello privo di fantasia?». Ailie scoppiò a ridere tanto da finire distesa sull’erba. «Certo che ne hai, di coraggio!» concluse, guardando André.
   Lui sembrò irritato. «Avevamo altro a cui pensare, in caso non l’avessi intuito» le fece notare.
   Blaze gli tirò un pugno sul braccio. «La ragazza ha colpito nel segno, devi accettarlo!» disse, scoppiando a ridere come Ailie.
   Sofia riprese la parola. «Avanti, basta con le chiacchiere! Andate».
   Lentamente, il folto gruppo davanti a lei cominciò ad alzarsi e a dividersi in gruppi più piccoli che si allontanavano in ogni direzione, parlottando fitto e guardandosi attorno guardinghi.
   Emma si avvicinò a Sofia.
   «E io cosa faccio?».
   Sofia la fissò senza capire.
   «Vai con gli altri! Cos’altro dovresti fare?»
   «Ma io non comando nessun Elemento!»
   «Come fai a saperlo con certezza?» le chiese insinuante Sofia. Emma sembrò confusa.
   «Ma… per due giorni non sono riuscita a fare niente di quello che mi veniva chiesto» disse sconfortata.
   Sofia poggiò le mani sulle spalle della ragazzina e la costrinse a guardarla negli occhi. «Emma, cercherò di essere chiara. Ascoltami bene: Giovanni potrà essere crudele, duro, insensibile… ma ha un talento straordinario nel percepire gli Elementi latenti nelle persone. Non mentiva, quando diceva di non essersi mai sbagliato. E anche in questo caso, io non credo che si sia sbagliato: credo che non abbia capito cosa aveva di fronte» disse seria. Poi si fermò per un istante. Sapeva che le poche persone rimaste intorno a lei – Laurence, Blaze, André e Ailie – la stavano osservando. Non poteva far capire loro cosa sospettava… almeno fino a quando non ne avesse avuto la conferma. Prese fiato e proseguì. «Per questo vorrei che andassi con gli altri. Non devi fare niente: solo ascoltare quello che senti dentro di te. Sarà la Natura a farti scoprire il tuo potere».
   Non molto convinta, Emma si avvicinò a Ailie che le faceva segno di andare. In quel momento furono raggiunte da Elizabeth che era tornata indietro per chiamare le due ragazze.
   «Siete ancora qui! Che aspettate?» chiese impaziente, fermandosi bruscamente a pochi centimetri da André che – notò Sofia – trattenne il fiato. Guai in vista, pensò.
   «Stavamo per raggiungerti» rispose Ailie, alzando un sopracciglio. Il tono autoritario e l’atteggiamento egocentrico di Elizabeth la disturbavano, ma decise di non darlo a vedere. Quella ragazza non la convinceva, il suo istinto le diceva di stare attenta – e se avesse saputo che Sofia condivideva le sue stesse preoccupazioni, probabilmente avrebbe controllato Elizabeth ancora più attentamente.
   Si avviarono verso la cima della collinetta di fronte a quella dove si trovava l’edificio che, col passare dei mesi, avrebbero iniziato a considerare una casa e scesero sul versante opposto.
   La scena che si presentò ai loro occhi le lasciò senza fiato.
   Una valle si stendeva sconfinata, interrotta da dolci dune verde brillante e punteggiata da laghetti che brillavano come diamanti alla luce del sole. Stavano ascoltando le risate dei loro amici, sparsi un po’ ovunque, che venivano amplificate dall’eco quando qualcosa passò così vicino alle loro teste da spostarle i capelli.
   Alzarono gli occhi al cielo. Tre Fenici volteggiavano sopra di loro, le piume dorate del collo che brillavano al sole e le lunghe code color del cielo che le accarezzavano.
   Si scostarono con un balzo.
   «Ma cosa…» dissero in coro.
   Poi Elizabeth riportò lo sguardo sul laghetto più vicino.
   «Io vado a farmi un tuffo!» gridò iniziando a correre lungo il pendio. Giunta allo specchio d’acqua, le altre due la videro tuffarsi ancora in corsa e completamente vestita.
   «Ma è impazzita?» chiese sbigottita Emma a Ailie che, intanto, fremeva.
   «Mi dispiace Emma non resisto più… devo andare!».
   «Andare? E dove?» sempre più confusa, Emma guardò Ailie sfilarsi rapidamente le scarpe e correre a piedi nudi sull’erba.
   «Avanti Emma vieni anche tu!» gridò lanciandosi a terra e rotolando vicino allo specchio d’acqua in cui si era lanciata Elizabeth, che proprio in quel momento riemerse… solo per afferrare Ailie per una caviglia e trascinarla in acqua con lei.
   Scuotendo la testa, Emma riprese a camminare, osservando man mano gli altri gruppetti che incrociava. Sembravano tutti esaltati.
   Andando avanti scopriva sempre più animali di tutte le specie, che sembravano andare d’accordo tra loro e con gli umani contrariamente a tutto quello che aveva sempre visto e che le era sempre stato insegnato: gatti che facevano le fusa agli uccellini, orsi che si gettavano in acqua insieme alle persone, pantere sdraiate placidamente al sole. Nessuno sembrava spaventato, si comportavano tutti con estrema naturalezza. All’improvviso sentì qualcosa di umido sfiorarle la mano. Balzò indietro terrorizzata. Un grande lupo grigio stava strusciando il muso contro la sua mano.
   Laurence la fermò.
   «Sta’ tranquilla… non ti farà nulla» le disse sorridendo.
   Emma allungò timidamente la mano verso il lupo che corse subito da lei. Iniziò ad accarezzarlo con gli occhi sgranati.
   «Perché si fa accarezzare?»
   «Qui tutto vive in armonia… la Natura, gli Elementi, gli animali e qualunque altra cosa ti venga in mente!».
   Sofia li superò di corsa. «Ho dimenticato di dire ai ragazzi di non infastidire le Coccatrici e i Kappa!» gridò senza fermarsi.
   Emma guardò Laurence.
   «Coccatrici? Kappa? Ma che sono?»
   «Sono entrambi animali leggendari… ce ne sono molti qui. Se guardi verso quel cespuglio» disse, indicando un punto qualche metro alla loro destra «vedrai una Coccatrice…».
   Proprio in quel momento un buffo animale sbucò dal cespuglio indicato da Laurence. Grande quanto un gallo, di quest’animale aveva la testa, le zampe e le ali piumate, mentre il corpo era simile a quello di un serpente, verde scuro, liscio e completo di coda.
   Emma scoppiò a ridere.
   «Come ha detto Sofia, mai infastidire una Coccatrice. Nonostante l’aspetto ha un becco capace di spaccare a metà la pietra, artigli affilati e sguardo e fiato possono uccidere, se si sente minacciata o arrabbiata. In linea generale, però, sono docili e non aggressive, come i Kappa. Quelli sono più difficili da vedere, di solito stanno nascosti sul fondo dei laghi… ne escono di tanto in tanto per fare qualche dispetto a chi nuota. Ecco, guarda lì» indicò un laghetto poco lontano, dove i ragazzi di tanto in tanto venivano trascinati sott’acqua da qualcosa per qualche secondo e poi riemergevano ridendo.
   «Che altri animali ci sono qui?» chiese Emma mentre camminavano, con aria affascinata.
   «Be’ le Fenici le hai viste… ci sono Grifoni, varie specie di Draghi, Salamandre del Fuoco… ah guarda, laggiù c’è un Wakinyan: lo chiamano anche Uccello del Tuono, perché col movimento delle ali può generare dei venti fortissimi». Seguendo lo sguardo di Laurence, Emma vide un rapace di proporzioni immense che, battendo le ali, creava una corrente d’aria contro cui cercavano di andare alcuni ragazzi. Una di loro, ridendo, fu scagliata indietro di qualche metro e cadde a terra.
   «Poi… mhhh… ci sono anche Kelpie e Manticore» disse Laurence pensieroso. «Col passare dei giorni li vedrai tutti. Adesso ti lascio» aggiunse, vedendo Fernando avvicinarsi a loro.
   Emma guardò bene il ragazzo: di media altezza, col fisico asciutto, i capelli castano scuro e gli occhi neri, perfettamente intonati alla pelle chiara, si rivolse subito a lei con un sorriso sul volto.
   «Allora, che te ne pare di questo posto?». Sembrava entusiasta.
   «È incredibile… ogni minuto che passa si scopre qualcosa di nuovo!».
   Fernando sorrise. «Parlami un po’ di te. Dove vivevi?».
   «In Danimarca». Ricordare il posto a cui era stata strappata le faceva male – in fondo erano passati solo due giorni da quando aveva visto per l’ultima volta i suoi genitori salutarla mentre usciva.
   Fernando sembrò capire cosa provava. La prese per mano, cercando di trasmetterle la propria forza: il distacco iniziale era il più doloroso, c’era passato ognuno di loro.
   «Pensa un po’, non l’avrei mai detto. Credevo che le ragazze del Nord Europa fossero tutte bionde e con gli occhi azzurri» la prese in giro.
   Sul volto di Emma spuntò un piccolo sorriso.
   «Io invece vengo dalla Spagna. Caldo, mare, tanto sole… praticamente l’opposto!» proseguì.
   «Da quanto tempo sei qui?» gli chiese lei. Da quando era lì, Fernando era la prima persona che le parlava di cose che potesse comprendere e questo la rendeva felice.
   «Io? Sono sei anni ormai…» rispose, cercando di mascherare l’amarezza. Voleva rassicurarla, dirle che col tempo non avrebbe più sentito la lontananza, la nostalgia verso il mondo che aveva perso, ma non ci riusciva.
   Emma strinse la mano che era ancora intrecciata alla sua con una naturalezza che la lasciò sbalordita. Decise di cambiare discorso.
   «Prima hai detto che sei un’Apprendista di secondo livello dell’Aria. Che significa?».
   «Come sai, qui ognuno di noi padroneggia uno dei quattro Elementi fondamentali: Acqua, Aria, Terra e Fuoco. I primi Portatori di Elementi però vennero scoperti già molti secoli fa e per questo furono scritte numerose memorie tramandate poi di generazione in generazione. L’abilità con cui si evocano e manipolano gli Elementi progredisce con gli anni e l’esercizio: per questo, nel Quindicesimo Secolo, un potente Maestro degli Elementi elaborò una classificazione dei Portatori a seconda del grado di manipolazioni degli Elementi raggiunto».
   Fernando s’interruppe. Emma lo guardò impaziente. «Non fermarti proprio ora che sto iniziando a capirci qualcosa!».
   Lui sorrise e proseguì. «I Portatori di Elementi si dividono in Apprendisti di primo, secondo e terzo livello. Dopo gli Apprendisti ci sono i Figli degli Elementi e per ultimi i Maestri»
   «E come si capisce quando un Portatore passa da un livello all’altro?»
   «Non è complicato… lo scritto di cui ti ho parlato è molto chiaro in proposito. Sono Apprendisti di primo livello coloro che stanno imparando a evocare il proprio Elemento nella sua forma base e con un’intensità media. Quando riescono in questo, passano al secondo livello, in cui ti insegnano a manipolare l’Elemento sempre a un’intensità media, ma nelle varie forme che può prendere. Pensa all’Acqua: un Apprendista di secondo livello impara a mutarla in ghiaccio, vapore, nuvole, eccetera. Quando si passa al terzo livello, invece, si continua a fare quello che si faceva al secondo livello ma evocando l’Elemento con un’intensità molto maggiore».
   Emma sembrava avere un milione di domande da fare. «I Figli e i Maestri degli Elementi cosa fanno in più rispetto agli Apprendisti?».
   «Be’, devi capire che gli Apprendisti possono evocare gli Elementi solo in quantità minima – che so, una sfera di fuoco, una pioggia localizzata, cose del genere. I Figli degli Elementi, invece, imparano a evocarli e manipolarli in modo molto più esteso. Un Figlio dell’Aria, ad esempio, può scatenare anche delle trombe d’aria, seppure non molto potenti. Fino a questo livello, chi evoca gli Elementi non riesce a utilizzarli con la forza necessaria per renderli veramente dannosi o letali. In questo riescono solo i Maestri».
   «Quindi i Maestri possono uccidere, e gli altri no».
   «Non è esatto» la corresse Fernando. «Anche Apprendisti e Figli degli Elementi possono uccidere, a patto di scagliare molti colpi e tutti ben mirati. Ai Maestri, invece, può bastare anche un solo colpo. Inoltre, meglio si padroneggia un Elemento, più si sviluppa la resistenza ai danni fisici. Capisci da sola che i Maestri hanno un doppio vantaggio».
   «Come mai dopo sei anni sei ancora un Apprendista di secondo livello?». Appena lo disse, Emma si morse la lingua. Non voleva offendere Fernando, era stato gentile e comprensivo con lei e la stava aiutando a capire in che mondo era capitata.
   Lui però sembrò non farci caso. Le sorrise rassicurante. «L’apprendistato di secondo livello è uno dei livelli d’addestramento più lunghi in assoluto perché un Elemento, per manifestarsi in forme diverse da quella base, spesso ha bisogno dell’apporto anche minimo di un altro Elemento. Pensa alla nebbia…».
   «Gocce d’acqua in sospensione nell’aria» disse Emma annuendo.
   «Esatto. Quindi bisogna imparare a manipolare anche gli altri Elementi».
   Lei sembrava perplessa. «Se vi insegnano a manipolare tutti gli Elementi… perché vi dividono in Portatori di Acqua, Fuoco, Terra e Aria?».
   «Perché la manipolazione sugli altri Elementi è sempre minima, funzionale alla manipolazione dell’Elemento principale. Un Portatore della Terra non avrà mai con gli altri tre Elementi l’affinità che ha con la prima» spiegò Fernando paziente.
   Emma era ammirata. «Come fai a sapere tutte queste cose?».
   «Ce le insegnano per imparare a capire meglio gli Elementi e sviluppare l’affinità con loro. Le imparerai anche tu, vedrai».
   Camminando si erano allontanati parecchio. Se ne accorsero solo in quel momento, notando la pianura apparentemente senza fine in cui si trovavano.
   A spezzare la linea piatta di quel posto c’era solo un grande, solitario ippocastano; i due ragazzi intravidero un movimento accanto al tronco massiccio e Fernando trascinò indietro Emma.
   «È meglio andare via» le disse, spingendola rapidamente nella direzione da cui erano arrivati e controllando che nessuno li seguisse.

*

Ailie uscì dal laghetto.
   «Ma come fai a stare ancora lì dentro?» chiese stringendo le labbra ormai viola. Elizabeth le rivolse un ghigno.
   «A me non fa nessun effetto!».
   Scuotendo i rossi capelli zuppi d’acqua, la prima si guardò intorno.
   «Ci siamo dimenticate di Emma! Dove sarà finita?»
   Ancora in acqua, Elizabeth sbuffò. «Che importa? E poi non sei mica sua madre!»
   Non riuscendo a trattenersi, Ailie la guardò con astio.
   «Conosce solo noi due, qui. E poi non sai cos’ha passato quella poverina per colpa di Giovanni!».
   Improvvisamente interessata, Elizabeth riemerse dallo specchio d’acqua.
   «Giovanni? Il Maestro del Fuoco, vero? Ma se è così gentile! ».
   Incredula, Ailie la fissò strabuzzando gli occhi.
   «Giovanni… gentile?». Non poteva credere alle proprie orecchie. Tutti lo conoscevano come un uomo crudele e insensibile.
   «Sì, con me lo è stato! E poi è così bello…». Elizabeth sospirò.
   L’altra la guardò socchiudendo gli occhi. Poi, come se avesse intuito qualcosa di ovvio, ritrovò le parole. «Ho capito! Mi stai prendendo in giro… divertente, davvero molto divertente!».
   Questa volta fu il turno di Elizabeth di guardarla con aria sconcertata.
   «Non sto affatto scherzando!».
   Ailie la osservò con un misto di incredulità e sospetto.
   «Io non sono qui da molto più tempo di te, però ho avuto modo di parlare con un po’ di persone. Tutti, specialmente gli Apprendisti del Fuoco, sono d’accordo nel considerare Giovanni senza pietà. Lui cerca persone che sappiano comandare gli Elementi e non si fa problemi a usare i metodi più violenti per costringere il loro potere a manifestarsi. Puoi chiedere a chiunque, ti diranno questo. Quindi permettimi di dirti che no, Giovanni di certo non è né buono né gentile!».
   Ma Elizabeth non l’ascoltava più. Alcuni metri alla loro destra, infatti, aveva notato Blaze e André che andavano a fare un giro di controllo. Così lasciò Ailie dove si trovava e corse verso di loro.

*

«Guarda un po’… la biondina di stamattina viene verso di noi» disse Blaze malizioso.
   Il volto di André divenne purpureo.
   «Ma che stai dicendo, avrà visto qualcun altro…» farfugliò.
   «Oh andiamo… ammettilo che ti piace!» rispose l’altro tirandogli una gomitata.
   Elizabeth si fermò di scatto a pochi centimetri da loro.
   «Ciao!» disse, piantando i propri occhi in quelli di André e rivolgendogli un gran sorriso.
   «Ciao» rispose Blaze, osservando il suo amico e trattenendo un ghigno. «Il mio amico è davvero contento di vederti sai? Adesso però io devo proprio andare, devo fare un giro di controllo per assicurarmi che stiano tutti bene… ci vediamo dopo!» concluse, facendo l’occhiolino ad André ed allontanandosi velocemente.
   «Non fare caso a Blaze, gli piace prendere in giro tutti» disse André, cercando di superare l’imbarazzo che gli provocava l’avere Elizabeth così vicina.
   Lei mise il broncio.
   «Quindi non sei contento di vedermi! Sarà meglio che me ne vada…» disse, avviandosi nella direzione da cui era arrivata. Lui la bloccò.
   «Ma no, non mi sono spiegato… mi fa piacere che tu sia qui» arrossì violentemente «ma non devi credere a tutto quello che dice Blaze, era questo che intendevo dire». Dopo qualche istante di silenzio imbarazzato, André decise di cambiare discorso. «Ho visto che sei un’Apprendista dell’Acqua… eri appena arrivata al Centro, vero?».
   Fingendosi ancora imbronciata, Elizabeth rispose affermativamente.
   «Be’, pensavo… magari potrei insegnarti qualcosa da subito, prima che inizi l’addestramento per tutti gli altri…» disse lui, sperando che rispondesse di sì. Voleva a tutti i costi passare del tempo con lei.
   Elizabeth finse di pensarci su. «Va bene… quando iniziamo?» chiese infine, rivolgendogli un altro sorriso. Era esattamente quello che aveva sperato. Quel mattino si era svegliata molto prima degli altri e, come Blaze e Laurence, aveva assistito allo scontro tra André e Sofia. Istintivamente aveva percepito l’abilità di lui e deciso che l’avrebbe persuaso a essere il suo insegnante… ma non si aspettava che sarebbe stato tanto facile.
   Alla sua risposta, anche André sorrise. «Direi immediatamente. Perché perdere tempo?» disse.
   «Giusto. A proposito… chiamami Liz» disse avviandosi con lui verso una collinetta.

*

Sofia accarezzò la corteccia ruvida dell’albero con affetto.
   Si diceva che nel mondo non ci fossero due cose perfettamente identiche, ma per quell’albero valeva una regola diversa: era il gemello dell’ippocastano che si trovava nel parco del Centro. Uniti dallo stesso Spirito della Terra, condividevano ogni cosa ed erano uguali fino all’ultima foglia, fino alla cicatrice che Sofia aveva lasciato sul tronco del secondo scappando dall’uomo che l’aveva cresciuta.
   Quando l’ossessione di Giovanni l’aveva portato a dimenticare la loro tradizione, lei aveva continuato ad andare sotto quell’albero ogni giorno della sua vita che aveva passato al Centro. Era stato così che aveva scoperto che il contatto con la Natura accentuava e favoriva la capacità di utilizzare gli Elementi. Avere la possibilità di sdraiarsi ancora sotto le foglie amiche la rendeva felice e quell’ippocastano era spuntato in un luogo abbastanza isolato da non essere disturbata – molto lontano dalla zona abitata della Valle, al centro di una pianura piatta e vuota dove nessuno avrebbe avuto la pazienza di arrivare.
   Sfiorò la bruciatura sul tronco dell’albero mentre i raggi del sole morente incendiavano le foglie e circondavano il fusto imponente con un’intensa aureola luminosa. Rivolgendogli un ultimo sguardo, staccò le dita dalla corteccia e si allontanò, tornando ai propri compiti.
   Camminava veloce, cercando di svuotare la mente da tutti i dubbi che la notte precedente le avevano impedito di dormire, quando li sentì. André ed Elizabeth, in una piccola radura ben nascosta dagli alberi e dalle dune, parlavano. Lui, tenendo saldamente la mano di Elizabeth nella propria, le fece distendere il braccio in avanti, insegnandole a evocare il proprio Elemento. Un piccolo getto d’Acqua scaturì dalla mano della ragazza, muovendosi fluido nell’aria come un serpente luminoso che avvolgeva e distendeva le proprie spire.
   Sofia si concentrò sui loro volti. Anche da dove si trovava poteva vedere chiaramente gli occhi di André brillare in modo quasi innaturale, rendendo evidente il desiderio che provava per la ragazza che con una scusa teneva stretta a sé e che sembrava, invece, del tutto disinteressata alla persona che le stava accanto. L’Acqua che aveva evocato assorbiva tutta la sua mente, ne seguiva i movimenti con uno sguardo che era soddisfatto solo per metà. Troppo presa da quello che stava imparando, cullata dall’apparente assenza di altre persone, Elizabeth non riusciva a soffocare la brama di un maggior potere che aveva provato dal momento in cui Giovanni l’aveva elogiata per il suo talento.
   Decidendo di aver visto abbastanza, Sofia si allontanò silenziosa, iniziando a correre solo quando fu certa che non avrebbero potuto sentire i suoi passi e chiedendosi quante altre preoccupazioni la sua mente avrebbe potuto sopportare.

*

I giorni e le notti si susseguirono e, prima che potessero rendersene conto, due settimane erano trascorse da quando erano arrivati alla Valle degli Elementi.
   Il contatto prolungato con la Natura aveva accelerato i tempi di apprendimento dei Portatori.
   Gli Apprendisti di primo livello, anche i meno esperti, evocavano già il proprio Elemento con una padronanza inaspettata, tanto che furono subito uniti agli Apprendisti di secondo livello che si addestravano da meno tempo.
   Ormai la maggior parte dei ragazzi era pronto a passare al terzo livello dell’apprendistato o a quello destinato a formare i Figli degli Elementi; per questo André, Blaze, Laurence e Sofia decisero di iniziare nuovamente le lezioni e gli addestramenti a pieno ritmo.
   «Proprio non capisco perché dobbiamo studiare tutte queste cose. Io odio la matematica! E conoscere tutte queste lingue a cosa dovrebbe servirci?» si lagnò Ailie al termine del primo giorno di lezioni. Tra tutte le cose che si era aspettata, l’ultima era l’idea di ricominciare la scuola.
   Uno dei Figli del Fuoco anziani, Costa, le si affiancò.
   «Cosa vorresti fare della tua vita? Hai intenzione di restare qui per sempre?».
   «Perché, quali alternative ho?» disse Ailie sbuffando.
   L’uomo la guardò intensamente. «L’addestramento dura molti anni, è vero, ma una volta terminato assumete dei normali incarichi nel mondo, vi costruite una famiglia… non siete obbligati a restare qui per sempre. Non lo siete neanche ora».
   Un moto di stupore accolse le sue parole.
   «È un fatto, però» proseguì Costa «che se andate via da qui, ora, con ogni probabilità verrete nuovamente portati al Centro. Per questo dovreste restare e imparare a controllare il vostro potere. Perché quando il vostro periodo di apprendimento sarà terminato, nessuno potrà più piegarvi al proprio volere. Allora, solo allora, sarete veramente liberi».
   La vista della porta della mensa distrasse il gruppetto che lo ascoltava, e la conversazione si interruppe. Seduti ai tavoli i ragazzi chiacchieravano e ridevano, raccontandosi come avevano passato la giornata. Alcuni, più irrequieti, tentavano di modificare ciò che avevano nei piatti e nei bicchieri, spesso con conseguenze disastrose.
   «Che accidenti combini?»
   «Vuoi stare attenta?»
   «Non ne posso più!».
   Le urla provenivano da uno dei tavoli centrali, dove un’Apprendista dell’Acqua aveva appena fatto schizzare ovunque quello che aveva nel bicchiere nel tentativo di mutare l’acqua in nebbia. Dai tavoli vicini si levò un coro di risate, che si spense rapidamente quando un Apprendista del Fuoco incendiò una panca.
   Scuotendo la testa, Sofia fece un gesto come a raccogliere qualcosa in aria e strinse il pugno: il piccolo incendio svanì immediatamente, lasciandosi dietro solo qualche voluta di fumo grigiastro e dei segni neri sulla panca.
   L’autore del danno guardò Sofia. «Non ho saputo resistere!» disse a mo’ di scusa.
   Lei scosse di nuovo la testa. «Quante volte dovrò dirti di non fare esperimenti in mezzo agli altri? Prima o poi ci farai saltare tutti per aria, Marcos!».
   Il ragazzo sorrise con aria colpevole e tornò alla propria cena.
   Sofia sedette di nuovo al proprio posto. Senza neanche darle il tempo di respirare, André partì all’attacco.
   «I tuoi Apprendisti sono irrequieti. Devi imparare a tenerli sotto controllo, oppure li dovremo dividere dagli altri!».
   Dalla prima mattina che avevano passato alla Valle – da quell’ultima lite, da quell’ultimo scontro – non si erano più rivolti la parola, a meno che non fosse indispensabile.
   Tutti gli occupanti del tavolo si voltarono a guardarlo. Solo Sofia, impassibile, lo ignorò.
   Lui insisté. «Allora? Devo interpretare questo tuo silenzio come un assenso?».
   Finalmente, gli occhi ambrati di Sofia si posarono su di lui. «Invece di pensare ai miei allievi, dovresti pensare ai tuoi… anche se a una di loro pensi fin troppo».
   Come aveva previsto, André cambiò colore. Sofia sapeva che nessuno era a conoscenza della storia che era nata tra lui ed Elizabeth, e se provocata non esitava a colpire i punti deboli degli avversari… neanche quando erano suoi amici.
   Dopo averle rivolto uno sguardo truce e aver lanciato la forchetta sul tavolo, André si allontanò.
   Costa scosse la testa.
   «E poi dicono che sono i Portatori del Fuoco, quelli suscettibili».
   Blaze si abbandonò sullo schienale della sedia e lo guardò.
   «Be’, Sofi ha un talento naturale per scoprire i segreti degli altri e trasformarli in armi potenzialmente devastanti, lo sai anche tu. Chiunque al posto di André si sarebbe arrabbiato. A proposito» proseguì, cercando Sofia con lo sguardo «chi è la fortunata cui alludevi? ».
   «Prova a indovinare» rispose lei distrattamente. Blaze ridacchiò.
   «A occhio e croce, direi che si tratta di quella bella biondina che ha puntato da quando siamo arrivati… quella che sta sempre con Ailie e con la tua protetta, come accidenti si chiama… ah sì, Elizabeth».
   «Emma non è la mia protetta. Cerco solo di non farle pesare il fatto che non ha ancora capito quale sia il suo Elemento» precisò lei. «Comunque sì, hai indovinato. È proprio di Elizabeth che parlavo… non che fosse difficile capirlo. André le sta sempre incollato addosso»
   «Quanto sei noiosa… lascia che si divertano!»
   «Mhhh»
   «E adesso questo “mhhh” cosa significherebbe?»
   «Significa “lasciami mangiare in pace”, Blaze. Credi di poterci riuscire?» sbuffò Sofia, cercando di cambiare discorso.
   «No, non posso farcela. Certo, se tu mi dicessi cosa stavi realmente pensando… magari potrei fare uno sforzo» la provocò lui. Sofia alzò gli occhi al cielo.
   «Come va l’addestramento di Ailie?».
   «Meravigliosamente. Non posso credere che l’avessero classificata come una Portatrice dell’Acqua, ha un’affinità fin troppo evidente con la Terra… sai che riesce già a farla mutare in tutte le sue forme, compresi i metalli allo stato liquido?» rispose lui, infervorandosi. Il talento di Ailie era davvero molto sviluppato – come quello di tutti i giovani Portatori che erano stati condotti al Centro negli ultimi tre mesi. Stavano affrontando di già il secondo livello dell’apprendistato, e con una rapidità impressionante, confermando quello che Sofia prima e gli altri Figli degli Elementi poi avevano sospettato: Giovanni, Prudencia, Jackson e Tsukiko, evidentemente, comprimevano il potere dei più dotati in modo da essere certi di mantenere la supremazia su tutti loro.
   «Questi nuovi Apprendisti hanno davvero delle capacità impressionanti. Cosa credete sia cambiato, dai nostri tempi?» chiese Costa.
   Fu Laurence a rispondergli. «È cambiato l’ambiente, Costa. Qui sono liberi di esprimere il loro potere, come lo sono stati alcuni di noi prima che la funzione del Centro degenerasse».
   Incontrò lo sguardo di Sofia. Di tutte le persone che avevano visto nascere il Centro e che vi erano state addestrate quando la principale funzione di quel posto era formare Portatori di Elementi di massimo livello erano rimasti solo loro due e André. Tutti i loro compagni – pochi, in verità – erano stati spediti in ogni angolo del mondo per occupare posti strategici e individuare altri Portatori. Negli ultimi sei anni gli arrivi erano stati sempre più frequenti… cioè da quando i quattro Maestri avevano impostato una diversa linea di comportamento. Non si occupavano più di insegnare ai Portatori a utilizzare il proprio Elemento al meglio, ma erano impegnati nella ricerca di qualcosa. Nessuno sapeva cosa… tranne Sofia.
   «Non riesco a capire. A me sembra che non sia mai cambiato nulla, da quando mi sono unito a voi».
   Costa era arrivato al Centro dalla Grecia cinque anni prima, durante l’apprendistato di terzo livello. Circa un anno prima del suo arrivo, Giovanni aveva deciso di potenziare la struttura e si era rivolto ai Maestri all’esterno perché gli segnalassero gli Apprendisti di terzo livello di maggior talento: per questo, Costa non riusciva a immaginare che il Centro fosse mai stato un luogo diverso da quello che aveva visto con i propri occhi.
   Sofia si schiarì la voce.
   «Quando sei arrivato, cinque anni fa» esordì «stavano potenziando il programma di addestramento. Formare quanti più Portatori possibile senza sviluppare il loro completamente il loro potere. Lo aveva deciso Giovanni un anno e mezzo prima. Gli ci sono voluti alcuni mesi per convincere anche Jackson, Prudencia e Tsukiko ma alla fine ce l’ha fatta e ha cominciato a cercare Apprendisti di terzo livello per aumentare l’organico tanto di insegnanti quanto di sorveglianti. Fino a quel momento il Centro era stato un luogo di addestramento sì, ma nei limiti del ragionevole. Portavano via i ragazzi, quando erano troppo giovani e ancora affidati alle proprie famiglie, con qualche scusa, e si impegnavano per far sì che sviluppassero al massimo il loro potenziale».
   «E perché Giovanni ha messo in atto un cambiamento tanto radicale?» chiese Costa. Era più che stupito da quello che stava apprendendo.
   Sofia esitò. «Non saprei dirlo» mentì.
   Costa la guardò con aria scettica. «Avanti Sofia, sappiamo tutti che tra te e Giovanni c’era… come dire… una certa intimità».
   «Non quella che pensi tu». Guardò il quarantenne greco con le sopracciglia aggrottate. «Mi ha cresciuta come una figlia, è vero. Negli ultimi sei anni, però, è cambiato. Non si confida più con me… quindi non ti so dire il perché di questa sua scelta». Sofia concluse con la stessa aria indifferente che aveva mantenuto durante tutto il discorso. Dentro, però, non si sentiva sicura. Sperava e pregava che Costa e gli altri Figli degli Elementi si decidessero a crederle perché non sapeva di chi fidarsi, perché il tipo di potere che Giovanni cercava era tanto grande da poter spingere qualcuno di loro a tradirli tutti.
   Laurence intervenne, traendola d’impaccio.
   «Siamo rimasti solo noi, qui. Sarebbe meglio andare a riposare».
   Notando che la mensa era deserta, tutti si alzarono.
   «Be’, buonanotte… e non dar retta a Costa, voleva solo punzecchiarti un po’» disse Viola, una Figlia dell’Aria, a Sofia.
   Lei annuì e, notando un cenno di Laurence, seguì lui e Blaze nel parco. Camminarono a lungo, in perfetto silenzio… poi, Laurence si decise a chiederglielo.
   «Capisco se non puoi o vuoi dircelo, Sofia» iniziò, titubante, voltandosi verso di lei «ma da quando il Centro ha cambiato linea di comportamento anch’io ho notato che Giovanni sembra alla disperata ricerca di qualcosa. So quello che hai appena detto a Costa» proseguì rapidamente, vedendo che lei apriva la bocca per replicare «ma ti conosco da abbastanza tempo da sapere quando menti. E quella che hai appena rifilato agli altri era una balla colossale».
   Sofia lo guardò indecisa, ma fu solo un istante. Se c’era una persona di cui si fidava, quella era Laurence. Si erano sostenuti a vicenda negli anni difficili che avevano trascorso insieme – lui l’aveva protetta e, quando lei era cresciuta abbastanza da capire il dolore che lo tormentava, era diventata sua amica e confidente.
   Guardò entrambi gli uomini che aveva di fronte – il giovane americano dai capelli scuri e il trentottenne dal cuore candido quanto nera era la sua pelle.
   Prese fiato. Quello che stava per dire la tormentava da sei anni, da quando, con una domanda, aveva scatenato – seppure involontariamente – l’ossessione di Giovanni.
   «Sei anni fa, tornata dal Brasile» iniziò «portai a Giovanni un antico manoscritto del XV secolo che avevo trovato per caso. Parlava del rapporto con la Natura e dedicava un brano molto particolare ai Portatori».
   «Non capisco cosa ci sia di strano. Abbiamo centinaia di antichi manoscritti che citano i Portatori di Elementi» la interruppe Blaze.
   Sofia proseguì. «Una cosa strana in effetti c’era. Quel manoscritto individuava cinque tipi di Portatori». Laurence e Blaze la guardarono con aria confusa.
   «Cinque? Ma gli Elementi sono solo quattro!» esclamò Blaze, sostenuto dallo sguardo di Laurence che però, un istante dopo, spalancò gli occhi. Aveva capito cosa stava dicendo Sofia.
   «Vorresti dire… quel manoscritto parla dei Portatori di Energia?» ruggì incredulo.
   Era una storia che esisteva da tempo immemorabile – come alcune altre storie sui Portatori di Elementi. E nessuna di esse era mai stata considerata qualcosa di più di una leggenda metropolitana.
   Sofia annuì. «Chiesi a Giovanni se fosse possibile. Non seppe rispondermi, e così iniziammo a rileggere tutti i testi che avevamo, cercando allusioni particolari o indicazioni che potessero riguardare i Portatori di Energia. In questo modo, molti punti che avevamo sempre considerato oscuri si sono chiariti. Ricorderete poi che da quel giorno abbiamo intrapreso entrambi molti viaggi, perlopiù separatamente» proseguì. «Siamo andati a cercare altri manoscritti e a interrogare persone nei piccoli villaggi, soprattutto in Giappone e in alcune zone dell’Africa, dove la memoria tramandata oralmente era ancora viva. E abbiamo ottenuto riscontri positivi. I Portatori di Energia esistono… o almeno, esistevano fino a un paio di secoli fa».
   «Come, fino a un paio di secoli fa?» chiese Blaze con voce strozzata.
   «L’ultima testimonianza dell’esistenza di un Portatore d’Energia risale al 1802, l’anno in cui morì» spiegò Sofia. «Da quel giorno, non ne sono nati altri… o almeno, non ce ne è giunta traccia».
   «È strano… possibile che ci siano così tanti Portatori di Elementi, e nessun Portatore d’Energia da duecento anni a questa parte?» rifletté Laurence a voce alta.
   «Lo è» rispose Sofia. «Dai documenti che abbiamo esaminato – e ti assicuro che sono parecchi – risulta chiaramente che i Portatori d’Energia sono molto rari. Spesso, inoltre, sono stati uccisi o in qualche modo resi inoffensivi prima che le loro capacità si sviluppassero completamente».
   «Ma perché fare una cosa del genere?» chiese Laurence e Blaze in coro.
   «Pare che non riuscissero a sostenere un tale potere. A volte il loro fisico veniva rapidamente consumato, probabilmente perché non riuscivano a gestire l’Energia. In alcun casi, invece, il problema era più che altro… diciamo morale. La brama di potere sugli altri Portatori li spingeva a compiere violenze inimmaginabili. Ho letto cose, in proposito, che vi farebbero drizzare i capelli in testa» concluse con una smorfia disgustata.
   «E così, ora Giovanni sta cercando un Portatore di Energia» disse Laurence. «Spera di trovarne uno e imbrigliarne il potere? Ma a che scopo?».
   «Non ne ho idea, Laurence» rispose Sofia, e stavolta era sincera. «La sua ossessione è trovarne uno. Cosa ne farà, una volta trovato… non so dirlo. Temo quello che potrebbe accadere. Ho l’impressione che questa ricerca lo stia divorando dentro e gli stia facendo perdere il controllo».
   I tre si guardarono in silenzio.
   «Credi… possiamo riferire ad André quello che ci hai appena detto?» le chiese Blaze, incerto.
   Sofia sembrò perplessa. «Io e André abbiamo litigato, è vero, ma ho sempre piena fiducia in lui. Non dovresti neanche chiedermelo, Blaze».
   Blaze tirò un sospiro di sollievo. Lo scontro tra André e Sofia durava ormai molto a più a lungo di quanto non fosse mai accaduto, e iniziava a temere che tra i due la rottura fosse definitiva.
   Una falce di luna era ormai alta nel cielo e li osservava, apparentemente indifferente, da lassù.
   «Sarà meglio andare» disse infine Sofia, dirigendosi con gli altri due verso la strada del ritorno.
   
 
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