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Autore: gleebrittanastories    07/04/2015    2 recensioni
Argentina-1979
Dal testo: "Avete presente nei film, quando il protagonista va a sbattere contro una donna bellissima che puntualmente ha seimila cose in mano che si spargono nei cinque metri circostanti? E, nel mentre raccolgono il tutto, hanno il tempo di parlare e di innamorarsi e tutto sembra così facile e bello e destinato ad essere facile e bello per sempre? Beh, per me e Santana non è stato neanche lontanamente così. Nella nostra storia d'amore non c'è stato tempo per l'amore anche se è quello che ci ha fatto andare avanti."
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Guardai ancora una volta Santana scusandomi con lo sguardo. E lei ancora una volta mi guardò crucciata mentre mescolava il suo drink.

Tornai sul mio foglio, feci una freccetta, scrissi una parola chiave del racconto e una serie di indicazioni comprensibili solo a me stessa.

Non resistetti, alzai di nuovo lo sguardo su di lei. Lo vedevo che non era arrabbiata, scherzava serena con la barista e da come era a suo agio capii che si dovessero conoscere da tempo. Era una ragazza più o meno della nostra età, quindi una donna. Faccio ancora fatica a contrassegnare le mie coetanee, e me di conseguenza, come donne. Comunque un pensiero si stava insinuando nella mia testa, la latina voleva farmi ingelosire? Aveva senso, io l'avevo scaricata per raccogliere delle storie... Rimasi perfettamente indifferente, velatamente divertita.

Santana non si comportava mai in maniera così espansiva.

"...e beh, alla fine eccoci qui" concluse l'uomo a cui, dopo alcune chiacchiere al locale, avevo chiesto di raccontarmi bene cosa fosse successo ad alcuni dei suoi parenti.

"Grazie mille" solo che si era dilungato un po' troppo e Santana si era spazientita e aveva cominciato a bere. E a parlare con la barista.

Prima che l'uomo potesse riprendere a parlare per qualsiasi motivo gli strinsi la mano e mi avviai verso il balcone. Appena alzai lo sguardo però lei non c'era più, e nemmeno quella certa Dani.

La mia serenità scemò un poco. Mi guardai intorno ma non le vidi. Dalle finestre entrava ormai la luce calda del tramonto autunnale, doveva essere passato davvero molto tempo.

I pochi clienti mi osservavano ma non ci feci caso, andai spedita verso la porta-finestra e uscii. Finalmente un po' d'aria fresca, ero stata là dentro più di quanto avessi pensato. Eccole. Le due argentine chiacchieravano nella luce del tramonto, con ognuna un bicchiere in mano. Non avevo contato i numerosi di Santana, reggeva davvero bene l'alcol.

Mi avvicinai senza esitare e attirandola con una mano intorno al suo bellissimo collo, baciai la latina a stampo.

"Cosa bevete?" chiesi disinvolta.

"Non ha un nome, l'ha improvvisato Dani" mi rispose avvicinandomi il bicchiere.

"Me ne servirà uno pieno dopo quell'intervista" ribattei scuotendo la testa.

"Vado a preparartene uno anche a te" disse dopo un po' Dani, sconfitta. In fondo quello era il suo lavoro, non avrebbe potuto dirmi di no.

Santana mi guardò, quasi ammirata.

"Ti raggiungiamo" disse alla barista che stava già tornando dentro.

Mi avvicinai alla ringhiera, ci trovavamo sulle alture della città. Santana mi ci aveva portato praticamente appena ero atterrata in Argentina. Il panorama era simile a quello dall'ospedale, solo da una prospettiva leggermente diversa. Infatti come posizione erano vicini e con un sentiero un po' nascosto al margine della città eravamo arrivate in una decina di minuti.

"Scusa San, non la finiva più"

Non mi rispose, continuò a guardare la sua città. Stavo per aggiungere qualcosa quando si girò verso di me, ormai aveva perso le incertezze. Si vedeva dal suo sguardo, quello che mi riservava. Mi sorrise debolmente, come se fosse troppo concentrata su qualcosa per dare più espressività al suo viso. Fece un passo nella mia direzione e poi un secondo. Wow. Quanti baci quel giorno.

Ma non mi baciò, continuò a sorridermi mentre spariva dietro di me. Mi stava abbracciando. Mi teneva salde le braccia intorno al collo, mi sembrò quasi di immaginare i suoi pugni chiusi sospesi e la sua espressione serena. Feci scivolare le mani sui suoi fianchi fino a incrociarle dietro la sua schiena. Pensai a quanto i nostri corpi si incastrassero alla perfezione e sorrisi.

 

"Ci metterei la mano sul fuoco"

"Dani non l'avrebbe mai fatto" ribatté Santana divertita.

"Sese, quella mi ha avvelenato per averti tutta per se e tu ridi"

"Britt, non è colpa di nessuno se non reggi nemmeno un drink" non resistetti più e scoppiai a ridere anch'io.

"Mi ero ripromessa di cominciare a scrivere il primo capitolo stasera ma ho troppo sonno" sbuffai, era stupido ma continuavo ad incolpare Dani nella mia testa.

"Facciamo così, ci beviamo un super caffè e poi ti aiuto" si propose.

"Il caffè volentieri ma no grazie, lo leggerai quando sarà pubblicato" e le feci una linguaccia.

"Blaine mi ha detto che lui ha letto il prologo" disse, dopo aver sbuffato.

"Lui mi aiuta a migliorarlo San, è il mio assistente" le risposi divertita, chiamando Blaine come aveva fatto il nostro datore di lavoro.

Santana sembrò un po' offesa ma si arrese e mi fece segno di andare a fare il caffè in cucina.

Eravamo tornate nell'appartamento. Nei miei ricordi era una reggia ma mi resi conto che doveva aver interferito la presenza di Santana, poiché era poco più di una cantina.

Socchiusi gli occhi e pensai a mia madre, poi a mio padre, poi a come avevo deciso di strutturare il libro, a Lord Tubbington il gatto obeso che mi aveva tenuto compagnia fino a pochi anni prima. Mi accorsi di perdere progressivamente la concezione di ciò che mi circondava ma non feci nulla per contrastare il sonno.

 

Mi svegliai con l'odore del caffè e il solito raggio di sole negli occhi. Sbuffai, era giorno. Ed ero a letto.

"Saaan" urlai, con la voce di ci si è appena svegliato.

"Amore alzati, la colazione è pronta" esistono parole migliori di queste? Forse per la prima volta nella mia vita mi alzai dal letto sorridente.

Mentre attraversavo il soggiorno però sentii bussare alla porta con un nuovo codice, dovevano averlo cambiato mentre ero stata via.

Aprii senza pensare, ingenuamente.

"Signorina Brittany Pierce"

Annuii all'agente, ingenuamente.

"Bene, mi segua in centrale. La dichiaro in arresto per reati contro lo Stato" panico, aspettai che mi parlasse dei miei diritti e di quelle cose di cui parlano nei film ma non lo fece.

Quando mi girai per farmi mettere le manette vidi Santana con due tazze in mano immobile, che mi fissava persa.

"Ehy! Non potete arrestarla!" urlò rivolta a gli agenti.

"Temo proprio di sì, la diffamazione è perseguibile" le rispose l'agente che non stava armeggiando con le manette.

"Diffamazione?" dicemmo in coro.

"Secondo quanto riportato la signorina Pierce ha diffuso false informazioni su quello che sta succedendo in Argentina e sulle azioni dello Stato, in ogni caso non mi dilungherò oltre"

"Ci segua in centrale" aggiunse il secondo agente che aveva stretto le manette più del necessario.

Guardai Santana, stava chiaramente ragionando. Riconobbi l'espressione che ha quando sta per agire in modo impulsivo ma necessario. Scattò verso il tavolo e prese la borsa, mi corse incontro, mi prese un braccio e mi trascinò via. L'uomo in divisa non mi prese l'altro braccio per pochi centimetri e ci mise un po' a realizzare cosa stesse succedendo. Il collega fu più svelto e lo sentii caricare la pistola e correrci dietro mentre correvamo ormai sulla strada. Le manette erano dolorose e mi ostacolavano la corsa ma realizzai di non poter rallentare.

Appena girammo l'angolo sentii i primi colpi. I due agenti non mi erano sembrati particolarmente atletici ma erano armati. Una paura incontrollata si stava facendo spazio dentro di me, stavo scappando dalla polizia. Inoltre non avevo molte probabilità di cavarmela, sperai con tutta me stessa che Santana avesse un piano. La vedevo correre davanti a me e non capii se avesse una meta.

Dio. Stavo davvero scappando dalla polizia. Pensai all'appartamento ormai perso e a tutto il mio lavoro che si trovava a tracolla della latina.

Rischiai di inciampare nel ciottolato ma continuai a correre, svoltammo di nuovo a destra dove una coppia sulla cinquantina ci squadrò. Non avevo più sentito spari ma alcune urla non molto distanti da me.

Per fortuna quella zona era abbastanza deserta, dati gli avvenimenti molti erano migrati altrove.

"Fermatevi" sentii urlare dietro di me, Santana non si voltò.

Quasi arrivate in fondo a quella piccola strada si infilò in un portone, o meglio, una porta di legno. Ci avevano assolutamente viste, pensai.

"Presto Britt" la udii, non riuscii a decifrare il suo tono.

Salì delle scale strette, nella penombra. La seguii incespicando. Arrivate al primo pianerottolo sentii la porta spalancarsi e alcuni passi pesanti. Salimmo ancora, ero allo stremo. Non potevo neanche aggrapparmi ai passamano.

Due piani sopra le scale si diramavano e cambiammo scala, andando dalla parte opposta. Quel palazzo aveva un'architettura davvero particolare.

Si fermò davanti ad una porticina dipinta di bianco e pensai che ci avrebbero preso. La vidi tirare fuori una piccola chiave appesa a una cordicella dei pantaloni. Mi sembrò che si muovesse al rallentatore, con i passi dei due uomini sempre più vicini.

Quando la porta si aprì e noi entrammo mi sembrò impossibile che riuscisse a richiuderla in tempo. Ma ce la fece.

Si appoggiò con la schiena al muro per riprendere fiato. Io mi sedetti a gambe incrociate, ostacolata dalle manette, stremata.

"Non abbiamo molto tempo, quando arriveranno all'ultimo piano cominceranno a sfondare tutte le porte"

Non le risposi, quando mi succedono cose del genere tendo ad andare in confusione.

"È un buon segno Britt" disse dopo un po' porgendomi la mano per farmi alzare.

Io la guardai perplessa, ero appena evasa da un arresto per diffamazione e da quel momento sarei dovuta vivere da ricercata e quello era un buon segno?

"Il fatto che ti vogliano arrestare testimonia l'effetto che ha avuto il tuo lavoro"

Annuii, ero l'artefice di una fuga di informazioni inaspettata. Essere ricercata non era che un'esortazione a continuare, anche se da quel momento in poi non sarei potuta girare liberamente in Argentina. Forse l'ospedale era un posto sicuro, in fondo se le autorità avessero saputo cosa succedeva là avrebbero arrestato tutti. Non sarei stata di sicuro io a metterli nei guai. Ma se quello che facevo avrebbe potuto influire anche solo un minimo nella situazione in cui si trovava quella popolazione avrei fatto di tutto. Per gli argentini, per i miei amici, per i genitori di Santana.

Mi alzai in piedi, su quella terrazza, per mano con lei nonostante le manette. Tutto così incerto, impossibile apparentemente, ma fin troppo concreto.

/ Prossimo capitolo a breve, sono stata un sacco produttiva in campagna. Alla prossima /

  
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