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Autore: __Talia__    07/04/2015    2 recensioni
Talia è la figlia di Ra's Al Ghul, spietato capo della Lega degli Assassini, eppure quando Oliver la trova non vede in lei una minaccia, ma solamente una ragazza spaventata: senza più una memoria, senza più ricordi, un corpo pieno di cicatrici e un'innata forza fisica.
Qualcuno si sta vendicando della Lega e di Ra's e ha deciso di colpire la più piccola della figlie, ma qualcosa è andato storto e ora Talia è nuovamente libera, anche se attacchi e imprevisti sono dietro l'angolo e Oliver vede qualcosa in quella ragazza, vede una fragilità e una forza che lui sogna e desidera, ma non riesce ad ottenere....
Cosa li accomuna? Cosa li fa essere così...simili? Le loro storie si sono scontrate, si intrecciano e si scontreranno di nuovo...chi è Talia veramente? e cosa sta consumando Oliver dall'intero?
Storia con due punti di vista, quello di Oliver e quello di Talia. Mia prima FF...che dire, spero solo che vi piaccia!!!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Oliver Queen, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentivo il vento contro il viso, freddo, spietato e tagliente, eppure era una sensazione incredibilmente piacevole. Strinsi le braccia intorno alla vita di Oliver e mi nascosi dietro la sua schiena per evitare di essere spazzata via. Sembrava quasi un gioco, ma sapevo che tra poco le cose si sarebbe solamente complicate maggiormente. Il furgone blindato stava ancora cercando di sfuggire e la sua corsa sembrava impazzita e dietro di lui c'erano due macchine che lo inseguivano aspettando il momento opportuno per attaccare. Oliver e Roy stavano guidando le moto quindi sarebbe toccato a me cercare di colpire le gomme delle macchine per fermarle e permettere così al furgone di scappare indisturbato. Sulla mia schiena avevo un arco e delle frecce e Oliver mi aveva detto che, nel momento giusto, avrei saputo cosa fare e avevo imparato a fidarmi di lui. Dopotutto mi aveva difeso davanti ai suoi amici. Oliver sgasò un po' con la moto e cominciai a vedere, in lontananza, due macchine scure
-Pronta? Cerca di mirare le due ruote posteriori -
urlò Oliver che doveva farsi sentire da sotto il casco. Annuii semplicemente e strinsi le gambe intorno alla moto staccando lentamente le braccia dal busto di Oliver. Sapevo che dovevo trovare la stabilità prima di prendere la mira. Dietro di noi c'era Roy, pronto in caso avessi bisogno di aiuto e supporto. Ci stavamo avvicinando sempre di più, potevo distinguere in maniera decisamente più netta la sagoma della macchina e riuscivo già a vedere le ruote. Strinsi ancora di più le gambe intorno alla moto e presi arco e freccia. Oliver stava cercando di essere il più stabile possibile, ma oscillava comunque e questo rendeva un po' più difficoltoso prendere la mira. Il mio corpo sapeva già cosa fare. Incoccai la freccia e portai il pollice all'altezza dello zigomo, feci un respiro e poi lasciai. Subito la macchina cominciò a sbandare e Oliver dovette schivarla in maniera brusca, rischiando di farmi cadere
-La seconda -
urlò lui lasciando Roy ad occuparsi della macchina ormai ferma in mezzo alla strada. Presi la seconda freccia dalla faretra e Oliver cercò di avvicinarsi ancora un po' alla macchina. Avevo preso la mira e stavo quasi per scoccare quando una testa uscì dal finestrino. Il volto dell'uomo era coperto da un passamontagna scuro. Sentii uno sparo e poi un secondo e la moto di Oliver cominciò ad andare a zig zag per cercare di evitare i proiettili. Senza neanche volerlo alzai l'arco e lo puntai contro la persona che ci stava sparando addosso.
-Talia! -
urlò Oliver risvegliandomi da una specie di torpore e abbassai la traiettoria e scoccai. Subito la macchina cominciò a sbandare mentre Oliver frenò bruscamente costringendomi ad aggrapparmi a lui. Guardammo la macchina fare un testa coda. Oliver spense la moto e si tolse il casco guardando la macchina.
-Sono armati, stai attenta -
mi disse prima di scendere dalla moto e prendere il suo arco. Era decisamente diverso dal mio, molto più tecnologico e sicuramente doveva aiutarlo anche nell'essere più preciso. Quello che mi aveva prestato era semplice, non era fatto in legno, ma non era certamente sofisticato come quello che usava lui.
Vidi Oliver andare andare verso il lato sinistro dell'autovettura così decisi di aggirarla andando sul lato destro. Dietro di noi Roy aveva già messo al tappeto il suo obbiettivo e ci stava raggiungendo correndo.
Era incredibile come il cuore stava battendo all'impazzata, sembrava quasi felice, contento di tutta quell'azione e stava pompando adrenalina per tutto il corpo. Riuscii a fare ancora qualche passo prima di trovarmi una pistola puntata contro il petto. I due uomini avevano aspettato l'ultimo momento per uscire così da avere più possibilità di contrattacco. Dall'altro lato della macchina riuscivo a sentire Oliver e l'altro uomo combattere uno contro l'altro.
-Tu... -
mormorò l'uomo davanti a me, la mano che teneva la pistola tremava. Sembrava impaurito, i suoi occhi erano sbarrati e la bocca leggermente aperta.
-...dovevi essere morta! -
urlò prima di sparare. Rimasi immobile, le sue parole mi colpirono come un macigno allo stomaco e neanche sentii il proiettile che mangiò un lembo di pelle. Subito gli fui addosso e lo atterrai e disarmai per poi togliergli il passamontagna. Davanti a me trovai un uomo dai tratti asiatici e una lunga cicatrice sul lato destro del viso. Sentii la testa girarmi un attimo e sembrò quasi di essere trasportata in un'altra dimensione dove mi sentivo pesante, debilitata e debole, dove ero appesa al soffitto tramite delle catene legate ai polsi e quell'uomo arrivava lentamente, sul viso un sorriso soddisfatto e in mano una spada che sapevo avrebbe poi usato sul mio corpo
-Ricordo di te... -
sussurrai sentendo terrore e dolore che esplodevano nella mia testa. Con un colpo di reni l'uomo mi fece cadere e mi sentii come svuotata. Lo vidi correre, ma non avevo la forza di rincorrerlo, nella mia testa sentivo ancora la lama fredda mangiare la pelle e arrivare fino alla carne e la sua risata diventava sempre più forte nella mia testa. Rimasi stesa a terra, davanti a me si alternavano immagini del cielo scuro e immagini di una caverna buia e umida. Stava rischiando di farmi impazzire.
-Uno è scappato, ma sono riuscito a lanciargli un localizzatore, gli altri li portiamo da Lance -
disse Oliver mentre veniva verso di me guardandomi stranito quando mi vide a terra
-Sei ferita? -
chiese Roy allungando una mano per far si che io la prendessi per aiutarmi ad alzarmi. Mi alzai e guardai i due ragazzi prima di scuotere la testa. Il cappuccio sulla testa sembrava pesarmi improvvisamente e tutte le vecchie ferite sembravano essere tornate a sanguinare
-Mi ricordavo di lui...mi torturava...Lui sa qualcosa su di me -
dissi guardandoli in maniera vaga, concentrandomi il più possibile sul ricordo del volto dell'uomo e su quegli sprazzi di memoria ritrovata. Mi stavo avvicinando ad una risposta, stavo ritrovando brandelli di memoria che però ancora non mi portavano da nessuna parte anzi, mi rendevano ancora più confusa
-Domani sera andremo a fargli una visita, ma adesso dobbiamo tornare alla base -
ordinò Oliver girandosi prima che potessi dire qualsiasi altra cosa. Rimasi ferma per ancora qualche secondo e anche Roy si voltò per raggiungere la sua moto.
Ero vicina a scoprire qualcosa sul mio passato, ma avevo paura, se quello che ero non mi sarebbe piaciuto? Se avessi scoperto di essere una persona ancora peggiore? Mi risvegliai da quella specie di torpore solo quando la moto di Oliver si fermò a qualche metro da me, il rombo mi riempì le orecchie. Misi nuovamente via arco e faretra e poi salii sulla moto, stringendomi a lui
-Sei stata brava oggi...non hai ascoltato il tuo istinto, sei già cambiata -
mi disse, il volto coperto dal casco. Non potei trattenermi dal sorridere. Ero cambiata.
 
Alla fine io e Oliver avevamo trovato una soluzione per riuscire a dividerci il suo piccolo appartamento: io avrei dormito nel letto improvvisato che si trovava in un angolo del piano rialzato, mentre lui era tornato a dormire nel suo letto, nonostante ogni sera mi chiedesse di fare a cambio, probabilmente solamente per galanteria. Quello che sembrava non capire era che quel letto improvvisato era la cosa più comoda che mi era capitata, si adattava perfettamente al mio corpo e mi permetteva di scendere dalle scale senza doverlo disturbare. Purtroppo la notte era segnata da incubi, urla e voci che non volevano lasciare la mia testa ed era abbastanza normale che mi svegliassi e andassi a fare un giro per il vecchio magazzino per schiarirmi le idee.
Avevamo sistemato la situazione letto, ma la convivenza non era facile, nessuno dei due era abituato e più volte uno ero entrato nel bagno mentre l'altro era sotto la doccia o si stava cambiando e questo a volte creava un leggero imbarazzo che svaniva nell'arco di qualche minuto.
-Buongiorno -
mormorai guardando Oliver arrivare allungandogli una grossa tazza di caffè. Visto che ero mattiniera avevo imparato a fare il caffè per tutti, così trovavo un modo per impiegare il tempo.
-Buongiorno anche a te -
disse lui sovrappensiero. La sera prima avevamo seguito la pista dell'asiatico, l'avevamo trovato nel suo nascondiglio, morto. Qualcuno ci aveva preceduto e non voleva che lui parlasse. Dovevo ammettere che in quel caso il mio morale era sceso. Avevo visto un'occasione per tornare a riappropriarmi di pezzi di passato, ma questa occasione mi era stata subito tolta.
-Oggi ti alleni ancora con Roy? -
chiese Oliver alzando gli occhi dal giornale che stava leggendo. Sulla prima pagina c'erano le sue ultime imprese; si parlava di due vigilanti mascherati, di me ancora nessuno si era accorto, ma secondo tutti era meglio così.
-No, Felicity mi ha chiesto di andare alle Palmer, forse ha trovato un lavoro semplice che possa svolgere -
risposi entusiasta. Era ormai una settimana che ero a casa di Oliver e volevo cominciare a contribuire nelle spese inizialmente e poi, magari, trovare un appartamento mio. Non mi piaceva tanto la solitudine, però capivo che non potevo rimanere li per sempre.
Per il colloquio mi ero vestita in maniera inusuale per me; avevo addosso una camicetta bianca un poco larga e una gonna nera attillata che arrivava appena sopra al ginocchio e ai piedi avevo un paio di decoltè decisamente molto da Felicity e poco da me.
-Stai bene vestita in questo modo -
disse Oliver dando una sbirciata al mio abbigliamento e subito ad entrambe scoppiò una risata spontanea. Entrambe sapevamo alla perfezione che non ero una ragazza che indossava gonne e tacchi, entrambe sapevamo che stavo mascherando me stessa per piacere agli altri, ma alcune volte era necessario e trovare un lavoro in questo momento era una delle mie priorità.
-Dovresti mentire meglio Oliver -
scherzai barcollando fino ad un appendino dove trovai un cappotto lungo e una borsetta. Felicity aveva appositamente scelto il mio abbigliamento la sera prima e si era raccomandata di non indossare jeans e giacca di pelle, anzi mi aveva minacciata.
-Ci vediamo per pranzo? -
chiesi guardando Oliver, un piede sul gradino. Vidi un angolo della sua bocca sollevarsi e annuì un poco
-Ci vediamo all'uscita -
confermò lui prima di girarsi e andare verso i monitor. Accennai un sorriso e tornai a fare le scale rimanendo stupita da quanto fossero facili farle anche con addosso i tacchi.
 
-Meno male! Avevo paura venissi comunque vestita da...da te -
scherzò Felicity venendomi incontro abbracciandomi in maniera calorosa. Lei indossava uno dei suoi soliti vestiti color pastello che le stavano da incanto, i capelli li teneva raccolti in una coda non troppo severa e gli occhi erano nascosti dai grandi occhiali che però non offuscavano la sua bellezza.
-Dopotutto mi hai minacciata -
le risposi io sorridendole prima di seguirla per il corridoio fino all'ascensore. Nonostante le mie preoccupazioni non mi veniva difficile camminare sui tacchi, forse ero abituata.
-Per cosa dovrei fare il colloquio? -
chiesi curiosa guardando la giovane informatica che si morse il labbro inferiore, come se fosse imbarazzata.
-Segretaria della segretaria...in poche parole la mia segretaria -
ammise lei preoccupata per non so quale motivo. Dal mio canto mi sembrava una buona cosa essere la sua segretaria, lei avrebbe avuto probabilmente più pazienza di molti altri e, nel caso Oliver e roy avessero avuto problemi, sarei potuta scappare senza dover dare troppe spiegazioni.
-Perciò sei già assunta...il lavoro da fare è veramente semplice, devi passarmi le chiamate, mettere in coda le persone nel caso sia già occupata, mandare mail e fax...niente di che -
continuò Felicity provocando il mio terrore. Non avevo idea di cose si mandasse un fax o di cosa fossero le mail e speravo di imparare velocemente a fare il mio lavoro. Non mi piaceva essere un peso, non volevo che Felicity si pentisse o che andasse nei guai a causa mia.
-Perfetto -
risposi guardando le porte dell'ascensore aprirsi. Davanti a me si apriva la città. Guardai stupita fuori e mi avvicinai al vetro fino a sfiorarlo col naso; era stupendo. Vedevo le case, il nostro magazzino, il parco dove mi avevano seppellito e potevo anche individuare il vicolo dove avevo dormito per tre giorni e il market dove avevo cercato di rubare
-Questo sarà il tuo ufficio... -
disse Felicity con uno sguardo soddisfatto dipinto sul volto. Era bellissimo, non avevo neanche le parole per riuscire a spiegarmi, per riuscire a far capire quanto fossi felice
-Fel...avrei bisogno di una mano -
una voce maschile interruppe il filo dei miei pensieri. Mi girai per vedere chi aveva parlato e trovai Diggle, il volto che si trasformò completamente diventando una maschera di cera. Felicity andò da lui e dalla bambina che portava dentro una specie di zaino.
-Ah c'è anche lei... -
continuò con disprezzo palpabile. Subito abbassai lo sguardo e sentii una strana sensazione stringermi lo stomaco e repressi un conato. Non capivo perchè mi odiasse così tanto, era per quello che c'era scritto nella pergamena che avevo trovato quella sera? Non capivo tutta quella cattiveria nei miei confronti.
-Cosa c'è Diggle? Di cosa avevi bisogno? -
chiese Felicity sorridendo alla bambina. Nonostante lei cercò di distrarlo lo sguardo dell'uomo non si spostò da me facendomi sentire a disagio.
-Volevo chiederti se potevi badare a Sara per qualche ora, ma non lascio mia figlia con un'assassina -
spuntò lui e quelle parole non furono che un altro duro colpo allo stomaco. Diggle non fece altro che girare i tacchi e tornare nell'ascensore. Guardai la sua figura sparire sentendomi in colpa, una nullità. Felicity mi venne vicino e posò una mano sulla mia spalla, sfiorando la ferita che mi ero procurata due sere prima.
-Diggle ha bisogno di tempo -
mormorò accennando un sorriso tirato e spento a cui risposi debolmente. Era incredibile come ci volesse ben poco per rovinare una giornata iniziata bene.
 
Scesi le scale lentamente, avevo bisogno di moto per riuscire a scaricare un poco dell'adrenalina che sentivo in corpo. Nella mia testa le parole di Diggle continuavano a rimbalzare provocandomi mal di testa e un leggero senso di nausea. Arrivai al piano terra e trovai Oliver intento a guardarsi intorno, lo sguardo nostalgico e vacuo, perso.
Ieri sera aveva insistito molto per far si che pranzassimo insieme e cominciamo a pensare che non volevano lasciarmi sola, quasi a controllarmi, però non mi dispiaceva e mi piaceva avere un po' di compagnia.
-Eccomi -
mormorai sorridendo e avvicinandomi a lui, un poco imbarazzata visto che avevo lo sguardo di due segretarie addosso.
-Ti prego usciamo da qui -
bisbigliai al suo orecchio prima di incamminarmi decisa verso l'uscita, stando attenta a non sbattere contro le porte girevoli che, già all'andata, mi avevano ingannato.
Non appena uscii dall'edificio tirai una boccata di aria fresca che mi invase dolcemente i polmoni, schiarendomi appena le idee. Mi girai e vidi Oliver dentro le porte girevoli, un sorriso appena accennato sulle labbra e la muscolatura rigida e pronta a scattare. Avevo notato che non si rilassava mai, non abbassava mai la guardia.
-Io ho ben due buoni pasto, non so cosa siano, ma possiamo dividerli -
dissi guardando l'uomo e tenendo ben salda la borsetta che aveva già iniziato a darmi noia. Non capivo come le donne potessero indossare abiti scomodi come quelli che avevo indosso tutti i giorni; la gonna non permetteva molti movimenti e dovevi stare costantemente attenta alle gambe e due bottoni della camicetta continuavano a slacciarsi, lasciando una piacevole vista del seno, per non parlare poi dei tacchi da cui rischiavi di cadere ad ogni passo e alla borsetta che altro non era che un peso ulteriore.
-Perfetto, ti va un trancio di pizza? -
chiese l'arciere cominciando ad incamminarsi verso la via principale di Starling City. Annuii e lo seguii, notando che tanti gli lasciavano occhiate fugaci e molte donne, sopratutto, lo guardavano ammiccando inumidendosi il labbro inferiore con la lingua in pose poco naturali e molto sexy.
-Devi essere abito a Starling, non c'è donna che non ti guarda ammiccando -
mormorai guardandolo negli occhi. Per me tutto era nuovo, tutto era una scoperta e questo sembrava stupire Oliver.
-Qualche anno fa...molti anni fa a dir la verità, amavo le feste, le donne e il bere. Non c'era notte che io passavo a casa sobrio e solo e tutto ciò mi ha creato una certa reputazione decisamente non molto buona. Ovviamente le ragazze venivano da me sopratutto per i soldi, ma non mi interessava prima dell'Isola. Dopo di lei tutto è cambiato e ho capito che le feste, il bere e il sesso occasionale non è niente nella vita -
rispose, gli occhi fissi sulla strada e il corpo che faceva a zig zag tra la gente, ma mai mi lasciava troppo distante e mai mi lasciava indietro, il suo sguardo era sempre fisso su di me, ma la cosa non mi infastidiva più di tanto. Dopo quello che c'era scritto nel biglietto neanche io mi sarei lasciata da sola.
-Eccoci -
mormorò posando una mano sulla mia spalla per indirizzarmi verso l'entrata del piccolo ristorante. Da fuori non gli avresti dato neanche mezza speranza, ma una volta entrati dentro non potevi non rimanere a bocca aperta; il locale era rustico, le pareti in pietra e ai due angoli c'era un camino e la cucina con un grande forno a legna.
-Un tavolo per due -
la voce di Oliver arrivava debole alle mie orecchie talmente ero rimasta incantata da tutto ciò che mi circondava. Mi sembrava tutto familiare, sopratutto il camino, il calore che sembrava bruciarmi la pelle e il vago odore di legna bruciata...Oliver non volle disturbare i miei sogni e mi prese solamente per mano, portandomi lentamente verso un tavolo posto vicino ad una finestra da cui si vedevano tutti i passanti.
-è un posto bellissimo -
sussurrai continuando a guardarmi intorno quasi fossi una bambina. Era così familiare e rustico che mi dava l'impressione di essere a casa. L'arciere ordinò per entrambe e poco dopo davanti a me trovai un bicchiere alto e stretto con dentro un liquido giallo. Lo guardai e alzai appena un sopracciglio, ma poi seguii il suo esempio e portai il boccale alla bocca, bevendo quella strana bevanda dal retrogusto amaro
-è strana -
dissi studiando il contenuto dentro il bicchiere facendo ridere l'uomo davanti a me.
Era incredibile come mi sentissi bene solamente perchè Oliver mi stava trattando come se fossi una ragazza normale.
 
-Grazie per il pranzo, è stato divertente -
dissi ad Oliver fermandomi in mezzo al marciapiede e lui non fece altro che sorridere a alzare le spalle, quasi come se quel pranzo fosse la cosa più semplice del mondo. Sembrava che lui fosse l'unico che capisse veramente quello che mi stava succedendo. Certo anche Roy e Felicity erano stati sempre gentili e mi avevano più volte aiutato, ma a volte mi sembrava che non comprendessero veramente ciò che stava succedendo dentro di me, quel senso di vuoto che sentivo. Oliver invece sì.
-Io mi devo fermare qui...Felicity mi ha detto di aprire un conto in banca dove poi depositeranno il mio stipendio -
mormorai guardando l'edificio alla mia destra, grande ed elegante.
-Perfetto, ci vediamo sta sera a casa allora -
aveva risposto lui guardando in maniera sospettosa la banca, aggrottando le sopracciglia
-A sta sera -
confermai sorridendo cominciando ad incamminarmi verso la banca. Più mi avvicinavo più mi chiedevo cosa c'era la dentro. Era un edificio non troppo alto, ma sembrava molto profondo e riuscivo ad intravedere solo gente vestita bene dietro bianche scrivanie. Felicity mi aveva spiegato cosa dire, ma sicuramente avrei fatto qualche strafalcione e avrei fatto casino.
 
Entrai dentro l'edificio e sentii l'aria mancarmi talmente faceva caldo. Davanti a me si presentavano cinque casse, tutte seguite da una lunga fila di persone più o meno nervose. Fortunatamente non era la che dovevo andare. Mi spostai sulla destra e presi un numerino per poi cercare un posto dove sedermi. La mia fila era decisamente più sparpagliata e tutti quelli che desideravano una consulenza bancaria erano seduti su poltrone di plastica. Molti stavano leggendo, altri usavano il cellulare, ma tutti avevano l'aria affranta
-Pure qui ti trovo... -
bisbigliò una voce alla mia sinistra, una voce familiare e ostile: Diggle. Lo vidi in piedi, in braccio con la bambina che continuava ad agitarsi.
-Mi stai seguendo per caso? -
domandò scocciato, cullando la bambina in maniera nervosa e fin troppo velocemente. Scossi la testa, trovandomi alcune ciocche di capelli in viso che prontamente spostai portandomi all'indietro in modo che poi cadessero dolcemente ai lati del viso. Continuai a guardarlo, il viso tondo e l'espressione severa
-Perchè mi fissi? -
chiese scocciato alzando gli occhi al cielo prima di spostare la bambina sull'altro braccio, ma lei sembrò non gradire e così cominciò a piangere ancora più forte agitando le braccia tozze verso l'aria. Subito Diggle riprese a cullarla con più veemenza facendola piangere ancora di più.
-Posso? Non le farò niente, vorrei solamente riuscire a calmarla... -
domandai guardando la bambina, il volto paonazzo e le braccia e le gambe che continuavano ad agitarsi. L'uomo alzò un sopracciglio scuro squadrandomi dall'alto in basso, la bocca si era trasformata in una specie di smorfia, ma all'ennesimo strillo della figlia cedette
-Prova a farle del male e giuro che ti uccido seduta stante -
minacciò con voce scura e profonda. Non stava scherzando, lo sapevo, eppure non avevo paura di lui, non mi sentivo terrorizzata o spaventata da quelle parole dette con estrema e gratuita durezza. Diggle aspettò ancora qualche secondo prima di prendere Sara in braccio e darmela, gli occhi fissi su di me quasi ad aspettarsi un qualsiasi movimento nocivo per la piccola. Eppure così non fu; presi la bambina e la cullai dolcemente, baciandole la testa che presentava solo qualche accenno di capelli. Ci volle qualche minuto, ma poi Sara si calmò e chiuse gli occhi rossi e si addormentò grazie anche all'aiuto del ciuccio. Il padre mi guardò sorpreso, la bocca un poco aperta.
-Ti...ti assomiglia tanto -
mormorai poggiando la bimba addormentata nella sua carrozzina prima di sentire un rumore forte di schianto provenire da dietro di noi. Non riuscii neanche a girarmi, il volto di Diggle si fece contratto e la sua mano andò alla carrozzina dove prese Sara mentre l'altra si allungò verso la mia. Sentii delle grida forti arrivarmi alle orecchie e poi pianti e spari. Con difficoltà seguii la mano di Diggle che mi portò al riparo dietro a delle sedie, ma qualcosa non andava, mi sentivo affaticata e stanca, muovermi era stato fin troppo dispendioso.

-Oliver...abbiamo bisogno di aiuto... -
mormorò Diggle al cellulare, ma avrebbe potuto urlare che nessuno l'avrebbe sentito. Tutti erano in preda al panico, vedevo la gente piangere e ripararsi dove potevano e nell'atrio c'erano quattro corpi immobili.
-Tieni Sara -
sussurrò Diggle passandomi la bambina che aveva ripreso a piangere. Subito cercai di tranquillizzarla, ma lei continuava a piangere e contorcersi, spaventata da tutti quei rumori forti. Guardai l'uomo prendere una pistola dai pantaloni e caricarla
-No Diggle... -
bisbigliai facendo di no con la testa, sentendola stranamente vuota, leggera. Non poteva rischiare di farlo, poteva rimanere ferito se non peggio e aveva una bambina e una donna che contavano sul suo aiuto
-Lo faccio io...tu hai troppo da perdere -
gli dissi posando una mano sulla canna nera della pistola, distogliendo un attimo la sua attenzione. Gli occhi scuri dell'uomo andarono a incontrare il viso paonazzo di Sara e la sua mano tremò un secondo
-Ho una buona mira...li distraggo e voi uscite, dietro di noi dovrebbe esserci una via di fuga -
continuai girandomi per vedere l'uscita completamente non sorvegliata che si trovava dietro di noi. Con delicatezza gli sfilai la pistola dalla mano e gli diedi Sara che subito strinse il ditone di suo padre. Diggle non fece altro che annuire e cercare gli occhi di tutti quelli vicini a noi che annuirono spaventati. Molti volti erano indecisi...rischiavano a cercare di scappare, ma erano convinti a farlo perchè non volevano diventare corpi immobili come quelli dell'atrio.
-Oliver dovrebbe arrivare a breve....Grazie Talia -
mormorò l'uomo posando una mano sulla mia spalla prima di fare un cenno agli altri. Non appena lui mosse un passo io cominciai a sparare verso gli aggressori. Erano tanti, cinque per la precisione e due erano dentro il bunker della banca, quindi dovevo tenere abbastanza colpi per loro due. Il primo sparo andò a segnò centrando la gamba sinistra di un'aggressore e il secondo fu ferito di striscio mentre il terzo cominciò a spararmi addosso. Subito mi nascosi dietro la poltrone che però mi riparò per poco tempo e fui così costretta a cambiare posto. Ogni passo sembrava però sempre più pesante e anche alzare la pistola cominciava a diventare difficoltoso. Nella banca c'era ancora qualche ostaggio, forse poco più di una decina e da fuori cominciavano a sentirsi sirene. Sentivo un rumore di passi scricchiolare verso di me e così decisi di usare l'ultimo colpo: aspettai che la persona fu abbastanza vicina per sparare a occhi chiusi. Ci fu un rantolo appena accennato e poi un corpo cadde a terra, ma i passi non si fermarono. Avevo finito tutti i colpi e davanti a me ora c'era una persona armata e dal volto coperto. Aveva indosso una tuta nera leggermente strappata sul fianco la dove un mio colpo l'aveva appena colpito. La pistola mi cadde dalla mano e cominciai a strisciare per allontanarmi lasciando a terra una scia di sangue.
-Quanto durerai ancora? -
chiese l'uomo avvicinandosi lentamente, la pistola sempre puntata verso la mia testa. Mi guardai attorno cercando qualsiasi cosa potessi usare per proteggermi o attaccare, ma non c'era niente se non sedie che erano però troppo pesanti da sollevare.
-Roger abbiamo preso tutto! Andiamo! -
urlò una donna proveniente dall'atrio della banca. Era incredibile come non sentissi dolore, ma solo indolenzimento e stanchezza. Posai una mano sullo stomaco e sentii il sangue bagnare la mano, renderla viscosa e calda. La camicia si era già attaccata alla pelle ed era diventata ormai rossa la dove il proiettile si era conficcato nel mio stomaco.
-Voglio vedere prima questa puttanella morire... -
mormorò l'uomo abbassandosi sulle ginocchia e posare una mano sul polpaccio, stringendolo con forza. Volevo fare qualcosa, volevo allontanare quella mano e puntare una lama sul collo di quell'uomo e poi sentire la mia mano sporca del suo sangue. Quei pensieri mi spaventarono, eppure non riuscivo a pensare ad altro, non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine della lama che affondava nella pelle sottile della sua gola. Stavo quasi per buttarmi sul suo corpo nel disperato tentativo di afferrare la sua arma quando sentii un rumore familiare; il sibilo di una freccia. Sorrisi appena quando vidi l'uomo guardarsi intorno e poi cadere a terra dopo che una freccia si era illuminata sulla sua gamba.
-Uscite! Tutti! -
urlò una voce meccanica e in quel momento sentii un rumore assordante si scarpe, tutti correvano velocemente e immaginavo che quasi si calpestassero gli uni gli altri per riuscire ad uscire per primi e allora chiesi l'ultimo sforzo al mio corpo. Mi alzai aiutandomi con le sedie e guardai Oliver abbassarsi sui corpi immobili delle quattro persone stese nell'atrio. Erano morte. Non ero riuscita a salvarle.
Fu allora che il mio corpo cedette e caddi a terra, la vista si offuscò per qualche secondo e poi due braccia mi sollevarono ancora una volta e i miei occhi incrociarono quelli di Oliver
-Andrò tutto bene... -
mormorò lui camminando velocemente verso un'uscita secondaria della banca. Quattro persone erano morte, quattro anime non ero riuscita a salvare, non ero riuscita ad impedirlo...non ero stata abbastanza forte.


Note:
Buongiorno! Eccomi, un pò più riposata e ingrassata di pima! :) Spero che anche per voi la Pasqua sia andata bene! Voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto e recensito questi pochi capitoli e spero che quest'ultimo non vi deluda!
Che dire, non sono brava in queste cose....Spero che vi piaccia! Un bacione!!!
 
   
 
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