Attenzione! In
questo capitolo sono
presenti solo degli OC ( miei e di _Dracarys_ ) e quindi per conoscere
bene il
personaggio di Uriel vi conviene aver letto Reignite, mentre per farvi
una idea
di Spectrus Specter vi conviene leggervi Reignite2. Per il resto
ringrazio
nuovamente _Dracarys_ per la sua disponibilità di
“prestarmi” anche l’amica
innominata di deSanta, e spero possiate fare ugualmente buona lettura!
“è
da più di venti minuti che sta
rileggendo quella lettera… non è che vuole
contare tutte le fibre di cui è
composto quel foglietto?”
Le
preoccupazioni di Nuala erano
legittime, in quanto non aveva mai visto la propria collega di lavoro
comportarsi così. Conosceva bene Uriel Truce deSanta e
sapeva che quella donna
aveva una sorta di squilibrio psichico forse dovuto alle
“belle” esperienze
avvenute in gioventù, e la sua voglia di sperimentare,
chiamiamola così, ogni
sorta di possibilità sul
campo di
battaglia ai danni dei nemici alle volte dava l’idea che
volesse costantemente
smentire le teorie di un’altra persona a lei fin troppo nota.
Uriel era
cresciuta sulla Terra, al
contrario di molte di loro, ed era uno tra i membri più
giovani all’interno
dell’inquisizione amazzoniana meglio conosciuta come la
“Corte delle rose nere”
dando prova fin da subito di una specie di sadismo che nascondeva, in
realtà,
una perversa voglia di sperimentare lo sperimentabile.
Di spiegare a
tutti che la sua
visione del mondo era quella più giusta e vera, per quanto
non avesse torto
sotto un certo punto di vista, smentendo ogni qual volta una possibile
visione
ottimista della vita o di una possibilità di cambiamento in
essa compiendo
costantemente i soliti processi quasi rituali della vita di ogni giorno.
Era matta,
oppure era semplicemente
troppo sveglia dinnanzi ad una realtà che fin da bambina non
le aveva permesso
di sognare e credere in qualcosa. Ad ogni modo ciò che
c’era scritto su quella
missiva che un emissario della Corte aveva recapitato loro quella
mattina
doveva essere alquanto importante.
Attualmente le
due donne non erano in
un luogo specifico di Amazon che valeva la pena menzionare, se non che
erano in
una piccola cittadina storica, e comunque sia era straordinario come i
loro
superiori riuscissero sempre a rintracciarle ovunque esse fossero.
– Sono
ventidue minuti e undici
secondi che il tuo naso appuntito è attaccato a quel pezzo
di carta… suppongo
sia una lettura interessante se paragonata a “guerra e
pace” –
Non le ci volle
molto per sentire la
risposta da una collega che le stava dando le spalle, quasi affacciata
alla
finestra/balcone della piccola stanza in cui erano, lasciando che a
parlare
fosse il piacevole venticello primaverile che spirava dalla finestra
aperta
solo per qualche secondo.
–
… è morto mio padre. La lettera mi
dice solo questo, oltre che le condoglianze –
Lo disse con
tono piatto, quasi basso
in una strana forma di rispetto, tanto da sorprendere la donna dalle
sei
braccia che già si era preparata una sequela di battute
sagaci riguardo il
contenuto di quella misteriosa lettera. Per quanto Nuala ne sapesse la
storia di
Uriel era quasi come un libro aperto per quanti aneddoti sciorinasse
riguardo
il suo fantomatico passato, ma per l’appunto non era
possibile definire qual
era il confine tra realtà vera e propria con quella distorta
al limite
dell’aneddoto puro che spesso la giovane Deva si lasciava
scappare.
Non che deSanta
fosse una bugiarda
patologica che necessitava di inventarsi delle storie per apparire
più
credibile, ma ogni sua esperienza di vita vissuta sempre
pericolosamente ne
traeva sempre un esempio che rasentava il didattico.
A parere della
donna dalle insolite
sei braccia, ereditate dal “padre”, Uriel aveva
ricevuto un tipo di educazione
puntato nell’apprendere importanti nozioni ad ogni azione
compiuta.
Una azione, una
conseguenza. Nel bene
e nel male suo padre le aveva trasmesso una conoscenza feroce e diretta
sul
proprio stile di vita.
Testuale
risposta venne accolta con
un imbarazzante silenzio da Nuala, che per tutta risposta decise di
ridestarsi
da quel momento di stasi con un brusco colpo di tosse.
–
Beh… suppongo che tu voglia
prenderti un po’ di riposo… oppure andare in giro
a massacrare un po’ di gente
a random come sei solita fare quando ti annoi – proprio non
riuscì a non essere
sarcastica – ad ogni modo, sarei una ipocrita se dicessi che
mi dispiace… vero?
–
–
Dannatamente vero, difatti penso
che andrò a farmi un giro… sei gentile quando
vuoi, sai?–
– E
questo è un difetto?! Pensavo
facesse parte della “civile convivenza”
nonché alla base di una educazione
civilizzata e non di una probabile dipartita dovuta alla tua scellerata
anarchia…–
La Deva di tutta
risposta rise piano,
senza dare segni di irritazione come di solito faceva quando la collega
faceva
le sue battute al vetriolo, in uno stato emotivo quasi imperscrutabile
che
Nuala non le aveva mai visto sembrandole quasi… nostalgica.
La gentilezza ha
condannato mio
padre. Se fosse stato meno gentile forse io non sarei qui a sorbirmi le
tue
battutacce! – scavalcò agilmente la ringhiera
della porta/finestra decidendo di
dare un ultima occhiata alla sua collega, prima di sparire tra le file
di panni
stesi che si perdevano a vista d’occhio in quella antica
“skyline” – ad ogni
modo, vado a commemorare la sua morte come quella vìbora
avrebbe voluto! –
E
sparì così, portandosi appresso
quel foglietto letto e riletto nei suoi punti più salienti
nascondendo in essi
le ultime volontà di uno tra i mercenari e chojin
più sanguinari dell’intera
galassia. Non attese il proverbiale “aspetta”
dettato da una collega ancora in
parte incredula per quella inaspettata rivelazione, a volte ci si
scordava
istintivamente che Uriel aveva avuto dei genitori, dileguandosi
silenziosamente
come un serpente, come quelli tatuati sul suo corpo, lasciando sbuffare
seccata
una Nuala presa alla sprovvista.
Precisina
com’era la donna si sarebbe
aspettata quantomeno una delucidazione di dove diavolo fosse andata
quella
collega scellerata, d’altra parte le era morto un
parente… e anche se non
propriamente gradito chissà come stava ora deSanta a livello
emotivo, ma tutto
ciò che aveva ricevuto in cambio erano delle parole
sibilline e nulla di più.
–
Si… certo! Sei stata tu la rovina
di tuo padre… gne, gne – fece ella, con un
sarcasmo forse non propriamente
adatto alla situazione, ma non era una sprovveduta e conosceva
l’inquisitrice
da diversi anni – o magari è stato lui a
condizionarti la vita fin dal
principio! –
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A Spectrus
Specter non piaceva quando
una preda gli sfuggiva di mano. Era lui ad essere il cacciatore, mai
l’incontrario, dunque ebbe emozioni piuttosto contrastanti
quando rivide quella
donna che lo aveva abbandonato come un fesso dopo quella che lui aveva
definito
come “una tra le sue migliori caccie”.
Quando la rivide
lì, a danzare tra le
luci soffuse di un rinomato locale di intrattenimento di tipo
folkloristico,
ebbe quasi l’impulso di saltare sul piccolo palco rialzato su
cui era per
poterla strattonare via da quel luogo rumoroso e darle una
“sonora lezione” al
suo solito modo. Uriel tuttavia si accorse di quello sguardo freddo
come il
ghiaccio di quello che era stato un passatempo piuttosto interessante,
e invece
di ritirarsi da quella danza sensuale per via di quegli occhi azzurri
che
facevano decisamente paura, si concentrò maggiormente
lasciandosi aiutare dai
propri serpenti tatuati sulla sua stessa pelle ambrata.
Il rumore era
tanto e la gente guardava
tutte le ballerine presenti lodandone la bravura, e nessuno
trovò strano che
quella Deva flessibile come l’acqua, con quei serpenti
stilizzati che
sembravano danzare assieme a lei dandole un’aria quasi
mistica, fosse stata adocchiata
dal cliente meno raccomandabile di tutta la folta clientela oltre che
probabilmente il più ricco tra tutti i turisti su Amazon.
La prima volta
che i loro sguardi si
erano incrociati era stato sulla Terra, svariati mesi fa, e
l’uomo fu piuttosto
sicuro che neppure il loro primo incontro era stato un colpo di
fortuna. Quella
femmina non la si incontrava mai due volte nella vita se non era lei a
volerlo,
sfuggente come un serpente… velenosa come un serpente, e per
quanto avesse
deciso che doveva essere sua per quella notte fu piuttosto difficile
“convincerla” a venire a letto con lui.
Gli affari
spingevano Spectrus a
viaggiare per mezza galassia, e per quanto non fossero propriamente
legali era
abbastanza potente da poter sottomettere anche il chojin più
avventato senza troppe
difficoltà. Quella femmina aliena si era rivelata molto
più pericolosa di lui
se possibile, con quei suoi tatuaggi stregati che avevano viaggiato
anche sulla
sua di pelle cercando di dilaniargli
le carni inutilmente, eppure per quante parole irriverenti avesse usato
nei
suoi confronti si poteva dire che ne era uscita soddisfatta da quella
notte di
passione. Come tutte del resto… anche quelle che costringeva.
Ma quella
sensazione di soddisfazione
che lo aveva accompagnato per tutto quel pseudo inseguimento post
ballo,
proprio come era successo sula Terra mesi prima, al successivo amplesso
dopo si
stemperò con una visione mattutina che decisamente non gli
piacque.
–
Tzk… non mi pare di averti detto che
potevi alzarti dal letto–
Erano giunti a
godere della reciproca
compagnia dentro la stanza di un albergo a cinque stelle, ossia quelle
del
pseudo “avvocato” Spectrus Specter che tanto uomo
di legge non era, e al
momento la Deva se ne stava seduta su di una poltroncina vicino ad una
porta/finestra intenta a fumarsi una semplice sigaretta.
A quella frase
severa la donna si
limitò a sbuffare divertita e a spegnere la suddetta
sigaretta fumata solo a
metà sul pavimento di marmo nero della suite, per quanto
all’uomo poco importò
di quel gesto e molto più concentrato ad osservare una preda
troppo distante da
lui.
– Se
è per questo non mi hai detto
neppure di farmi una doccia e di rivestirmi… sono piccoli gesti quotidiani
che ci accompagnano
ogni giorno Specter, o fai parte di quella categoria di uomini
anticonvenzionali?
–
– Si
da il caso che tu sia mia ospite
qui, e gradirei che tu ti attenessi alle mie regole – si
alzò dal letto
adoperando un tono freddo e piatto, che di solito funzionava con le sue
vittime, ed incurante di coprirsi le
nudità si avvicinò ad una donna
tutt’altro che impressionata dal suo falso
moralismo – ad ogni modo, di che diavolo stai parlando?
–
Aveva intuito
che deSanta non era
esattamente euforica come quando l’aveva conosciuta, e per
carità per quanto
riguardava la sfera sessuale nulla di cui lamentarsi… era
perfetta, per questo
fu con un cenno di curiosità che decise di farsi i fatti
suoi trovandola
stranamente accondiscendente nel dare spiegazioni.
L’inquisitrice si alzò
dunque in piedi, allontanandosi volutamente da un uomo alto due metri e
mezzo
che molto probabilmente non aveva solo voglia di parlare e basta ( ma
se avesse
avuto cattive intenzioni non avrebbe avuto problemi a metterlo a posto
), e
dando una spiegazione che quasi sicuramente avrebbe dato a Spectrus di
che
pensare.
–
Dimmi hombre… cosa
ricordi di tuo padre?! –
Una domanda che
sembrava fuori luogo
e che portò il giovane avvocato ad inarcare un sopracciglio
nero come i suoi
“scompigliati” capelli corvini, ma che prontamente
rispose alla propria
squisita ospite rimembrando una figura paterna che mai avrebbe odiato
per
nessun motivo al mondo.
–
Ricordo che il mio vecchio era una
persona… onorevole. Non è che andassi
propriamente d’accordo con lui, ma a modo
mio gli volevo bene e mai mi sarei permesso di tradirlo in qualche
modo–
– Un
ammirevole padre per un
ammirevole figlio. Suppongo che non sia stato molto gentile nei tuoi
confronti
nei momenti più cruciali della tua esistenza –
– Hm,
come fai a saperlo? –
–
Chissà… magari perché mio padre ha
peccato di gentilezza unicamente nei miei confronti?! Si,
può essere–
Prese nuovamente
le distanze dal
maschio impudente che ancora non accennava a volersi rivestire, non che
questo
dava particolarmente fastidio alla Deva se non che le sembrava un
po’ ridicolo,
e si avvicinò al grande balcone della suite di lusso il cui
sole nascente si
intravedeva perfettamente nello scenario urbano in cui erano. Spectrus
la seguì
senza troppi problemi. Non che fosse un esibizionista ma era sempre
dell’idea
che gli altri non avrebbero fatto altro che apprendere qualcosa di
utile da
lui, anche se avesse deciso di possedere proprio li Uriel senza contare
che
qualcuno, magari, avrebbe potuto vederli dalle finestre dei palazzi
vicini.
– Sono
cresciuta sulla Terra… non
ricordo molto di mia madre ma da quello che ho capito è
morta quando io ero
molto piccola, e mio padre decise di prendermi sotto la sua protezione
e di istruirmi
fin da bambina al suo squallido mestiere in compagnia dei suoi poco
affidabili
compagni di giochi – si girò lentamente verso di
lui e appoggiò entrambi i
gomiti sulla balaustra di marmo, sorridendo quasi amaramente
– sono cresciuta
in un ambiente merdoso di soldati mercenari… gli uomini di
mio padre erano
affidabili come un perro idrofobo,
e
in battaglia si macchiavano delle più disgustose nefandezze
sotto lo sguardo
compiaciuto del mio vecchio. Ma per loro non possedeva la stessa
“gentilezza”
che aveva con me –
Questa volta non
si allontanò quando
Specter la “incastrò” contro la
balaustra del grande balcone, limitandosi a
sorridere con una certa cattiveria accarezzandogli lievemente con una
mano gli
addominali tesi.
– La
gentilezza è un’arma a doppio
taglio, Specter. Ti porta ad abbassare la guardia e a sottovalutare
anche la
più singola cosa che tu credi di conoscere bene…
e tutto si trasforma in una pazzia
che ci si trascina per anni
sperando che le cose cambino nonostante s continui a commettere lo
stesso
miserabile errore–
– Sei
criptica oggi – fece lui, dopo
averla ascoltata in silenzio, accarezzandole il mento con un paio di
dita – mi
stai forse dicendo che hai tradito
tuo padre approfittando della sua gentilezza? Indubbiamente avrai colto
l’occasione
giusta… ma personalmente non apprezzo questo atteggiamento,
tanto che ti
meriteresti una punizione. Tu che dici? –
Francamente
parlando deSanta non
aveva voglia di farsi mettere nuovamente le mani addosso da quella
specie di “maschio
dominante”, francamente parlando aveva già dato,
tanto che lo spintonò via in
malo modo una volta che tentò di baciarla.
Spectrus cadde a
terra ma fu lesto a
rialzarsi in piedi, piuttosto infastidito da
quell’atteggiamento riluttante e
poco sottomesso, e con uno sguardo ancor più freddo del
solito volle dare una
lezione a quella Deva cercando di catturarla per i polsi. Il risultato
che
ottenne fu solo parziale, poiché la donna si
lasciò catturare con facilità ma
solo per potergli assestare un calcio al ventre abbastanza forte da
farlo
spingere, assieme a lei poiché decisamente non
mollò la presa sulla propria
preda, fino in camera da letto dove ci fu una breve collutazione.
Tale lotta
tutt’altro che leggera si
concluse con l’inquisitrice seduta a cavalcioni sopra di lui,
e non sarebbe
stata neanche una brutta posizione se non fosse stato per i tatuaggi
della
donna che ora viaggiavano anche sul corpo di Spectrus con una furia
tale da
fargli digrignare i denti seccato per non riuscire a muoversi come
avrebbe
voluto.
– La
conosci la definizione di
pazzia, Specter? Vuoi che ti faccia un disegnino così che tu
possa comprenderla
appieno – il tono di Uriel si ridusse ad un sibilo
serpentino, ostentando
sicurezza nonostante stesse facendo fatica a tenerlo fermo –
la pazzia è fare e
rifare le stesse identiche cose, ogni giorno della propria miserabile
esistenza, sperando che qualcosa cambi! No fraintendermi, devo molto a
mio
padre a partire dai suoi tatuaggi che ho ereditato geneticamente e
dagli
insegnamenti che mi ha trasmesso…ma la sua gentilezza nei
miei confronti ha
sempre rappresentato uno ostacolo nella mia integrazione con
l’intero gruppo! Forse
il suo era un modo per proteggermi dal suo stesso mondo de
mierda, e ciò che ne
è
conseguito è stata una frattura nella sua stupida pazzia di
stagnazione–
La situazione si
ribaltò ancora quando
Spectrus riuscì a liberarsi di quegli infidi serpenti
stilizzati con un colpo
di reni, strappandoli via dalle proprie carni e provocando come del dolore a Uriel pur non badandoci troppo,
riuscendo dunque a bloccare la guerriera sotto di se scrutandone la
figura
dalla pelle ambrata ora resa brillante da una lieve patina di sudore.
Era una
donna a dir poco bellissima e indisponente, che non stava ai suoi
giochi e non
vi era nessun modo di imbrogliare con false promesse di amore eterno.
Era un vortice
di sensazioni
primordiali, le stesse che lo colsero come un fiume in piena nel
momento stesso
in cui fu lei a prendere l’iniziativa di baciarlo
prepotentemente ben
ricambiata nell’atto, ed era abbastanza potente da fargli
dimenticare
brevemente tutto il suo sproloquio su cose che lui aveva compiuto solo
in
parte. Spectrus era un grandissimo bugiardo, ma mai che avesse
ingannato il
proprio vecchio approfittando della sua gentilezza nei suoi confronti.
La
verità era un’altra. Più nascosta
e volutamente non detta poiché faceva parte di
quell’emisfero di intimità che
Uriel non si sarebbe mai permessa di rivelare a nessuno ne alle proprie
colleghe, ne tantomeno ad amanti occasionali che non
l’avrebbero capita a fondo
perché… forse se li cercava troppo simili al suo
vecchio. Tipo quello che ora
le stava sfilando via gli shorts, impaziente di ricominciare i proprio
gioco
preferito con tutta la complicità della Deva stessa.
Taurus Truce
deSanta, detto la Vipera
Nera, era morto in prigione maledicendo la stessa figlia che aveva
deciso di
tradirlo facendolo arrestare dalle autorità dopo tanti anni
di latitanza e
massacri. Il vero motivo del tradimento di Uriel tuttavia non andava
cercato
nell’eccessiva accondiscendeva del padre che le manteneva un
trattamento di
favore all’interno del gruppo, quanto a qualcosa che non era
mai riuscita a
spiegarsi se non lasciandole degli atroci dubbi lungo
l’intero arco della sua
vita.
La Deva un tempo
possedeva una amica…
l’unica vera amica che
avesse mai
avuto per quanto il loro rapporto in apparenza fosse
tutt’altro che roseo
quantomeno dal suo stesso punto di vista. Una totale
diversità di caratteri e
opinioni, come il giorno e la notte, con Uriel ad essere una pessimista
totale
e lei a essere fin troppo ottimista per i suoi gusti. Eppure per quanti
battibecchi potesse avere con quella ragazza così solare non
poteva fare a meno
della sua presenza per sentirsi in qualche modo normale e consona al
mondo che
la circondava. Una sorta di velo nero che la rendesse cieca alle
bruttezze del
mondo, e che si stemperò in una sola notte di tremenda
distruzione fatta di
fiamme dolose.
Lo stabile dove
lavorava la ragazza
aveva preso fuoco durante una notte afosa, quasi impermeabile, e le
lingue di
fuoco che uscivano dalle finestre spaccate avvolgendo le mura con il
loro caldo
abbraccio non permettendo a nessuno di accedere al suo interno per
scoprire se
ci fossero sopravvissuti oppure solo vittime.
Chi aveva
appiccato quell’incendio? Un
corto circuito oppure la mano di qualcuno?
Era un pensiero
che aveva tormentato
per un po’ deSanta, nutrendo forti sospetti che le fiamme
fossero state guidate
dalla volontà di Taurus convinto che la propria figlia
potesse spingersi tra le
braccia di una vita normale che poco si addiceva ad una futura
mercenaria.
Ma tra le mani
aveva, e avrebbe
sempre e solo avuto, delle chiacchiere buone solo da raccontarsi se non
si
aveva niente di meglio da fare e non una verità che in fin
dei conti avrebbe
voluto cercare solo per sfizio.
Una
verità che l’aveva spinta a
lasciare quel mondo marcio, quella cittadina piena di miseria e
corruzione,
proprio come aveva fatto la sua stessa amica perita tra le fiamme.
Forse avrebbero
lasciato quella
cittadina assieme se tutta quella pazzia stagnante e ripetitiva non si
fosse
spezzata in una notte di agosto inoltrato, forse era questo il timore
principale di Taurus per quanto si fosse dissociato da
quell’evento anche nell’ultima
lettera che aveva scritto a Uriel, ma ciononostante la ragazza aveva
avuto modo
di agire e cambiare il proprio destino dopo aver fatto il
più brutto sogno
della propria vita.
Così
vivido e reale mentre osservava
la propria amica di infanzia cercare di parlarle con un sorriso simile
ad un
ghigno, a causa delle fiamme che le avevano mangiato le palpebre e le
labbra
rendendo la sua carne scura come un tronco, nel mentre che la sua roca
voce le
diceva che sarebbe andata via per sempre da quel lurido posto senza
conservare
nessun tipo di rancore.
Fino a quel
momento Uriel aveva
creduto che il rapporto che la legava con quella fantomatica amica
fosse qualcosa
di assolutamente fievole come il lume di una candela, eppure, per
quanto si
sentisse stupida per aver dato retta ad un sogno tanto vivido da
esserle
sembrato quasi vero, mai come quella mattina che si era risvegliata con
un paio
di occhiaie di tutto rispetto aveva capito che quel sogno macabro altro
non era
che il suo subconscio che le diceva di destarsi da quella pazzia di
gentilezza
e di ripetizione che da troppo tempo la assillava.
Doveva agire.
Doveva mollare tutto e
ricominciare per il verso giusto prima di perdere completamente
contatto con la
realtà. Doveva farlo per lei, perché se non le
avesse detto di andarsene molto
probabilmente non se lo sarebbe mai perdonato.
Quello era il
suo piccolo segreto, la
sua scomoda verità, e mai si sarebbe permessa di rivelarla
nella sua interezza quantomeno
per quanto riguardava il suo coinvolgimento emotivo in quel sogno
funesto. Aveva
tradito suo padre sfruttando gli stessi insegnamenti che le aveva
donato, e
sfruttando quella sua gentilezza che persino nelle ultime righe della
missiva
che le aveva inviato traspariva con la sua volontà di non
condannarla del tutto
ma anzi, di complimentarsi con lei per averlo incastrato a dovere e
colpirlo
dove gli altri non lo avevano colpito.
Ma ora non era tempo di
rivangare
ulteriormente una infanzia tutt’altro che rosea, e il suo
tributo alla vita lo
avrebbe consumato a dovere anche, soprattutto, in onore del proprio
vecchio. Molto
probabilmente Specter non avrebbe gradito risvegliarsi in un letto
dalle
lenzuola sfatte e tutto solo, dopo tutta la fatica che aveva fatto per
trovarla, ma quello non era un problema che riguardava Uriel.