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Autore: Zomi    08/04/2015    7 recensioni
Quando la tempesta arriva, la senti.
La senti sulla pelle.
Nei muscoli.
Nelle vene.
La senti rombare nelle ossa.
Ruggire nelle orecchie.
Echeggiare nel cranio.
E lei, la tempesta, non lo fa per prepararti.
La senti solo perché la devi temere.
Perché ti darà qualcosa che non ti sazierà.
Perché ti affamerà di più… fino alla prossima tempesta.
Genere: Malinconico, Poesia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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TEMPESTA
 


 
La tempesta incombe.
Le nubi si addensano, formando una cappa di nero nel cielo, annullano ogni confine.
L’aria si appesantisce di elettricità.
Il vento soffia, stridula, gonfia le vele fino a strapparle.
Il mare s’ingrossa, s’arrabbia, urla di tormento e ira.
 
-Ammainate le vele e legate i barili!!!-
-Subito Nami swaaan!!! Come sei bella quando dai ordini: mellorieeee!!!-
-Smettila di fare l’idiota, cuoco, e pensa a stringere bene i cappi!!!-
-Zitto stupido Marimo, io non prendo ordini da te!!!-
-MUOVETEVI!!! LATEMPESTA È VICINA!!!-
 
Vicina.
La tempesta ha conquistato il mare e soggioga la sua forza.
Si diverte a far ballonzolare sulle onde il Re delle Bestie, che cavalca i cavalloni con maestria.
Risuonano i lampi, i tuoni illuminano l’aria carica di pioggia solo per mostrare le nubi minacciose.
Il vento stridula, sibilla, sussurra  segreti che solo la tempesta conosce.
Segreti, che nessuno deve sapere.
 
Entrano in cucina fradici.
Le maglie pesanti delle prime grasse gocce d’acqua cadute dal cielo, infreddoliti dal vento e scontrosi per le grida del capitano, affamato, e voglioso di giocare sotto la pioggia.
-Sta zitto, baka!!! Tu sotto la pioggia non ci vai!!!- lo picchia la cartografa, sedendosi alla tavola furente.
Vuole solo una tazza di the fumante.
Vuole solo il silenzio della pioggia battente sulle finestre del castello di poppa.
Vuole solo che la tempesta duri per sempre…
 
Urla, geme, stride la tempesta.
È carica, è pronta.
Può scatenare il suo magnetismo.
La sua elettricità sobbalza tra le onde, penetra nella pioggia, favilla i tuoni.
E risveglia i segreti.
 
Sente la schiena fremerle, e deve imporsi di non voltarsi a guardarlo, a ricambiare il suo sguardo.
È lui, è tornato come in ogni tempesta.
Sente la sua iride nera chiamarla, pretenderla come la tempesta pretende la sovranità sul cielo e sul mare.
Lo sente, ed è un richiamo che non può ignorare.
È il richiamo del tuono con la nube, del vento sulla pioggia, della tempesta sul mare.
 
Il tuono romba, reclama il suo pegno.
Il vento uggiola, spinge contro le pareti del castello, facendole scricchiolare e gemere il segreto.
L’elettricità deve scintillare, avere un contatto e vivere in una scintilla.
La tempesta lo vuole, la tempesta lo ordina.
 
Continua a fissarle la schiena.
Sa che lo sente, che anche lei prova quella elettricità di tempesta sulla pelle.
Il bisogno impellente, il desiderio da soddisfare.
Basta il suo sguardo nero, basta che si alzi dalla sedia e si incammini nel corridoio della stiva della nave, e sa, lo sa Zoro, che lei lo seguirà come la pioggia segue l’addensarsi delle nuvole.
Come il vento segue la tempesta.
 
Il vento soffia.
Spezza le gocce di pioggia a metà della loro caduta.
Costringe le onde ad infrangersi sulla chiglia, a schiumare fin a raggiungere il ponte.
Ma non è il vento a comandare  la pioggia stessa, o il mare: è la Tempesta.
 
Richiude la porta dietro di sé, immergendosi nel buio della piccola cambusa.
I barili ondeggiano per la tempesta, e nonostante l’oscurità, riesce a distinguere il contenuto dei barattoli, disposti in ordine sulle mensole e malamente illuminati dai lampi che fanno capolino, spie ghignati, dall’oblò.
Da le spalle alla porta, non ha bisogno di controllare.
Sa, con assoluta certezza, che al prossimo lampo dovrà solo contare i cinque secondi che distanziano il lampo dal rombare del ruggito.
Cinque secondi.
Cinque secondi, e la tempesta si sarebbe scatenata con tutta la sua potenza.
 
Uno.
Il lampo illumina le nubi, le fa ridere screanzate.
Due.
Saetta in mare, perdendosi nella spuma.
Tre.
Torna al cielo, nella tempesta, gonfiando le nuvole, cariche di desiderio.
Quattro.
Si sente un ringhio, primordiale e aspro, che s’ingrossa con il vento, e poi eccolo, che arriva.
Cinque.
Il rombo, l’esplosione del cielo, la risata fragorosa e sadica della tempesta.
TRROOOOW
 
La porta si apre, illumina brevemente come un lampo le spalle dello spadaccino per poi far tornare nel buio la stanzetta.
Tacchi che scioccano, due pallide mani abituate a disegnare che si muovono con forza, facendo voltare Zoro, bloccandolo nel mezzo della cambusa e labbra, carnose, morbide, succose labbra, che lo baciano.
Lo baciano, come la pioggia bacia il mare.
 
La pioggia cade insofferente a tutto.
Cade sulla coffa, sul ponte, sulle vele ripiegate.
Cade nel mare, tra le onde, tra la spuma.
La pioggia cade, scivola, s’insinua.
La pioggia esegue gli ordini della tempesta.
E la tempesta sa cosa vuole.
 
Zoro vuole Nami.
Vuole i suoi fianchi scoscesi tra le dita, il profumo inebriante di mandarino a stordirlo, i capelli rossi a confonderlo, le sue labbra carnose ad addomesticarlo.
Vuole, pretende, esige Nami.
Afferra con forza la sua vita tra le mani, callose e dure, stringendola burrosa e morbida, affondando in lei.
La bocca schiocca, bagna, succhia le labbra della rossa, insaziabile del suo gusto di pioggia e mandarino.
Vuole Nami, la vuole.
Come la tempesta vuole il silenzio mentre si scatena.
 
Silenzio.
Solo tuoni lampi e fulmini, con il loro rombare.
Nessuno deve osare emettere un solo rumore.
È la tempesta che si scatena, che echeggia sul mare.
Che romba nel cielo.
Che zittisce tutti.
 
-Mmmm…-
Nami lo sa.
Sa che tutto ha un prezzo, tutto ha un costo, e anche la tempesta vuole il suo compenso.
Il tempo è avaro, corre nella piccola cambusa più che sul ponte bagnato dalla tempesta, suo complice e sadica alleata.
Perché lo sa, lo sa Nami, che i baci, le carezze, gli ansimi che ruba allo spadaccino hanno un prezzo, ed è il prezzo del rimpianto, di una manciata di minuti che muoiono in un respiro.
Perché questo è il prezzo di un bacio di Zoro: il tempo.
Questo è il prezzo di stare con lui al buio, in una cambusa piccola e fredda, solo durante le tempeste, solo quando anche lui si piega al bisogno di sfiorarla, baciarla, respirarla.
Tempo.
Ha bisogno di più tempo.
Le tempeste non bastano più.
I tuoni non bastano più.
Lo scrosciare della pioggia non basta più.
Il tempo, non basta più.
 
Quando la tempesta arriva, la senti.
La senti sulla pelle.
Nei muscoli.
Nelle vene.
La senti rombare nelle ossa.
Ruggire nelle orecchie.
Echeggiare nel cranio.
E lei, la tempesta, non lo fa per prepararti.
La senti solo perché la devi temere.
Perché ti darà qualcosa che non ti sazierà.
Perché ti affamerà di più… fino alla prossima tempesta.
 
Le accarezza i capelli, le bacia le labbra, le succhia il respiro affannoso e le morde il profilo del viso.
La pioggia ha smesso di mitragliare il legno della nave.
Ruota sui tacchi degli anfibi, spingendola contro la parete della cabina, baciandole la gola palpitante, i seni che si affacciano dalla camiciola aperta.
Il vento non ruggisce, si quieta e sembra farlo apposta a zittirsi, enfatizzando lo schiocco di ogni ultimo bacio.
Risale i fianchi morbidi, il costato che affanna, le spalle tremanti che stringe nelle dita, spingendola contro la parete.
Non c’è più tempo, la tempesta si sta dissolvendo.
-… Zoro… no…-
 
La tempesta è matrigna.
Ti affama e non ti nutre.
Martella la terra, non la bagna.
Spezza le onde, non le accarezza.
Governa il vento, non lo consiglia.
Culla gli amanti, nel suo buio protettore, e gli abbandona alla luce del sole.
Alle loro paure, alle loro incertezze, soli ad affrontare ciò che vogliono.
 
-… Zoro no…-
Allunga le mani ad afferrargli un polso, strattonandolo debolmente.
Deve restare, anche lì, al buio, al freddo della cambusa, purché con lei.
È debole dopo la tempesta.
Non usa i suoi pugni, la sua voce altisonante da arpia, la sua forza di donna.
È bambina.
La bambina che non vuole più aspettare la tempesta per ritrovare il suo compagno di giochi, di anima, di respiro.
Non può più aspettare la tempesta.
La porta si apre, uno spiraglio di luce si staglia sul pavimento ritagliando la netta figura di Zoro, di spalle, sordo alle preghiere di Nami, cieco dei suoi occhi vitrei di lacrime.
La mano è ferma sulla maniglia, il passo fermo a metà tra il corridoio e la cambusa dove la tempesta gli concede di bearsi di lei.
-… ti prego…-
 
Senza vento che ulula, senza pioggia che batte, senza tempesta che copre.
Sembra un urlo, un grido di dolore, un gemito di disperazione.
Il cielo ora potrebbe piangere per lei.
Il mare sussultare a ritmo con gli incombenti singhiozzi.
La paura del buio nascondersi contro la paura dell’attesa di un’altra tempesta.
 
Potrebbe rientrare nella cambusa Zoro.
Stringersela al petto, baciarla, accarezzarla, fare l’amore con lei.
Amarla come da sempre fa, tempesta dopo tempesta, ma con più tempo, con più calma, con meno paura.
Paura di spezzare quel cuore bisognoso di mani in grado di accarezzare, e non abili nell’uccidere.
Paura, che senza l’ombra della tempesta, il suo amore non basti.
Potrebbe.
Potrebbe non farla piangere per una volta, non farla implorare, non sentire la sua voce incrinata dal pianto invocarlo, pregarlo di restare lì, ancora un po’, di amarla ancora. Lei!
Ma non può.
Non oggi, non con questa tempesta appena finita.
La prossima, si dice, richiudendo la porta dietro le sue spalle, mettendo il silenzio del sole tra lui e le lacrime di Nami.
La prossima tempesta, si ripromette… di tempeste, nel Nuovo Mondo, c’è ne sono così tante.
 
Tempeste che proteggono un segreto.
Tempeste che, sadiche, scappano con il tempo.
Tempeste di vento, di pioggia, di lampi.
Tempeste che esigono un compenso, un prezzo… un bacio.
Tempeste, che prima o poi, non si accontenteranno più di baci, carezze e lacrime.
La tempesta esige, ordina, vuole, pretende.
E pretenderà anche l’amore.
E allora sarà la paura a non avere più tempo.












 
Ehi tu!!!
Si proprio tu, che leggi e fangirli sulle FanFiciton scritte con sudore della fronte e sangue dal naso di decine di autori di EFP.
Si, tu!!!
Sei un lettore fantasma, uno di quei lettori che piange, ride, urla di gioia per una storia, ma non recensisce mai?
Bene, allora sappi che è anche colpa tua se gli autori muoiono in una valle di lacrime alla vista delle poche recensioni alle loro storie, non sapendo se la trama piace o no, se i personaggi sono IC oppure OOC, se il pairing piace o è odiato
A ogni recensione non lasciata, più di tre autori per due vanno in analisi da Chopper.
Che intendi fare?
Forza dai!!!
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