Serie TV > Provaci ancora prof
Segui la storia  |       
Autore: Soul of Paper    09/04/2015    3 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 46: “Padre davvero”

 

Nota dell’autrice: mi scuso tantissimo per il ritardo nella pubblicazione, che speravo di fare prima di Pasqua ma, come sempre, gli impegni familiari e lavorativi ci mettono lo zampino ed alcune parti delicate di questo capitolo hanno necessitato di diverse riletture e modifiche. Non vi faccio perdere altro tempo, e vi do appuntamento alle note a fine capitolo!


 
“Finalmente siete tornate: ancora un giorno e sarei venuto a Roma! Livietta dov’è?”
 
“Buongiorno anche a te, Renzo. Sì, il viaggio è andato bene, noi stiamo bene, grazie per averlo chiesto. Livietta è sotto la doccia. E noto che il concetto di fare una telefonata per avvertire ti è ancora sconosciuto,” ribatte, non riuscendo a trattenere il sarcasmo di fronte all’irruenza – per non dire invadenza – dell’ex marito che, senza attendere il permesso di entrare, si è già piazzato in salotto alle nove del mattino di lunedì.
 
Aveva appena finito di prepararsi e stava preparando la colazione quando era suonato il campanello. Erano rientrati la sera prima dopo quasi un’intera giornata passata in auto in mezzo al traffico e avrebbe preferito dormire qualche ora in più e rilassarsi un attimo prima di affrontare tutto quello che c’è da affrontare con Renzo.
 
Capendo benissimo dall’atteggiamento bellicoso di Renzo che le probabilità di farlo senza alzare i toni sono pari a zero, tira un sospiro, lo supera – ancora fermo come una statua di sale tra i due divani e apre la porta di quella che una volta era la loro stanza da letto. Luogo che, negli ultimi mesi, associa a momenti indimenticabili ed indelebili, ma purtroppo non sempre positivi. Perché ricorda cos’è successo l’ultima volta che lei e Renzo sono stati da soli in quella stanza e al solo pensiero le ritorna ancora un senso di nausea.
 
Ma è la stanza più distante dalle altre, quella più isolata, meglio insonorizzata – progettata per essere un perfetto rifugio, un nido d’amore. L’ironia beffarda la colpisce ma la ricaccia indietro insieme alla nausea e a quel senso di volere essere ovunque tranne lì. Non da sola con lui. Ma tutelare Livietta è come sempre la cosa più importante, e, anche se l’acqua che scorre e poi il phon dovrebbero attutire i rumori, vuole fare tutto il possibile per evitare di coinvolgerla in quella che si prospetta come l’ennesima lite con Renzo.
 
Renzo appare sorpreso, rimanendo per qualche istante immobile nella sua posizione, poi sembra capire e, sempre con sguardo deciso, la raggiunge, richiudendo la porta dietro di sé.
 
“Più o meno quanto lo è a te, Camilla, considerato che per avere notizie su mia figlia e… sulla madre di mia figlia – se sono vive, stanno bene o sono state coinvolte in qualche delitto – ormai devo guardare il TG,” replica infine Renzo, altrettanto sarcastico e amaro.
 
“Non è vero e lo sai, visto che Livietta ti ha chiamato per rassicurarti dopo che Ilenia è stata scagionata e il sequestro dell’ospedale si è risolto per il meglio. E, come avrai potuto notare, tua figlia non ha condiviso la stanza con una serial killer, anzi, tutt’altro: Ilenia è una ragazza eccezionale, che è riuscita a non arrendersi mai e a costruirsi un futuro migliore con le sue mani, nonostante abbia passato le cose peggiori e ne abbia viste di cotte e di crude. È una persona buona, con la testa sulle spalle, matura e intelligente e sinceramente credo che sia un ottimo esempio per Livietta, non di certo una cattiva influenza.”
 
“Forse Ilenia sarà un ottimo esempio per Livietta, ma che esempio è sua madre che passa le sue giornate tra delitti, omicidi, stragi, incendi e va a cercarsi ogni singolo guaio che riesce a trovare in un raggio di settecento chilometri? Soprattutto adesso che non ci sono più io a metterti un freno, ma hai invece accanto il poliziotto superpiù che non vede l’ora di andarsi a cacciare nei casini peggiori insieme a te. In tutti i sensi!”
 
“Guarda che Gaetano si preoccupa per la mia incolumità e per quella di nostra figlia tanto quanto te e quanto me, se non di più! Mi ha tenuta sotto scorta per giorni in questura-“
 
“Sì, immagino come ti avrà messa agli arresti, no? Del resto ha sempre sognato di farti da guardia del corpo! Di nuovo, in tutti i sensi,” sibila beffardo, scuotendo il capo, “e nostra figlia e tua madre? Ha tenuto sotto scorta anche loro?”
 
“No, ma ha messo una macchina con due agenti di fronte a casa di mia madre, per accertarsi che non succedesse niente,” spiega con un sospiro. L’aveva scoperto quasi per caso quando erano passati in questura per sistemare le ultime incombenze, subito dopo essersi congedati da De Matteis e da Mancini e Sammy: uno dei due agenti era andato a fare rapporto e Gaetano aveva abbozzato con un certo imbarazzo.

Sapeva benissimo perché non le avesse detto niente di questa premura, di questa precauzione, per non farla spaventare ed evitare le sue proteste o le proteste di Livietta e di sua madre. Si era resa conto solo in quell’istante quanto Gaetano avesse realmente temuto per la sua incolumità e per quella della sua, della loro famiglia. E, visti i progetti di vendetta di Misoglio, la sua ossessione nei suoi confronti oltre che nei confronti di Ilenia, aveva dovuto ammettere che Gaetano tutti i torti non ce li aveva a preoccuparsi, anzi, esattamente il contrario.
 
“Ah, benissimo, allora è tutto a posto! Quello che resta di quella che una volta era la mia famiglia che vive sotto scorta peggio dei pentiti di mafia. Tra un po’ vi daranno anche i nomi finti e vi spediranno in qualche luogo segreto o ho ancora speranza di trovarvi a questo indirizzo in futuro?”
 
“Renzo, per favore! Non viviamo sotto scorta e lo sai. È stata un’emergenza che è finita e-“
 
“Un’emergenza che dura da dieci anni, Camilla! Dieci anni! A fasi alterne d’accordo: ci sono periodi in cui ti vai ad impelagare in un crimine dopo l’altro, peggio della protagonista di una serie televisiva, e poi periodi di relativa calma. Finora. Ma adesso che stai con Mister Il Pericolo è il mio Mestiere voglio vedere in quanti casi e casini ti andrai ad immischiare e in cui coinvolgerai, direttamente o indirettamente, mia figlia!”
 
“Nostra figlia! E Gaetano non vuole certo coinvolgermi in tutti i suoi casi, anzi: ma che credi? Che a lui faccia piacere pensare che io possa correre pericoli? O che a me faccia piacere sapere che rischia la vita ogni giorno quando va al lavoro? Ma io mi fido di lui e lui si fida di me e delle mie capacità e cerca sempre, SEMPRE, di farmi riflettere sui pericoli potenziali, su qual è il limite da non superare, ma si fida, di nuovo, del fatto che anche io ne sono consapevole, che non lo supererò, che desidero vivere serenamente ancora per tanti anni e non ho alcuna intenzione di sfidare la morte. E se ha un problema con me e se pensa che sto sbagliando, me lo dice in faccia, non attacca in maniera indiretta o passiva-aggressiva come qualcun altro!”
 
“E quindi la colpa come sempre è mia, giusto?! Sei davvero una maestra nel rigirare la frittata, Camilla, non c’è che dire! Se ho sempre sopportato, e sopportato e sopportato è perché volevo cercare di salvare il nostro matrimonio, perché non volevo perderti. Ma se vuoi che ti dica in faccia quello che penso, ti accontento subito! Penso che mi hai preso in giro per dieci anni, Camilla! Ricordo ancora quando sei tornata a casa tardissimo per la prima volta da quando è nata Livietta e mi hai detto di aver vomitato sulle scarpe di cuoio inglese di un commissario di polizia. Non avrei mai pensato che da… da saremmo arrivati a questo, ma da quel momento sono cominciati i ritardi, le scuse, il trovare tempo per tutti tranne che per noi due, con te che giocavi a fare la poliziotta e il poliziotto che… che si divertiva a giocare con te. Prima di quella maledetta sera avevamo un rapporto bellissimo, praticamente perfetto, fatto di complicità, fiducia, amore, stavamo… stavamo davvero bene insieme, Camilla, ci divertivamo insieme, te lo ricordi? Eravamo sereni, felici, mi sentivo così fortunato ad averti: tu eri tutto per me, dopo Livietta, e sentivo che anche per te era lo stesso. Quella sera, me lo ricordo ancora, ti dissi che di fronte alla prospettiva della morte dovevamo cercare di vivere al meglio ogni singolo giorno e tu mi rispondesti che con me accanto vivevi benissimo, te lo ricordi?”
 
“Certo che me lo ricordo,” ammette in un sussurro, per poi aggiungere, un velo di commozione e di malinconia nella voce, “e ti garantisco che lo pensavo veramente.”
 
Non le sembravano passati solo dieci anni, a volte le sembrava quasi impossibile che una volta loro due erano stati davvero così. C’era un abisso tra quel Renzo, il Renzo che l’aveva aspettata a casa, le aveva preparato una tisana e l’aveva guardata in quella maniera così dolce, serena, piena d’amore, appoggiando il viso al manico dello scopettone che aveva appena usato per pulire uno dei disastri di Potti, con il Renzo livoroso, vendicativo, rabbioso delle ultime settimane. Ma anche con il Renzo depresso, ansioso, irritabile degli ultimi mesi, degli ultimi anni, da quando erano tornati insieme e da molto, molto prima. Sembravano due persone diverse, due uomini diversi. Ma forse anche lei all’epoca era una donna diversa.
 
“Lo so… perché quella sera quando me l’hai detto ci ho creduto Camilla, senza fatica: lo vedevo che eri sincera, lo sentivo che eri sincera. Forse è stata l’ultima volta… non solo che sei stata completamente sincera con me, ma anche l’ultima volta in cui ho potuto davvero credere e pensare che ti bastavo io per essere felice, che ero tutto quello che desideravi, che il nostro matrimonio era tutto quello che desideravi, che non ti stavi semplicemente accontentando, che non ero un premio di consolazione, che non stavi con me solo per senso del dovere, per nostra figlia, per abitudine, per affetto, mentre avresti voluto essere da tutt’altra parte, con qualcun altro. Hai perso la testa per un altro uomo e hai distrutto tutto Camilla, piano piano, giorno dopo giorno, del nostro rapporto, di quello che eravamo non è rimasto più niente, siamo diventati l’ombra di noi stessi e-“
 
“E ho le mie colpe, è vero, le ho sempre ammesse, se di colpa si può parlare in questi casi, Renzo, ma se siamo diventati l’ombra di noi stessi non è stata solo colpa mia. Vogliamo parlare di una certa insegnante di danza? Della tua crisi di mezza età e il lavoro prima di tutto? Di Barcellona? Di Carmen?”
 
“Certo, Carmen, Carmen, Carmen, come mi hai sempre fatto notare e pesare, in mille modi! Ho sbagliato anche io, ma mi ci hai portato tu, Camilla. Pamela, Carmen, il lavoro… non capisci che sono state tutte conseguenze del tuo comportamento? Che avevo bisogno di sentirmi apprezzato almeno in qualche ambito? Di sentire che almeno per qualcuno ero io la priorità assoluta, di sentirmi desiderato, amato, di avere qualcuno che mi mettesse davvero al centro della sua vita e per cui non fossi solo un ripiego?!”
 
“Ma quando hai conosciuto Carmen io ti avevo messo al centro della mia vita, Renzo, letteralmente! Non lavoravo nemmeno più, passavo tutto il tempo a casa con te e con Livietta: avevo scelto te, avevo lasciato tutto per te, per salvare il nostro matrimonio. Ho lottato con tutte le mie forze per tenere insieme la nostra famiglia, sempre, ma mai come in quel momento e questo non ti è bastato comunque, anzi, per tutta ricompensa tu mi hai pugnalata alle spalle proprio nel momento in cui ero più fragile! In cui dipendevo completamente da te! Tu non hai un’idea del male che mi hai fatto prima, durante e dopo Barcellona. Mi hai quasi distrutta Renzo, hai distrutto completamente la mia autostima, e non sei mai nemmeno riuscito a capirlo, a capirmi!”
 
“Io ho distrutto la tua autostima? E tu hai un’idea di dov’è finita la mia di autostima dopo mesi, anni a vederti correre dietro al poliziotto super più? A sentire di non essere abbastanza avventuroso, abbastanza figo, abbastanza interessante per te? A vedere l’espressione felice che avevi in volto e il modo in cui ridevi quando ricevevi un suo messaggio o una sua chiamata e pensavi che io non ti vedessi e non ti sentissi? E il modo in cui diventavi tesa come una corda di violino con un’espressione quasi colpevole se ti accorgevi della mia presenza o se eravamo tutti e tre insieme? Per non parlare del modo in cui lo guardavi, Camilla, e dovermi rendere conto che con me non eri più così, se lo eri mai stata. Spesso mi sentivo io il terzo incomodo, invece che il contrario.”
 
“Ma all’epoca avevo troncato tutti i contatti con Gaetano: non lo vedevo, non lo sentivo… mi avevi tutta per te! Ma la verità è che non mi volevi: passavi più tempo fuori casa che a casa e… e col senno di poi capisco il perché. Quindi non puoi dare la colpa a me, non di tutto Renzo!”
 
“Ma come facevo a volerti?! A voler passare tutto il tempo a casa quando avevo a che fare con una specie di zombie? C’eri con me fisicamente, forse, ma con la testa e… e con il cuore eri rimasta a Roma e lo capivo sai, eccome se lo capivo. Avevi una malinconia addosso, come facevo a trovare piacevole trascorrere del tempo con te, me lo spieghi? E continuavi a farmi pesare la tua scelta, il tuo grande sacrificio. Magari non a parole ma nei comportamenti sì, altro che passivo-aggressivo! Carmen invece era solare, allegra, leggera, condivideva le mie passioni e mi rendeva sereno e mi faceva sentire importante e-“
 
“E posso anche capirlo, Renzo. Ma quello che non capisco è perché poi l’hai lasciata e sei tornato da me a chiedermi di riprovarci…. Anzi, lo capisco fin troppo bene. La verità è che se Livietta fosse stata più grande, se il vostro nuovo lavoro non fosse stato a New York ma… che ne so… a Londra, in un posto raggiungibile in un’ora o due di volo… tu non saresti mai tornato da me, vero?”
 
“Non lo so, Camilla, non lo so… so solo che quello che invece non capisco è perché tu abbia accettato di tornare con me, per poi lasciarmi come un cretino dopo un paio d’anni!”
 
“Per gli stessi motivi per cui credo tu mi abbia chiesto di ritornare insieme: per Livietta, per nostalgia di quello che c’era stato, dell’amore che c’era stato, perché io ti ho amato moltissimo Renzo, per tanti, tanti anni, mentre ho capito ancora di più in queste ultime settimane che non ho mai davvero amato Marco. E poi… sensi di colpa e dubbi… avrò fatto la scelta giusta? Questo matrimonio è davvero finito? Posso davvero negarmi, negargli, negare a nostra figlia una seconda possibilità? E se prima c’erano dubbi, direi che con questo secondo tentativo li abbiamo chiariti tutti. Perché non c’è più alcun dubbio che il nostro matrimonio sia davvero finito Renzo, che non possiamo, che non riusciamo più a stare insieme, non nel vero senso della parola e mi sembra evidente che lo sai anche tu, anche se forse non lo vuoi accettare e non lo vuoi ammettere, ma è così. E quindi non capisco sinceramente tutto questo… questo odio, questo livore nei miei confronti, questa rabbia, quando ho fatto semplicemente quello che tu hai già fatto in passato, forse in un momento di maggiore lucidità e consapevolezza rispetto a quanta ne hai ora e a quanta ne avessi io all’epoca. Scrivere la parola fine su questo matrimonio era l’unica cosa sensata da fare per tutti e due e per Livietta.”
 
“Ma certo! Tu l’hai fatto per me e per Livietta, no? Sei come sempre una Santa, mossa dall’altruismo: mi hai lasciato per farmi un favore, non per poter avere campo libero con il tuo amante! Forse dovrei pure ringraziarti, secondo te? Certo che hai di nuovo un’incredibile faccia tosta! Ma del resto la capacità di rigirare le frittate è di famiglia, no? Per tua madre quando io ti ho lasciato per Carmen ero un mostro, mentre tu che mi hai lasciato per il poliziotto sei un’eroina coraggiosa!”
 
“Renzo, per favore, ascoltami non-“
 
“No, adesso mi ascolti tu. Oltre alla faccia tosta, tu hai sempre avuto questa insopportabile aria da martire, di vittima sacrificale! Come se dovessi esserti grato per questi anni in cui mi hai concesso il grande onore di rimanere al mio fianco, seppur tra mille sacrifici. Ma secondo te per me sono stati piacevoli questi anni con una donna che voleva essere da tutt’altra parte? Secondo te è stato piacevole starti accanto, Camilla? Sopportare i tuoi ritardi, le tue dimenticanze, le tue indagini, tua madre e i suoi insulti e la tua frequentazione con un uomo che evidentemente non era affatto un amico e per cui tu non eri affatto un’amica? Il costante dubbio che un altro uomo a parte me ti toccasse, ti baciasse, facesse l’amore con te, mentre con me eri sempre più fredda e distante e quando ti avvicinavi di solito era per cercare di tenermi buono, di farmi dimenticare e sopportare una delle tue tante mattane. E hai la faccia tosta di dirmi che non capisci perché sono arrabbiato con te? Mi hai preso in giro per dieci anni, Camilla, mi hai portato via dieci anni con le tue indecisioni e per che cosa, eh?! Per trovarmi solo come un cane a quasi sessant’anni! Forse se proprio dovevi fare questo gesto eroico di lasciarmi avresti potuto farlo prima, invece che raccontarmi palle per anni, quando ancora potevo forse rifarmi una vita!”
 
“Renzo, tu non hai ottant’anni e non ne hai nemmeno sessanta: certo che puoi rifarti una vita, se lo vuoi! Ma continuare con tutto questo livore, questo vittimismo di sicuro non ti aiuterà e lo so perché ci sono passata quando TU mi hai lasciata e pensavo di essere una donna finita, avevo paura che non mi avrebbe voluta più nessuno ero… ero accecata dai rimpianti e dal dolore. E alla fine ho capito che l’unico modo per elaborare il lutto della fine del nostro matrimonio – perché, che tu ci creda o meno, è stato il più grande lutto della mia vita, più ancora della morte di mio padre – l’unico modo era perdonarti, perdonarmi, smettere di provare rabbia, risentimento e… lasciarti andare, andare avanti.”
 
“Ti ringrazio per le pillole di saggezza, Camilla, peccato che tu abbia deciso di condividerle con me proprio ora, no? Sempre in maniera disinteressata. Perché il fatto che io ti perdoni, che ci passi sopra e passi oltre farebbe comodo anche e soprattutto, se non soltanto, a te e a lui!” esclama con una mezza risata amara, guardandola negli occhi prima di sibilare, “mi dispiace ma non ci riesco, non ce la faccio a perdonarti, non dopo tutto quello che è successo. Dopo che sei tornata con me, illudendomi che mi amassi ancora, promettendomi che sarebbe stato per sempre, per poi riempirmi di corna non appena hai rivisto il tuo amato poliziotto!”
 
“Non ti ho riempito di corna, Renzo! Ti ripeto per l’ennesima volta che non ti ho mai tradito, mai! Che ti ho lasciato prima di iniziare una relazione con Gaetano, ma se è questo che vuoi credere-“
 
“Ma per favore, Camilla, per favore! Lo so cosa ho visto quando sono tornato per la prima volta da Londra! Stavate insieme da due settimane, in teoria, ma non vi comportavate affatto come una coppia che sta insieme da due settimane: c’era un’intesa che si ha solo dopo mesi di relazione, Camilla, e non sono nato ieri!” sbotta, scuotendo il capo, le labbra ridotte a fessura, la mascella contratta, “passavi tutti i pomeriggi o quasi a casa sua, mentre io ero al lavoro, e a volte andavi da lui perfino dopo cena! Di solito c’era Tommy, è vero, ma spesso eravate soli. E vuoi farmi davvero credere che non sia mai successo niente, Camilla?
 
“Sì, perché è la verità! È ovvio che sono stata tentata di cedere, Renzo, molte volte, di lasciarmi andare a quello che sentivo e che sento, ma non l’ho mai fatto per rispetto. Rispetto non solo nei confronti tuoi o di nostra figlia, ma anche nei confronti di me stessa e di Gaetano, che non meritava e non ha mai meritato di trovarsi nel ruolo dell’amante clandestino. Ho provato cosa vuol dire stare dall’altra parte, Renzo, scoprire di essere stata tradita, più di una volta, ed è una sensazione che non auguro e non ho mai augurato a nessuno, nemmeno a te, e che ho sempre quindi cercato di risparmiarti, anche se, evidentemente, non ci sono riuscita.”
 
“Ma certo: torniamo sui miei tradimenti, sulle mie mancanze, no? Santa Camilla! No, che non ci sei riuscita, perché, anche se davvero tu non fossi andata a letto con il nostro amato vicino prima di darmi il benservito, di fatto sono dieci anni che mi tradisci con lui nella tua testa e nel tuo cuore. E se permetti questo è molto peggio di qualsiasi cosa abbia mai fatto io! Almeno quando ho pensato di essermi innamorato di Carmen non ci ho messo anni a decidermi, non ti ho fatto patire la lenta agonia che tu hai fatto subire a me!”
 
“No, certo! Mi hai solo mollata come una cretina, da un giorno all’altro, senza un lavoro, a centinaia di chilometri da casa, in un paese che non era il mio e di cui sapevo malissimo la lingua e in cui non avrei mai potuto trovarlo un lavoro! Avrò sbagliato anche io, d’accordo, ma se l’ho fatto è perché ho sempre cercato di non fare soffrire nessuno. Prima perché conoscevo Gaetano da poco e speravo ancora che quello che provavo per lui fosse solo un’attrazione, una cosa passeggera, che mi sarebbe passata. Poi perché ti ho visto così fragile, quasi depresso e… non me la sono sentita di abbandonarti, Renzo, di lasciarti partire per Barcellona da solo, sapendo che questo avrebbe significato la fine del nostro matrimonio e privare nostra figlia, che all’epoca era una bambina, di un padre. E quando sei tornato da me ho capito di non amare Marco e mi sono illusa che avremmo potuto tornare ad essere quelli di prima, come ti ho già detto. E anche quando il nostro secondo tentativo non ha ingranato, con te a Torino e io a Roma, mi sono detta che non potevo certo mollare così, dopo poco, che dovevo davvero darti un’altra possibilità, che mi ero impegnata e volevo mantenere quella promessa. E quando abbiamo ripreso davvero la convivenza a Torino e ho rincontrato Gaetano, di nuovo ho cercato di resistere: non volevo deludere nostra figlia, non volevo deluderti, non volevo farvi soffrire. E mi sono poi resa conto che invece stavo facendo soffrire tutti, prima di tutto me stessa, che eravamo tutti infelici insieme. A quel punto ho capito che l’unica cosa sensata da fare per noi era prendere strade diverse Renzo, lasciarci liberi a vicenda di cercare quella felicità che insieme non riuscivamo più a darci. E mi sembra che concordi con me, quindi, ripeto, non capisco il motivo di tutto questo risentimento, Renzo!”
 
“Certo, non capisci. Sono anni che non mi capisci, Camilla, o forse non mi hai mai capito davvero. Che non capisci quanto il tuo comportamento mi abbia fatto soffrire. Tu pensi davvero che questi anni in cui mi hai, di fatto, preso per il culo si cancellino così? Chiedendomi scusa? Lasciandomi libero di cercare la mia felicità, solo come un cane, mentre tu ti godi il tuo idillio con il poliziotto?” domanda sarcastico, non riuscendo ad evitare di alzare la voce, “non solo sei leggermente fuori tempo massimo, Camilla, ma soprattutto… soprattutto è il come hai gestito fin qui questa separazione la cosa che mi fa più arrabbiare e che mi ha deluso di più. Perché, nonostante tutto, quando ci siamo lasciati ero triste, malinconico, deluso, sì, ma ho cercato di capirti, perché, è vero, non potevamo più continuare in quel modo, Camilla. Ho cercato di convincermi che fosse la cosa giusta da fare, di ingoiare il dolore, il rancore, i risentimenti, la rabbia, di cercare davvero di lasciarti libera di essere felice e di farmi da parte, di tenere dentro quello che provavo, di mantenere un rapporto civile con te per nostra figlia e in nome di tutto quello che c’è stato tra noi. Di cercare di mantenere quell’affetto e quel… quel rispetto che speravo esserci sempre stato, anche se di fatto sono dieci anni che non mi rispetti, Camilla. Mi sono fatto da parte, sono andato a Londra per cercare di leccarmi le ferite e di riuscire a trovare la forza di affrontare questa separazione nel migliore dei modi ma… quando sono tornato ho ricevuto l’ennesimo schiaffo, l’ennesima mancanza di rispetto da parte tua e del tuo amato poliziotto!”
 
“Davvero? Perché io avrei detto esattamente il contrario, Renzo…” sibila, riferendosi alle cose orribili che era riuscito ad insinuare su Gaetano e su Livietta.
 
“Sì, davvero! Non hai nemmeno avuto la decenza e il buon gusto di aspettare almeno qualche settimana, se non qualche mese, non dico prima di iniziare – o proseguire – la tua liaison con il poliziotto super più, ma quantomeno prima di sbatterla in faccia a me – nella maniera più plateale possibile – e di coinvolgere nostra figlia! Io con Carmen ho aspettato mesi prima di rendere pubblica la nostra relazione, prima di portarla nella vita di nostra figlia e-“
 
“E Livietta aveva un’età diversa, Renzo, mentre ora è grande e più che sveglia e capisce tutto al volo, forse meglio di te e di me. E poi conosce Gaetano da anni: Gaetano era già nella sua vita e abita di fronte a noi! Se le avessi tenuto nascosta la mia relazione con Gaetano avrei solo ottenuto l’effetto di farla arrabbiare di più, di deluderla di più quando, inevitabilmente, l’avrebbe scoperto. E quando ci siamo lasciati ha passato le prime settimane a non volermi vedere, né parlare. Era arrabbiata con noi fin dal nostro trasferimento a Torino e quando ci siamo separati era furiosa con entrambi e non volevo certo rischiare di perderla per una stupida bugia che non serviva a nessuno a quel punto: né a me, né a te, né a lei. Anzi, se non te ne fossi reso conto, mi sono di fatto presa tutta la responsabilità di questa separazione, ammettendo con lei di amare Gaetano e di aver iniziato una storia con lui e-“
 
“Per favore, Camilla, non dire assurdità! Mi sembra evidente che nostra figlia ritiene che sia io il colpevole di questa separazione, visto che ce l’ha a morte con me e si rifiuta di parlarmi! E comunque un conto sarebbe stato semplicemente raccontare a nostra figlia della tua relazione con il tuo Gaetano, un conto è iniziare, come hai fatto tu, una convivenza con lui e suo figlio dopo pochi giorni, facendomi fare la figura del cornuto e-“
 
“Ma ti senti?! Lo capisci che quello che stai dicendo non ha senso e ti contraddici nel giro di due frasi?! Se, come dici, ti avessi fatto la figura del cornuto con nostra figlia, vorrebbe anche dire che mi sarei altroché presa la colpa della nostra separazione! E probabilmente, tra parentesi, nostra figlia non rivolgerebbe ancora la parola né a me né a Gaetano.”
 
“Non se hai rivelato a nostra figlia la famosa storia della fattura e quello che tu pensi che significhi, anche se, te lo ribadisco, tra me e Carmen a Parigi non c’è stato niente. Non se Livietta pensa che io per primo abbia di nuovo distrutto il nostro matrimonio e che Gaetano sia il principe azzurro che ti ha aiutata e consolata, in tutti i sensi, dopo che quel mostro di tuo marito – come mi ha sempre dipinto tua madre – ti ha di nuovo tradita!”
 
“Non avrei mai fatto una cosa del genere, Renzo! Non ti ho dipinto come il colpevole traditore nemmeno dopo la nostra prima separazione, dopo che sei uscito allo scoperto con Carmen e sì, ho rimesso insieme i pezzi e ho trovato fatture, ricevute ed un sacco di altre cose interessanti che mi hanno provato senza ombra di dubbio da quanto tempo andasse avanti tra di voi, prima che tu mi piantassi in asso!” ribatte, alzando a sua volta i toni, sentendosi profondamente offesa da questa accusa, “anzi, ti ho sempre difeso da mia madre, sia con lei sia di fronte a nostra figlia e le ho spiegato chiaramente che non doveva dare retta alla nonna e che tu avevi lasciato me e non lei. Che non doveva odiare Carmen per partito preso e che non era colpa di nessuno se non ci amavamo più e se poi tu avevi scoperto di amare Carmen. Ho sempre tutelato il rapporto tra te e Livietta, Renzo, per il bene di nostra figlia, sempre, e mi fa male, davvero male che tu insinui questo di me.”
 
“Non ho mai avuto nulla da ridire sul tuo comportamento dopo la nostra prima separazione, Camilla. Anche se vivevamo in due stati diversi, sono riuscito a mantenere un bel rapporto con Livietta, superata la prima fase in cui non mi voleva vedere ed era delusa da me. E hai permesso che costruisse un bel rapporto anche con Carmen e di questo ti sono sempre stato grato. Non mi hai mai impedito di passare tempo con nostra figlia e di… di essere presente nella sua vita. Quello su cui ho da ridire è il tuo comportamento di adesso, Camilla, ed è proprio il confronto con quello che è successo dopo la nostra prima separazione che mi spaventa e mi fa doppiamente male!”
 
“Il mio comportamento?!”
 
“Sì, il tuo comportamento! Nostra figlia sembra detestarmi, mentre, guarda caso, adora te e il tuo amante, e, anche se continui a negarlo ci deve essere un motivo e-“
 
“E il motivo è che nostra figlia cerca lo scontro con te perché vuole capire veramente quanto tu ci tieni a lei, vuole sentirsi rassicurata e poi vuole un confronto con te, lo capisci? Ha fatto lo stesso anche con me, te lo garantisco, e con Gaetano non è stata certo sempre gentile da quando l’ha rivisto qui a Torino, anzi, a volte l’ha praticamente insultato. Ma noi, ti ripeto, le abbiamo parlato e ci siamo chiariti, mentre tu sei sparito subito dopo la separazione e non ti sei fatto sentire per settimane e anche dopo… a volte ci sei, a volte sei latitante… è per questo che Livietta ce l’ha con te!”
 
“Ma tu assecondi questo suo atteggiamento, Camilla! Io sono sparito per quelle due prime settimane, è vero, ma poi se sono stato via è stato solo per lavoro e sei tu invece che ti sei portata Livietta a Roma per una settimana che sono poi diventate due. Che le riempi la vita di impegni improrogabili che non mi riguardano e che mi impediscono di passare con lei il tempo che mi spetterebbe di diritto: e le gite, e il corso di difesa personale, tutto sotto consiglio del tuo amato! Devo sempre cercarti io, cercarvi io. Non mi permetti di rimanere da solo con lei se non con il contagocce e chiedendoti mille permessi. Una ragazza che è vostra ospite viene arrestata e accusata di omicidio, tu rimani coinvolta in un incendio ed in una sparatoria e lo vengo a scoprire dal telegiornale! Mi sembra quasi che tu voglia cancellarmi dalla vita di nostra figlia, dimenticarti che esisto, che Livietta ce l’ha un padre, che è Livietta Ferrero e non Livietta Baudino o Livietta Berardi! E che cosa è cambiato rispetto alla nostra prima separazione, eh? Durante la quale, come hai detto tu stessa, avresti avuto al limite tutti i motivi per essere risentita con me? Che cosa o chi c’è di diverso rispetto ad allora? Chi mai ci sarà dietro questo cambiamento?!”
 
“Queste insinuazioni sono esattamente il motivo per cui sono risentita con te, Renzo, anche se non dovrei stupirmene dopo quello che sei riuscito a dirmi, proprio in questa stanza, e lo sai benissimo a cosa mi riferisco, e mi rifiuto di ripeterlo ad alta voce,” sibila Camilla, ormai decisamente alterata, “sentirmi sputare in faccia tutto quel veleno è stato molto, ma molto peggio di scoprire di te e di Carmen! È stata come una pugnalata: non mi sono mai sentita così violata, così offesa, così… tradita e così delusa in vita mia. Scoprire che avevi perso la testa per un’altra e di essere stata, io sì, una cornuta per mesi non è stato certo piacevole, anzi, ma… ma col tempo sono potuta anche arrivare a comprenderlo, ad accettarlo: in fondo succede a tante coppie. Ma quello che sei arrivato ad insinuare, no, quello è assolutamente inconcepibile!”
 
“D’accordo… ho esagerato quel giorno e ti chiedo scusa, anche se rimango dell’idea che quell’uomo ha e abbia sempre avuto un’influenza pessima su di te, Camilla! Tira fuori il lato peggiore di te e-“
 
“No, Renzo, Gaetano tira fuori il lato migliore di me. Quel lato di cui tu hai sempre avuto paura, perché non sei mai riuscito a comprenderlo: il mio lato più indipendente, più libero, più intraprendente, più altruista e forse anche più avventuroso ma non per questo peggiore del mio lato più dolce, familiare, casalingo e che per te è sempre stato più rassicurante, perché è quello che abbiamo in comune. Ed è per questo che il nostro rapporto non ha funzionato, Renzo, mentre il rapporto tra me e Gaetano invece funziona. Quell’intesa che tu dici di aver visto quando ci hai fatto quell’improvvisata mattutina al tuo ritorno da Londra deriva proprio da questo: dal fatto che io e lui siamo così simili, così compatibili su tante cose, oltre a conoscerci da una vita, tanto che sì, spesso mi sembra impossibile che stiamo insieme solo da pochi mesi, anche se è così. Mi dispiace che per te sia difficile da accettare, capisco che possa fare male, ma è la verità, ed è il motivo per cui sono convinta oggi più di due mesi fa di avere fatto la scelta giusta, Renzo, e spero che prima o poi lo comprenderai anche tu.”
 
“Tu hai completamente perso la testa per quell’uomo, Camilla, fin dal primo momento! Non sei razionale o oggettiva o lucida per quello che lo riguarda, ma va bene, che ti posso dire…? Ti sei convinta che la vostra sia la storia d’amore del millennio e che vent’anni di matrimonio con me non possano reggere il confronto con due mesi con il grande amore della tua vita? D’accordo! Sei davvero convinta di mettere la tua vita e il tuo cuore nelle mani di un uomo che ha abbandonato sua moglie e un figlio appena nato per tornare a giocare al playboy a quarant’anni suonati? Di un uomo che ha già abbandonato una donna all’altare? Un uomo la cui relazione sentimentale più lunga è stata probabilmente più breve di questo nostro secondo tentativo e che ha cambiato più donne che io calzini o camicie?! Perfetto, anche se spero che tu non te ne debba mai pentire! Vuoi divertirti a giocare alla detective con lui e mettere in pericolo la tua vita? Va bene: è la tua vita, Camilla, e sei liberissima di fare tutto quello che vuoi! Ma hai una figlia, abbiamo una figlia che, come ti ho già detto una volta non vorrei rimanesse orfana troppo presto!”
 
“Renzo, per favore, non dire assurdità! Non-“
 
“Non sto dicendo assurdità! Sono serissimo, Camilla. Perché anche se non stiamo più insieme, quello che riguarda mia figlia mi riguarda eccome, in prima persona, perché io e te saremo per sempre i genitori di Livietta, che ti piaccia o no, io e te! E quindi tu puoi fare quello che vuoi soltanto fino a che questo non incide negativamente sulla vita di mia figlia! Fino a che non la coinvolgi nella tua vita indipendente, libera e avventurosa – sull’altruista avrei parecchio da ridire – e non la metti in pericolo e soprattutto fino a che non mi impedisci di farle da padre, visto che, di nuovo, Livietta ancora non è orfana, grazie a dio e ho tutto il sacrosanto diritto di vederla e stare con lei, che a te e al tuo Gaetano piaccia o meno!”
 
“Renzo, non voglio certo impedirti di vedere tua figlia, e lo sai, ma-“
 
“No, niente ma, niente più scuse, Camilla! Non vorrai impedirmi di vederla, ma di fatto è quello che succede: posso contare sulle dita di una mano i giorni che ho trascorso con mia figlia negli ultimi due mesi e non lo posso più accettare o tollerare! Quindi, visto che a breve andremo dagli avvocati per definire questa separazione, ti avviso fin da ora che voglio chiedere l’affido condiviso: che Livietta stia una settimana con te e una con me, fifty-fifty. E voglio portarla a Londra con me per un paio di settimane, visto che è in vacanza e che ha già passato due settimane a Roma con te e-“
 
“E quindi quello che voglio io non conta niente?! Ma che pensi, che sono un pacco postale?!”
 
Il suono della porta che si spalanca e la voce di Livietta, il tono a dir poco furioso, li interrompe, risvegliandoli bruscamente dalla foga del litigio in cui erano ormai completamente immersi, avendo perso per un attimo la cognizione del tempo trascorso e della situazione.
 
“Livietta, no, ma certo che no, ma cosa dici? Io-“
 
“E invece a me sembra proprio di sì, papà! Non ho cinque anni come Tommy, grazie a dio! Posso decidere io da sola con la mia testa con chi stare e quando. E se sono arrabbiata con te non è certo per colpa né di mamma, né di Gaetano, né della separazione ma proprio di… di questo, non lo capisci?” esclama, fulminandolo con uno sguardo eloquente.
 
“Questo? Questo cosa?”
 
“Ecco appunto, non capisci! E il peggio è che mi sembra che non ci provi nemmeno a capirmi! A capire che non sono più una bambina, né un oggetto da spartire con mamma e da sballottare a destra e a sinistra, e che se hai un problema con me, ne devi discutere con me e non prendertela con mamma o con Gaetano o con la nonna! Che non mi hanno fatto niente di male, anzi: a Roma sono stata benissimo, papà, mi sono fatta dei nuovi amici e la mamma e Gaetano hanno fatto di tutto per tenermi lontana dalle indagini e da qualsiasi pericolo”
 
“Livietta, io ero solo preoccupato per te, mi fa piacere ovviamente se ti sei trovata bene a Roma, ma-“ prova ad intervenire Renzo, ma ormai Livietta è un fiume in piena.
 
“E se invece il problema ce l’hai con mamma e con Gaetano, te lo risolvi con loro, e mi lasci fuori dalle vostre ripicche! A me non me ne frega niente di sapere chi ha tradito chi per primo, se è colpa tua o di mamma o di entrambi, o di Gaetano o di Carmen: io voglio solo vivere in pace, essere lasciata in pace! E da quando tu e mamma vi siete lasciati, finalmente si respira un clima diverso in questa casa, senza continue liti, discussioni, musi lunghi e soprattutto senza nessuno che tenta di riempirmi di bugie inutili su una famiglia perfetta che ormai non esiste più da anni. Perché se c’è qualcuno che tira fuori il peggio di mamma non è certo Gaetano e io non ne potevo e non ne posso più delle vostre liti: credo di essermene già sorbite fin troppe! Quindi se proprio volete scannarvi e sputarvi addosso tutti i vostri risentimenti, fatelo, io me ne vado in piscina con Lucrezia e spero quando torno di trovare una casa ancora tutta intera e tranquilla e silenziosa, come è stata in questi ultimi due mesi, e soprattutto di avere ancora due genitori tutti interi, visto che, nonostante tutti i vostri casini, nemmeno io ci tengo a rimanere orfana.”
 
E, con un’ultima occhiata che li trafigge da parte a parte, Livietta gira i tacchi, sbattendo la porta dietro di sé.
 
“Livietta, Livietta, aspetta! Livietta!!” la chiama Renzo dopo qualche secondo di stupore, tentando di lanciarsi all’inseguimento della figlia, venendo però bloccato da Camilla che lo trattiene per un braccio.
 
“Renzo, aspetta! Non capisci che è inutile parlare adesso? Nostra figlia ha ragione e-“
 
Ma Renzo si svincola dalla presa e in poche falcate è all’ingresso. A Camilla non resta che correre dietro a lui e alla figlia, sperando di evitare un’altra scenata. L’ascensore è già occupato quindi si precipita sulle scale, facendo i gradini a due a due.
 
Arriva in giardino praticamente senza fiato e trova Renzo in piedi vicino al cancello di ingresso: di Livietta non c’è già più traccia.
 
Incrocia gli occhi di Renzo, che sembra completamente perso, spaesato, come un pesce fuor d’acqua. Il rancore, la rabbia nel suo sguardo hanno lasciato il posto alla tristezza e alla malinconia. Sembra improvvisamente più vecchio di dieci anni.
 
“Possiamo parlarne civilmente? Per il bene di nostra figlia?” gli domanda, dopo un attimo di esitazione, sentendo che è la cosa giusta da fare, che Livietta ha tutte le ragioni di essere arrabbiata con loro. E sua figlia è, come sempre, la sua priorità assoluta.
 
Renzo annuisce, l’aria stanca di chi sta per crollare. Uno sguardo che Camilla riconosce troppo bene: le ricorda se stessa a Barcellona, prima di prendere la decisione di fare armi e bagagli e tornare a Roma da sua madre con Livietta, ancora bambina, e che sembrava arrabbiata con il mondo. Con suo padre per averle lasciate e con lei per non essere riuscita a fermarlo. E quando Gaetano se ne era andato dopo la loro prima furiosa lite, per via di quei diamanti, con Livietta ancora in guerra aperta con lei. I due momenti nella sua vita quando aveva sentito davvero di aver perso tutto, quando aveva temuto di non farcela, di non riuscire a sopportare il peso di tutti i suoi fallimenti.
 
E alla rabbia, all’indignazione e alla stanchezza che lei stessa sente, dopo essersi sfogata con lui, dopo essersi sentita di nuovo lanciare addosso quelle accuse assurde, si uniscono, inevitabilmente, l’empatia mista ad i sensi di colpa.
 
Perché sebbene non abbia di certo fatto nulla per fomentare Livietta contro suo padre, d’altro canto, fatta eccezione per quel weekend a Milano con lui e con Carmen, si rende conto di non aver nemmeno alzato un dito per cercare di aiutare Livietta a riavvicinarsi a lui, per mediare e smussare gli spigoli come avrebbe sicuramente fatto in circostanze normali. Come aveva fatto durante la loro prima separazione.
 
La verità è che la rabbia che ancora prova nei confronti di Renzo l’aveva spinta a desiderare di vederlo il meno possibile. Le ritirate strategiche di Renzo a Londra, la guerra fredda che Livietta aveva proseguito nei confronti del padre, il suo farsi negare a lui, il fatto che preferisse passare il tempo con lei e con Gaetano invece che con Renzo, in fondo, le avevano fatto comodo, evitandole altri incontri e scontri con Renzo.
 
E i suoi problemi personali con Renzo non dovevano incidere sul rapporto di Renzo con Livietta, doveva riuscire a tenere separate le due cose, come aveva sempre cercato di fare, come era giusto fare.
 
I giorni in cui Livietta aveva visto suo padre in questi due mesi davvero si contavano sulle dita di una mano e non è giusto, non è giusto non solo nei confronti di Renzo, ma anche e soprattutto di Livietta. Sa bene che, con il carattere di Renzo e la testardaggine di Livietta, proseguendo così ben difficilmente padre e figlia faranno mai pace.
 
Si avvia in silenzio verso la panchina, seguita da Renzo, sotto lo sguardo incuriosito dell’immancabile portiere, che aveva assistito a tutta la scena.
 
“Renzo, lo capisci che attaccare me e Gaetano non ti servirà a ricostruire il tuo rapporto con Livietta? E che né io né Gaetano siamo il nemico da questo punto di vista? Se Livietta è arrabbiata con te, e forse da adesso anche con me, non è per la nostra separazione, e per i nostri problemi, non solo, ma per come lei sente che ci comportiamo con lei, come figlia.”
 
“Ma io non capisco che cosa le ho fatto di male, Camilla, per meritare di essere trattato in questo modo! Sono andato a Londra quando ci siamo separati, è vero, ma per due settimane, mica per una vita e poi ho provato in ogni modo a cercare un contatto con lei e-“
 
“E nel novanta percento dei casi hai finito per litigare con me o con Gaetano o polemizzare anche con lei. Forse lei si aspetta qualcosa di diverso da questi incontri, Renzo, di riuscire a confrontarsi con te e-“
 
“Ma come faccio a confrontarmi con lei se ogni volta prende e se ne va o mi tratta peggio di un cane? Io non so più cosa fare, Camilla, e la verità è che tu e Gaetano non mi aiutate affatto. Noi due dovremmo fare fronte comune sul fatto che Livietta passi del tempo anche con me, ma tu a fatica mi fai una telefonata e mi rispondi quando ti chiamo, figuriamoci come mi appoggi con mia figlia. Direi che forse ho i miei motivi per essere risentito con te, Camilla, no? A parte la nostra separazione e la tua storia con il nostro carissimo Gaetano…” proclama, triste  e sarcastico trafiggendola con una di quelle occhiate che le ricordano così tanto quelle di Livietta.
 
“Come io ho tutti i motivi per essere risentita con te, Renzo, soprattutto visto che ogni volta che ci vediamo scoppia la terza guerra mondiale…” sospira Camilla, sostenendo il suo sguardo, “e comunque posso provare ad aiutarti con Livietta, ma non posso costringerla a passare del tempo con te, Renzo. Deve essere lei a volerlo: ha sedici anni e non è più una bambina e forzandola peggioreremmo solo la situazione. Dobbiamo rispettare innanzitutto la sua volontà.”
 
“Eh, certo, per te è comodo rispettare la sua volontà, visto che non è con te che è in guerra aperta,” ribatte Renzo, la voce che si fa nuovamente più dura, “e mi sembrava che fossi tu la prima sostenitrice dell’importanza del rapporto padre-figlio e la paladina del diritto dei padri, anche i più latitanti, ad avere una seconda e forse pure una terza possibilità.”
 
“Ecco, Renzo, è questo il problema, maledizione! Ma la vuoi piantare con queste frecciatine su Gaetano?! Con questi modi aggressivi?! Ho aiutato Gaetano a ricostruire un rapporto con Tommy, è vero, e Gaetano ha avuto molte colpe come padre, è vero, e credo si porterà dietro per sempre il rimpianto degli anni di vita di Tommy che si è praticamente perso. Ma non è stata solo colpa sua e avrei voluto vedere te con una moglie come Eva ed un figlio piccolo che fine avresti fatto!” sbotta, non riuscendo a trattenersi, sentendo di stare nuovamente perdendo la pazienza.
 
“Non so che fine avrei fatto con una moglie come Eva, ma so che fine ho fatto con te…” replica con una mezza risata amara, “e credimi, sapere che il loro matrimonio è stato peggio del nostro, non mi è di grande consolazione.”
 
“Stop, stop, stop! Fermiamoci qui prima di ricominciare una discussione infinita: stavamo parlando di nostra figlia, non di me e te e Gaetano!” lo interrompe, fulminandolo con lo sguardo da prof., e provando un certo sollievo nel constatare che fa ancora effetto, “come ti ha detto Livietta stessa, c’è una differenza fondamentale tra lei e Tommy: undici anni! Renzo, Livietta non ha cinque anni ma sedici. Tommy dipende completamente dai suoi genitori, nel bene e nel male. Livietta no: ha una sua testa, una sua indipendenza, possiamo imporle alcune cose, d’accordo, ma i sentimenti non si forzano, Renzo, a nessuna età, né a cinque, né a maggior ragione a sedici anni. Non ci sono scorciatoie o formule magiche: se vuoi ricostruire il rapporto con tua figlia devi impegnarti e… e ascoltarla, e capirla, e avere pazienza. Lo ripeto, io posso aiutarti, posso mediare, ma tu devi cambiare atteggiamento con lei e anche con me, se non vuoi che Livietta continui a scappare a gambe levate. Se non l’avessi capito, come ci sente discutere, lei prende e se ne va o si chiude in camera sua e non la biasimo.”
 
“D’accordo… d’accordo… per me Livietta è la cosa più importante, Camilla, e… se l’unico modo di recuperare un rapporto con lei è… una tregua con te, va bene,” sospira, togliendosi gli occhiali e passandosi una mano sugli occhi, “in fondo non è la nostra prima separazione e… è inutile continuare a discutere all’infinito delle stesse cose su cui non la vedremo mai allo stesso modo.”
 
“Concordo perfettamente. Ma la tregua non deve essere solo con me, Renzo, ma anche con Gaetano-“
 
“No, Camilla, mi spiace ma non puoi chiedermi questo,” la interrompe subito, deciso e nuovamente amaro, “tu sei pur sempre la madre di mia figlia e siamo stati insieme vent’anni. Dio solo sa quanto ti ho amata, Camilla. Nel tempo forse tutta questa… questa amarezza, questa rabbia mi passerà e riuscirò a riguardare a quegli anni in modo diverso e a ricostruire un rapporto con te, diciamo il rapporto che avevamo durante la nostra prima separazione. Ma LUI… io e Gaetano non siamo mai stati amici, Camilla e mai lo saremo. Lui ha fatto di tutto per distruggermi la vita, Camilla, e io su questo non posso passarci sopra e-”
 
“Ma ero io che avevo un impegno con te, Renzo, non Gaetano. Se c’è qualcuno che ha sbagliato nei tuoi confronti sono io e non lui, e lo sai.”
 
“Sì, ma… è anche questo suo atteggiamento da superuomo che mi dà sui nervi, Camilla, questo suo guardare tutti dall’alto in basso, quando poi la sua vita privata è sempre stata tutt’altro che esemplare. Lo so che tu… che tu lo ami e per te è l’incarnazione della perfezione, il divino sceso in terra,” esclama ironicamente, scuotendo il capo, per poi aggiungere, serissimo, “ma io lo vedo per com’è veramente e non è il tipo d’uomo di cui sarei mai amico, anche se non si fosse innamorato di te e l’avessi conosciuto in un altro modo. Non è il genere d’uomo che stimo, Camilla, mi dispiace ma è così, e soprattutto non è il genere d’uomo che vorrei nella vita di mia figlia.”
 
“Beh, mi dispiace per te, ma invece Gaetano è proprio il tipo d’uomo che voglio nella mia vita e in quella di nostra figlia, e soprattutto che Livietta stessa vuole nella sua vita. E farà parte della sua vita, della nostra vita, che a te piaccia o meno, anche perché Gaetano avrà pure i suoi difetti, come tutti, ma sono sicurissima che la sua presenza non danneggerà, né disturberà né metterà mai in pericolo nostra figlia, anzi, tutto il contrario. E sono sicura che il tempo mi darà ragione, Renzo,” proclama decisa, cercando di contenere il tono di voce, ottenendo per tutta risposta un altro sogghigno sarcastico.
 
“Che c’è?”
 
“C’è che è quello che mi ha detto anche il tuo Gaetano quando mi ha teso quella specie di agguato a casa sua: che il tempo vi darà ragione, gli darà ragione, darà ragione a questa vostra grandissima storia d’amore e alle sue buone intenzioni,” commenta con un tono che le fa chiaramente capire quanto lui invece non creda affatto né alle loro parole, né alle buone intenzioni di Gaetano.
 
“Forse se te lo diciamo in due è perché è davvero così, Renzo e- e no, fammi finire di parlare, poi parli tu,” lo blocca, prima che si inserisca con l’ennesima battutina, “ascoltami, Renzo, Gaetano è un poliziotto, non è un mafioso, un serial killer, un ubriacone, un violento… insomma, ti ripeto, non è un pericolo per Livietta e non lo sarà mai. Quindi, scusami se te lo dico, ma questo pregiudizio che hai nei suoi confronti non ha nulla di oggettivo, per quello che riguarda nostra figlia, e si riduce a questo punto ad una tua antipatia nei suoi confronti. Non ti è simpatico? Non sareste mai amici? D’accordo, nessuno te lo chiede o lo pretende, Renzo! Ma allora anche Carmen, se proprio lo vuoi sapere, non era il genere di donna con cui di solito faccio amicizia e non mi è mai stata granché simpatica. Anche se l’ho rivalutata con gli anni, forse perché è diventata più matura e ha trovato un modo più… fine e discreto di essere sensuale. Pure io non impazzivo all’idea che mia figlia la prendesse come esempio e di trovarmi Livietta a tredici anni con il reggiseno imbottito, magari pure leopardato, truccata come una vamp. E anche lei, esattamente come Gaetano con te, si può dire che abbia in un certo senso contribuito a distruggermi la vita. Ma è solo un’apparenza, una scusa comoda, perché il nostro matrimonio non l’ha distrutto né lei, né Gaetano, ma l’abbiamo distrutto noi due, Renzo, con le nostre mani. Però ho accettato la sua presenza e ho sempre cercato di far capire a Livietta che Carmen non era una sua rivale. E quando hanno costruito un bel rapporto e probabilmente, anzi, sicuramente Livietta preferiva passare il suo tempo con Carmen, che era più giovane, più figa e più interessante di quella brontolona di sua madre, che trascorreva il tempo chiusa in casa con le uova al tegamino… beh, me ne sono fatta una ragione, e ho capito, Renzo. Come tu dovresti capire perché Livietta ultimamente preferisca stare con Gaetano e con me piuttosto che con te e magari cercare di rendere più piacevole il tempo che passate insieme, invece che trascinarla ogni volta o nella terza guerra mondiale o ad una specie veglia funebre.”
 
Renzo apre la bocca come per replicare ma non esce nessun suono, ci riprova un altro paio di volte ma niente. Camilla sa che significa: il messaggio è passato.
 
“Riflettici, ok? E fammi sapere cosa hai deciso…” sospira, alzandosi in piedi ed avviandosi in silenzio verso il portone della sua scala, lasciandolo lì, immerso nei suoi pensieri.
 
***************************************************************************************
 
“Livietta, meno male! Tutto bene?!”
 
“A parte che mi hai fatto quasi prendere un infarto, sì, tutto bene. Va beh che Lucrezia è un po’ svampita ma non è certo pericolosa e sono andata in piscina, mica alla guerra!” proclama Livietta con tono stupito, portandosi ancora una mano al cuore dopo il mezzo salto fatto quando ha aperto la porta di casa e si è trovata di fronte la madre.
 
“No, è che… quello che è successo stamattina… mi dispiace davvero Livietta, scusami io-“
 
“Mamma, per favore… vi ho sentiti e so benissimo come stanno le cose-“
 
“Quanto hai sentito?” domanda Camilla, preoccupata, ringraziando il cielo che né lei né Renzo hanno fatto riferimento esplicito a quelle accuse inconcepibili di Renzo riguardo al rapporto tra Gaetano e Livietta.
 
“Abbastanza… insomma, appena sono uscita dal bagno dopo aver fatto la doccia. La vostra camera da letto non è un bunker insonorizzato e se speravi che dopo la doccia mi sarei lavata i capelli, hai fatto male i conti, visto che dovevo andare in piscina, quindi…”
 
Camilla scuote il capo incredula: Livietta ha capito tutto, come sempre. E si chiede quanto abbia sentito in questi anni, anche e soprattutto dopo la prima separazione da Renzo.
 
“Mamma… lo so che papà è furioso con te perché l’hai lasciato e ti sei messa con Gaetano e fa ben poco per nasconderlo – forse solo se ci sono io – e che quindi anche tu sei arrabbiata con lui per questo e per via di Carmen. E insomma, alla fine non è una novità, ci sono passata con la prima separazione quando discutevate su quasi qualsiasi cosa, anche se tu non mi sembravi arrabbiata con papà tanto quanto lui lo è con te: lui si sta comportando più come nonna si comportava con lui e con Carmen. Però sono grande e posso capire e preferisco la verità piuttosto che vedervi fingere di andare d’amore e d’accordo in mia presenza.”
 
“Quindi non sei arrabbiata con me?”
 
“No. Sono arrabbiata con papà perché… perché non mi capisce. Anche adesso, tu sei qui e lui dov’è?” chiede Livietta, rivolgendosi alla casa vuota, “e chissà tra quanti giorni si farà rivedere, forse. Se ci tenesse davvero così tanto a me, a fare pace con me, mi avrebbe aspettata. O tornerebbe qui domattina e si comporterebbe in maniera diversa con te e con me. Ma non lo farà.”
 
“Livietta, guarda che ti è corso dietro, tra un po’ davvero gli veniva un infarto. Lo sai com’è fatto tuo padre, no? Quando sente di avere subito un rifiuto si rinchiude in se sé stesso e ci mette un po’ di giorni a recuperare e ritrovare il coraggio per affrontarmi, per affrontarti. E non ama i conflitti, le discussioni, lo sai, no? Spesso anche io ho provato la tattica che stai usando tu con lui e non ha mai funzionato: più io lo provocavo, più lui si ritirava e alla fine mi toccava andare a stanarlo in studio. E poi sta passando un momento difficile e-“
 
“E tu ancora lo giustifichi?! Mi sembra che con te però adesso ci riesce a discutere e ad entrare in conflitto, fin troppo! Non posso credere che sia arrivato ad accusare te e Gaetano di mettermi contro di lui!”
 
“Non lo giustifico, Livietta, ma… siccome lo conosco in parte posso capirlo. Con me adesso e dopo la nostra prima separazione riesce a litigare perché… perché sente di non avere più nulla da perdere, in un certo senso. Mentre con te… tuo padre ha paura di perderti, Livietta, teme che lo odi e che non ti importi più niente di lui. E lo so che non è vero, ma per lui in questo momento ogni tuo rifiuto è come un macigno. E il fatto che invece con me e con Gaetano vai d’accordo… per lui è come se volessi bene a me e a Gaetano e a lui no. Come se Gaetano in un certo senso stesse prendendo il suo posto, non solo al mio fianco ma… anche nella tua vita…”
 
“Ma è assurdo: Gaetano non è e non sarà mai come un padre per me e non vuole neanche esserlo, grazie a dio! Mi ci manca solo un altro padre apprensivo e paranoico che mi tratta come una bambina di cinque anni!” proclama Livietta con un tono che, nonostante tutto la fa sorridere.
 
“Lo so, Livietta, lo so. Ma tuo padre non riesce a capirlo ora: credo che se tu e lui andaste nuovamente d’accordo, lui non si farebbe più tutte queste paranoie su… su me, su Gaetano e su te…” spiega, anche se le ultime parole riesce a pronunciarle solo a fatica, perché le riportano alla mente ben altre paranoie di Renzo, di cui spera Livietta resterà per sempre all’oscuro.
 
“Mi stai chiedendo di fare pace con papà per… per evitare altri problemi a te e a Gaetano?” le domanda con un tono indefinibile, trafiggendola con quegli occhi azzurri che le sembrano più grandi del solito, forse perché sono fin troppo lucidi.
 
“No, Livietta. Io e Gaetano siamo più che grandi e ce la caviamo da soli, anzi, non voglio che tu pensi che se abbiamo problemi con tuo padre sia per colpa tua, perché ce l’avrebbe con noi in ogni caso, ok?” la rassicura, posandole una mano sulla spalla e stupendosi quando la figlia non solo non si ritrae, ma anzi le butta le braccia al collo e la stringe in un abbraccio fortissimo.
 
Le accarezza la schiena ed i capelli morbidi che odorano ancora di shampoo e di cloro e poi la conduce con sé sul divano, sedendosi con lei, ancora abbracciate come non avveniva da tanto, troppo tempo.
 
“Livietta, ti sto solo chiedendo di considerare la possibilità di fare pace con tuo padre per te stessa. Lo so che gli vuoi un bene dell’anima anche se adesso sei arrabbiata con lui, anzi, forse sei arrabbiata con lui proprio per questo. Ma su una cosa Renzo ha ragione: anche se apprensivo e paranoico, tu hai bisogno di un padre, Livietta, e-“
 
“Sì, di un padre. Non di un tiranno che mi tratta come se fossi un pacco postale o di un bimbo vendicativo che fa i dispetti, mamma!”
 
“Livietta, lo so. Ma tuo padre è in un periodo difficile e… e sta poco bene. E purtroppo, come ben sai, noi genitori siamo esseri umani, e possiamo sbagliare come, se non peggio di tutti gli altri esseri umani. So benissimo che dopo la separazione da Renzo non sono stata la madre che avresti meritato, Livietta, per tanto tempo. Che sembravo a volte più una nonna che una mamma: sempre chiusa in casa, ti costringevo a mangiare cibo tristissimo… ma stavo male e poi mi sono ripresa, ma ci è voluto tempo. Ma avevo te, Livietta, e tua nonna. Anche tuo padre ha bisogno di tempo e probabilmente ha bisogno di te, ancora più di quanto tu in questo momento abbia bisogno di lui. E non voglio farti sentire in colpa o dirti che devi perdonarlo per forza, ma che, se ci riesci, forse devi portare un po’ di pazienza con lui, Livietta, per un po’ di tempo e… magari fare tu la prima mossa verso di lui.”
 
“Mamma… è che… non so se ci riesco… ho ancora tanta rabbia verso di lui, per tanti motivi e-“
 
“E magari allora prova a spiegarglieli, no? A spiegargli perché sei arrabbiata con lui, cosa c’è secondo te che non va nel vostro rapporto, cosa vorresti da lui, un po’ come già hai fatto oggi e, credimi, tuo padre ha recepito il messaggio e penso che tu l’abbia fatto riflettere, Livietta,” la rassicura, stringendola ancora più forte ed accarezzandole una guancia, per portarla a guardarla negli occhi, “lo so che a volte vorremmo che le persone capissero, senza bisogno di parole, senza bisogno di dover spiegare quello che ci sembra così ovvio. Ma non sempre lo è e con il muro contro muro non si ottiene niente: l’unica soluzione è parlarsi, confrontarsi. L’ho capito a mie spese dopo tanti anni.”
 
“Mamma, ma è proprio questo il problema… è che… forse nemmeno io capisco del tutto perché sono così arrabbiata con papà. In parte lo so ma… da quando vi siete lasciati e poi lui è andato a Londra… non so bene cosa sia scattato ma è come se tante cose che tenevo dentro da tanto tempo siano uscite fuori tutte insieme…” ammette con voce tremante, due lacrime che le scorrono lungo le guance ed un’espressione che per Camilla è come una pugnalata in pieno petto. Ritrova la Livietta bambina dopo la loro prima separazione, tutta la fragilità che la Livietta di oggi aveva nascosto dietro la rabbia, la guerra fredda, le proteste adolescenziali.
 
“E tu spiegagli quello che riesci a spiegare e poi digli quello che hai detto a me. L’importante è che capisca che se sei arrabbiata con lui è perché a lui ci tieni, sono sicura che piano-piano tutto il resto verrà da sé e potrete risolverlo insieme.”
 
“Non lo so, mamma… vorrei crederti, ma… non è facile e lo sai: basta vedere te con nonna,” proclama con un’occhiata che le fa capire, una volta di più, quanto Livietta sia cresciuta.
 
“No, non è facile. Ma non è impossibile,” la incoraggia, ricambiando l’occhiata e sentendo di nuovo quel dolore al petto quando la vede annuire, prima di rifugiarsi nel suo abbraccio.
 
***************************************************************************************
 
“Sì?”
 
Solleva gli occhi dal libro che stava leggendo e guarda stupita verso la porta della stanza da letto: Livietta la osserva incerta, sullo stipite, la mano ancora sulla maniglia, vestita con la t-shirt oversize che usa come camicia da notte.
 
“Cosa c’è? Non stai bene? E perché hai bussato?” le domanda, sorpresa e preoccupata dall’insicurezza che percepisce dal linguaggio del corpo della figlia, e dall’orario, visto che è quasi mezzanotte.
 
“Non si sa mai… considerati gli sguardi che vi lanciavate stasera dalla finestra… metti che Gaetano avesse deciso di farti una visita notturna, di nascosto… non voglio rimanere traumatizzata a vita!” scherza, facendola sorridere e arrossire.
 
Gli aveva mandato un messaggio dopo lo sfogo di Livietta, dicendogli che aveva bisogno di passare un po’ di tempo da sola con la figlia e che quindi la loro ormai tradizionale cena post-lavoro doveva essere rinviata all’indomani. Gaetano era stato, come sempre, più che comprensivo e dolcissimo: alle diciannove, poco prima dell’orario in cui di solito si metteva ai fornelli, il campanello aveva suonato e si era trovata davanti il ragazzo delle consegne del ristorante giapponese di fiducia di Gaetano – che ormai era diventato anche il loro. E se le fosse rimasto qualche dubbio sul fatto che lui le conosce fin troppo bene, e che ha una memoria di ferro, era stato completamente spazzato via quando aveva aperto le confezioni e si era trovata davanti una selezione perfetta e precisa di tutte le varietà di sushi che lei e Livietta avevano apprezzato di più in quelle due occasioni in cui avevano preso il takeaway tutti insieme.
 
L’aveva poi visto rientrare tardi – sicuramente dopo una giornata di fuoco in questura, a tentare di recuperare il lavoro accumulato durante la loro permanenza a Roma – mentre lei e Livietta stavano sparecchiando e ritirando piatti e bicchieri nella lavastoviglie, anche lui con sacchetti del giapponese in mano, pronto ad una perfetta cena da scapolo.
 
Lei e Livietta si erano scambiate uno sguardo, avevano preso la lavagnetta magnetica della cucina, ci avevano scritto un “GRAZIE!” gigante e, reggendola, si erano piazzate davanti alla finestra.
 
Gaetano aveva sorriso, fatto un lieve inchino, stile maggiordomo, ed aveva armeggiato con il cellulare. Il telefono di Camilla aveva segnalato un messaggio in arrivo e non aveva potuto fare a meno di ridere insieme a Livietta di fronte alla frase: “almeno con il sushi non rischio altri incendi ;)”.
 
Si era persa per un attimo in quegli occhi azzurri e brillanti e, quando Livietta si era voltata per riporre la lavagna, gli aveva mandato un bacio e aveva enunciato un “ti amo” muto, che lui aveva ricambiato con un occhiolino ed un altro bacio. E, nonostante si rendesse conto che la scena era da “tempo delle mele”, come l’avrebbe definita Livietta, e sebbene fosse perfettamente cosciente del fatto che per lei quel tempo era passato da un pezzo, sinceramente non le importava. Voleva godersi e viversi completamente questi momenti con Gaetano, fino in fondo.
 
“Guarda che Gaetano non mi fa visite notturne di nascosto. Se vogliamo vederci, lo facciamo alla luce del sole, in tutti i sensi,” ribatte, altrettanto ironica, non potendo nascondere il sorriso ebete che le si è stampato in faccia al solo pensiero di lui.
 
“Non troppo alla luce del sole, grazie!” replica Livietta, non perdendo un colpo e guadagnandosi, per tutta risposta, un lancio di cuscino, che afferra al volo prima che la colpisca in viso.
 
“A parte gli scherzi, Livietta, tutto bene?” chiede Camilla, decisamente più seria e preoccupata, vedendola rimanere ancora lì sulla porta, con quell’aria esitante.
 
“Sì, ma… mi chiedevo… lo so che sono grande, ma… potrei dormire qui con te stanotte? Come ai vecchi tempi…” chiede, abbassando lo sguardo, come imbarazzata per questa richiesta, cogliendola di nuovo completamente di sorpresa.
 
Erano secoli che lei e Livietta non dormivano nel lettone insieme, anche se negli ultimi anni a Roma erano state più le volte che erano da sole in casa, di quelle in cui c’era anche Renzo.
 
“Beh… il cuscino già ce l’hai, no?” risponde con un sorriso, facendo un cenno verso la parte vuota del letto.
 
In pochi passi Livietta la raggiunge e si mette sotto le lenzuola, per poi abbracciarsi a lei come quando era bambina e correva a rifugiarsi nel lettone tra lei e Renzo dopo aver avuto un incubo.
 
Se la coccola un po’, sapendo che forse sarà una delle ultime volte in cui sua figlia le concederà di farlo, ricordando benissimo i tempi della sua adolescenza, in cui un giorno si sentiva una donna pronta a spaccare il mondo ed il giorno dopo si scopriva indifesa come una bambina. Sua figlia avanza rapidamente ed inesorabilmente sul cammino che presto la porterà ad essere un’adulta, a tutti gli effetti.
 
E se da un lato non vede l’ora di assistere al giorno in cui Livietta spiccherà davvero il volo e si allontanerà dal nido, di scoprire la donna che diventerà, dall’altro sa che, quando arriverà quel giorno, custodirà per sempre questi momenti irripetibili e bellissimi nel suo cuore.
 
***************************************************************************************
 
“Ehi, tutto bene?!”
 
Livietta solleva gli occhi verso l’istruttore, che la guarda preoccupato, mentre è ancora mezza accartocciata sul materasso imbottito della palestra dopo essere stata, per l’ennesima volta, immobilizzata e messa al tappeto.
 
“Sì… sì… tutto ok… oggi non è proprio giornata: mi sa che io e mia madre abbiamo perso un po’ troppe lezioni e siamo rimaste indietro,” commenta con un sospiro, afferrando la mano che lui le porge e lasciandosi trascinare in piedi.
 
Se alle prime lezioni di difesa lei e sua madre erano state indubbiamente le prime della classe, dopo due settimane di latitanza le altre partecipanti avevano ormai bagnato loro il naso. Non si raccapezzava più tra nomi di prese, parate, schivate, mentre alle altre ormai sembrava venire tutto più naturale. E, a giudicare dal numero di volte in cui sua madre era finita stesa a pancia in aria, non era la sola. Del resto erano ormai nella seconda e ultima metà del corso e loro ne avevano saltato più di un terzo.
 
“Sì… eravate a Roma con il dottor Berardi, giusto? Ho sentito che è scoppiato il finimondo…”
 
“Già… dovevamo rimanere una settimana e sono diventate due… ma si è tutto risolto, per fortuna,” conferma Livietta, mantenendosi sul vago, dato che sa che la collaborazione di sua madre con Gaetano è un argomento delicato e, si può dire, praticamente un segreto, per quanto un po’ di pulcinella, “solo che adesso qui non ci capisco più niente e non so come fare a recuperare… al limite il corso si può ripetere?”
 
“Puoi aspettarmi solo un secondo?” le domanda con il solito sorriso gentile, prima di rivolgersi al resto delle allieve con un, “beh, per oggi abbiamo finito. Ci vediamo, come sempre, giovedì. Grazie a tutte!”
 
Segue il solito applauso e la fila di signore che circondano i due maestri e rivolgono loro le domande più disparate.
 
“Come va, mamma?” domanda Livietta, vedendo la madre avvicinarsi tenendosi un fianco.
 
“Insomma… non so se sia più a pezzi la mia schiena o la mia autostima,” ironizza Camilla, facendola sorridere.
 
“Nel mio caso la schiena è a posto, l’autostima… non molto…”
 
“Vedi? I vantaggi di avere sedici anni!”
 
“E farsi superare da donne che hanno il triplo e passa dei miei anni?” sospira Livietta, afferrando il suo asciugamano.
 
“Bene, grazie per aver dato il colpo di grazia alla mia autostima! Almeno abbi pietà della mia schiena…” scherza Camilla, strappandole una mezza risata, “andiamo?”
 
“Veramente l’istruttore mi ha chiesto di aspettarlo per parlare di come recuperare almeno un po’ di quello che ci siamo perse e magari salvare la faccia…”
 
“E allora aspettiamo…” sospira Camilla, guardando l’orologio e sperando di fare in tempo a tornare a casa per accogliere Gaetano al ritorno dal lavoro.
 
Dopo che era stato così dolce e comprensivo, con la sorpresa del sushi a domicilio, la sola idea di lasciarlo, per la seconda sera di fila, tornare in una casa vuota a mangiarsi cibo precotto o surgelato o takeaway, la faceva sentire terribilmente in colpa e le causava uno strano senso di… di vuoto. E poi aveva bisogno di vederlo, di passare un po’ di tempo con lui, di sentirlo ridere o appassionarsi o infiammarsi mentre raccontava loro la sua giornata, come era ormai diventata praticamente un’abitudine già prima della loro permanenza a Roma.
 
E se la notte precedente la presenza di Livietta, rimanere abbracciata con lei fino a tardi a parlare e a coccolarsi un po’, come non accadeva da tanto, troppo tempo, aveva colmato il vuoto della sua assenza, sa già che la attende una nottata difficile, in un letto vuoto e freddo, senza di lui. Tante volte è stata tentata di gettare al vento la cautela, il buon senso e la prudenza, prendere coraggio a piene mani e chiedergli di ritornare a convivere, questa volta stabilmente. Ma sa che è troppo presto, che ci sono troppe cose in ballo da sistemare, soprattutto per via di Renzo ed Eva e che… devono fare ancora un po’ di strada insieme come coppia, anche se si conoscono da una vita, come dimostrato da quello che era successo a Roma. Non può rischiare di bruciare le tappe e per questo di compromettere il loro rapporto e il loro futuro, non può permettersi di sbagliare, non con Gaetano.
 
“Mamma, se vuoi cominciare ad avviarti e preparare per cena non c’è problema: da qui posso tornare facilmente con i mezzi,” propone Livietta, sembrando, come accade spesso ultimamente, leggerle nel pensiero.
 
“Ma no dai, non c’è problema,” la rassicura, con un sorriso grato, prima di aggiungere in un sussurro inudibile, “spero solo che le groupies qui lo lascino andare prima di domattina.”
 
Scambiandosi uno sguardo complice attendono fino a che l’istruttore riesce a svicolarsi dalle ultime due signore e a raggiungerle.
 
“Le chiederei come è andata la lezione ma, dal modo in cui si tocca la schiena, temo di conoscere la risposta,” esordisce, rivolgendosi a Camilla con uno sguardo dispiaciuto e che sembra anche un po’ intimorito.
 
“Sì, ma non è colpa sua: è colpa nostra che abbiamo saltato troppe lezioni. Non si preoccupi, non farò rapporto al dottor Berardi,” lo rassicura con un sorriso e tono ironico, facendolo sorridere.
 
“Non è neanche colpa vostra, però: ho sentito cosa è successo a Roma e… eravate impegnati in qualcosa di ben più importante – e complicato – di qualche lezione di difesa personale…” risponde con nonchalance ma un brillio divertito in quegli occhi azzurro-verdi.
 
“Eravamo?” chiede Camilla, avendo colto perfettamente i sottotesti.
 
“Sono amico dell’agente Cesari, che lavora alla omicidi con il dottor Berardi e… le voci corrono, professoressa,” chiarisce con un sorriso, mentre Camilla si chiede se esista qualcuno nel corpo di polizia di Torino che ancora non sa di lei, “in effetti mi chiedo se non sia io che dovrei imparare qualcosa da lei, piuttosto che il contrario.”
 
“Di sicuro, come ha potuto vedere, sulla difesa personale ho molto da imparare e le voci hanno, per loro stessa natura, il potere di ingigantirsi passando di bocca in bocca,” replica Camilla con un’occhiata eloquente.
 
“Lo so, stia tranquilla,” la rassicura con un altro sorriso aperto e gentile e che sembra, come i precedenti, sincero. Capisce perché sia stato scelto per insegnare a questo corso: è indubbio che sappia destreggiarsi bene con le esponenti del gentil sesso, risultando cortese e rassicurante ma non inappropriato.
 
“Per quanto riguarda le lezioni che abbiamo saltato… cosa possiamo fare?” si inserisce Livietta, cambiando argomento, “al limite si può ripetere tutto il corso?”
 
“In realtà non sarebbe possibile… sapete, abbiamo sempre file d’attesa per partecipare. Certo, viste le circostanze, forse sarà possibile fare un’eccezione, ma non dipende da me e-“
 
“E date le nostre circostanze e il mio rapporto personale con il dottor Berardi, preferirei evitare qualsiasi eccezione,” si inserisce Camilla, non volendo assolutamente che si possa dire che, per via di Gaetano, lei o Livietta abbiano avuto un trattamento particolare o favori particolari da quelli che sono, comunque, pubblici ufficiali.
 
“Allora potrebbe magari aiutarci lei a recuperare un po’? Magari non so… con una lezione extra?”
 
“Anche questo non si potrebbe fare, Livia. Noi istruttori non possiamo dare lezioni private alle allieve di questo corso, è la regola: anche perché siamo sempre sommersi da richieste e… se dovessimo creare un precedente poi dovremmo dire di sì a tutte e… non vivremmo più…” commenta con un mezzo sorriso tra l’ironico e l’esasperato che le fa scoppiare a ridere, per poi aggiungere, visibilmente in imbarazzo, “mi dispiace che ci andiate di mezzo voi, che siete indubbiamente tra le allieve più… diligenti e tranquille che abbia mai avuto, ma… come lei, professoressa, visti i vostri rapporti con il dottor Berardi, vorrei evitare il crearsi di voci spiacevoli… anche perché sono in ballo per una promozione e non vorrei mai che qualcuno potesse pensare che…”
 
“Stia tranquillo, capisco perfettamente e, mi creda, condivido in pieno,” lo rassicura Camilla, favorevolmente colpita dall’atteggiamento dell’uomo.
 
“Mi dispiace davvero. Però… posso darvi il piano delle lezioni che avete saltato e… insomma, credo che abbiate a vostra disposizione un istruttore di eccezione, sicuramente molto più esperto di me. Magari può darvi una mano a lui a recuperare quello che avete perso che, in fondo, non è così tanto. Siete entrambe portate, sono sicuro che non ci metterete molto a rimettervi in pari,” le incoraggia con un altro sorriso, “avete un foglio su cui segnare?”
 
**************************************************************************************
 
“Che ci fai qui?”
 
“Grazie per l’accoglienza, sono commosso!” esclama, fintamente offeso, facendola sorridere, prima di sentirsi afferrare per la camicia e venire trascinato in un rapidissimo e castissimo bacio di saluto, che comunque lo sorprende, data la presenza di Livietta.
 
“Lo sai cosa intendo… pensavo che ci saremmo visti a casa, non… qui fuori,” risponde, ancora sorpresa, essendoselo trovato davanti all’uscita della palestra.
 
“Sì, lo so ma… diciamo che mi è venuta un’idea e ho deciso di farvi un’improvvisata. Ma stavolta ho pensato che forse era meglio non entrare e rimanere in incognito,” chiarisce, memore dell’imbarazzo dell’ultima volta, quando aveva pure dovuto tenere un discorso.
 
“Tranquillo: le fan più assatanate se ne sono già andate,” commenta Livietta con un sorriso sarcastico.
 
“Bene… e allora, visto che è tardi e che sicuramente sarete stanche e non avrete voglia di mettervi ai fornelli… mi chiedevo: vi piacciono ancora pizza e patatine, vero?” domanda, ricordando quanto Livietta ne fosse ghiotta da ragazzina – e anche Camilla, a dire il vero.
 
“Moltissimo!” rispondono madre e figlia all’unisono, senza volerlo.
 
“Bene, allora c’è un posticino che mi ha raccomandato Torre in persona, gestito da un signore di Caserta e, a quanto dice Torre, la pizza è buona quasi quanto quella di Napoli. Che ne dite?”
 
“Dico che se lo raccomanda Torre sicuramente sarà buonissimo, ma a patto che lasci pagare me stavolta, visto che tu ci hai già offerto il sushi, che è pure molto più caro,” intima Camilla, con aria di chi non ammette una risposta negativa.
 
“Camilla, lo sai che da quel lato non ci sento e-“
 
“E invece ci devi sentire stavolta, altrimenti niente pizza e avrai due povere fanciulle indifese ed affamate sulla coscienza…”
 
“Affamate d’accordo, sull’indifese avrei qualche obiezione…” le fa notare Gaetano, guadagnandosi un buffetto sul braccio, “ecco, appunto!”
 
“A proposito dell’indifese… avremmo un grandissimo favore da chiederti, quindi, per non ferire il tuo orgoglio maschile, potremmo fare uno scambio: il favore in cambio della pizza e di qualche cena casalinga, che ne dici?” si inserisce Livietta con un tono ed un’espressione monella ed irresistibile che ha decisamente ereditato dalla madre.
 
“Va bene, va bene, mi arrendo!” concede, alzando le mani in segno di resa, prima di avviarsi con loro verso le macchine parcheggiate lì vicino.
 
***************************************************************************************
 
“AH!”
 
“Oddio, scusami, ti ho fatto male?!” domanda, preoccupata, rialzandosi dopo averlo messo a terra per la quinta volta di fila, solo che questa volta erano finiti al tappeto insieme e cadendo gli aveva dato una gomitata – ovviamente involontaria – nelle costole.
 
“No, no, scusami tu, è che-“
 
“Ti scuso se la smetti di scusarti per nulla, Gaetano,” sbotta, esasperata quanto dispiaciuta, mentre, insieme a sua madre, lo aiuta a rialzarsi.
 
“Ti fa tanto male?” chiede Camilla, impensierita, sollevandogli la maglia per guardare la zona colpita e vedendo la pelle arrossata.
 
“No, no, mi verrà solo un livido, tranquilla, non mi sono rotto niente,” la rassicura, non potendo evitare però una leggera smorfia di dolore quando le dita di Camilla sfiorano il principio di ematoma.
 
“Senti, Gaetano, scusami tu adesso, ma mi pare evidente che così non può funzionare,” sospira Livietta, afferrando l’asciugamano dalla panchina lì vicino.
 
“In che senso?!”
 
“Secondo te?! Ti ho messo a terra tutte le volte! Ora, i casi sono due: o sono improvvisamente diventata una campionessa mondiale di arti marziali, o c’è qualcosa che non va, perché voglio sperare che tu nel corpo a corpo non sia davvero così. In caso contrario, per la tua incolumità e quella di mia madre, faresti decisamente meglio a cambiare mestiere,” gli fa notare, con tono ironico e ancora preoccupato.
 
“Livietta!”
 
“Mamma, è inutile che mi fulmini con quell’occhiata: è la verità! Lo so benissimo che Gaetano è più che capace nel suo lavoro – e nel corpo a corpo – e che se prendessimo la prima persona a caso ad entrare in palestra e gli chiedessimo di farle o fargli una lezione i risultati non sarebbero questi,” esclama Livietta, per poi aggiungere con un altro sospiro, guardando negli occhi Gaetano, “non riesci praticamente a toccarmi, figuriamoci ad afferrarmi: sembra che hai il terrore non solo di farmi male, ma di spezzarmi in due. Non so se per la presenza di mamma, o proprio perché si tratta di me, ma… come faccio ad imparare qualcosa in questo modo?”
 
“Sì, scusami, hai ragione,” ammette Gaetano, sospirando di rimando, per poi affrettarsi ad aggiungere, vedendo la sua occhiata, “ok, ok, non lo dico più.”
 
“Sentite, perché non vi esercitate un po’ voi due adesso? Almeno magari Gaetano si rilassa un po’,” suggerisce Livietta, prendendo la bottiglietta d’acqua e sedendosi sulla panchina.
 
“Sei sicuro di voler proseguire? Se hai male al fianco…”
 
“No, no, Camilla, tranquilla! O non sarà che hai paura, professoressa?” la punzecchia per rassicurarla e sdrammatizzare la situazione.
 
“Di te?” gli chiede con sguardo di sfida, girandogli intorno un paio di volte, senza lasciare i suoi occhi per poi sussurrargli in un orecchio, “non più.”
 
Gaetano non riesce a trattenere il sorriso, capendo benissimo a cosa lei si riferisca: a tutte le sue retromarce e i suoi tentativi di fuga negli anni. Fuga da lui, da quello che sentivano e che sentono entrambi.
 
“D’accordo… allora… partiamo dal primo esercizio, quello in cui tento di bloccarti da dietro, pronta?” le domanda, più serio, mettendosi in posizione.
 
Lei annuisce e si sente afferrare per i gomiti con una presa talmente delicata che in cinque secondi è libera a tre passi da lui.
 
“Gaetano… senti, Livietta ha ragione: così non può funzionare!” esclama con un sospiro, scuotendo il capo.

“Lo so, hai ragione, è che… è che ho paura di farti male, di farvi male, di non riuscire a dosare le forze e… mi blocco. Non ci riesco a lottare con te,” ammette con un tono ed uno sguardo che la inteneriscono e le fanno bene e male al cuore allo stesso tempo.
 
“Ehi,” gli sorride, avvicinandosi a lui e prendendogli il viso tra le mani per guardarlo negli occhi, “guarda che sia io che Livietta sappiamo che non ci faresti mai del male, Gaetano, e che anzi, se siamo qui oggi è proprio perché stai facendo di tutto per fare sì che nessuno possa mai farci del male.”
 
“Camilla…” mormora di rimando, commosso dall’amore e dall’orgoglio che legge in quegli occhi scuri.
 
“E poi non è vero che non ci riesci a lottare con me… in certi ambiti ci riesci eccome, anzi, sei bravissimo ad imprigionarmi tra le tue braccia. E non mi hai mai fatto male, tutt’altro,” gli sussurra in un orecchio con tono malizioso e giocoso, in modo che Livietta non possa sentire, “fai finta che siamo soli io e te, a casa, e che è un… gioco tra di noi. Perché in fondo lo è, no?”
 
Gaetano sorride e scuote il capo nuovamente, provando un improvviso desiderio di baciarla fino a toglierle quel sorrisetto dalle labbra e farle mancare il fiato. Sentendosi incredibilmente più rilassato, le fa cenno di mettersi di nuovo in posizione.
 
E questa volta le mani sulle sue braccia sono sicure, decise, e si sente trascinare indietro con forza. Camilla non impedisce il movimento e anzi, si butta indietro con tutto il suo peso, finendo contro il petto di Gaetano e sbilanciandolo, come previsto dall’esercizio. Ne approfitta per liberare un braccio e dargli un lieve colpo al fianco, girarsi su se stessa fino ad essergli perpendicolare e passare una gamba dietro il suo ginocchio destro, tirando per sbilanciarlo del tutto e atterrarlo.
 
È una questione di attimi e si ritrova spalmata sopra di lui sul materasso. I loro sguardi si incrociano e scoppiano a ridere.
 
“La prossima volta devi liberare entrambe le braccia prima di cercare di atterrarmi, professoressa!” la canzona, dandole un pizzicotto sul fianco.
 
“Ehi!” esclama, schiaffeggiandogli lievemente la mano prima di lanciarsi in un contrattacco a base di solletico.
 
“Ma allora… vuoi la… guerra…?” riesce a chiederle tra le risate, afferrandola per la vita e buttandola sul materasso, intrappolandola sotto di lui e partendo con la controffensiva, non dandole un attimo di tregua, sentendola ridere e contorcersi contro di lui, mentre cerca inutilmente di liberarsi.
 
“Non vale! Basta! Basta! Mi arrendo!” grida tra le risate e le mani sui suoi fianchi si fermano immediatamente, occhi azzurri e vicini, così maledettamente vicini, che la guardano con quell’espressione da schiaffi, le labbra, altrettanto vicine, pericolosamente vicine, aperte in un sorriso trionfante.
 
In pochi secondi l’aria sembra mutare radicalmente, così come il viso di Gaetano, gli occhi che si scuriscono prima di socchiudersi. L’ultima cosa che vede, prima di cedere alla forza della corrente magnetica che la trascina verso di lui, sono le sue labbra, ancora socchiuse.
 
“Ehm! Ehm!”
 
La voce li fa sobbalzare e spalancare di nuovo gli occhi di scatto. Camilla indirizza lo sguardo verso quella voce e vede, a testa in giù, per via della posizione in cui si trova, Livietta vicino alla porta, con un’aria che imbarazzata è dire poco.
 
“Vado a prendere un’altra bottiglietta d’acqua… voi continuate pure a… ad allenarvi,” commenta, sarcastica, trafiggendoli con un’ultima occhiata prima di sparire dietro la porta.
 
“Oddio, che imbarazzo!” pronuncia Gaetano a pochi centimetri dal suo orecchio, praticamente accasciandosi su di lei.
 
“Mi sa che mi hai presa troppo alla lettera quando ti ho detto di fare finta che fossimo soli a casa,” commenta Camilla, ironica, le guance che bruciano e la voglia straripante di sprofondare nel materasso.
 
“Io? Ma se sei tu che mi hai provocato per prima, professoressa!” le fa notare con un sorriso, sollevandosi nuovamente per guardarla negli occhi.
 
“Io?” domanda lei di rimando, con fare innocente, sbattendo esageratamente le ciglia.
 
“Tu, tu,” conferma, dandole un altro pizzicotto sul fianco.
 
“Guarda che il solletico non era assolutamente una provocazione,” replica, con aria da ingenua, prima di premersi contro di lui e sussurrargli in un orecchio, “questa è una provocazione.”
 
Colto di sorpresa – il sangue non sta fluendo verso il suo cervello ma in direzione diametralmente opposta – si ritrova nuovamente pancia all’aria, mentre Camilla si libera dalla sua presa e si rimette in piedi con aria trionfale.
 
“Visto? Alla fine ci sono riuscita ad atterrarti!” lo punzecchia, facendogli l’occhiolino.
 
“Ma così non vale! È una mossa non regolamentare e spero non ti venga in mente di usarla su un eventuale aggressore – o sull’istruttore!” esclama, divertito ed esasperato, mettendosi a sedere.
 
“Chissà…” proclama lei con un sorrisetto malizioso.
 
“Camilla!”
 
Non saprebbe dire che cosa l’abbia raggiunta per prima: se il suo nome, pronunciato in una specie di ruggito, le sue mani o le sue labbra. Si ritrova nuovamente sprofondata nel materasso plasticoso della palestra, perdendosi in un bacio che dissolve ogni consapevolezza, se non quella di essere completamente, perfettamente ed assurdamente felice.
 
***************************************************************************************
 
“Livia?! …Scusami ti ho spaventata?”
 
“No, no, è che… non l’ho sentita arrivare, mi ha preso di sorpresa,” ammette, portandosi una mano sul cuore che le galoppa nel petto, per poi aggiungere con un sorriso, “mi faccia indovinare: essere silenziosi fa parte dell’addestramento?”
 
“Non proprio… sono solo un istruttore di polizia, non un ninja. Ma può fare comodo, ogni tanto,” ammette, abbagliandola con uno di quei sorrisi ampi e luminosi che hanno steso metà delle signore del corso.
 
“Ad esempio per sfuggire dalle folle di ammiratrici troppo insistenti?” scherza, guadagnandosi una risata che sembra spontanea e sincera tanto quanto il sorriso precedente. Si chiede, per l’ennesima volta, se lo siano realmente.
 
“Ad esempio…” conferma, scuotendo il capo e sorridendo ancora, “e tu? Sei qui per allenarti?”
 
“Sì, sì… sono qui con mia madre e Gaetano, insomma, il dottor Berardi. E lei? Non pensavo che questa fosse una palestra ufficiale della polizia…” commenta Livietta, guardandosi intorno nella piccola palestra, specializzata, a giudicare dal cartello all’ingresso, in boxe, kick boxing, cross-fit e varie arti marziali.
 
“No, infatti non lo è. Però è una delle migliori della zona e tanti colleghi la frequentano. Non ho mai visto il dottor Berardi da queste parti in realtà, ma mi sa che con i ritmi della omicidi non avrà molto tempo per frequentare palestre…”

“No, infatti. Penso che si alleni soprattutto a casa, o almeno credo…” conferma, avendolo visto dalla finestra esercitarsi quasi religiosamente con i pesi praticamente ogni mattina. E da quando Tommy se ne era andato a Los Angeles, l’aveva incrociato un paio di volte alle sette del mattino mentre tornava da una corsa. Probabilmente lo faceva con una certa regolarità ma a quell’ora lei d’estate di solito stava ancora a letto.
 
“Lui e tua madre dove sono? Visto che sono qui, farei loro un saluto…” propone, guardandosi intorno.
 
“Sono in una delle sale, ma sinceramente non glielo consiglio: hanno preso la definizione corpo a corpo un po’ troppo alla lettera…” commenta, affrettandosi ad aggiungere, di fronte al suo sguardo sconcertato, “niente di scandaloso, eh, assolutamente… però… quando mia madre e Ga- e il dottor Berardi sono insieme... diciamo che a volte entrano in un mondo tutto loro.”
 
“Ed in quei momenti il resto del mondo è di troppo?” deduce l’uomo con un altro sorriso, sembrando riprendersi dal momento di imbarazzo e stupore.
 
“Sì… non lo fanno consapevolmente ma sì…” ammette, ricambiando il sorriso.
 
“Capisco… e immagino che, anche se non c’è nulla di scandaloso, per te sia parecchio imbarazzante,” intuisce, guardandola per un attimo negli occhi, prima di aggiungere, con tono comprensivo, “mi sembra di capire che questo allenamento non sia stato un gran successo, vero?”
 
“No, per niente,” conferma con un sospiro, “è che… il problema non è solo… l’imbarazzo… è che… Gaetano non ci riesce proprio a combattere con me. Credo che abbia paura di farmi male e della reazione di mia madre.”
 
“Beh, posso capirlo: per quello che ho sentito in giro e per quel poco che l’ho conosciuta, anche se non è una maestra di arti marziali, tua madre è una donna davvero formidabile e… se posso essere sincero, diciamo che mi mette un po’ in soggezione,” ammette con uno sguardo imbarazzato ma che, di nuovo, sembra sincero.
 
“Mia madre? A lei?” domanda, incredula, visto che l’uomo di stazza è il doppio di sua madre, come minimo.
 
“Sì, a me,” confessa, per poi aggiungere, dopo un attimo di esitazione, “e devo anche ammettere che adesso mi sento un po’ in colpa nei tuoi confronti, insomma, per non averti potuto fare qualche lezione di recupero.”
 
“Non fa niente… lo capisco che le regole sono regole e che non vuole problemi…”
 
“Beh, però… in fondo se trovo per caso una ragazza che conosco in palestra e le chiedo di darmi una mano ad allenarmi, non sto facendo niente di male, no?” le chiede all’improvviso, con il tono di chi ha appena avuto un’intuizione, fulminandola con quei suoi occhi chiari.
 
“Vuole dire che…”
 
“Credi che tua madre e il dottor Berardi si accorgeranno se ti attardi un attimo?” le domanda con un sorriso complice che le provoca una strana sensazione, come gioia e imbarazzo insieme.
 
“Credo che non si accorgerebbero nemmeno se crollasse la palestra,” scherza Livietta, guadagnandosi un’altra risata argentina che acuisce ancora di più quella sensazione indefinibile ma per nulla spiacevole.
 
***************************************************************************************
 
“Brava! Vedi che ce l’hai fatta?!”
 
Senza fiato, il cuore che le rimbomba nelle orecchie, lo vede rialzarsi dal materasso dopo essere riuscita finalmente, al terzo tentativo, ad evitare una presa davvero complicata, tanto che non era sul programma del corso, e metterlo al tappeto.
 
“Sì… non ci credo ancora, ma grazie!” annuisce con un sorriso, sentendosi soddisfatta di se stessa come raramente le era capitato, soprattutto di fronte allo sguardo orgoglioso e quasi ammirato dell’istruttore.
 
“Sei veramente molto portata per le arti marziali, Livia. Hai degli ottimi riflessi, e grandi capacità di concentrazione e di reazione. Ovviamente devi allenarti se vuoi migliorare sul serio, ma hai talento e il talento è un qualcosa che non si insegna, purtroppo,” proclama l’istruttore con un altro sorriso, prima di guardare l’orologio e quasi sbiancare, “mi sa che adesso però è meglio che tu vada, prima che si accorgano della tua assenza e mi denuncino per rapimento.”
 
“Se mia madre si fosse accorta della mia assenza, mi avrebbe già chiamata…” lo rassicura Livietta, seguendo il suo sguardo e notando che erano passati venti minuti da quanto avevano iniziato ad allenarsi, quasi mezz’ora da quando aveva salutato sua madre e Gaetano. Mette la mano in tasca si rende conto di non avere il cellulare con sé: l’aveva lasciato nell’altra sala.
 
“Oddio devo andare sul serio!” esclama, preoccupata, “ancora grazie mille, davvero! Adesso non mi manca più da recuperare un terzo del corso ma solo boh… un quarto?”
 
“Già… mi dispiace di non potere fare di più e di non poterti fare altre lezioni, dico davvero. Sei una delle allieve migliori che abbia mai avuto, Livia: è un piacere lavorare con te,” dichiara con un tono ed uno sguardo ammirati che, di nuovo, le causano quel senso di rimescolamento allo stomaco.
 
“Anche per me… cioè… lei è davvero bravo a spiegare e… a motivarmi,” abbozza, in imbarazzo, abbassando lo sguardo per qualche istante mentre un’idea le passa per la mente. Un’idea assurda ma che, allo stesso tempo, la tenta da morire.
 
“Senta…” esordisce, prendendo un respiro e buttandosi, prima di cambiare idea, “non voglio che si senta in obbligo perché… per via di Gaetano o… insomma… se non le va mi dica di no e lo capirò assolutamente, però… il problema principale delle lezioni extra è dato dal fatto che potrebbe sembrare un tentativo di… diciamo di corrompere un superiore, no? O che Gaetano l’abbia costretta ad avere un occhio di riguardo nei confronti miei e di mia madre.”
 
“Sì, esatto…” conferma, guardandola come se non capisse dove vuole andare a parare.
 
“Però… se… se come oggi… ci trovassimo e nessuno ne sapesse nulla, nemmeno mia madre o Gaetano… il problema non si pone, no? Cioè se lei fa un favore a me ma Gaetano non lo sa, non è corruzione… io mica sono in polizia…”
 
“No, ma rimane sempre la regola che dice che non potrei fare lezioni private alle mie allieve…” le fa notare, con uno sguardo dubbioso che distrugge ogni sua speranza.
 
“Capisco, non-“
 
“Però in fondo si tratterebbe solo di una, massimo due lezioni, non sarebbe una cosa abituale. E se, ovviamente, non mi paghi e quindi non percepisco alcun compenso…” riflette, quasi tra sé e sé.
 
“Vuole dire che…?” domanda Livietta, sentendo nuovamente il cuore rimbombarle nel petto come una grancassa.
 
“Che se vuoi, ci troviamo sempre qui… mmm dunque… fammi pensare… venerdì sera alle diciotto potrebbe andarti bene? Sempre se non hai lezione con il dottor Berardi e tua madre, altrimenti-“
 
“No, no, venerdì va benissimo e mi assicurerò che Gaetano e mia madre abbiano altri impegni lontano da qui,” risponde, ancora incredula, “grazie, grazie mille, davvero!”
 
“Figurati, a me fa piacere e poi, a quanto ne so, con la vita avventurosa che fanno tua madre e il dottor Berardi… non vorrei averti sulla coscienza,” sdrammatizza, facendola ridere, per poi aggiungere più serio, “e aspetta a ringraziarmi: guarda che sono molto esigente, e, soprattutto se insegno a qualcuno che ha un buon potenziale, pretendo molto.”
 
“Non chiedo di meglio!”
 
**************************************************************************************
 
“Livietta! Ma dov’eri finita? Sono dieci minuti buoni che ti cerchiamo! Non avevi neanche il cellulare!”
 
Volta l’angolo e si trova davanti sua madre e Gaetano, visibilmente preoccupati.
 
“Scusate ma… ho fatto un giro, sono rimasta a vedere alcune persone che si allenavano e non mi sono accorta del tempo che passava. E poi, sinceramente, pensavo che non avreste sentito molto la mia mancanza, anzi, forse che non vi sareste nemmeno resi conto della mia assenza,” li punzecchia volutamente, vedendoli diventare rossi come due pomodori maturi ed iniziare a balbettare scuse.
 
“Va beh, andiamo a casa? Stavolta mi sono premunita e ho preparato insalata di riso per tutti,” proclama Camilla, in un palese tentativo di cambiare discorso, raccolto immediatamente da Gaetano, che comincia a chiederle delucidazioni sulla ricetta – come se fosse una pietanza da chef e non consistesse nel prendere qualche sottolio, sottaceto, prosciutto e un po’ di formaggio e mescolare il tutto al riso bollito.
 
Livietta sorride soddisfatta tra sé e sé: missione compiuta!
 
***************************************************************************************
 
“Complimenti, era davvero tutto buonissimo! Il bunet soprattutto: nuova ricetta?”
 
“Veramente il dolce l’ha preparato Gaetano, la ricetta è della Lucianona, una sua collega. Lei e Torre gli stanno praticamente facendo un corso di cucina,” spiega Camilla, con un sorriso orgoglioso.
 
Erano seduti tutti intorno al tavolo della sala da pranzo di quella che fino a poco tempo prima era la loro casa: Renzo, Livietta e Gaetano.
 
Quando Renzo l’aveva chiamata dicendole che accettava la sua proposta di una tregua, in cambio di un aiuto con Livietta, Camilla aveva deciso di organizzare questa cena. Renzo non era ovviamente stato entusiasta all’idea che ci fosse anche il “poliziotto superpiù”, ma Camilla aveva insistito che, se si doveva davvero voltare pagina, Renzo doveva riuscire ad essere almeno civile con Gaetano.
 
E alla fine l’aveva spuntata, anche se tutta la cena era stata pervasa da una sottile tensione nell’aria, mascherata sotto un velo di inappuntabile cortesia.
 
“Beh, Gaetano, allora complimenti: devo ammettere che ci sono stati evidenti miglioramenti, visto che non sa di bruciato e anzi, è commestibile,” ribatte Renzo con un tono ed un sorriso che non sfigurerebbero alla tavola della regina Elisabetta e che contrastano con l’evidente frecciata ben poco velata al rivale. Ad onor del vero, la prima della serata.
 
“Si fa quel che si può… del resto ormai non sono più da solo e non posso infliggere a mio figlio o a Camilla e a Livietta i miei… esperimenti in cucina. O ordinare sempre take-away,” replica Gaetano, altrettanto serafico, rimarcando però sottilmente il suo nuovo ruolo nella vita di Camilla.
 
“Beh, certo, anche perché cucinavo molto spesso io e davo una mano nelle faccende domestiche, quindi sicuramente Camilla ora sarà molto più impegnata con la casa,” commenta Renzo, rivolgendo a Camilla uno sguardo eloquente.
 
“Ma no… tra il fatto che c’è una persona in meno, anzi due, considerato che mia madre è tornata a Roma, che c’è Livietta che mi dà una mano e anche Gaetano a volte mi aiuta con la cucina… e poi è estate e quindi ho molto più tempo libero…”
 
“Già, è vero, almeno sei in ferie dal tuo primo lavoro. Peccato che, come si dice? Il crimine non dorme mai, no? Quindi il tuo secondo lavoro non ti concede certo un po’ tregua,” dichiara Renzo, sempre con un tono cortese.
 
“Dipende… in realtà spero proprio che mi conceda una tregua per un bel po’, così da potermi occupare a tempo pieno della casa e della famiglia, visto che c’è già Gaetano che se la cava più che egregiamente e che è impegnatissimo su quel fronte,” proclama Camilla, prima di aggiungere con un altro sorriso, “una seconda porzione di dolce?”
 
“No, no, per la carità: non vorrei appesantirmi troppo…”
 
“Se vuoi c’è ancora il tuo boccione di bicarbonato nella credenza. Credo che si senta trascurato e senta la tua mancanza, papà, visto che né io né la mamma abbiamo problemi di digestione,” si inserisce Livietta, che, a differenza degli altri commensali, non fa nulla per celare il sarcasmo nel tono di voce.
 
“In realtà devo dire che anche i miei problemi di digestione è da un po’ di tempo che sono migliorati… sai ora sono da solo e quindi posso mangiare ad orari più regolari, cibo sempre appena pronto e non magari riscaldato… e posso andare a dormire un po’ più tardi, tanto non ho nessuno che mi sveglia in piena notte perché, che ne so, sta facendo un incubo o parla nel sonno,” commenta Renzo lanciando un’altra occhiata a Camilla e la frecciatina sui suoi sogni e, soprattutto, sul protagonista dei suoi sogni, almeno per lei, non è affatto velata.
 
“Davvero? Devo dire che anche io dormo molto meglio, sai? Faccio sonni molto meno disturbati, sogno di meno, penso di dormire molto più profondamente. Anche perché tu quando non digerivi russavi e probabilmente spesso rimanevo nella prima fase del sonno, quella più leggera…” ribatte Camilla, senza perdere un colpo, con una grandissima nonchalance.
 
“Quindi mi sembra di capire che la… permanenza a Londra non sia poi così male e che ti sei ambientato bene, Renzo,” si inserisce Gaetano, non potendo evitare un lieve senso di costrizione al petto pensando a Renzo e Camilla a letto insieme, pur avendo colto tutti i sottotesti, per nulla amorevoli, del botta e risposta tra i due ex.
 
“Come si dice? Ho dovuto fare di necessità virtù… però dipende: certo, Londra è molto bella, e l’essere single, come sicuramente tu ben sai Gaetano, ha i suoi vantaggi,” replica Renzo con un altro sorriso cortese, lanciando l’ennesima stoccata, “ma ha anche i suoi svantaggi e… ad essere sinceri, visitare Londra da solo mi mette un po’ di tristezza.”
 
“Beh, ma non sei da solo, papà: c’è anche Carmen con te, no? Il suo Jack l’ha raggiunta o è ancora latitante?” chiede Livietta, per poi aggiungere, con un mezzo sorrisetto, “altrimenti comincio a pensare che questo Jack sta meglio da solo, e che pure Carmen non ne sente poi molto la mancanza.”
 
“No, Jack non l’ha ancora raggiunta: deve trovare un lavoro a Londra prima di licenziarsi dallo studio di New York,” chiarisce Renzo mentre Camilla nota come il tono del marito cambi quasi impercettibilmente quando nomina l’americano, “e anche Carmen non è sempre con me, anzi: abbiamo vari progetti da seguire e spesso io sono in Italia e lei è a Londra o viceversa. Però tra due settimane saremo entrambi a Londra perché abbiamo alcuni appuntamenti con i committenti e il direttore dei lavori del progetto vicino ad Hyde Park. Ci offrono un soggiorno in un hotel di lusso con vista sul parco: è una zona bellissima. Ti andrebbe di venire con noi? Potremmo stare in stanza insieme io e te e poi… a parte un paio di appuntamenti, il resto degli impegni possiamo dividerceli, così quando sono impegnato io Carmen è libera e viceversa. Non so… ci sono ancora i saldi, potreste andare a fare un po’ di shopping… che ne dici? Potremmo partire sabato prossimo, la mattina, e tornare il weekend successivo.”
 
“E la mamma è d’accordo?” domanda Livietta, lanciando un’occhiata alla madre.
 
“Sì, ne ho già parlato con tuo padre e… se a te va di andare, per me non c’è problema,” conferma Camilla, ricordando ancora le lunghe trattative telefoniche con Renzo.
 
“Tua madre mi ha detto che il corso di difesa finisce settimana prossima, quindi sarai libera da impegni, no?” rincara Renzo, con un tono tra lo speranzoso e l’implorante, “San Remo magari era un po’ triste, ma Londra è bellissima, è una città giovane, e vedrai che ti divertirai.”
 
“Sì, sono libera da impegni… il problema è che so già come vanno a finire questi viaggi di lavoro: o mi molli a Carmen, o sto chiusa in albergo – perché in giro da sola non mi lasci andare – o mi tocca partecipare a cene noiosissime, e quando sei libero da impegni di lavoro sei stanchissimo,” sospira Livietta, non sembrando per nulla entusiasta, “e poi Londra sarà anche una città giovane, ma se uno ci va con gli amici, non con te, che come vedi un pub ti viene l’emicrania, in discoteca neanche a parlarne e poi mi dai il coprifuoco a mezzanotte. A meno che, di nuovo, non mi sbologni a Carmen, come al solito.”
 
“Ma pensavo che con Carmen ti divertissi, no? A fare le vostre… cose da donne. E poi, insomma, per il pub e la discoteca… appunto puoi andarci con i tuoi amici in un altro momento. Si tratta solo di una settimana e ho voglia, ho bisogno di stare un po’ con te, Livietta. Sono due mesi che praticamente non ci vediamo,” insiste, in un modo che più che implorante sembra ormai quasi disperato.
 
Camilla e Gaetano si scambiano uno sguardo: nonostante tutte le frecciatine e i problemi con Renzo, sono genitori entrambi e non possono evitare di immedesimarsi nel suo desiderio, anzi nella sua necessità di passare un po’ di tempo con la sua unica figlia.
 
“Guarda che Londra è davvero bellissima, Livietta, anche di giorno: tra musei, monumenti, parchi, negozi… non ci si annoia mai. E poi non ci sei mai stata, non siamo mai riuscite a visitarla insieme. E quando ci sono andata in gita scolastica, ti garantisco che mi è piaciuta perfino con sessanta studenti scalmanati al seguito,” si inserisce Camilla con il tono più convincente che possiede, “e, come dice tuo padre, gli amici li vedrai un’altra volta, no? Anche perché tanto ormai sono quasi tutti in vacanza.”
 
“Ecco appunto… senti papà, d’accordo, posso venire a Londra con te-“ esordisce, mentre le labbra di Renzo si aprono in un sorriso a cinquanta denti, e Camilla non può fare a meno di notare che è probabilmente il primo vero sorriso che vede sul volto dell’ex marito da quando si sono separati.
 
“Grazie, Livietta, vedrai che ti divertirai e-“
 
“Aspetta. Dicevo, posso venire a Londra con te, ma ad una condizione,” prosegue Livietta, decisa.
 
“E cioè?” domanda Renzo, il sorriso che gli si congela sulle labbra.
 
“E cioè che mi dai il permesso per andare a New York con i miei amici dopo che torniamo da Londra,” chiarisce Livietta con il suo sorriso più irresistibile.
 
“A New York?! Cos’è questa storia di New York? E come mai non ne sapevo niente?!” domanda Renzo, alzando la voce e fulminando Camilla con lo sguardo.
 
“Non ne sai niente perché nemmeno io le ho ancora detto di sì, Renzo, e volevo valutare un po’ meglio anche io prima di parlartene. Anche perché immaginavo già quale sarebbe stata la tua risposta,” chiarisce Camilla, lanciando a sua volta un’occhiata alla figlia della serie: dopo facciamo i conti.
 
“E immaginavi bene: non se ne parla nemmeno, Livietta! È troppo rischioso, da sola alla tua età e-“
 
“Ma papà! D’accordo New York non è dietro l’angolo, ma Carmen ci vive e non è mica morta. Insomma, non voglio mica andare nel Bronx, ma stare nei quartieri più tranquilli!” ribatte Livietta, sbuffando e recuperando di nuovo quel fare tipicamente adolescenziale che negli ultimi due mesi sembrava avere un po’ perso.

“E ci mancherebbe altro!” esclama Renzo, sembrando rabbrividire alla sola idea, “e poi che c’entra? Carmen non vive da sola e ha più del doppio dei tuoi anni!”
 
“Sì, ma neanche io ci andrei da sola, sarei con i miei amici-“
 
“E chi sarebbero i tuoi amici? Greg? O quella specie di sosia ancora più svampita di Betty Boop?” chiede Renzo, sarcastico, “beh, perché allora stiamo in una botte di ferro! Per la carità, Greg è un bravo ragazzo, ma non mi sembra proprio uno che possa intimidire i malintenzionati.”
 
“No, papà, non si tratta di Greg visto che abbiamo litigato e non ci vediamo ormai da quasi due mesi,” replica Livietta, altrettanto sarcastica, “si tratta dei miei amici di Roma.”
 
“Amici di Roma? Ma non avevi tagliato i ponti con Ricky, Giusy e tutto il gruppo di amici-con-la-y?” le chiede, riferendosi ironicamente al fatto che tutti in quel gruppo, pur avendo nomi italianissimi, li abbreviavano con una y finale.
 
“Sì, e infatti non si tratta nemmeno degli amici-con-la-y, a cui, per come mi hanno trattata, auguro di andare sì a New York, ma a nuoto. Si tratta di Nino, Tom, e dei loro amici… insomma, sono ragazzi che in parte già conosci, papà,” chiarisce Livietta, tornando su toni più pacati, cercando di convincerlo.
 
“Nino? Tom? E chi sono questi?” domanda Renzo, confuso.
 
“Nino, il nipote di Gaetano! Il figlio del marito di Francesca, te lo ricordi, no? Andavamo anche a judo insieme…” gli rammenta Livietta con un sorriso.
 
“Ah, sì, Nino. Sì, per la carità, me lo ricordo, peccato che quando l’ho conosciuto avesse tipo dieci anni e immagino sarà un po’ cambiato da allora!” ribatte, prima di aggiungere, notando l’occhiata di Gaetano e Camilla, “per la carità, Gaetano, non voglio dubitare dell’educazione che immagino gli avrà dato tua sorella. Ma, permettimi di dire che… se ha ereditato la sua… esuberanza…”
 
“Francesca sarà stata una mina vagante da ragazza… e anche un po’ dopo, non lo nego, ma ormai sono anni che ha messo la testa a posto e si occupa benissimo della sua famiglia,” replica Gaetano, trattenendosi dall’alzare la voce per difendere la sorella, ma non riuscendo a nascondere di essere infastidito, per poi proseguire, con un sorriso, “noi Berardi magari ci mettiamo un po’ a… a mettere radici, ma quando lo facciamo siamo molto affidabili e ci teniamo all’incolumità dei nostri figli e degli amici dei nostri figli, esattamente quanto, se non di più, di tutte le altre persone a questo mondo.”
 
“E Nino è un ragazzo tranquillo e molto coscienzioso e responsabile, questo posso garantirtelo, Renzo,” interviene Camilla, toccando il ginocchio di Gaetano sotto la tovaglia per tranquillizzarlo.
 
“Va bene, va bene, per la carità! E chi sarebbe questo Tom, invece?” chiede Renzo con un sospiro, accettando di cambiare argomento prima che la discussione degeneri.
 
“Tom è il figlio di Marco. Te lo ricordi, no? Il batterista… l’avevi conosciuto ad uno dei miei compleanni…” spiega Livietta con un altro sorrisetto.
 
“Marco? … Marco – Marco?!” esclama Renzo, lanciando a Camilla uno sguardo a dir poco sbigottito.
 
“Sì, Marco Visconti,” conferma Camilla, non potendo evitare di sorridere di fronte all’espressione dell’ex marito.
 
“Cioè… tu a Roma ti sei rivista con Marco?” chiede, guardandola con occhi ancora spalancati, per poi rivolgersi a Gaetano, “vi siete visti con Marco? Ma lui sa chi è?”
 
“Sì, Renzo, Gaetano è perfettamente a conoscenza di tutto quello che è successo con Marco. E, sì, ci siamo rivisti, sia perché suo figlio è amico di Nino, sia perché suo fratello si è occupato delle indagini su Ilenia,” chiarisce Camilla con un sospiro.
 
“Beh, complimenti, che bella vacanza! Tra la mia ex suocera, il produttore di vini e il nevrotico ossessivo-compulsivo… per non parlare delle indagini e dell’incendio, devo dire che ti invidio davvero molto, Gaetano!” commenta Renzo, beffardo.
 
“Non è stata una vacanza tranquilla, questo è vero, ma Andreina è stata molto ospitale e, per il resto… ci sono stati molti momenti bellissimi, che hanno abbondantemente compensato quelli… un po’ meno piacevoli,” proclama Gaetano con un sorriso, stringendo la mano di Camilla, ancora appoggiata sul suo ginocchio.
 
“Per la carità: contento te!” esclama Renzo, scuotendo il capo, “e comunque, Livietta, per quanto riguarda Tom… lui invece l’ho conosciuto che era già abbastanza grande e mi ricordo benissimo che non era affatto tranquillo, coscienzioso o responsabile. Anzi: passava il suo tempo a suonare in strada, peggio di un barbone!”
 
“Il barbone ha ottenuto una borsa di studio, con merito, nella scuola d’arte più prestigiosa di New York. E anche se fa un po’ l’alternativo è un bravo ragazzo,” si inframmezza nuovamente Camilla.
 
“Non lo metto in dubbio, ma tu quindi lasceresti andare nostra figlia da sola a sedici anni a New York con questi due bravi ragazzi? Mi stai dicendo questo?!” le domanda, incredulo, guardandola come se fosse impazzita.
 
“Non sto dicendo questo, Renzo: come ti ho già detto ci stavo ancora pensando. Ma se ho dubbi per New York, non è certo per via di Nino e di Tom, ecco,” chiarisce, temendo già quale sarà la domanda successiva del marito.
 
“Capisco. E chi sarebbero questi altri amici?”
 
“Gli altri componenti della band di Nino e Tom: Eric, Nick, Lucas…”
 
“Quindi dopo il gruppo con la y, il gruppo dei nomi alla tu vuo’ fa’ l’americano…” commenta Renzo, con tono derisorio.
 
“No, non è che vogliono fare gli americani: sono americani, almeno per metà. Frequentano la scuola americana a Roma,” ribatte Livietta, irritata dall’ironia del padre, “e comunque-“
 
“E comunque sono tutti maschi o c’è almeno una ragazza?” la interrompe Renzo, arrivando dritto al punto.
 
“Probabilmente Lucas si porta la ragazza, gli altri non hanno una storia al momento,” ammette Livietta, mentre Camilla trattiene il fiato e si prepara alla reazione di Renzo.
 
“Quindi, fammi capire, tu vorresti andare da sola in un altro continente con cinque maschi adolescenti, forse neanche maggiorenni, di cui quattro single e tu sei l’unica ragazza disponibile?!” chiede Renzo, il volume della voce che aumenta ad ogni parola, “scordatelo! E mi stupisce che tua madre debba anche solo pensarci prima di darti una risposta definitiva!”
 
“Ma papà…!” protesta Livietta, visibilmente delusa dal tono del padre, prima di aggiungere, indignata, “insomma, non sono mica dei maniaci! E io non sono certo una che corre con quattro ragazzi diversi contemporaneamente! Ma per chi mi hai presa?”
 
“Ma per la carità, ci mancherebbe solo quello! Ma ne basta anche uno solo, Livietta, uno solo: basta un ragazzo sbagliato, un momento di leggerezza per rovinarsi per sempre la vita! E mi dispiace se farò la padre dell’orco o del padre antiquato e rompipalle, ma non ti lascio andare da sola in mezzo ad un branco di adolescenti in calore a migliaia di chilometri di distanza da casa, in una città che non conosci e dove, se ti succede qualcosa, non hai nessuno a cui chiedere aiuto! E non cambio idea!” proclama con un tono solenne e irremovibile che Camilla raramente gli ha sentito usare.
 
“Ma…”
 
“Livietta… tuo padre non ha tutti i torti. Non solo per gli amici maschi ma perché… insomma, forse è un po’ presto, no? In fondo New York non scappa ed un viaggio del genere… potrai farlo quando sarai maggiorenne, magari anche con delle amiche. Ci saranno sicuramente altre occasioni,” interviene Camilla, dispiaciuta all’idea di dover deludere la figlia ma sapendo che è la cosa giusta da fare, anche per calmare gli animi.
 
“Oh, meno male che ancora si ragiona in questa casa!” esclama Renzo, visibilmente sollevato.
 
“Ma mamma! Insomma… d’accordo, non sono maggiorenne, ma penso di averti dimostrato in questi mesi che di me ti puoi fidare, che… che non sono una stupida e me la so cavare, che mi so difendere da sola!” si lamenta Livietta, trafiggendola con uno sguardo che sa di tradimento e che le fa mal al cuore. Camilla capisce che sua figlia fino all’ultimo aveva sperato almeno di avere il suo supporto, conoscendo Renzo e sapendo sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, convincerlo.
 
“Te la sai cavare? Ti sai difendere da sola? Ma ci siamo già scordati tutto il casino di Bobo?! Sei quasi rimasta implicata in un omicidio, Livietta, in un omicidio, perché ti sei fidata del primo bellimbusto che ti ha fatto due complimenti e che ti ha solo usata! E sinceramente è uno spavento che mi è bastato e avanzato da qui all’eternità!” la interrompe Renzo, alzando la voce.
 
“Ancora con Bobo?! Sì, è vero, ho sbagliato, papà, e non lo nego: sono stata una stupida, ma ho imparato la lezione! Sono molto cambiata negli ultimi mesi, e non solo per quello che è successo con Bobo, sono cresciuta… mamma, dì qualcosa anche tu,” protesta, rivolgendosi a Camilla con due occhioni azzurri che sembrano sull’orlo delle lacrime e che, di nuovo, le fanno male.
 
“Livietta, lo so che sei molto maturata in questi mesi, e lo so che sei una ragazza intelligente e responsabile… ma… dall’altro capisco anche le preoccupazioni di tuo padre. Insomma, non sei mai stata in vacanza da sola, se non nei viaggi di studio organizzati dalla scuola. E forse… sarebbe meglio andare un po’ per gradi, no?”
 
“Ma un sacco dei miei compagni ormai vanno in vacanza da soli con gli amici!” obietta, per poi rivolgersi, quasi come se fosse un ultimo appello, l’ultima possibilità, all’unica persona  presente che ancora non ha aperto bocca, “Gaetano, tu che ne pensi? Sei anche tu d’accordo con loro?”
 
“Beh, a dire la verità, io-“
 
“Sinceramente non me ne frega niente di quello che pensa o non pensa Gaetano, Livietta, visto che sono io tuo padre e non lui. E io e tua madre siamo gli unici che possiamo avere voce in capitolo su una decisione di questo tipo, e se diciamo di no è no!” si mette di traverso Renzo, interrompendo bruscamente Gaetano.
 
“Renzo, scusami se mi permetto, ma credo che non ci siamo capiti. Io non-“ prova ad intervenire di nuovo Gaetano, cercando di chiarire a Renzo che concorda con lui e con Camilla sul fatto che il viaggio a New York non sia probabilmente una grande idea.
 
“No, che non ci siamo capiti e no che non ti permetto di intrometterti! Il fatto che tu e mia moglie abbiate una storia non ti dà alcun diritto di sindacare sull’educazione di Livietta, di dare pareri non richiesti e magari di cercare di influenzare le decisioni di Camilla, chiaro?” sibila Renzo, durissimo, fulminando l’altro uomo con lo sguardo.
 
“No, c’è un malinteso, io non-“
 
“Quindi Gaetano non ha diritto di intromettersi sulla mia educazione e di influenzare le scelte di mamma? Come mai invece Carmen questo diritto ce l’aveva? Perché io mi ricordo che si intrometteva eccome e altroché se ti influenzava – in meglio, visto che quando stavi con lei eri un padre decisamente meno talebano e paranoico!” sbotta Livietta, rivolgendo al padre un’occhiata che fa impallidire quella che Renzo ha appena indirizzato a Gaetano.
 
“Carmen a volte mi dava dei consigli ma poi mi lasciava decidere liberamente! E comunque non puoi paragonare la presenza di Carmen a quella di… di Gaetano: sono due situazioni completamente diverse, Livietta!” ribatte Renzo, sembrando per un attimo colto in contropiede.
 
“Ah sì?” domanda Livietta con un sopracciglio alzato, per poi aggiungere, in tono sarcastico, “già, è vero, hai ragione, sono due situazioni completamente diverse, visto che, quando era Carmen a mettersi in mezzo, io ero molto più piccola ed influenzabile di adesso. E non posso certo paragonare Carmen a Gaetano: Gaetano non ha mai fatto finta di essere il mio migliore amico e di non vedere l’ora di trascorrere tutto il tempo con me, per poi rinfacciare la mia presenza a mamma alle mie spalle, facendomi sentire di troppo, una palla al piede, un terzo incomodo. Gaetano non dice cose che non pensa, non finge di essere quello che non è, e soprattutto le cose me le dice in faccia, nel bene e nel male!”
 
“Livietta, adesso sei ingiusta: Carmen ti vuole bene, e lo sai, e non puoi attaccarti ancora ad una frase detta in un momento di nervosismo anni e anni fa! E comunque, la differenza è che quando Carmen ha iniziato ad essere più presente nella tua vita,  vi conoscevate ormai da anni e io e lei avevamo un rapporto consolidato! E poi Carmen è una donna e può capire sicuramente meglio le tue esigenze di quanto possa farlo un uomo che non ha alcuna esperienza a rapportarsi con una ragazza giovane come te, non come figura paterna, almeno,” ribatte Renzo, mentre Camilla stritola la mano di Gaetano per trattenersi dallo strozzare Renzo, comprendendo benissimo la sua ennesima frecciatina su lui e Livietta.
 
“Forse Carmen avrà detto quella frase in un momento di nervosismo, papà, ma pensava ogni parola, e sono sicura che le pensa ancora. Perché, se non te ne fossi accorto, nemmeno Carmen mi sembra abbia una grande esperienza a crescere dei figli e nemmeno questo grande istinto materno, visto che di figli non ne ha e secondo me non vuole nemmeno averne,” rimpalla Livietta, durissima, senza perdere un colpo, “e anche Gaetano lo conosco da una vita, da molto prima di Carmen, e pure mamma lo conosce da una vita e sinceramente il loro rapporto mi sembra ben più consolidato di quello che c’era tra te e Carmen, considerato come è finita tra di voi! E soprattutto Gaetano mi conosce davvero e mi capisce, molto meglio di Carmen, di te e forse pure di mamma.”
 
“Livietta, ti ringrazio, ma non serve, davvero, io-” cerca di intervenire Gaetano, imbarazzato da questa difesa a spada tratta, lanciando un’occhiata preoccupata verso Camilla e poi verso Renzo, che ha un colorito rossastro decisamente poco salutare.
 
“Sì, che serve, Gaetano, perché sto solo dicendo la verità: tu sei probabilmente l’unica persona che mi vede per come sono realmente adesso,” lo interrompe Livietta, prima di rivolgersi nuovamente al padre, con un’occhiata carica di… di tristezza e di rabbia, “adesso, papà, adesso, mentre tu continui a vedermi e a trattarmi come se fossi la Livietta di dieci anni fa, come se fossi ancora la bambina che hai lasciato quando sono tornata a Roma con mamma da Barcellona. Non ho più undici anni, papà, sono cresciuta e tu non vuoi accettarlo o non te ne sei ancora reso conto!”
 
“Livietta, ma cosa dici? Non è vero, io-“
 
“E invece è vero, papà! Io sono cambiata, ho esigenze diverse, desideri diversi, gusti diversi e tu… tu fai finta di non capirlo o non riesci a capirlo, non lo so,” ribadisce Livietta, con la voce tremante di chi sta per mettersi a piangere, “quello che so è che magari te ne saresti accorto, se avessi passato un po’ più di tempo con me, quando ne avevo bisogno, davvero con me, ascoltandomi, invece che lasciare fare a mamma o a Carmen, trattandomi come se fossi una specie di aliena che parla una lingua incomprensibile! Se ti fossi dedicato un po’ più a me, invece che concentrare tutte le tue attenzioni prima sul tuo lavoro, poi su Carmen e poi di nuovo sul tuo lavoro!”
 
“Come puoi dirmi questo?” sussurra Renzo, sconvolto, gli occhi lucidi, sembrando sull’orlo non solo del pianto, ma di un malore, “tu sei la cosa più importante della mia vita, Livietta, da sempre. Non c’è nulla più importante di te e non ho mai messo il lavoro o Carmen prima di te, mai!”
 
“E invece sì, papà,” grida Livietta, le lacrime che ormai le scorrono sulle guance, alzandosi in piedi con tanta violenza da buttare la sedia per terra, “ad un certo punto il lavoro è venuto prima di me! Ma ti rendi conto che da quando avevo undici anni ho passato molto più tempo senza di te che con te?! Prima perché eri depresso e troppo preso dal lavoro, con il tuo grande amico Passarelli, e poi siamo finiti in Spagna e non stavi mai a casa, stavi sempre al lavoro, con Carmen. E poi hai lasciato mamma e vi siete separati e quando noi siamo tornate a Roma tu sei rimasto a Barcellona con lei e hai aspettato due anni, due anni per pensare di trasferirti in Italia, dove c’era tua figlia!”
 
“Guarda che anche per me è stato un sacrificio terribile starti lontano, Livietta, ma non potevo fare altrimenti: il mio lavoro era a Barcellona e… tua madre aveva voluto tornare in Italia, perché non poteva lavorare in Spagna e anche tu non ti trovavi bene a Barcellona e dicevi che ti mancava l’Italia e… che cosa potevo fare?”
 
“Mamma non poteva lavorare in Spagna, è vero, ma tu avresti potuto fare benissimo l’architetto anche a Roma, se ti fossi adattato a fare progetti normali, che ne so, arredamento di interni, case private, o se avessi continuato a lavorare al ministero, come quando ero piccola. E invece no, non ti bastava più! Volevi solo i mega progetti, no, papà? Quelli prestigiosi! La verità è che a te e a Carmen faceva più comodo stare a Barcellona, no? Per godervi la vita da fidanzatini, senza una bambina sempre tra i piedi! E quando ti stufavi e avevi voglia di vedermi, prendevi l’aereo e mi venivi a trovare!”
 
“Non è vero! Io avrei sempre voluto stare con te, Livietta, e io e Carmen non abbiamo mai voluto fare i fidanzatini!” esclama Renzo, scuotendo il capo, la voce che gli trema come una foglia, “abbiamo fatto di tutto per vincere un progetto a Roma! Ci abbiamo messo due anni, è vero, però-“
 
“Per favore, papà, basta con le palle!” lo interrompe Livietta, durissima, “forse ci credi davvero a quello che dici, ma la verità è che quando sei tornato a Roma e dovevi dividere il tuo tempo tra lei e me, il tuo bel rapporto con Carmen ha cominciato a scricchiolare, non è vero? E tanto volevi stare con me che dove siete andati a cercarlo il progetto successivo? A New York! Nella città pericolosa a migliaia di chilometri di distanza!”
 
“Livietta, noi partecipavamo a tanti concorsi e abbiamo vinto quello. Ma io non sono partito, non sono partito, non sono riuscito a lasciarti, lo capisci?! Ho mollato tutto perché mi sentivo morire all’idea di vederti solo qualche volta l’anno!” grida Renzo, disperato, non riuscendo più a trattenere le lacrime.
 
“E allora sei tornato in ginocchio da mamma, no? A fare tutta quella sceneggiata, che l’amavi ancora! Magari per ripicca nei confronti di Marco, che, come me, non hai mai sopportato! E poi cos’hai fatto, visto che non potevi starmi lontano? Hai trovato un lavoro a Torino e ci vedevamo giusto qualche weekend e tu eri sempre stanchissimo! E di nuovo sono passati ancora quasi due anni prima che potessimo stare tutti insieme!”
 
“Perché tua madre non riusciva ad avere il trasferimento, Livietta. E il mio mestiere è complicato: se non vinci i progetti fai la fame. E a Roma ho trovato tutte le porte chiuse, mentre a Torino avevo dei contatti. Che cosa dovevo fare, eh? Non potevo mica farmi mantenere da tua madre insieme a te! E certo che ero stanco, Livietta, ma io ho fatto tutto per te, per darti una vita migliore, un futuro migliore!”
 
“La vita migliore me la davi già quando lavoravi al ministero e forse non guadagnavi tanti soldi e non avevamo i mobili di design, ma stavamo tutti insieme e avevi tempo e voglia di stare con me, te lo ricordi?!” chiede Livietta, amarissima, “io non me ne faccio niente dei tuoi soldi, volevo solo stare insieme a te, non lo capisci?!”
 
“Livietta…” sussurra Renzo, mentre un singhiozzo gli sfugge dalle labbra, “anche io volevo solo stare con te… davvero… è quello che ho sempre voluto, sempre.”
 
“Non è vero! Anche quest’anno che eravamo tutti insieme qui a Torino tu non eri quasi mai a casa. Certo, mamma a volte era anche peggio, ma pure tu… stavi sempre in studio e poi hai anche richiamato Carmen e passavi quasi tutto il tempo con lei! Si vedeva che qui a casa non stavi bene: quando è successa la storia di Bobo, praticamente non vedevi l’ora di volare con Carmen a Parigi!” esclama, alzando la voce, prima di aggiungere, in un tono che è poco più di un sussurro, “quanti weekend abbiamo passato insieme da quando siamo qui a Torino? Quanto tempo hai passato con me se non per controllarmi quando uscivo con gli amici?”
 
“Io avrei voluto passare più tempo con te, Livietta, ma sei anche tu che non ci sei mai, che hai sempre di meglio da fare, che vuoi uscire con i tuoi amici, che non hai voglia di stare con me, che non mi volevi e non mi vuoi tra i piedi e-“
 
“Certo che voglio uscire con i miei amici, papà: ho sedici anni, non sei! Io non potevo e non posso rimanere qui a tua disposizione ogni volta che ti torna la voglia di fare il padre presente!” urla, spingendosi via dal tavolo, “e se non ho voglia di passare il tempo con te, magari chiediti il perché, no, papà? Magari avrei più voglia di stare con te se quando siamo insieme facessimo qualcosa di divertente, qualcosa che mi piace, invece che attività per bambini delle elementari o per vecchi, per poi mollarmi con Carmen quando non sai più cosa inventarti!”
 
“Livietta, io sono sicura che tuo padre non intendeva-“
 
“No, mamma, non continuare a difenderlo, a giustificarlo! Lo sai cosa penso, papà? A volte mi sembra che tu… che tu mi volevi bene e mi hai voluto bene davvero solo fino a che ero una bambina piccola, dolce, fino a che pendevo dalle tue labbra, fino a che eri il mio eroe, il mio papà perfetto e non avrei mai potuto contraddirti, perché… perché ero una bambina e non avevo una mia personalità, delle mie idee, che magari non sono uguali alle tue. Mentre ora sembra che hai… che hai paura a parlare con me, ad affrontarmi e non accetti che sono cresciuta, che gli anni sono passati e che il tempo perso non ritorna indietro. Perché la Livietta piccola e dolce e ingenua con i codini a cui volevi tanto bene non esiste più e non esisterà mai più, perché non avrò mai più dieci anni! E se non riesci a vedermi, ad accettarmi per come sono ora… io… io…”
 
La voce le si spezza e abbassa il capo, nascondendo il viso dietro ai capelli, cercando inutilmente di contenere il pianto. Barcolla indietro per un attimo e poi corre verso il corridoio. Dopo pochi secondi sentono la porta d’ingresso chiudersi con un boato.
 
Camilla e Gaetano si guardano, completamente sconvolti, la mano di lei ancora stretta a morsa in quella di lui, le lacrime che le appannano la vista. Camilla lancia un’occhiata a Renzo, che si è afflosciato sulla sua sedia e piange silenziosamente con il viso nascosto tra le mani, sembrando essersi completamente scordato della loro presenza.
 
Incrocia di nuovo gli occhi azzurri di Gaetano, nei quali legge una comprensione che non avrebbe mai osato sperare. Un cenno di intesa, senza bisogno di parole, un’ultima stretta di mano, una carezza al viso, e Camilla segue l’istinto e il cuore. Si alza in piedi e gira intorno al tavolo, appoggiando una mano sulla spalla di Renzo. Lui sobbalza come se quel contatto bruciasse e poi alza il capo e la guarda, gli occhi arrossati, una disperazione nel viso talmente profonda e viscerale che è peggio di un pugno allo stomaco.
 
Senza quasi sapere come se lo ritrova tra le braccia, aggrappato a lei in una stretta disperata, come non era quasi mai successo in vent’anni di matrimonio. Era lei quella emotiva, quella che ogni tanto crollava e si faceva sopraffare dal dolore, che aveva bisogno di essere consolata. C’erano stati pochi momenti in cui Renzo si era mostrato così fragile davanti a lei: quando Renzo soffriva, si chiudeva a riccio e non permetteva a nessuno di avvicinarsi. Se si sfogava con qualcuno, lo faceva trasformando il dolore in rabbia.
 
Con la coda dell’occhio vede Gaetano alzarsi ed avviarsi verso il corridoio. I loro occhi si sfiorano per un altro brevissimo istante e poi con un cenno del capo, Gaetano scompare oltre la soglia. Il clic della porta d’ingresso questa volta è delicato, quasi impercettibile, ma Camilla lo sente rimbombare nel petto e risuonarle nelle orecchie come la più bella e profonda delle dichiarazioni d’amore.
 
***************************************************************************************
 
“È quasi mezzanotte…. Che facciamo se non torna?!”
 
“Camilla, ascoltami, devi stare tranquilla, ok?” la rassicura, accarezzandole i capelli, “Livietta sa davvero cavarsela da sola e-“
 
“Ma non l’ho mai vista così sconvolta! Nemmeno quando io e Renzo ci siamo lasciati per la seconda volta, nemmeno per Bobo,” ammette, non riuscendo più a contenere la preoccupazione, stringendosi di più a lui.
 
Renzo se ne era andato due ore prima: era distrutto, svuotato, uno zombie. Camilla gli aveva proposto di fermarsi per la notte, vedendolo così sconvolto e temendo che potesse fare un incidente, ma Renzo sembrava avere un disperato bisogno di starsene per un po’ da solo con i suoi pensieri e il suo dolore. E conoscendolo, aveva capito che era meglio non insistere. Alla fine avevano trovato un compromesso e Renzo, dopo aver bevuto qualche goccia del suo solito calmante – per fortuna non aveva buttato neanche quello – con una camomilla doppia, era andato a dormire nell’appartamento al primo piano, di cui aveva ancora le chiavi, dato che Carmen non si era decisa a disdire il contratto di affitto.
 
Gaetano era tornato poco dopo: aveva cercato nei locali lì vicino, nel parco dove spesso Livietta andava a passeggiare, ma della ragazza non c’era alcuna traccia. Dato l’orario, probabilmente aveva preso un taxi ed era andata in qualche locale chissà dove. Il cellulare risultava spento e non raggiungibile. Camilla, dal canto suo, aveva già fatto l’immancabile giro di telefonate tra le poche amiche di Livietta che sapeva essere ancora in città, cioè Lucrezia e Cristina, ma loro, apparentemente, non ne sapevano nulla.
 
“Sì, ma tua figlia è una ragazza intelligente, Camilla, con la testa sulle spalle, equilibrata, e anche se è sconvolta, sono sicuro che non farebbe mai una pazzia: probabilmente vuole solo starsene un po’ da sola,” cerca di tranquillizzarla, accarezzandole il viso, “ascoltami, io esco di nuovo a cercarla, ok? Ti ricordi il nome di qualche locale, anche non proprio vicino, dove Livietta è stata con le sue amiche, o con Greg… o con Bobo? Anzi, aspetta che cerchiamo sulle pagine gialle e sull’elenco del telefono e mi dici quali nomi ti sembrano familiari.”
 
Camilla annuisce e indica a Gaetano cinque nominativi, a cui aggiunge altri tre nomi che non sono in elenco ma che ricorda a memoria.
 
“E poi… e poi c’era un altro locale… gliel’aveva consigliato Savino… come si chiamava?”
 
“Giusto, Savino! Lui sicuramente se ne intende di locali che vanno di moda tra i giovani adesso! Quasi quasi prima di andare provo a vedere se è in casa… anzi…” indugia, facendo silenzio e tendendo le orecchie, “sì, è in casa ed è sveglio, a giudicare dal rumore di passi qui sopra.”
 
Savino alla fine era rimasto ad abitare a casa di Madame Mille Lire, insieme alla sua fidanzata, mentre la signora Lovera ed il suo redivivo Henry Gustave erano partiti per una lunghissima “Luna di Miele” intorno al mondo.
 
“Ok, allora andiamo?” domanda Camilla, alzandosi dal divano.
 
“No, Camilla, tu è meglio che rimani qui, perché è probabile che Livietta rientri mentre io sono fuori a cercarla,” la rassicura, portandola di nuovo a sedersi, “per qualsiasi cosa mi chiami, ok?”
 
“Ok… anche tu, chiamami se hai una qualsiasi novità!”
 
Gaetano annuisce, le accarezza il viso e le posa un bacio sulle labbra, un bacio in cui spera di trasmetterle tutta quella sicurezza e quella tranquillità che nemmeno lui possiede. Un rapido abbraccio ed esce dall’appartamento, pregando e sperando di poterci ritornare al più presto con Livietta.
 
***************************************************************************************
 
Respira l’aria frizzante del cortile, che, nonostante lo smog di Torino, sa di rugiada e di notte d’estate. Savino gli è stato davvero utilissimo, dandogli un elenco di nomi ed indirizzi che mai e poi mai sarebbe riuscito a ricostruire da solo ed offrendosi di prendersi metà della lista, dividendosi i locali da visitare, in modo da fare prima.
 
Se si fosse trattato di cercare chiunque altro, Gaetano avrebbe probabilmente rifiutato di coinvolgerlo e disturbarlo ad un orario del genere, oltretutto a metà settimana, sapendo che il ragazzo la mattina dopo avrebbe dovuto alzarsi presto. Ma quando ci sono di mezzo Livietta e Camilla, il timore di essere inopportuno e di disturbare vanno a farsi benedire.
 
È ormai alla macchina quando, estraendo le chiavi dell’automobile dalla giacca, si blocca sui suoi passi, rendendosi conto improvvisamente di una cosa, che gli era sfuggita quando aveva fatto il primo giro di ricognizione, forse perché ancora molto scosso dal confronto tra padre e figlia e da quell’abbraccio tra Camilla e Renzo. Non era gelosia, questa volta, era qualcosa di diverso, di più profondo… non solo perché, per un momento aveva rivisto i vecchi Camilla e Renzo, un segno tangibile di quel legame profondissimo che, nonostante tutto, evidentemente ancora li unisce, soprattutto nel momento del bisogno. Del resto lo sapeva, l’ha sempre saputo: vent’anni di matrimonio sono praticamente una vita intera e poi Renzo e Camilla hanno e avranno per sempre in comune la persona più importante della loro vita, cioè Livietta. Ed è un ambito, una parte della vita di Camilla che lui può condividere, in cui può entrare, ma non del tutto, perché non è e non sarà mai il padre di Livietta.
 
Ma ora che anche lui è padre, davvero padre, può capire, anche se forse non completamente, perché lui ed Eva non avevano mai avuto quel legame: lei era stata ed è madre, come lui è padre, ma non erano mai stati davvero genitori, non insieme. Non c’era praticamente mai stata condivisione, ma solo conflitto tra di loro per quanto riguardava Tommy. E, mentre sentiva Livietta rinfacciare al padre tutte le sue assenze, le sue mancanze… si era immaginato per un momento al posto di Renzo, con Tommy adolescente al posto di Livietta, che gli sbatteva in faccia gli anni in cui non c’era stato, il non avergli mai saputo dare una famiglia unita, l’averlo costretto fin dall’infanzia a crescere con due genitori sul piede di guerra o che si ignoravano, sballottato da una tata all’altra. E… aveva provato un senso di malessere lancinante ed indefinibile al tempo stesso, misto ad un senso di gratitudine nei confronti di Camilla perché, forse, è ancora in tempo per evitarlo, per essere un padre migliore per Tommy.
 
Adesso, qualche ora dopo, quel senso opprimente di malessere è svanito, sostituito dalla preoccupazione per Livietta e, allo stesso tempo, da quella lucidità, quella razionalità che, grazie al cielo, emergono ogni volta che sente che sta per entrare in azione, come un meccanismo ben oliato da anni ed anni di servizio. Ed è quell’istinto che l’ha fatto fermare, con le chiavi della macchina ancora in una mano, quell’istinto che gli dice che c’è qualcosa che non va. Con la mano libera continua a tastare le tasche, confermando che sono completamente vuote. Mancano le chiavi del suo appartamento! Fa mente locale, pensando se può averle lasciate da Camilla, ma no, sa di non averle mai tolte di tasca. Apre la macchina e controlla sui tappetini e sull’asfalto, visto che parcheggia sempre nel solito posto, ma delle chiavi non c’è traccia.
 
Con il cuore che gli martella nel petto, si avvia verso l’ingresso del suo lato della palazzina e corre su per le scale, facendo i gradini a due a due. Arriva davanti alla porta, quasi senza fiato, prova a girare la maniglia, che cede immediatamente, confermando la sua intuizione.
 
Con circospezione entra nella casa, completamente buia, ed inizia ad ispezionare le stanze, una ad una, cercando di essere più silenzioso che può. E poi nota un’altra cosa fuori posto: la porta della stanza di Tommy è aperta, mentre lui la tiene sempre chiusa, forse perché vedere quel letto vuoto gli provoca una malinconia che non accenna ad andarsene.
 
Si avvicina, ancora più cautamente, pronto ad ogni evenienza, fino a che i suoi occhi si adattano al buio e si rende finalmente conto che quel letto non è affatto vuoto.
 
Tutta l’aria, che non si era nemmeno accorto di stare trattenendo, esce dai polmoni, mentre sente la tensione evaporare, provocandogli quasi un capogiro.
 
Appoggia una mano alla parete e non può evitare di sorridere intenerito, vedendo Livietta stesa sul letto di Tommy, in posizione fetale, abbracciata ad uno dei peluche che suo figlio non era riuscito a far entrare nella valigia per Los Angeles, i segni di un pianto prolungato ancora evidenti sulle guance, scie che brillano sotto la luce della luna.
 
“Livietta, Livietta, svegliati,” la chiama sempre più forte, sedendosi sul letto e toccandole una spalla, quando la ragazza non risponde e continua a dormire.
 
“Mmm…” mugugna, cercando di scacciarlo con una mano, prima di aprire gli occhi e poi spalancarli, evidentemente confusa.
 
“Gaetano? Ma che… dove sono?” chiede, guardandosi intorno, prima di vedere l’orologio sul comodino, bloccarsi e richiudere gli occhi, nascondendoli dietro una mano.
 
“Livietta…”
 
“Scusami, io… volevo solo starmene un po’ da sola e ho pensato… ho pensato che qui papà non mi sarebbe mai venuto a cercare… ti ho preso le chiavi e… volevo tornare dopo poco, non appena vedevo che papà se ne era andato ma… devo essermi addormentata,” balbetta, mettendosi a sedere e togliendo la mano per guardarlo di nuovo negli occhi, quasi in panico, “oddio, la mamma sarà preoccupatissima, e… e papà…”
 
“Ehi, ehi, stai tranquilla,” la rassicura, estraendo il cellulare dalla tasca, “adesso avverto tua madre che ti ho trovata, o meglio, che tu hai trovato me, magari se vuoi ti dai una rinfrescata in bagno e poi ti riaccompagno di là, ok?”
 
“No, no, aspetta! Dov’è papà? È ancora a casa o…?” lo blocca, trattenendogli la mano prima che possa comporre il numero.
 
“Tuo padre è rimasto a dormire nell’appartamento di Carmen. Era davvero sconvolto, Livietta e-“
 
“Lo so, ma per favore, non chiamarlo, non dirgli niente: non sono pronta a vederlo, io-“
 
“Livietta…” la interrompe, toccandole la spalla per rassicurarla, vedendo che è di nuovo sull’orlo del pianto, “stai tranquilla, ok? Non voglio di sicuro obbligarti a fare qualcosa che non ti senti di fare, però devo almeno avvertire tua madre che sei tutta intera e che non ti è successo niente. E ad avvertire tuo padre ci penserà lei, ok?”
 
“Va bene… però…. Io non… non… non è che posso restare qui stanotte?” gli chiede all’improvviso, guardandolo con quei due occhioni azzurri e pieni di lacrime, in un modo che rende difficilissimo, per non dire quasi impossibile, negarle qualcosa, “non… non me la sento di vedere nessuno… ho bisogno di stare da sola ancora per un po’. E così anche tu e mamma potete starvene un po’ da soli…”
 
“Cioè, praticamente mi stai sfrattando da casa mia?” le domanda con un sopracciglio alzato e tono divertito, strappandole un lieve sorriso, per poi proseguire, più serio, “Livietta, ascoltami… tu sei sempre la benvenuta qui e casa mia è casa tua, però… sono sicuro che tua madre preferirebbe mille volte averti a casa con lei stanotte che starsene da sola con me, e lo stesso vale per me.”
 
“Lo so ma… puoi parlarle tu, per favore? E starle vicino? Domani… domani le parlerò io ma… adesso non ce la faccio davvero,” lo implora, trafiggendolo di nuovo con quello sguardo che è un’arma impropria.
 
Annuisce senza quasi rendersene conto, ritrovandosi stritolato in un abbraccio incredibilmente forte, sebbene la senta tremare, scossa dai singhiozzi che non riesce più a trattenere. E mentre le accarezza i capelli e cerca di consolarla e tranquillizzarla meglio che può, non può fare a meno di chiedersi se abbia preso la decisione giusta.
 
***************************************************************************************
 
“Quindi sta bene, sei sicuro?”
 
“Sì, cioè… sta bene per quanto possa stare bene, date le circostanze. Ma è tutta intera, sana e salva: ha solo percorso il cortile e fatto due scale e poi non si è mai mossa da casa mia…”
 
“Ma perché non vuole tornare a casa? È arrabbiata con me?” gli chiede, con uno sguardo che è un misto di sollievo e di angoscia.
 
“No, no, non è arrabbiata con te, per niente. Davvero,” la rassicura, vedendola lanciargli uno sguardo dubbioso, “sul serio, Camilla, a che cosa servirebbe mentirti su una cosa del genere? Tanto domani lo scopriresti da sola, no?”
 
“Quindi domani torna a casa?” gli domanda, decisamente più sollevata.
 
“Ma certo! Ma che pensavi? Che rimanesse sempre a casa mia? Non che non la ospiterei volentieri, e lo sai, se fosse davvero necessario… che ne so… se tu dovessi andare via per qualche tempo o avessi dei problemi, ma… Livietta ha bisogno di te, Camilla. Deve solo… metabolizzare un po’ quello che è successo, da sola, assorbire la botta prima di poterne parlare con te. Non so se e quanto pensi realmente tutto… tutto quello che ha detto a Renzo, ma non credo che si aspettasse nemmeno lei di… di fare uscire… tutto questo davanti a lui…”
 
“Già… non mi ero resa conto di quanta… di quanta rabbia e quanto risentimento Livietta si fosse tenuta dentro dalla nostra prima separazione. È che… quando era piccolina era una cocca di papà: ho sempre saputo che, sì, mi voleva bene, ma con suo padre… c’era un legame davvero speciale, fortissimo. Ma ad un certo punto… è come se si fosse incrinato qualcosa, soprattutto da quando Livietta è diventata adolescente, e credo che ne abbiano entrambi sofferto molto. Non è del tutto colpa di Renzo, i rapporti tra genitori e figli cambiano crescendo, ma probabilmente Livietta non gliel’ha mai perdonato…” commenta Camilla, sentendo di nuovo un groppo in gola, “e Livietta protesta a volte per le cose più… più futili, ma quando sta male davvero si chiude a riccio, vuole stare da sola, non vedere nessuno e maschera il dolore dietro la rabbia. Per tanti versi lei e Renzo sono molto più simili di quanto pensano…”
 
“Beh, magari questo può essere un nuovo inizio per loro, no? Adesso giocano a carte scoperte e… sicuramente riusciranno a capirsi di più…” la incoraggia, posandole le mani sulle spalle per portarla a guardarlo negli occhi.
 
“Non lo so, Gaetano… vorrei crederti ma… non sarà per niente facile…” sospira Camilla, lasciandosi andare sul suo petto.
 
“Una donna molto saggia qualche tempo fa mi disse che essere genitori non è mai facile, ma può essere molto bello, che bisogna sempre darsi una seconda possibilità. E aveva ragione,” le sussurra all’orecchio, vedendola alzare il capo e regalargli un sorriso bellissimo, seguito da un bacio lieve ma di una dolcezza disarmante.
 
“Grazie…” gli mormora sulle labbra, commossa, “Gaetano, non so come farei senza di te, davvero! Sei un angelo con me e anche con mia figlia. E anche Livietta lo sa e… è incredibile quanto si sia affezionata a te: non è un caso che sia venuta a rifugiarsi a casa tua – e no, la conosco, e quindi non mi bevo la storia che l’abbia fatto solo per evitare Renzo.”
 
“Camilla, non serve che mi ringrazi: prima di tutto perché anche io voglio molto bene a Livietta e… beh quello che provo per te… insomma, lo sai… quindi lo faccio più che volentieri e non mi pesa affatto. E poi… non è nemmeno un centesimo di tutto quello che tu hai fatto per me e per Tommy,” le sussurra di rimando, accarezzandole il viso, “ed in quanto al fare a meno di me… ti ho già detto che non ti libererai facilmente di me, professoressa. Io ci sarò sempre al tuo fianco, fino a che tu lo vorrai.”
 
Un altro bacio intenso e dolce e poi Camilla lo guarda di nuovo in quel modo, pieno di amore e di orgoglio, che lo fa sentire l’uomo più fortunato del mondo.
 
“Rimani con me stanotte?” gli chiede, in quella che è quasi una preghiera, facendolo sorridere intenerito.
 
“Considerato che Livietta vuole starsene per conto suo e quindi non posso rientrare a casa… beh… o mi trovo un albergo, o rimango qui o chiedo ospitalità a Renzo. Tu che ne dici?” le domanda di rimando, ironico, guadagnandosi un colpo sulla spalla e uno di quei sorrisi sinceri e bellissimi che solo Camilla sa regalargli.
 
In silenzio si avviano verso la camera da letto e si coricano, ancora vestiti, sopra il lenzuolo, come per un tacito accordo, senza bisogno di parole o di spiegazioni. Sanno entrambi che questa sarà una notte di attesa.
 
“Cerca di dormire almeno un attimo,” sussurra, baciandole una tempia, prima di accoglierla tra le sue braccia.
 
“Puoi stringermi forte per un po’?” gli domanda con voce tremante, rifugiandosi nell’incavo del suo collo.
 
“Lo sai che non c’è bisogno di chiederlo…” mormora, sollevandosela sul petto per poterla avvolgere completamente.
 
Rimangono così, stretti-stretti, in silenzio, per un tempo infinito, fino a quando, cullati dal respiro dell’altro, cedono infine al sonno.
 


 
 
Nota dell’autrice: E ce l’ho fatta, finalmente! Alcune parti di questo capitolo, soprattutto le discussioni tra padre e figlia sono state davvero complicate da scrivere, molto più del previsto. In questo capitolo sono stati gettati parecchi semi per sviluppi futuri tra i personaggi. Come dice Gaetano nel capitolo, da qui Renzo e Livietta potranno e dovranno ripartire per ricostruire il loro rapporto in modo più maturo e consapevole ma… non sarà facile. Nel prossimo capitolo ci attendono alcuni momenti di pace seguiti da altri momenti ad alta tensione e ad una e vera e propria esplosione, che potrebbe avere conseguenze davvero gravi. Alcuni indizi per capire di cosa si tratta li avete già da questo capitolo e… scoppierà un bel casino!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che non sia risultato noioso e abbia ripagato un poco l’attesa. Tra non molto ci sarà un nuovo giallo, ma prima ci saranno ancora diciamo due o tre capitoli più “familiari”, con dei salti temporali.
Vi ringrazio come sempre tantissimo per avermi letta e seguita fin qui, per i vostri pareri e commenti e, se vi va, vi do appuntamento al prossimo capitolo ;)!
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Provaci ancora prof / Vai alla pagina dell'autore: Soul of Paper