Videogiochi > Sonic
Segui la storia  |       
Autore: Rain of Truth    10/04/2015    4 recensioni
Dash the Hedgehog, figlio di Sonic the Hedgehog, è un riccio spensierato ed irresponsabile. Un giorno, durante il ritrovo di tutti gli amici del padre, Dash incontrerà una ragazza, Althea, futura regina della dimensione del Sol e figlia di Shadow the Hedgehog. Sotto richiesta dei genitori, Althea rimarrà nella dimensione di Sonic per ottenere le doti necessarie e la forza per diventare una sovrana ideale. Con il tempo, Althea imparerà ad apprezzare i suoi nuovi amici, in particolare Dash, che inizierà a provare qualcosa in più nei confronti della ragazza. Dopo l'arrivo di nuovi e pericolosi nemici, il gruppo di ragazzi sarà costretto ad affrontare la minaccia, che potrebbe mettere in pericolo entrambi i mondi.
Salve! Allora, questa storia avevo in mente già da un po' di tempo di pubblicarla. Se piacerà abbastanza, allora la continuerò. Spero che vi piaccia, e buona lettura!
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Linee di confine Eggman
Scrutai per la milionesima volta le stesse immagini che osservavo praticamente ogni giorno. Quello stile di combattimento, quella potenza, tutta quell’incredibile forza distruttiva incanalata in una singola ragazza…
-Sta studiando i movimenti del nostro nemico, Dottore?- mi chiese Orbot. Annuii lentamente, non prestandogli molta attenzione.
-Come al solito Sonic, immagino- mormorò.
-Ma cosa stai dicendo?- borbottò Cubot, apparso magicamente al fianco dell’altro robot. -Si vede chiaramente che non è lui. La differenza è evidente-. Orbot gli rivolse un’occhiata scettica.
-Sarebbe?-
-Sonic non indossa il gilet-.
Orbot scosse esasperato la testa.
-Chiudete la bocca entrambi!- sibilai, scoccandogli un avvertimento con lo sguardo. -Non sto osservando Sonic. Men che meno Dash-. Mi sporsi verso l’enorme schermata del computer, indicando la gatta dagli occhi rossi che si muoveva velocemente sul campo di battaglia, scappando insieme a Dash dall’orda di Badnik che li stava inseguendo. -Ma lei sì-.
Orbot strinse gli occhi. -La mezza gatta?-
-Esatto. Ha un potere a dir poco spaventoso- dissi. -A quanto pare ha ereditato le parti migliori dei suoi genitori…-
Cubot mi guardò inquietato. -Crede che potrebbe essere un problema per il funzionamento del piano?-
-Forse. Dipende tutto da come giochiamo le nostre carte. Potrebbe essere la nostra migliore amica… o la nostra peggior nemica-.
 Cambiai l’inquadratura, sostituendola con un’immagine che mostrava Althea nell’intento di colpire un Badnik con una palla di fuoco.
-Ho notato che i suoi poteri sono molto instabili. Penso che se in qualche modo riuscissimo a spingerla al limite del loro controllo, potrebbero diventare un' ottima arma di distruzione di massa- affermai. -È solo un’ipotesi, ma credo che se sprigionassimo il massimo delle sue potenzialità in una sola volta, si creerebbe un esplosione così potente in grado di coinvolgere ogni cosa nel raggio di qualche centinaio di chilometri-.
Orbot fischiò, stupito. -Impressionante-.
-Comunque non sono affari vostri- ringhiai, disattivando il video e le immagini che stavano scorrendo sui monitor. -In che condizioni siamo con le Riserve?- chiesi in un ringhio scuro.
Cubot lesse attentamente un documento che si era portato dietro. -Rimangono esattamente 5683 abitanti delle valli non ancora trasformati. Possiamo infoltire ancora un po’ l’esercito, Dottore-.
-E a che punto sono le unità di ricerca?-
-Oggi hanno catturato diverse centinaia di Flickies e altre varietà di animali, ma Green Hill comincia ad avere sempre meno risorse- disse.
-Dovremmo iniziare ad espandere le nostre zone di ricerca- proruppe Orbot.
Gli feci un cenno con la testa, accettando la sua proposta. -E come procede il ‘’Progetto Perdono ’’?- chiesi. I due robot si lanciarono un’occhiata. -Il soggetto non ha ancora dato prova delle sue complete potenzialità. Per ora si è solo limitato a girovagare per varie parti del mondo, escludendo tutte le zone comprendenti aree urbane maggiori, o sorvegliate dalle truppe dell’esercito o della G.U.N - disse Cubot.
-Ottimo. Proprio come volevo- ghignai.
-Però,- mi interruppe Orbot -deve sapere che è stato rilevato molto vicino alle aree di confine delle Green Hill. Di questo passo potrebbe incappare nelle zone di corsa del porcospino e della sua famiglia. Dobbiamo impartirgli l’ordine di cambiare zona per le sue scampagnate?-
Corrucciai le sopracciglia, fissandoli entrambi con aria truce.
-No. Lasciatelo fare.-
Orbot mi guardò, incuriosito dalla mia decisione. -Ha in mente qualcosa, signore?-
-Era da un po’ di tempo che volevo testare gli strumenti a mia disposizione, e quest’occasione è perfetta, soprattutto perché siamo in attesa che le truppe siano organizzate per il secondo attacco alle basi-. 
-Vuole che gli ordiniamo di catturare la ragazza?-
-No. Rischieremmo solo di attirare l’attenzione dei nostri nemici verso il mio covo di fortuna. È già un miracolo se fino ad ora siamo riusciti a nasconderci a sguardi indiscreti. Tra l’altro, attireremmo le ire sia della famiglia di Sonic che di quella della ragazza. Non siamo ancora pronti per un approccio così diretto, ci distruggerebbero-.
Cubot allora intervenne. -Allora cos’ha in mente?- Sulla mia faccia comparve un largo ghigno. Non riuscivo a trattenere un radioso sorriso. I miei denti riflettevano la luce emessa dai computer. -Fare un investimento per la nostra causa. Fateli interagire e vediamo cosa accade. Se vinciamo, elimineremo dei nemici. Se perdiamo, allora saprò qualcosa in più su di loro-.
-Oppure non succederà nulla…- borbottò Orbot, disilluso, quasi implicando un inevitabile fallimento dovuto ad un imprevisto.
L’unico motivo per cui tenevo ancora attivi quei due era perché mi fidavo  di loro, e perché loro avevano bisogno di me. Non mi avrebbero tradito facilmente.
-Comunque sia, per ora…lasciate scorrere gli eventi-.
***
Dash
Era ovvio che la giornata fosse iniziata fin troppo tranquillamente per poter continuare così.
-‘’Vado a farmi un giro qui vicino ’’ aveva detto lei- ringhiai sotto il mio respiro. -‘’Torno tra un po’. Non aspettatemi per pranzo ’’. Crede davvero che mia madre ci faccia pranzare senza di lei?!- borbottai tra me e me. Rallentai la mia camminata, cercando di non farmi notare.
‘‘Dove stai andando?’’ mi chiesi, osservando Althea mentre marciava a passo spedito verso una direzione che portava chissà dove, come se avesse scelto il luogo in cui andare in  modo completamente casuale. Aveva addirittura attivato i pattini ad alta velocità per arrivare fin qui. Ed è particolarmente difficile seguire una persona a velocità supersonica senza farsi scoprire. C’è sempre il rischio di frantumare il muro del suono.
La cosa strana era che si stava dirigendo proprio al bosco di confine, rendendomi difficile comprendere le sue vere intenzioni. Voleva forse andarsene? Dovevo seguirla  per scoprirlo.
-So che sei tu. Vieni fuori- disse alzando la voce. Piano B.
-Ok, come diavolo facevi a saperlo?-
-Sapevo di essere seguita. Ma da chi, me l’hai detto tu adesso- disse, voltandosi verso di me, socchiudendo gli occhi, mostrandomi il suo sgargiante, ma allo stesso tempo ironico sorriso di vittoria e gesticolando con la mano destra. Si rigirò subito dopo, proseguendo per la sua strada.
-A-a-ah!- esclamai, parandomi davanti a lei e fermandola. -Credevo che dopo averti trovata, la questione sarebbe finita con un ‘’Torniamo pacificamente a casa’’, non con un ‘’Freghiamocene completamente e continuiamo per la nostra strada‘’- dissi. Lei alzò un sopracciglio.
-Levati di mezzo, ho da fare- ringhiò scostandomi bruscamente con un braccio. La guardai stizzito.
-Mio padre ci ha vietato di allontanarci troppo da casa-.
-Non dimenticarti del perché mi ospitate. Non posso passare tutte le mie giornate relegata in casa o andando in giro a svagarmi. Per avere il pieno controllo dei miei poteri devo allenarmi- sibilò scocciata, le labbra strette in una linea dura e sottile.
Mi parai di nuovo dinnanzi a lei. -E perché proprio in una foresta?-
Lei si strinse nelle spalle. -Beh, forse essere circondata da cose che si incendiano con facilità sarebbe un incentivo per tenere meglio a bada il fuoco. Quindi mi dispiace, ma devo andare- mormorò, afferrandomi con forza per le spalle e scostandomi di lato.
Mossi nervosamente un orecchio, mentre lei si allontanava con passo incredibilmente silenzioso.
-Ci si può perdere facilmente in quella foresta- dissi, sperando che almeno quello avrebbe potuto scoraggiarla. Lei si voltò lievemente verso di me, le spine che le coprivano parte del volto.
-Questo non è un problema. Ho un ottimo senso dell’orientamento- rispose, mostrandomi un mezzo sorriso accompagnato da un’espressione da spaccona.
Mi misi le mani in tasca, guardandola divertito. -Non lo metto in dubbio. Comunque sia non sono intenzionato a farti andare là dentro da sola-.
Lei sospirò, alzando gli occhi al cielo. -Che cosa devo fare per essere lasciata in pace da te?- chiese in un ringhio infastidito. Ghignai.
-Per prima cosa, io verrò con te-.
-Bene, affare fatto. Andiamo- sibilò scocciata ed affrettata, prima che la interrompessi.
-Poi…quando torneremo da lì, mi dovrai insegnare ad usare il fuoco-.
Lei corrucciò le sopracciglia, confusa. -Ma…- balbettò. Poi, uno sprazzo di divertimento le attraversò gli occhi. -…e va bene. Ora sbrigati-.
-Sì!- Esclamai tra me e me quando lei si fu girata.
Quindi, ci avviammo verso la selva oscura.
I primi alberi mostravano un ambiente misterioso, una brezza fresca e leggera ci sferzava contro con dolcezza, mentre la luce solare che penetrava le foglie ci immergeva nel verde. Già quella visione, pur gradevole, si allontanava da ciò che normalmente chi abita nelle Valli si aspettava di vedere. Davanti a noi però, sembrava che luce si diradasse sempre di più, e che l’oscurità gradualmente vincesse la sua battaglia contro i raggi solari. Man mano che i minuti passavano e che noi ci addentravamo sempre di più nei meandri della foresta, una strana umidità cominciò ad appiccicarsi ai nostri corpi, e la nebbia si infittiva, fino a limitare la nostra visuale a pochi metri davanti a noi. Sembrava essere diventata improvvisamente notte nonostante avessimo superato di poco mezzogiorno.
-Adesso capisco il perché di quelle voci che girano su questo posto- sussurrai, guardandomi intorno. Althea mi rivolse uno sguardo dubbioso.
-Quali voci?-
-C’è una leggenda secondo cui questa foresta provenga da un’altra dimensione. È l’unico luogo in tutta Green Hill in cui si può trovare la nebbia- spiegai. -In effetti tutto quello che arriva da un’altra dimensione è tetro e spaventoso- aggiunsi, punzecchiandola di proposito.
Lei mi fulminò velocemente con lo sguardo. -Dobbiamo trovare uno spiazzo libero da alberi. Sbrigati- rispose fredda, accelerando l’andatura.

***
-È da un’ora che stiamo camminando. Come puoi aspettarti di trovare uno spiano senza ostacoli in una foresta?- grugnii annoiato. Lei roteò gli occhi.
-Smettila di lamentarti. Stai facendo seri danni al mio sistema nervoso-.
-Vorrei ricordarti che è per colpa tua se adesso non sono a casa mia per pranzare-.
Lei sbuffò. -Di certo non ti farà male. Sai, hai un po’ di roba da smaltire lì- indicò con il pollice la mia pancia. Spalancai la bocca, fissandola con gli occhi sbarrati. -Che cosa stai insinuando?- ringhiai. Lei si fermò di scatto, guardando fisso davanti a sé.
-Tu sei l’ultima che può…Mph!- fui zittito dalla sua mano improvvisamente pressata sulle mie labbra. Strinse gli occhi, come se stesse cercando di accertarsi di qualcosa.
-Fai silenzio… e non muoverti…- sussurrò, muovendo convulsamente un orecchio. La guardai confuso. E poi li sentii anch’io. Dei passi pesanti risuonavano ritmici nell’aria, rompendo il silenzio.
Mi voltai velocemente verso Althea, scostando la sua mano ancora premuta sulla mia bocca. All’improvviso quei passi si fermarono, ma non vedevamo ancora nulla. Al loro posto, una piccola luce rossa simile ad un laser si accese, trapassando la nebbia. Non sembrava pericolosa, ma non sapevamo cosa fosse.
Si muoveva in varie direzioni, sembrando esaminare il posto. Poi iniziò a dirigersi verso la nostra posizione.
-Abbassati!- mi ordinò Althea, premendomi una mano sulla testa e tirandomi giù a forza. Il laser passò sopra di noi, non rilevandoci.
Eppure continuava a muoversi, cercando lì attorno qualcosa. A volte si avvicinava a noi, altre volte si allontanava. Ad un certo punto stava quasi per sfiorare l’orecchio di Althea. Lei non lo aveva ancora notato, quindi dovetti intervenire
-Psss-. Feci per avvertirla, soprattutto indicandole con lo sguardo di abbassare l’orecchio. Lei sbarrò gli occhi, abbassandolo velocemente. Potevo chiaramente intravedere la sua paura nel pensare a ciò che sarebbe successo se fosse stata sfiorata.
Quando il laser sembrò allontanarsi da noi, iniziammo a strisciare lentamente lontano da quel luogo. Le foglie secche sul terreno e i rovi mi graffiavano le gambe, facendomi trattenere a stento dei gemiti di dolore.
-Sono questi i momenti in cui mi odio per non indossare i pantaloni- sussurrai, una smorfia di dolore sul volto.
Althea mi guardò in un modo strano. Confusa e… leggermente disturbata da quello che avevo affermato.
Quando ci fummo allontanati abbastanza, Althea si alzò in piedi, dandosi una rapidissima spolverata ai vestiti.
-Alzati- sussurrò. Mi fece un cenno con la testa. -Andiamocene-. Quando feci per scattare, lei si parò in parte davanti a me. -Non troppo veloce. Non deve sentirci- specificò.
Io annuii, osservando la sua mano mentre faceva il conto alla rovescia per la nostra partenza.
-Uno,- mimò con le labbra. -due…-
I suoi pattini iniziarono ad attivarsi. -Tre-. Sbatté il piede sul terreno per dare un po’di frizione e riuscire a partire, e iniziammo a correre in contemporanea.
Dopo qualche minuto di corsa relativamente lenta, ci fermammo e cercammo di riorganizzare le idee.
-Che cos’era?- chiesi spaventato.
-Speravo che tu lo sapessi. Non ne parlano nelle leggende?-
-Mai sentito di uno spettro da queste parti-.
-Quello non era uno spettro…- mormorò lei, con la tensione che trasudava dalle sue parole, nonostante cercasse di trattenerla con tutte le sue forze.
-Come fai a dirlo?-
-I fantasmi non sputano raggi a infrarossi. Qualunque cosa fosse, stava cercando qualcosa, o qualcuno-.
-Personalmente non voglio scoprire il perché. Andiamocene, prima che ritorni-. Ci guardammo intorno, e sentii salirmi leggermente il panico.
-… Da che parte è l’uscita?-
Althea deglutì. -Tu non lo sai?- chiese in un sussurro strozzato.
Reclinai all’indietro la testa, sospirando sommessamente. -E che fine ha fatto il tuo ‘’straordinario’’ senso dell’orientamento?-
Lei mi guardò innervosita. -Non è il momento adesso. Dobbiamo uscire subito da questa foresta-.
Si posò l’indice sul labbro inferiore, riflettendo. Poi mi guardò decisa. –Corriamo il più velocemente possibile. Non importa la direzione. Prima o poi riusciremo ad uscire di qui-.

***
-Tutto questo non è assolutamente possibile!- sbottai. Avevamo corso con i nostri soliti ritmi, evitando accuratamente il luogo in cui prima avevamo visto quel laser, ma… non eravamo  riusciti ad uscire da lì.
-C’è decisamente qualcosa che non va- bofonchiò la gatta. -Avremmo almeno dovuto intravedere la luce del sole tra gli alberi mano a mano che avanzavamo, eppure non è così-.
Mi passai una mano tra le spine, scompigliandole nervosamente.
-Senti, i tuoi pattini hanno dei razzi incorporati, giusto?- chiesi, dopo che mi venne un’idea in mente.
Lei corrucciò le sopracciglia. -Sì, perché?-
-Puoi utilizzarli anche per volare? Potresti farlo per vedere al di sopra quegli alberi e trovare la strada da cui siamo arrivati-.
Si irrigidì improvvisamente. -Per volare? Beh, sì, in teoria… ma…- bofonchiò, una scintilla di panico nello sguardo. Si massaggiò nervosamente un braccio.
-Cosa? Qual è il problema?- chiesi incuriosito, notando la sua reazione. -Ok, sputa il rospo-.
Lei mi guardò esitante, muovendo nervosamente la coda. -Il fatto è… che ho utilizzato buona parte del carburante per arrivare fin qui, e rischio di rimanere a secco nel caso in cui tornasse quel tipo-.
Alzai un sopracciglio, ridacchiando. -Carburante? Diamine, una volta abbiamo corso praticamente per una giornata intera senza fermarci, e ora mi dici…- Venni improvvisamente interrotto da uno stormo di uccelli che volava via, impaurito. Mi prese un colpo, e istintivamente mi voltai verso la loro direzione per capire cosa fosse successo.
-Woah… solo uccelli, meno male. Beh, torniamo al discorso di prima…- Quando mi rigirai, Althea non c’era più. Mi guardai intorno, da tutte le parti, ma non la vidi.
-Althea?- la chiamai. Nessuna risposta. Sentii il cuore fermarsi di colpo. -Althea!- urlai, sperando come non mai di averla vicino.
All’improvviso vidi qualcosa cadermi davanti agli occhi, spargendosi sul terreno. Era una goccia di uno strano liquido nero e denso. Ne cadde un’altra. Alle mie spalle sentii il rumore di vari sgocciolii. Mi voltai. Dai rami degli alti alberi stava sdrucciolando lentamente una sostanza nera e disgustosa, che andava a posarsi per terra. Una lieve brezza, simile a quella di quando ci trovavamo all’entrata della selva, solo più calda e afosa, si ripresentò. Ma stavolta non era la pace il messaggio che mi portava. Se prima la foresta era buia, almeno ero stato in grado di vedere gli alberi in lontananza. Ma adesso, sembrava quasi che quel vento, come un respiro oscuro, trasportasse il buio della foresta tutto attorno a me. Potevo intravedere solo le piante poco distanti, mentre tutto il resto era coperto da una tenebra impenetrabile, insondabile ed angosciosa. Era come quando si è bambini, ci si sveglia nel mezzo della notte e ci si rende conto che si ha sete, e bisogna addentrarsi nel buio, da soli, per non svegliare nessuno e per riuscire a dissetarsi.
Mi sembrava di trovarmi nella foresta di notte fonda, nonostante fosse pieno giorno.
Le gocce nere iniziarono a scivolare, quasi a… muoversi lascive sul terreno, unendosi in piccoli  corsi che si muovevano tutti verso un unico punto davanti a me, formando nel loro andare dei meandri, come dei piccoli fiumiciattoli.
Si era formata una densa pozza nero pece, che stava cominciando ad assumere una forma più compiuta. La chiazza divenne una sagoma, e dalla sagoma comparvero braccia e gambe, poi si definirono un busto, delle mani, dei piedi e una testa. Una figura nera e gracile, che sembrava inconsapevole d’essere nata. Le mie gambe erano bloccate, il mio cervello non pensava, e i miei occhi non volevano guardare, ma ero in stasi, così come il mio sguardo. La figura cominciò a muovere le braccia e le gambe con grande fatica. Sentii uno strano gelo pervadermi le ossa.
Quell’essere stava provando con tutte le sue forze ad alzarsi in una posizione eretta, ma sembrava quasi scivolare lui stesso sul terreno. Dopo qualche tentativo, si posò su un ginocchio, alzandosi pian piano. Le gambe non riuscivano a stargli dritte, e teneva la schiena completamente gobba.
Mi guardò, e solo in quel momento mi accorsi con orrore di una cosa: non aveva gli occhi.
Sul suo volto c’era solamente un enorme bocca, che però teneva serrata. Dopo avermi fissato per qualche momento, le sue labbra cominciarono ad incresparsi molto lentamente.
Stava provando a… sorridere? La bocca era allargata da quella sua smorfia, lasciandomi vedere quello che prima non avrei potuto: aveva dei denti candidi, lunghi e acuminati. Allungò un braccio verso di me, mentre la testa, reclinata all’indietro, era in preda di violenti spasmi nervosi che la facevano muovere in modo del tutto casuale.
-Io… sarò… il tuo…Dio…- sussurrò in un ringhio, respirando affannosamente. Potevo quasi vedere il vapore provocato dal freddo fuoriuscire dalla sua bocca.

Sentii qualcosa toccarmi la spalla. Mi voltai di scatto, terrorizzato. Althea mi guardò stranita , e rimosse la mano dalla mia spalla.
-Tutto bene?- mi chiese, un tono di voce strano. Mi accorsi di avere gli occhi spalancati e il respiro veloce e quasi affannato.
-Io…- Mi voltai verso il punto in cui pochi secondi prima era sdraiato quell’essere… ma sul terreno c’era soltanto uno spazio vuoto.
Althea mi si affiancò, guardando nel mio stesso punto. -Ti sei incantato per un po’. Che ti è successo?- mi chiese.
-Do…dobbiamo andarcene da qui...- Avevo il sudore che trasudava dal mio corpo, ed Althea sembrava spaventata da ciò.
-Fino ad un minuto fa stavi bene, cosa ti prende?-
Non potevo rispondere alle sue domande. Non ancora. Era l’ultimo dei miei problemi, dopo che vidi che eravamo stati rintracciati. Allungai la mano nella direzione opposta ad Althea, puntando con il dito.
-Lui è qui-.

Eggman
-Tutto è andato esattamente come volevo io- dissi ai miei due piccoli vassalli. -Riuscire a ricatturare il fuggitivo non è stato per niente facile, ma alla fine ci siamo riusciti. Alla fine dei conti, sembra che nessuno possa scappare per sempre, non credete?-
-Devo ammettere che il congegno che ha creato funziona piuttosto bene. Perché non ci ha pensato prima?- chiese Orbot, stuzzicandomi. Non gli risposi, e lanciai un’occhiata a Cubot.
-In che condizioni è il nostro amico?- chiesi.
-È al massimo delle sue potenzialità- rispose
Ridacchiai. -Bene. Vi annuncio che il Progetto Perdono è completamente operativo-. Mi avvicinai un microfono per le comunicazioni alla bocca.
-E-123 Omega: attacca-.

***
Althea
Il nostro inseguitore ci fissò per qualche eterno secondo con due occhi piccoli e rossi. La verniciatura rossa di una parte della sua corazza era a malapena visibile, nella penombra. Dall’oscurità vidi spuntare due grandi braccia di metallo, puntate verso di noi. Le sue argentee mani si ritirarono, ed al posto delle acuminate dita comparirono delle armi. Non ce n’erano di così nel mio mondo… ma era abbastanza semplice intuire cosa fossero. Sbarrai gli occhi e guardai rapidamente Dash, che sembrava ancora spaesato. ‘’Ma che…?!’’
Gli afferrai prontamente il polso, strattonandolo per farmi seguire, e il ragazzo sembrò finalmente risvegliarsi dalla sua trance. Il rumore assordante di degli spari mi frastornò.
-Sbrigati!- strillai. Sentii un sibilo acuto vicino all’orecchio, seguito un dolore terribile alla spalla. Grugnii per il dolore, portandomi una mano nella zona interessata. Mi aveva colpito di striscio, ma la ferita era abbastanza profonda.
Ci riparammo appena in tempo dietro un albero per non essere colpiti ulteriormente dalle pallottole.
-Stai bene?- sussultò Dash, guardando con attenzione lo strappo che avevo adesso sulla giacca e da cui si intravedeva la carne viva. Esaminai la mano che ci avevo premuto sopra poco prima. Era zuppa di sangue.
-È solo un graffio- mormorai con un grugnito di dolore in risposta. Gli spari cessarono all’improvviso. Dopo qualche secondo, un rumore simile ad una forte esplosione risuonò tra gli alberi, colpendo i tronchi vicini e quello dietro cui eravamo riparati. La corteccia saltò via con facilità, seguita dagli strati più interni dell’albero.
-Se non ce ne andiamo siamo carne morta- disse Dash, che ormai sembrava aver perso la sua tipica attitudine da spaccone. Nonostante fossimo in una situazione pericolosa, mi incuriosiva cosa avesse potuto turbarlo tanto.
-Se ce ne andiamo, continuerà a seguirci e ci ritroverà. Non mi sembra il tipo che si arrende facilmente- disse.
-Sì, hai ragione-. Un altro sparo fece cigolare l’albero, che si inclinò leggermente verso di noi.
-Allora che facciamo?- chiese impaurito. Con lo sguardo determinato e con l’adrenalina a mille affermai: -Lo plachiamo. Ascolta…-

***
-Ehi robottone! Guarda, sono qui!- urlò Dash, agitando le braccia in aria per farsi notare dal nostro nemico. Mi mossi cautamente su uno dei rami più sottili dell’albero, sporgendomi verso la sua estremità. Dash mi lanciò un occhiata. ‘’Sicura di quello che stai facendo?’’ mi chiese silenziosamente. Io roteai gli occhi. Credeva che io mi stessi per caso divertendo? Non su quell’albero. E non a quell’altezza. Il ramo scricchiolò. ‘’Fai in fretta riccio. Sbrigati.’’ pregai mentalmente.
Il robot puntò le armi verso Dash cominciando a sparargli contro. -Bravo ragazzo!- strillò Dash, che cominciò a schivare i proiettili, correndo in direzione dell’albero su cui mi ero nascosta. L’automa attivò dei razzi nel retro della sua schiena, e scattò velocemente verso di lui, serrando la mano a pugno.
-Che c’è, non riesci a starmi… oh, cavolo- strillò Dash, quando si accorse che il robot era a pochi centimetri da lui, e che il suo pugno stava per schiacciarlo. Lo schivò giusto in tempo, ma quando il pugno raggiunse il terreno, l’impatto fu fortissimo, tanto da sollevare parte della terra sottostante e da travolgere anche Dash.
Ma ormai il nostro cacciatore si trovava nel punto da noi prestabilito, sottostante al ramo sopra cui ero rannicchiata.
‘’Io e le mie stupide, stupidissime idee’’. Mi lanciai velocemente nel vuoto, infuocando le gambe. Quando arrivai vicino al robot, gli tirai un potente calcio sulla faccia, colpendo i suoi occhi. Il robot si sbilanciò per un attimo all’indietro.
-Hah!- esclamò Dash, un sorriso vittorioso sul volto. Ma il robot non aveva un solo graffio sulla sua corazza. Tuttavia, sembrava abbastanza confuso, e la luce rossa che prima brillava su quelli che sembravano degli occhi era ormai solo lampeggiante.
-Credo di averlo accecato- dissi dopo un profondo sospiro, per scaricare la tensione. Tuttavia, poco dopo il robot si riprese subito, quasi come se cercasse di riorientarsi, mantenendo la calma e cercando un’alternativa. Sicuramente era diverso dai robot che avevamo affrontato fino a quel momento.
-Oh, andiamo- sbuffò Dash. Le armi dell’essere furono sostituite da delle specie trivelle, che ci puntò prontamente contro. Ricominciammo di nuovo a fuggire. Mi spostai di lato, schivando una di quelle trivelle. Poco dopo che la trivella toccò il terreno, impiantandosi in esso, esplose, sparando i suoi pezzi nelle vicinanze.
-Ce le sta sparando contro?!- urlò Dash.
-Meriti un premio per l’arguzia-. Dash riflesse per un attimo, stando in silenzio. Poi mi fissò con decisione. ‘’Perché quello sguardo?’’
-Tu continua a correre- mi disse.
Lo guardai dubbiosa. -E tu smettila di camminare- ribattei ironica. Lui ridacchiò, frenando di scatto e voltandosi in direzione del nemico. ‘’Cosa?!’
Mi fermai anch’io. -Sei impazzito?!- urlai. Lui sorrise sbruffone.
-Forse-.
Prima che la trivella lo colpisse, lui la afferro con prontezza, e i suoi piedi slittarono sul terreno a causa della spinta. Per quanto cercasse di resistere, sembrava non avere abbastanza forza per resistere alla propulsione. Tanto che, alla fine, lo vidi sbalzare via ad una velocità elevatissima, trasportato da quell’arma.
-Aiutami!- strillò. Schizzava via ovunque, fino a finire sopra le cime degli alberi e sorpassandole, finché non riuscii più a vederlo. Il robot, a quel punto, si voltò verso di me, puntandomi nuovamente il braccio contro. Fummo distratti dal ritorno di un rumore famigliare. Non ebbi neanche il tempo di pensare cosa potesse essere che la trivella trapassò i rami sovrastanti, fino a colpire con violenza inaudita il nostro avversario. Lui fu sbalzato all’indietro per l’impatto, andando a sbattere contro un albero.
Dash si era lasciato cadere poco prima, quindi mi avvicinai a lui e lo aiutai a rialzarsi. Lui si pulì le mani, emettendo una risatina roca. -Nessuno si deve mettere contro Dash the…-
Il robot si alzò in piedi di scatto, cambiando nuovamente arma. -Non ha neanche un graffio!- urlò esterrefatto il riccio.
-Ti sbagli. Guarda il suo fianco- Il punto colpito era leggermente scheggiato, segno che la migliore arma contro quell’essere era sé stesso. Da una delle mani fredde e meccaniche di quell’essere apparve un tubicino sul suo polso. Allungò il braccio verso Dash, e da quel piccolo tubo uscì una scintilla. Sbarrai gli occhi, guardando con terrore la scena.
-Spostati di lì!- ringhiai con voce rauca a Dash e parandomi appena in tempo davanti a lui, prima che un ondata di fiamme ci venisse incontro. Avanzai le mani davanti a me, e il fuoco iniziò a raggrupparsi obbediente sui miei palmi. Cominciai a modellarlo velocemente, dandogli la forma di una palla. Lanciai una rapidissima occhiata all’incrinatura sulla sua armatura, e sparai l’ormai enorme palla di fuoco contro di lui, che lo colpì esattamente dove volevo io. Il metallo sembrò fondersi immediatamente e diventare più morbido.
-Forza, colpiscilo- sibilai a Dash tra i respiri affannati per la stanchezza causata da un colpo così impegnativo. Lui guizzò in avanti, correndo verso il suo nemico. Quando quella specie di mostro provò a tirargli un pugno, lui lo schivò abbassandosi rapidamente, e con un ghignò dipinto in volto, lo colpì dove era già stato ammaccato prima. Il pugno di Dash gli passò attraverso la schiena.
Gli occhi luccicanti del robot smisero definitivamente di lampeggiare della loro luce, e si immobilizzò. Cadde lentamente addosso a Dash, il quale emise un gemito soffocato sentendo il peso di quella ferraglia schiacciargli il corpo.
-Argh! A…aiutami!- esalò con un suono strozzato. Scossi esasperatamente la testa, aiutando Dash a spostare la carcassa del robot con un piede. Inspirò profondamente quando finalmente fu libero da quella pressione. Si alzò in piedi, spolverandosi il gilet e guardandomi con quell’irritante aria da gradasso.
-Grazie-. Non capii esattamente per cosa mi stesse ringraziando, ma non ci feci molto caso. Mi sorrise, ravvivandosi con gesto pratico le spine. Gli rivolsi un rapido cenno con la testa, leggermente a disagio.
-E sai qual è la cosa migliore? Non hai perso il controllo dei tuoi poteri- disse, le braccia incrociate dietro la testa con fare rilassato. ‘’Questo ragazzo è Mr. Lunatico.’’ pensai. ‘’Prima era così turbato e sotto shock, e ora…’’
-Sì. Hai ragione- concordai, sovrappensiero. Lui ghignò e socchiuse gli occhi.
-Bene. Così quando ci avrai preso un po’ di manualità potrai finalmente insegnarmi a controllare il fuoco!-
Mi morsi con forza il labbro, tentando con tutte le forze di non scoppiargli a ridere in faccia.
-Cambiando discorso, che ne facciamo di lui?- mi domandò Dash, indicando con il pollice i rottami del nostro avversario alle sue spalle.
-Lasciamolo riposare in pace- dissi sottovoce.
Lui si strinse nelle spalle. -Come preferisci-. Si voltò, guardando dritto davanti a lui. -Guarda!- esclamò allegro. Seguii la direzione del suo sguardo, e le mie pupille furono accolte dalla luce della fine della foresta.
-L’uscita- sospirai sollevata. -Prima non era lì-.
-Chi se ne importa!-
 Gli rivolsi un’occhiata stizzita per tutto l’entusiasmo che mostrava in quel momento. Lui abbassò impercettibilmente le orecchie, un lampo di leggero imbarazzo che gli attraversò lo sguardo. -Ok, ok!- ridacchiò nervosamente. La ferita sulla spalla mi fece tornare dolorosamente alla realtà. -Forza…
andiamocene di qui- dissi debolmente, premendomi con forza la mano sulla zona ferita.
Così ci incamminammo, insieme, verso la luce accecante, mentre i raggi di sole ci scaldavano dolcemente la pelle e ci alleggerivano il cuore.

***
Blaze
Nella mia mente albergava la confusione. Era stato così per tutta la giornata, un caos tale da farmi dimenticare tutto il resto. Me ne resi conto quando la pace della notte fu turbata dal mio risveglio turbolento. Ero sudata, e il cuore mi batteva all’impazzata. Avevo il respiro pesante. Mi guardai intorno, scrutando il buio della stanza. Volevo essere certa di aver davvero vissuto solamente un incubo.
Era quella particolare sensazione di folle lucidità che ti spinge a pensare di essere ancora dentro al tormento del sogno nonostante tu ti sia appena svegliato. In un certo senso era così.
Shadow aveva avuto una giornata sfinente, piena di pensieri e preoccupazioni, ed era  da molto tempo che non avevamo un nemico di cui preoccuparci anche mentre dormivamo. Non mi stupii del fatto che non si svegliò. Presi una decisione disperata. Dovevo controllare una cosa. Scesi dal letto e mi misi rapidamente i miei vestiti reali. Camminai silenziosamente verso la porta, voltandomi. Shadow mugugnò nel sonno, muovendosi leggermente e spostando il braccio sul mio cuscino. ‘’…Devo tornare il prima possibile.’’ pensai. Mi richiusi delicatamente la porta alle spalle. ‘’Non devi farti vedere da nessuno.’’
Rivolsi una rapida occhiata ad una delle finestre presenti nel corridoio. Non ci pensai due volte, e cominciai a correre verso il muro. Presi una rincorsa sufficiente a farmi fare qualche passo in verticale su di esso, poi saltai nella direzione opposta, raggiungendo la parete che stava alle mie spalle. Continuai così fino ad arrivare alla cima della finestra, poi saltai, nonostante l’elevata altezza. Durante la mia caduta, a causa dell’attrito potevo sentire l’aria sferzarmi contro il corpo, che tuttavia non era tangibile come l’angoscia che si prova nel cadere per diversi secondi nel vuoto, un’inevitabile sensazione d’impotenza. Ovviamente, caddi con i piedi per terra, producendo solo il rumore di un velato tonfo.
Nessuno, fino a quel momento, aveva il sospetto che la regina fosse scappata di casa.
La sorveglianza era più stretta del solito, e le guardie pattugliavano costantemente la città. Nonostante ciò, mi fermai a guardare uno dei traguardi simbolici più importanti di cui fossimo stati autori: le statue di Re Taurus V. e della Regina Pyras, situate in un unico piedistallo. I miei genitori.
Sentii un groppo in gola. Quelle statue erano la dimostrazione che tutto era finito più di vent’anni prima, e che io e Shadow avevamo vinto il nostro passato tormentato guardando al futuro.
Ma avevo paura. Paura che il passato tornasse a bussare alla mia porta e che si portasse via la mia famiglia, insieme a tutti coloro che amavo. Di nuovo.
Scacciai il pensiero scuotendo la testa, andando avanti, protetta dalle ombre.

***
Quando fui lontana dalla città, iniziai a correre. Circondata dalle tenebre, il mio fuoco era l’unica luce che mi permetteva di proseguire. Il terreno bruciava sotto i miei piedi mentre proseguivo imperterrita per la mia strada.
Era moltissimo tempo che non mi allontanavo così tanto dalla mia città, ed era da ancora più tempo che non andavo là, ad Est di Flaritas, un luogo per me pieno di ricordi. Attorno a me, il colorito arancione delle mie fiamme contrastava con l’oscurità del cielo, illuminato soltanto dalle stelle e dalla mezza luna, limpide e luminose nel cielo. Dopo mezz’ora di corsa, davanti a me, apparve una caverna che speravo di non rivedere mai più.
Ma le cose cambiano quando arrivi ad un punto tale da non voler più scappare, da voler affrontare di nuovo le tue sofferenze, con la consapevolezza che ti potresti ferire di nuovo. Mi immersi tra le ombre della grotta, illuminandomi la strada con una piccola fiammella sul palmo della mano.
Dopo qualche minuto di camminata tra l’umidità e l’olezzo di quella specie di fessura nella pietra, trovai finalmente quello che cercavo: delle scale scavate nel suolo roccioso. Iniziai a scendere in profondità, nei meandri di quel luogo.
Più procedevo per la mia discesa e più il senso opprimente delle strette pareti di quella grotta mi attanagliava.
Quando scesi dall’ultimo gradino, mi trovai davanti una porta completamente distrutta. ‘’Merito mio e delle guardie’’ pensai ironicamente, cercando di rilassarmi almeno un poco.
Oltrepassai quegli scarti di legno e metallo, addentrandomi all’interno della stanza. Sospirai, guardandomi intorno e osservando quel luogo a me così familiare.
-Di nuovo nella tua base, Nega- sussurrai.
Davanti a me si trovavano due porte, mentre sia alla mia destra che alla mia sinistra ce n’era solamente una per lato. Ovviamente l’elettricità aveva smesso di funzionare molti anni prima, e l’unica cosa che stranamente portava un po’ di chiarore all’interno della sala erano delle piccole luci al led sopra ogni porta, posizionate lì per indicare in quale stanza si stesse per entrare. Poco al di sotto di esse si poteva leggere la scritta lampeggiante: Nega Production
-Megalomane- borbottai. Mi diressi verso la porta con sopra la scritta ‘’Biblioteca’’. La porta si aprì automaticamente quando mi ci posizionai davanti, e istintivamente mi aspettai di trovarci qualcuno dietro. Ma non vi trovai nessuno. Ero l’unica presenza in quel luogo silenzioso e buio. La sola cosa che mi faceva compagnia erano centinai di enormi scaffali, riempiti da un’infinità di libri. Era probabilmente la stanza più cara a Nega in tutta la sua base.
I suoi libri: quello che amava più di ogni altra cosa. Avrebbe ucciso pur di poterli mantenere in sicurezza. Non stentavo a crederci.
Sentii un improvviso moto di rabbia percorrermi il corpo. Afferrai con presa salda i lati di uno scaffale e lo spinsi con forza. Questo iniziò a cadere lentamente, scontrandosi con la libreria davanti a lui e creando una reazione a catena.
Scatenando un grande frastuono, tutti gli scaffali, uno dopo l’altro, caddero a terra, lasciando sul pavimento un oceano di schegge, carta e copertine.
 Ma un ultimo suono aleggiò nell’aria, solleticandomi i timpani. Uno sfarfallio delicato, proveniente dall’alto. Alzai gli occhi, e feci in tempo a notare un biglietto che continuava a danzare nell’aria nonostante il caos generale. Come se il destino avesse voluto che lo leggessi, poco a poco esso si avvicinò a me, fino ad atterrarmi sopra la mano. Ciò che c’era scritto sopra era bizzarro: “Lunga Vita Alla Regina”.
Non avevo idea di che cosa potesse significare, ma tenni il foglietto con me. Immaginavo a cosa potesse servire, ma me ne sarei preoccupata più tardi.

***
Avevo esaminato tutte le stanze della base, non una esclusa. Non avevo trovato niente. Ma continuavo ad essere inquieta. Le mie paure erano già state sfatate dal principio, anni prima. Ma tutto quello che stava succedendo in quel periodo…
Per la prima volta dopo tanto tempo, avevo paura. Alzai lo sguardo, e vidi una grande porta di legno e metallo. Non ci avevo fatto immediatamente caso, prima.
‘’Questa non eravamo riuscita a distruggerla’’ riflettei sconsolata. Non eravamo mai riusciti a scoprire cosa ci fosse oltre la sua soglia. Osservai il piccolo terminal che era attaccato su una delle due porte. Mi frugai in una delle tasche della giacca, estraendone il foglietto che avevo trovato un’ora prima circa.
Lunga Vita Alla Regina. Un brivido mi percorse la schiena dorsale. Digitai l’intera frase sul piccolo computer e schiacciai il pulsante Invio. Sul display apparse la frase ‘’Password negata’’. Osservai meglio il biglietto.
Notai solo in quel momento che ogni parola scritta sopra di esso aveva la prima lettera scritta in maiuscolo.
Digitai solo iniziali: LVAR. E come per magia, la porta si aprì.
‘’Cosa?’’ Quella che mi si parava davanti era una normalissima sala da pranzo. Certo, non piccolissima. Vasta, tappezzata alle pareti di tende rosse lunghe e pregiate, nonostante queste non fossero accompagnate da finestre di sorta a risaltarle. Nelle varie parti della stanza vi erano portine che probabilmente conducevano alle cucine ed ad altri locali. Al centro c’era una lunghissima tavola, simile a quella che avevamo noi al castello, sparecchiata, con molte sedie ai lati. Bizzarro, considerato che Nega non aveva amici.
Tra l’oscurità, intravidi una sagoma alta e magra in piedi a capotavola. Una paura folle e irrazionale mi artigliò il cuore, e tutti i miei sensi si misero all’erta. ‘’Nega è morto. Calmati. Rifletti.’’  Infuocai la mia mano, illuminando praticamente tutta la stanza. Rilassai leggermente i muscoli, notando immediatamente che quell’essere non era Nega, bensì uno dei suoi robot. La sua faccia, senza alcun volto, guardava nella mia direzione. Era vestitto elegantemente, ma arrugginito e impolverato per tutti gli anni passati. In mano, teneva un vassoio con due calici ripieni. Mi avvicinai cautamente, guardandolo attentamente. Non sembrava voler attaccarmi, anzi.
-Sei qui da tutti questi anni…- mormorai tra me e me. Lui continuò a fissarmi inespressivo. Nega aveva trasformato i miei sudditi in quegli esseri senz’anima, utili soltanto a dilettarlo. Mi sentii ribollire il sangue nelle vene. Erano state persone che avevano una famiglia, una vita, forse dei figli. Esattamente come i miei genitori. ‘’Finché le creazioni di Nega sono vive, lui è vivo’’.
Mi avvicinai rapidamente al robot, tirandogli un calcio infuocato in testa e spedendolo contro il muro. Non si rialzò. Si accasciò mollemente al suolo, senza vita.
Avevo il respiro accelerato per il nervosismo e la paura. Mi tremavano  le gambe, e la testa mi girava. ‘’È morto. Non tornerà più, Blaze. Nega è morto.’’

***
Aprii adagio la porta della mia stanza. Shadow era ancora profondamente addormentato, e grazie al cielo non si era accorto della mia assenza prolungata. Mi tolsi i vestiti, le scarpe e i guanti e mi rimisi il pigiama. Mi diressi verso il bagno che comunicava con la nostra stanza e aprii il lavandino. Mi lavai la faccia con dell’acqua gelida. Guardai il mio riflesso nello specchio. Avevo gli occhi cerchiati da delle leggere occhiaie. ‘’Oh, perfetto…’’ Ritornai nella camera da letto, mi sciolsi i capelli dalla coda di cavallo e mi sdraiai sotto le coperte. Fissai per qualche momento Shadow, che in quel momento mi sembrava incredibilmente rilassato e sereno, con il respiro lento e i lineamenti giovanili del volto a riposo.
Aprì di scatto le palpebre. Mi ritrassi leggermente, spaventata.
-Blaze…?- farfugliò, ancora in dormiveglia, sbattendo un paio di volte le palpebre.
Io gli sorrisi. -Sono andata solo un attimo in bagno. Continua a dormire- sussurrai. Lui socchiuse nuovamente gli occhi, prima di addormentarsi di nuovo un secondo dopo. Tirai un leggero sospiro di sollievo, stringendomi tra le coperte.
‘’L’hai visto con i tuoi occhi. Nega è andato. Morto. Non tornerà a farti del male. Mai più’’.

***
E-123 Omega
***-@234567887asdfghjmkmDCFGHJkjhgf***
***&%/477DFVHCondiz…………….865fvgh…..Critiche……’’’09877654321234676574.***
***++Attivaz…^ì^^^776ytyausiliaria……………………………***
***Sistemi visivi alternativi: Attivi.***
***Livello di energia: 15%.***
***Armatura: Gravemente danneggiata.***
***Si necessita di assistenza immediata da terzi…..Ricerca…..Team Dark: Shadow the Hedgehog (non disponibile)….. Rouge the Bat (non disponibile).***
***Ricerca automatica attivata*** Ripristinare obiettivi originali:
***Obiettivo attuale: Riparazione, evitare lo spegnimento ad ogni costo.***
***Obiettivo principale: Eliminare obiettivo*****obiettivo non selezionato, ricerca******Nome: Ivo Julian Robotnik, “Eggman”; Professione: Ingegnere, scienziato; Particolarità: Deformazione corporale cooooongenita; Anni:???, Status: Attivo***
***Obiettivo principale: Eliminare Dr. Eggman***
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Sonic / Vai alla pagina dell'autore: Rain of Truth