Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: malabami    10/04/2015    2 recensioni
Cose imparate lavorando nella I.E.A:
1. Chiunque può essere una spia. Chi si accorge prima di essere spiato dall'altro, vince.
2. Anche se sbagli una missione il mondo non finisce, ma potresti finire tu.
3. La pistola è una benedizione.
4. Non puoi essere vulnerabile.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Calum Hood, Luke Hemmings
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 
"He was made of steele, she was made of air.
He was the prince, the hero, she wasn't there"
 
3.
 
Passarono le ore e, nonostante tutti quanti avessero riposato, la stanchezza si faceva sentire. Erano vicini alla loro destinazione, solo più una quarantina di minuti e poi sarebbero atterrati.
Cominciarono a vedere pezzi di città dai finestrini dell’aereo e sentirono che il veicolo stava progressivamente diminuendo la quota. Connell li chiamò a rapporto.
“D’accordo, è arrivato il momento di prepararci. Sicuramente quando atterreremo a New York avremo gli occhi di molti individui puntati addosso, e non parlo solo di passeggeri comuni, parlo di spie. Sanno che qualcuno della I.E.A. sta arrivando, perciò cercheranno in tutti i modi di individuarci tra tutti gli altri. Per questo motivo dobbiamo nasconderci”
“In che senso?” chiesero gli agenti.
“Nelle cabine là in fondo troverete degli abiti, cambiatevi e mettete i vostri nei bagagli a mano, dopodiché scenderemo dall’aereo e invece di usare l’uscita secondaria prenderemo quella principale, dalla quale escono tutti, ci ritroveremo nel parcheggio sotterraneo. Dunn e Hood voi dovrete stare uniti, fingerete di essere una coppia o quello che volete, l’importante è che stiate insieme. Hemmings sarai un atleta, hai una divisa di una qualsiasi squadra di basket, io invece sarò un semplicissimo uomo come metà della popolazione su questo pianeta. Ora andate” ordinò il capo e gli agenti eseguirono dirigendosi verso tre cabine al fondo dell’aereo.
Luke si ritrovò davanti una divisa di colori sgargianti da coprire con una tuta in felpa e scarpe da ginnastica. Odiava quel modo di vestirsi da sportivi, preferiva di gran lunga una t-shirt al prurito e il calore del poliestere, ma obbedì comunque agli ordini.
Quando uscì dalla cabina già non sopportava più quei pantaloncini, tanto che si mise a maledirli a bassa voce.
“Che succede?” gli chiese Calum.
“Odio queste divise, non le ho mai sopportate, sono di un colore e un tessuto stupidi e fastidiosi” rispose lui irritato.
“Senti novellino, se io mi metto degli scarponcini marroni con le calze blu a metà polpaccio, tu puoi metterti una tuta senza fiatare” lo rimproverò Chloe uscendo dalla sua cabina vestita come una che si è persa per i boschi.
“Cosa dovremmo essere? Degli avventurieri?” chiese ancora lei indicando i suoi vestiti e quelli del collega in coppia.
In quel momento la voce del comandante fuoriuscì dagli altoparlanti “informiamo i gentili passeggeri che stiamo per iniziare la fase di atterraggio, siete pregati di prendere posto sulle poltrone e allacciare le cinture di sicurezza” al che tutti i presenti obbedirono e si sistemarono sui loro sedili.

L’atterraggio durò pochi minuti, e non appena i piloti spensero i motori e uscirono dalla loro cabina i quattro passeggeri scattarono in piedi, ringraziandoli e dirigendosi verso l’uscita. Un altro uomo in divisa era fermo di fronte ad una porta scorrevole ad attenderli e quando li vide li condusse velocemente verso il corridoio centrale, da cui tutti i passeggeri di tutti i voli provenienti da Londra si incamminavano verso il ritiro bagagli. Quando furono immersi nel mare di persone si divisero e il loro accompagnatore ritornò da dove era venuto.
Luke si ritrovò da solo in mezzo ad una folla, guardò a destra e a sinistra ma non riuscì a vedere nessun volto conosciuto, solo persone che camminavano in fretta verso un’unica uscita. Si convinse a non pensarci troppo e tentò di rilassarsi e sembrare il più normale possibile.
Arrivò nella sala del ritiro bagagli e si fermò davanti al nastro trasportatore, aspettando che partisse portando le prime valigie. Notò di fronte a lui Calum e Chloe che ridevano e scherzavano come una normale coppia e pensò che fossero davvero bravi nel loro lavoro, sembrava che non fossero spie, ma semplici persone. Decise di provare a disperdersi ancora di più nella normalità, così infilò il cavo di un paio di cuffie nel telefono e se le mise al collo, per poi iniziare a navigare con il cellulare.
Le valigie cominciarono a scorrere sul nastro e Luke le osservò passargli davanti una ad una, finché non avvistò il suo bagaglio scuro e si allungò per prenderlo. Connell aveva detto che si sarebbero trovati nel parcheggio sotterraneo, quindi si diresse prima verso l’uscita e poi verso i cartelli che indicavano le rampe dei posti auto. Rimase confuso nel notare che nessuno dei suoi colleghi era ancora arrivato, quindi si guardò intorno per capire se avesse sbagliato strada ma fu distratto dallo squillo del suo telefono.
“Pronto?”
“Prendi l’ascensore, scendi di due piani, appena esci svolta a sinistra, quarto posto auto, non farti assolutamente vedere e non dare nell’occhio” gli disse la voce di Connell dall’altro capo del telefono.
Si incamminò con tranquillità verso l’ascensore più vicino e si assicurò di non essere seguito da nessuno, poi schiacciò il tasto che indicava -2 e attese la chiusura delle porte. Era teso da un lato ma l’altra parte di lui sembrava serena e sorprendentemente calma, sapeva ciò che doveva fare e cercava di non commettere il minimo errore, senza però andare nel panico. Preciso, metodico e pacato.
Arrivò a destinazione e si ritrovò davanti ad una macchina scura, mise una mano sulla maniglia e tirò, poi si infilò all’interno.
“Bel lavoro Hemmings, sei andato bene” gli disse il capo seduto al posto del guidatore e lo scrutò per un secondo dallo specchietto retrovisore.
“Grazie” rispose lui e si accomodò finalmente rilasciando tutta la tensione.
Pochi minuti dopo le porte si riaprirono e nella macchina sgattaiolarono Chloe e Calum.
“Ci siamo, possiamo andare” disse lei allacciandosi la cintura di sicurezza e sistemandosi la frangia. Connell mise in moto e partì verso Manhattan, mentre i tre agenti si godevano il viaggio.
“Luke, sei stato grande! Se continui così diventerai anche più bravo di Dunn!” rise Calum e si sporse per vedere la reazione della collega che si limitò ad alzare gli occhi al cielo e sbuffare.
“L’ho detto solo per farla incazzare, ma tu sei stato davvero fenomenale” riprese l’altro a bassa voce con il sorriso più radioso che Luke avesse mai visto. Erano le quattro del pomeriggio e il loro viaggio sembrava appena iniziato.

 
***

Il tragitto dall’aeroporto al centro di Manhattan durò più di un’ora a causa del fitto traffico tipico della città. Luke si ritrovò ad ammirare fuori dai finestrini l’immensità delle costruzioni, sembrava che i grattacieli si ripiegassero su se stessi, pronti a inghiottire qualsiasi cosa, le strade erano larghe e invase da fiumi di passanti che entravano e uscivano dagli edifici come se non avessero avuto nessun altro scopo nella vita. Il sole estivo illuminava le vetrate dei palazzi che riflettevano i raggi creando un effetto ancora più impressionante. Quasi non ci credeva, sembrava impossibile che una città racchiudesse così tanto fascino da fargli battere il cuore più forte che mai. Ed era solo l’inizio.
“Ci siamo quasi” disse Connell svoltando a destra e proseguendo lungo una strada trafficata.
“Dove stiamo andando?” chiese Chloe guardandosi intorno.
“Ai vostri appartamenti. Oh a proposito, prendete le chiavi le consegno a caso, ognuno di voi ne ha uno e sono tutti e tre identici solo con viste diverse, così almeno eviterete di litigare come bambini su chi abbia l’appartamento migliore” continuò porgendo agli agenti tre mazzi totalmente identici con quattro chiavi a testa, ma con sopra diverse placchette marroni: 2B, 2C e 2D.
“Da dove le hai tirate fuori?”
“Erano nella macchina, dove credi che l’abbia presa? Prima di partire ho contattato la centrale qui in città e ci hanno fornito sia il mezzo che i posti in cui voi tre riposerete i vostri culi, e ora forza, scendete e sistematevi. Siete arrivati” ordinò il capo e i tre scattarono fuori dall’auto, recuperarono i bagagli e si appostarono sul marciapiede.
“Più tardi vi informerò sull’ufficio. A presto” continuò e un secondo dopo era ripartito, lasciandoli da soli a osservare l’ambiente.
“Ok, dove siamo?” chiese Calum con l’aria smarrita.
“Madison Avenue all’incrocio con la 37esima strada” rispose Luke leggendo i cartelli sulle vie. Si voltarono e si ritrovarono di fronte ad una casa a tre piani, sembrava più una villa che un complesso di appartamenti ma non si lamentarono affatto; lo stile era sinuoso e accattivante, in totale contrasto con tutti i grattacieli squadrati che la circondavano e una scala di pietra conduceva verso il portone principale, ombreggiato da un enorme albero sul giardinetto anteriore.
“Il mio appartamento sarà sicuramente il migliore” disse Chloe spezzando quell’atmosfera magica e correndo verso l’entrata, seguita poi dai due ragazzi. Salirono di fretta le scale e si precipitarono al secondo piano, poi ognuno entrò nella rispettiva porta.

Non appena Luke mise un piede oltre lo stipite l’allarme iniziò a suonare, mentre il ragazzo provava ogni chiave del mazzo per farlo smettere. Quando ci riuscì si voltò finalmente ad osservare il luogo circostante: lo spazio era abbastanza grande e aperto, un bilocale che per una sola persona bastava e avanzava. Il pavimento era in parquet e il muro che conteneva la porta era fatto di mattoni chiari, contrastanti con il bianco del resto della casa, la cucina era aperta sul salotto e una porta scorrevole di fronte all’entrata conduceva alla camera da letto e al bagno. Non c’erano molti mobili, solo l’essenziale, ma per lui andava benissimo. Si innamorò all’istante di quel posto, la cosa migliore era la luce che entrava dalle finestre e illuminava il pavimento riscaldando l’ambiente.
Non fece nemmeno in tempo ad appoggiare la valigia che il suo telefono squillò per l’arrivo di un messaggio, all’interno c’era l’indirizzo dell’ufficio, avrebbero dovuto essere lì in mezz’ora. Decise di appoggiare malamente i bagagli nella camera da letto e prendere solo il necessario, per poi richiudersi la porta alle spalle.
“Sono degli appartamenti fantastici!” disse Chloe saltellando sulle punte dei piedi e avvicinandosi alle scale.
“Avete ricevuto il messaggio?” chiese Luke.
“Si, 34esima strada, dobbiamo fare tre isolati e poi svoltare a destra. Siamo vicini all’Empire State Building” disse Calum calcolando a mente il tragitto da percorrere.
Si misero in marcia subito dopo, ammirando ad ogni passo la bellezza di quella città. L’aria era fresca e nonostante fossero in un’area molto trafficata il rumore era ancora sopportabile, anzi dava un tocco in più all’atmosfera caotica di New York.
Si ritrovarono di fronte ad un palazzo con ampie finestre perfettamente ordinate e una serie di porte a vetri da cui entravano e uscivano persone senza mai fermarsi. I tre ragazzi si gettarono all’interno e subito puntarono uno dei cinque ascensori presenti, aspettando che arrivasse al terzo piano. Quando le porte scorrevoli si aprirono Luke provò le stesse emozioni di quel mattino quando a Londra era stato investito dalla calma della sala riunioni. Trovarono poche persone che lavoravano tranquillamente, un ambiente sereno e spazioso con una calma quasi irreale e tre scrivanie vuote pronte ad ospitarli, tutte ornate dal simbolo della I.E.A. Appena alzarono lo sguardo però videro Connell che li richiamava verso un’altra stanza separata. Era il suo ufficio e rispecchiava completamente la personalità di quell’uomo: le persiane abbassate lasciavano entrare poca luce che si rifletteva sul pavimento scuro creando strisce bianche, ogni mobile in quella stanza variava dal marrone al nero, mentre un grande proiettore illuminava la parete procurando agli ospiti un leggero fastidio agli occhi.
“Bene, spero vi siate ambientati e non siate troppo confusi. Voi due conoscevate già questo posto, per quanto riguarda te Hemmings cerca di non perderti e trova dei punti di riferimento, questa città è un inferno” attaccò l’uomo parlando prima a Chloe e Calum e subito dopo passando a Luke.
“Siamo qui per la missione Rogers, ma come vi ho preannunciato questa mattina saremo comunque impegnati in altri compiti. Voglio che completiate tutte le missioni a voi affidate senza perdere di vista l’obiettivo primario, intesi? Domani mattina vi darò il primo incarico, adesso sistematevi e mostrate a Hemmings questo posto” continuò e in meno di un minuto fece uscire dall’ufficio tutti e tre.

“Io vi lascio, voglio andare giù al reparto meccanica, ci vediamo dopo” disse Calum e corse verso il primo ascensore libero.
“Novellino, forza, breve tour” disse Chloe aprendo la strada.
Scesero di un piano e furono immersi in un laboratorio pieno di schermi, computer, tastiere tutti sotto il controllo di un'unica persona. Un ragazzo piuttosto alto con addosso una camicia a quadretti faceva scivolare la sedia a ruote sopra il pavimento in pietra, controllando ogni centimetro degli schermi. Aveva i capelli rossi tra cui passava le mani di tanto in tanto e grandi occhi azzurri nascosti dietro le lenti degli occhiali.
“Lui è Victor Foster ed è il miglior hacker che puoi trovare in giro, non l’hanno voluto tra i federali solo perché avrebbe hackerato pure il presidente. E anche perché ha alle spalle un’accusa di furto..” disse Chloe avvicinandosi e salutando quello che Luke immaginò essere un vecchio amico.
“Hei, come va? Comunque non era un vero e proprio furto, siamo solo entrati in casa e abbiamo preso qualcosa, era in prestito” rispose quello stringendo la mano al nuovo arrivato.
“Oh, certo, in prestito. Ora andiamo” continuò la ragazza e fece per uscire dalla porta ma si fermò.
“Ah Vic, gomma da masticare?” chiese Chloe e prese al volo l’involucro che l’amicò le lanciò.
“E’ sempre pieno di gomme da masticare, se ne vuoi una basta chiederglielo e lui te la da, non le mangia mai, le tiene solo nel cassetto” confessò a Luke mentre rientravano nell’ascensore. Questa volta scesero di due piani e, sgattaiolando per diversi corridoi, si ritrovarono  in un garage illuminato da una quantità notevole di finestre. All’interno vi erano quattro macchine di cui tre sembravano appena uscite dalla produzione, mentre la quarta aveva il cofano aperto e la carrozzeria ammaccata. Quando i due entrarono Chloe pronunciò un saluto a gran voce e da sotto la macchina uscì Calum sdraiato sopra una tavola con delle ruote che gli permettevano di scivolare facilmente. Aveva le mani completamente piene di grasso e la faccia sporca, ma il suo sorriso gli copriva l’intero viso.
Piegato sul motore, invece, c’era un ragazzo un po’ più grande di loro che indossava una canotta bianca macchiata dall’olio della macchina. Aveva occhi e capelli marrone chiaro e un tatuaggio su un braccio decisamente troppo piccolo per tutto quell’inchiostro, ma nonostante tutto gli stava bene.
“Lui invece è Oliver Moore, lavora qui al reparto meccanica e tutte quelle cose con le macchine di cui io non capisco niente, è insieme a Hood. È capace di trovarti una macchina in un minuto, ed è capace di rubarne una in trenta secondi”
“Heilà Dunn” salutò quello e poi si presentò anche a Luke, stringendo un po’ troppo forte la sua mano. Subito dopo i due ritornarono al lavoro e Chloe condusse Luke agli uffici di nuovo al secondo piano.
“Dice che non si sposerà mai e quando finirà di lavorare girerà il mondo in una Cadillac” spiegò lei mentre salivano, parlando ancora di Oliver.
“I matrimoni gay sono accettati a New York?” chiese Luke.
“Come fai a sapere che lui..” rimase spiazzata la ragazza e il collega sorrise.
“Basta osservare, sono rimasto tre anni in un laboratorio, se non hai una buona osservazione in chimica non vai da nessuna parte. E poi uno gay ci doveva pur essere” commentò ed entrambi risero, lasciando passare quella prima giornata, con il jet lag addosso e una nuova avventura davanti.



SPAZIO AUTORE:
"Come non mantenere le promesse fatte" un manuale scritto da me. Mi dispiace non aver pubblicato per tipo due o tre settimane ma con tutto quello che avevo da fare e le cose che sono successe in questo periodo scrivere o comunque connettermi non era (purtroppo) una priorità.
Spero che questo capitolo vi piaccia, lo so che nei primi tre sembra che il tempo sia fermo e il viaggio infinito, ma nei prossimi capitoli mi sembra di aver scritto tutto proiettato super velocemente nel tempo e credo che contrasti con l'inizio.
Alla fine vengono presentati due nuovi personaggi: Victor e Oliver, non sono "principali" ma fanno comunque il loro dovere.
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e ve lo giuro cercherò di pubblicare più regolarmente, lo so che lo dico sempre e poi non mantengo mai la promessa quindi giurare forse è stato un errore ma non vi abbandonerò!
Grazie mille a tutti come sempre,
a presto (non prendetemi alla lettera),
Caro :)
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: malabami