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Autore: ADelacroix    10/04/2015    1 recensioni
Grazie alle dichiarazione di un nuovo testimone, la squadra Cold Case può riaprire le indagini sull'omicidio del giovane agente di polizia Kenny Williamson ucciso nel settembre del 1965. Durante le indagini, però, i detective saranno costretti a fare i conti con un altro e ancor più sospetto delitto. Tra reticenza e fughe di notizie, nuovi incontri e vecchie conoscenze, l'unità Delitti Irrisolti riuscirà a scoprire la verità?
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Cold Case 8'
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Era stato facile scoprire che l’uomo arrestato da Kenny si chiamava Oliver Constant, più difficile fu scoprire dove si trovasse dopo cinquant’anni da quell’arresto: per anni aveva continuato ad entrare ed uscire dalla prigione per piccoli reati che lo tenevano dentro per non più di un paio di mesi, ma ormai da una decina di anni era scomparso del tutto dai registri della polizia. Aveva smesso di rubare ed era diventato troppo vecchio per continuare a fare il ricettatore così si era arreso a vivere come un vagabondo, girando senza meta per la città in cerca di qualche spicciolo per potersi comprare da mangiare o frequentando di tanto in tanto i rifugi per i senzatetto.
In uno di questi rifugi lo trovarono Scotty e Lilly: era diventato un omino magro dal viso solcato da profonde rughe che si confondevano nella crespa barba incolta che gli copriva di grigio gran parte del volto. Se ne stava seduto in un angolo infagottato in due cappotti sgualciti con un berretto di lana calcato sugli occhi contando gli ultimi dollari che gli erano rimasti in tasca.
«Oliver Costant?» chiese Lilly per attirare l’attenzione dell’uomo «Polizia di Filadelfia»
«Sì, sono io» rispose rauco l’uomo aguzzando la vista verso i distintivi dei due detective «Ci fossero state certe poliziotte alla mia epoca mi sarei fatto beccare più spesso» continuò beffardo.
«Ti ricordi dell’agente Williamson?» continuò imperturbabile Lilly mostrandogli una foto del poliziotto.
«Può darsi»
«Nel ’65 hai minacciato di gonfiarlo di botte e pochi mesi dopo è stato picchiato a morte» gli rammentò Scotty.
«Un attimo» disse allarmato Oliver «Io non c’entro niente con quello che gli è successo»
«Ma lo hai minacciato» continuò il detective.
«Sì, è vero, ma non l’ho mai toccato. Era solo un novellino che non sapeva come girava il mondo: mi ha arrestato ma nel frattempo la mia roba era già scomparsa e così è stato costretto a rilasciarmi subito con tanto di scuse per il labbro rotto»
«Ed è finito tutto lì?» chiese Lilly.
«Certo» rispose lui esasperato «Io non sono mai stato uno stinco di santo, ma nemmeno quelli là ci andavano giù leggeri e quell’agente aveva problemi ben più grossi di me»
«Cosa intendi?» chiese ancora Scotty.
«Intendo dire che in un’irruzioni combinò un bel casino»
 
[California Dreamin- Mamas & Papas]
 
Oliver, seduto al bancone, fece segno al ragazzino che quella sera serviva di versargli un altro whisky.
«Dov’è l’altro?» chiese Oliver riferendosi al ragazzo che tutte le altre sere gli dava da bere e si girò indietro a guardare tra gli altri avventori, per vedere se riusciva a trovare tra i clienti il volto scuro del ragazzo.
«È dietro a fare un lavoro» rispose timoroso il ragazzino dietro al bancone.
Quel nuovo barista non era abituato a stare al banco e tutte le volte che versava da bere gli tremava la mano facendo uscire dal bicchiere parte del liquido. Di solito, infatti, passava le sue giornate nel retrobottega e più che come barista, lavorava come facchino del proprietario.
«Stai più attento Alec» tuonò il proprietario del locale che era appena apparso sulla soglia della porta che collegava quella stanza con il retrobottega «Vai dietro a recuperare uno straccio per pulire» e il ragazzino scomparve immediatamente oltre la porta che aveva appena varcato l’uomo.
Il proprietario, un uomo di colore di media statura con i capelli neri corti pettinati e brillantinati indietro e un paio di baffetti appuntiti, versò da bere un altro bicchiere di whisky ad Oliver ma prima che questi potesse avvicinarlo anche solo alle labbra, la porta del locale si spalancò violentemente e un gruppo formato da una decina di uomini in divisa irruppe dentro.
«Fermi tutti polizia!» urlò il primo agente del contingente.
Alcuni tentarono di alzarsi dai tavoli dove stavano bevendo per scappare via, ma l’uscita era sbarrata dai poliziotti che si sparpagliarono velocemente per il bar sbattendo gli avventori sulle sedie o contro i tavoli  e incominciando a perquisire persone a casaccio.
«Che cosa state cercando?» chiese freddamente il proprietario ormai abituato a quelle retate improvvise.
«Abbiamo avuto una soffiata su della merce rubata» gli rispose un poliziotto «Sono tutte qua le persone nel locale?»
Il proprietario lo guardò imperturbabile e non rispose, ma quasi inavvertitamente guardò verso la porta che conduceva nel retrobottega e uno dei poliziotti, l’agente Mitchell, si staccò dai suoi colleghi e andò nel retro a controllare.
Oliver si alzò lentamente dal suo sgabello e silenziosamente scivolò verso la parete destra del locale per potersi avvicinare all’ingresso il più possibile e poter così cogliere la prima occasione per fuggire fuori perché, se era merce rubata quella che stavano cercando, sicuramente lo avrebbero tirato in mezzo.
Dal retrobottega si sentì la voce del poliziotto che intimava a qualcuno di fermarsi. Alcuni poliziotti lasciarono perdere per un momento le persone che stavano perquisendo e si mossero verso il bancone e uno di loro, l’agente Williamson, corse verso il retro scomparendo anche lui oltre la porta. Appena svanì dalla vista di Oliver si sentì un forte rumore, come di uno scaffale che cade al suolo con tutto il suo carico di bottiglie che si infrangono, seguito subito dopo dal fragore di uno sparo.
Oliver, approfittando dello scompiglio seguito al colpo di pistola, si guadagnò l’uscita e corse fuori dal locale. Senza fermarsi corse verso un vicolo che costeggiava il lato del locale e lo imboccò, ma dopo pochi metri fu costretto a fermarsi: su quella stessa viuzza si affacciava infatti l’uscita secondaria del bar e lì fuori, accanto alla porta spalancata, steso a terra in una pozza di sangue, c’era il ragazzo che tutte le sere gli serviva da bere con un foro nel mezzo della schiena.
Oliver lo guardò pietrificato: il volto inespressivo girato di lato, le gambe molli, le braccia abbandonate lungo i fianchi, la maglia macchiata di sangue sulla schiena. Quella vista lo colse talmente all’improvviso che non si rese nemmeno conto del giovane poliziotto accosciato vicino al ragazzo morto.
L’agente Williamson impietrito guardava anche lui con occhi sbarrati il cadavere del giovane farfugliando parole che Oliver non riusciva a sentire.
«Cosa è successo?» chiese un altro agente affacciatosi dalla porta secondaria appena vide quello spettacolo «Dov’è Mitchell?»
«Non lo so» balbettò Kenny disperato portandosi una mano alla bocca.
L’agente sulla porta vide Oliver nascosto nella penombra del vicolo e subito gli si avvicinò con fare imperioso.
«Sparisci immediatamente se non vuoi che ti sbatta in galera» ringhiò addosso al ladruncolo che non si fece ripetere due volte quell’avvertimento prima di scappare via.
 
«Fu l’agente Williamson ad uccidere il ragazzo?» chiese Scotty.
«Questo non lo so, ma se fossi stato in lui me la sarei data a gambe immediatamente: quel ragazzo era Michael Whitaker il figlio di un personaggio losco della zona. Certo, il padre era morto già da un paio di anni, ma non mi stupirebbe se la sorella del ragazzo avesse chiesto a qualche vecchio amico del padre di fare giustizia. Anzi, mi sorprenderebbe il contrario: era un tipetto niente male quella ragazza»
«Dove avvenne la retata?» chiese infine Lilly.
«Al Jolly Blue» rispose Oliver.
Lilly e Scotty, a quella risposta, si scambiarono uno sguardo d’intesa: quel bar era certamente la chiave di tutto il caso.
   
 
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