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Autore: Love_My_Spotless_Mind    11/04/2015    1 recensioni
Hakyeon si risveglia in un mondo sconosciuto, regolato da nuove regole e nuovi ideali. In un luogo dove non tramonta mai il sole e le ombre non esistono, anche gli animi degli esseri umani saranno puri e luminosi come il sole?
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hongbin, Hyuk, Leo, N
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"CAPITOLO TERZO"










Quando mi svegliai ed uscii dal palazzo Leo mi stava aspettando per scortarmi. Insieme raggiungemmo l’ufficio del Capitano che aveva una certa urgenza di ricevermi. Cercai di memorizzare il tragitto in modo da poter fare a meno di quella guida nei prossimi giorni. Avrei preferito non rivederlo mai più, se avessi potuto scegliere.
Il Capitano era seduto dietro la sua scrivania e fumava un’ennesima sigaretta immaginaria. Nel frattempo era concentrato nel leggere certe carte che non ebbi modo osservare più attentamente.

-Ah di buon ora. – mi salutò in modo abbastanza discutibile. – Accomodati. –

Annuii senza ricambiare il saluto, poi mi misi a sedere dove mi aveva indicato. Leo restava in piedi di fianco alla porta d’ingresso, il suo sguardo glaciale continuava a scrutarmi con espressione indecifrabile. Chissà se stava realmente ragionando o era piuttosto tutta un’impressione.

-Voleva parlarmi? – domandai non potendo più sopportare il silenzio che si era venuto a creare. L’aria nella stanza sembrava rarefarsi quando nessuno proferiva parola, in situazioni simili provavo un inspiegabile disagio.

-Si, si. Ma vedi, ragazzo, se c’è qualcosa che devi imparare in questo luogo è la calma. –

Annuii ancora attendendo che riprendesse il discorso iniziato.

-Per il tuo completo inserimento in questa società necessiti di un impiego, un ruolo che solo tu puoi ricoprire. Le regole sono queste: ognuno ha una specifica mansione che svolge al meglio. Tale mansione non può cambiare poiché è insita nell’indole di ogni persona e rappresenta l’essenza stessa della perfezione. È tutto molto semplice, come puoi comprendere ed inoltre tale meccanismo funziona perfettamente.
La tua mansione sarà quella di essere il guardiano e l’interprete del Magazzino. Vedrai che non avrai nulla da ridire su quanto ti è stato assegnato. Leo ti scorterà sul tuo luogo di lavoro. –

-Mi scusi ma preferirei andare da solo. –

Non avevo bisogno di ulteriori spiegazioni, avevo compreso quanto necessario, dilungarmi in ulteriori discorsi sarebbe stato inopportuno. Però il pensiero di dover continuare a trascorrere tanto tempo con quel ragazzo mi faceva sentire nervoso, avrei voluto poter essere il prima possibile autonomo per poter fare a meno di lui.
Il Capitano mi osservò restando in silenzio, la bocca si era assottigliata e le sue labbra disegnavano una linea retta. Mi voltai verso Leo che continuava a restare immobile nella medesima posizione, sembrava non aver nemmeno udito le mie parole. Probabilmente la mia voce non aveva nemmeno sfiorato l’universo misterioso della sua mente, un brivido mi percorse la schiena, era come essere invisibile.
Il Capitano non ammise proteste, alla fine dovetti lasciare che fosse quel ragazzo a scortarmi nuovamente. Camminare al suo fianco era come essere completamente soli, peccato che il suo sguardo puntato sui miei passi continuasse a trasmettermi una sgradevole sensazione. Avevo la gola secca, non riuscivo a sollevare lo sguardo dal pavimento, desideravo intensamente che se ne andasse.    

La mia ombra restava silenziosa, seguiva i miei passi senza mostrare la più minima spossatezza, come la invidiavo, lei sembrava accettare ogni situazione facilmente, non si poneva troppe domande e non desiderava granché. Semplicemente restava salda ai miei piedi, non voleva lasciarmi andare, ero il suo punto di riferimento, l’unica ragione per cui esistesse.
 


Il Magazzino di cui il Capitano aveva parlato era un edificio al di là della foresta. Era in mattoni scuri, sembrava composto da almeno tre piani, le finestre erano alte ed i vetri opachi. All’interno la temperatura era mite, l’ingresso aveva un arredamento composto da ben pochi particolari. Sulla scrivania piuttosto datata era sistemato un quaderno sul quale dovetti apporre la mia firma, era preceduta da un’altra che però non riuscivo bene a decifrare.

-Il tuo turno si concluderà alle venti, dovrai attendermi qui. – tali furono le uniche parole di Leo prima di andar via per tornare a sbrigare ben altre mansioni anche se io non avevo la minima idea di quali potessero mai essere.

Attraversai il corridoio, le pareti erano spoglie, il pavimento avrebbe avuto bisogno di una ripulita. Al termine vi era un enorme stanza alla quale si accedeva tramite una vecchia porta malandata. Un ragazzo stava ripulendo gli scaffali vuoti, si trattava di una serie di scaffali alti fino al soffitto che seguivano tutto il perimetro delle pareti.

-Buongiorno. – sussurrai timorosamente avanzando all’interno della stanza.

Il ragazzo era voltato di spalle, aveva un fisico snello e le gambe abbastanza lunghe. I suoi capelli erano voluminosi e castani, di un castano scuro, molto simile al mogano. Quando si voltò mi osservò non sembrando troppo sorpreso di trovarmi lì. Aveva un bel viso, mi sentii immediatamente rassicurato, per qualche ragione.

-Ben arrivato. – disse accennando un lieve sorriso. – Non sapevo saresti arrivato oggi. Comunque meglio prima che dopo, in questo periodo c’è molto da sbrigare e da solo non ce la facevo proprio. –

Sorrisi a mia volta, da quanto non lo facevo? Immediatamente pensai a Hyuk, le uniche occasioni in cui mi era capitato di sorridere in quella nuova dimensione era stato per causa sua, chissà dove si trovava adesso. Non riuscii a fare a meno di provare malinconia di fronte al suo ricordo.

-Ti ringrazio. Allora mettiamoci immediatamente a lavoro. –

Mi mostrò la stanza sotterranea, dove erano conservate le gemme della memoria. Erano delle grandi pietre, tonde e dalla superficie ben levigata, vitrea, erano tutte di colore scuro ma mi spiegò che al momento giusto riservavano grandi sorprese. Suo compito era quello di spolverarle appena arrivato a lavoro e disporle sugli scaffali, facendo particolare attenzione a non scalfirle, sistemandole in un ordine che solamente lui conosceva. Il mio compito, invece, sarebbe stato quello di leggere il loro contenuto, analizzandole a turno, una per una ed, appunto, interpretarle.

-Si tratta di un compito che comporta un grande dispendio di energie. – mi spiegò mentre me le mostrava. Attraverso la loro superficie scura, osservandole così, mi sembrava di non riuscire a decifrare proprio nulla. – Per tutto questo tempo, da quando sono qui, non ho fatto altro che ripulirle e disporle, lasciandole lì, senza poterle utilizzare. Era una scena davvero deprimente, mi sembrava di essere osservato da migliaia di occhi, è stato molto difficile non impazzire a restare da solo qui dentro. Però adesso sei arrivato tu, finalmente il ciclo sarà completo e queste sfere serviranno a qualcosa. Magari riuscirò a vivere questo lavoro molto più serenamente. –

Mentre lui terminava di spolverare gli scaffali, con minuzia, senza tralasciare nemmeno un millimetro di superficie, io tenevo tra le mani una delle sfere. Scura ed impenetrabile, sembravano comunicare tutte un tragico presagio. Non ero poi così interessato a decifrare il loro contenuto, che cosa mai poteva importarmi? Però era il mio compito, sempre meglio di non fare nulla tutto il tempo. Avevo molte perplessità a riguardo, ero convinto che non sarei mai riuscito a vederci qualcosa lì dentro.

Quando entrambi iniziammo ad avvertire la fame, il ragazzo sistemò una pentola con del riso su una piccola stufa che aveva sistemato in un angolo della stanza. Ci sedemmo a terra, mangiando con calma. Ero sollevato dal fatto che il mio compagno di lavoro fosse arrivato da poco, proprio come me. Almeno con lui sentivo di potermi intendere.

-Il mio nome è Hongbin, comunque. – disse all’improvviso, mentre terminava di mangiare il proprio pranzo.

-Io sono Hakyeon. Ma dimmi… i tipi biondi qui non lavorano? –

Lui mi osservò interdetto, cercando di capire che cosa volessi dire.

-Ah, quelli come il Capitano, intendi? No, coloro che hanno completato il loro percorso non svolgono queste mansioni. Anche noi, quando saremo divenuti perfetti dovremo abbandonarle. –

Restai in silenzio, continuando a mangiare il mio riso un po’ più lentamente.

-Se devo dirla tutta, non è che ci tenga a diventare come quelli lì. Mi fanno paura, non so se capisci quel che intendo. Però non ci sono alternative, qui funziona in questo modo. Tutto segue delle regole ben precise, se le comprendiamo o meno poco importa, devono essere seguite. – mi rivelò tenendo lo sguardo rivolto verso il pavimento, sembrava che si stesse prefigurando un futuro non troppo roseo.

-Prima o poi, magari, non avremo più così timore di questo luogo. – cercai di rassicurarlo come meglio mi riusciva. Nemmeno io avevo certezze a riguardo, perciò era difficile dire che tutto sarebbe andato per il meglio.

-Lo spero tanto, Hakyeon, lo spero davvero. –
 


L’ombra di Hongbin seguiva i suoi movimenti, si intendevano alla perfezione loro due. Aveva un’ombra sottile ed elegante, non era niente male. La mia era rattrappita, poiché io ero seduto, in attesa di iniziare il mio compito. Quando gli scaffali furono pronti il ragazzo iniziò a disporre ogni sfera al suo posto, per alcune dovette rifletterci un paio di minuti, prima di decidere dove posizionarle. Appena ebbe terminato la scena era proprio come l’aveva descritta lui: migliaia di sfere dalla superficie scura ci osservavano, stando immobili sul loro scaffale, l’una di fianco all’altra, senza accennare altra volontà. Erano talmente lucide da riflettere la nostra immagine, il loro interno era talmente scuro da non poter essere paragonato nemmeno alla notte.

-Ora scegline una. – mi spiegò – ed analizzala stando lì sulla scrivania. Guardala bene, concentrati solamente sul suo segreto. Vedrai che qualcosa riuscirai a vedere. –

Seguii le sue indicazioni, attraversai tutta la stanza, scrutando ogni sfera. Sembravano una identica all’altra, non sapevo nemmeno secondo qualche criterio fossero state disposte. Ne scelsi una tra le tante, la presi stringendola tra le dita e la posai sulla scrivania. Mi misi a sedere, iniziando a scrutare il suo interno con attenzione. Come avevo immaginato, non riuscivo a vedere nulla se non il nero che la riempiva, solamente un buio senza significato. Se quello era il mio compito voleva dire che dovevo saper adempire al mio ruolo, eppure più mi sforzavo più non riuscivo a vedere proprio niente. Continuai a provarci, restai lì, immobile, con la schiena piegata, tutto concentrato nell’osservazione. Però più il tempo passava più non riuscivo a vedere nulla, non si verificava alcun cambiamento. Iniziai a provare rabbia, mi sentivo incapace, non riuscivo a capire in cosa potesse consistere il mio errore. Ad un certo punto sentii uno strano dolore sul fondo dell’occhio sinistro, come se fosse lacerato da uno spillo.
Gridai, ritraendomi, per errore urtai la sfera, se Hongbin non l’avesse fermata sarebbe caduta a terra frantumandosi. Avevo voglia di piangere, magari di mandare tutto all’aria ma mi trattenni.

-Basta così, Hakyeon. – cercò di rassicurarmi lui – Per oggi hai provato abbastanza. Non preoccuparti, ci vuole tempo per imparare. –

Quando Leo tornò per riaccompagnarmi a casa, Hongbin lo osservò poco convinto. “ Sta attento a quel ragazzo” mi sussurrò all’orecchio prima di salutarmi. Non capivo che cosa avesse voluto dire realmente ma iniziai a pensare che il suo consiglio non avesse nulla di sbagliato, non ero per nulla convinto di Leo, l’unico modo che avevo per non restare solo era avvicinarmi a quelle poche persone simili a me che avevo l’occasione di incontrare in quella dimensione a me estranea. Perciò ero intenzionato a conservare come meglio potessi la complicità con Hongbin.



Si susseguirono diversi giorni di lavoro, sempre allo stesso modo, fin quando non interiorizzai perfettamente la nuova routine. Lavorare non mi dispiaceva, peccato che con il passare dei giorni non riuscissi a sviluppare interesse per quelle sfere. Quando erano tutte disposte sugli scaffali ne sceglievo una, l’analizzavo a lungo finché gli occhi iniziavano a farmi male, senza ottenere nulla.

Più volte riferii ad Hongbin le mie preoccupazioni a riguardo, ero seriamente convinto che non sarei mai riuscito nel ruolo che mi era stato assegnato. Da un certo momento in poi, però, mi rassegnai all’idea di dover proseguire senza arrendermi per provare a cavarmela come meglio potessi.
Più volte Hongbin mi chiese di Leo, in che rapporto fossimo e se avessi mai incontrato il Capitano.

-Quado sono arrivato io il Capitano mi ha presentato un altro ragazzo che stava addestrando, credo faccia parte delle procedure. Questo ragazzo mi ha accompagnato per diverso tempo mostrandomi il luogo dove avrei lavorato, spiegandomi quali fossero le regole di questa dimensione.
Alla fine mi ero affezionato alla sua compagnia ma, vedi, quando ha terminato il processo non ha più potuto avere contatti con il resto del paese. È stato confinato in una sezione nella quale avrebbe proseguito con nuovi addestramenti, nessuno sa quanto questi possano durare. Il tempo è un’entità che non esiste da queste parti, nessuno sa il termine delle decisioni del Capitano. Alcune delle sue regole non mi sono chiare. – aveva interrotto la propria spiegazione con un sospiro, io continuavo ad ascoltare attentamente. – Non voglio caderci di nuovo, non dovrei affezionarmi a nessuno visto che tutti noi siamo destinati a tale processo. Ma che vita sarebbe ? Il significato di tutto questo mi sfugge. –

Erano trascorsi diversi giorni lavorativi quando decisi di rivelare i miei dubbi a Leo. Stavamo percorrendo il tragitto verso casa, l’uno di fianco all’altro ed io continuavo a tenere lo sguardo sull’incedere della mia ombra. Avevo riflettuto a lungo sulle parole di Hongbin, come lui il tutto mi appariva piuttosto misterioso ed incomprensibile.

-Leo, chiariresti un mio dubbio? –

Sentendo la mia voce si voltò lentamente ed annuì, avrebbe fatto del suo meglio per chiarirlo.

-Dei dettagli di questo luogo mi sfuggono, non riesco a capire molti aspetti… ad esempio, che fine ha fatto la tua ombra? Anche il Capitano non ne possiede una, non è vero? Ed allora, dove vanno a finire? – domandai tutto d’un fiato, cercando di non farmi bloccare dall’agitazione.
Sembrò rifletterci per alcuni istanti poi mi rispose: - Neanche io lo so, non sono notizie che possono conoscere tutti. –

-Ma tu sei l’allievo del Capitano! Dovresti essere informato di ogni sua regola, della ragione per cui le ha indette. –

-Invece non è così. –

-Io voglio sapere. Dovrei andare a porgli i miei dubbi di persona? Non ho timore di farlo. –

Il suo sguardo fu attraversato da una specie di lampo, mi afferrò per un braccio e mi trascinò in un vicolo, imponendomi di sfiorare il muro con la schiena.

-Non farti mai sentire da nessuno, non dire mai più qualcosa del genere. – nonostante il suo viso fosse inespressivo, il tono della sua voce si alterò leggermente.

-Perché, Leo? Voglio sapere! –

La sua mano andò a tapparmi la bocca, il suo sguardo era glaciale e severo, la spessa vena sul collo si era gonfiata. Che posto era mai quello? Non poteva esistere la perfezione se il destino di ognuno era comandato da qualcun altro. Il mio bisogno di conoscenza non avrebbe potuto facilmente convivere con quel tipo di etica, ne ero convinto.

-Non dirlo più, sta zitto. –

Convinto da quello sguardo mi convinsi a non chiedere più nulla, la sua reazione mi aveva spaventato, mentre continuavo a camminare le gambe mi tremavano, mi sentivo agitato, completamente, in ogni parte del corpo.
 
  
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