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Autore: anchorlarry_    11/04/2015    1 recensioni
"Era passato un anno dal fatidico "sì, lo voglio" e Louis ed Harry vivevano ogni giorno come se fosse il primo. Sì certo, a volte litigavano ma come si suol dire: "L'amore non è bello se non è litigarello". Ovviamente, facevano pace ogni volta e il loro amore era forte, più forte di qualsiasi altra cosa."
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg
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A Federica

 

 

Era passato un anno dal fatidico "sì, lo voglio" e Louis ed Harry vivevano ogni giorno come se fosse il primo. Sì certo, a volte litigavano ma come si suol dire: "L'amore non è bello se non è litigarello". Ovviamente, facevano pace ogni volta e il loro amore era forte, più forte di qualsiasi altra cosa.

Harry era davvero bellissimo. Ogni volta che Louis si incantava a osservarlo, il suo cuore perdeva due o tre battiti. Aveva i capelli lunghi e ricci, simili a quelli di una ragazza ma erano decisamente meglio. Una cosa che Louis adorava fare era infilarci le mani; riteneva che quei capelli fossero talmente soffici da non poter evitare di passarci in mezzo con le dita. I suoi occhi erano di un verde simile a quello dello smeraldo, brillavano sempre e comunque, anche quand'era stanco e l'unica cosa che voleva fare era dormire. Risplendevano di luce propria. Louis non avrebbe mai capito come potessero esistere degli occhi del genere. Poi c'era la sua bocca, rosea e morbida; l'aveva assaggiata più e più volte da quando stavano assieme e non si sarebbe mai stancato di farlo. Se fosse stato possibile, avrebbe vissuto dei suoi baci. Le sue fossette, invece, ogni volta che sorrideva si mostravano, aprendosi e formando due buchetti bellissimi. Era alto - molto più di suo marito, nonostante fosse lui, il maggiore - e snello. Era semplicemente perfetto.

Louis, invece, era proprio il contrario del marito. Aveva i capelli lisci e castani che a volte cambiavano colore a seconda del sole, ed Harry sosteneva che fossero proprio come lui. Il suo umore variava a seconda del momento. Sembrava una donna perennemente con il ciclo, sì. La sua bocca era sottile e rosea ed Harry, in ogni momento libero, la guardava come se fosse una delle cose più preziose della sua intera vita. Ed era così, perché quella bocca, proprio come il ragazzo a cui apparteneva, era la sua fonte di vita. I suoi occhi erano azzurri come il ghiaccio e ogni volta che guardava il riccio, Louis si perdeva in quel verde così intenso e magnetico. Se fosse stato per lui, avrebbe potuto vivere con lo sguardo di Harry su di sé.

Louis era un nano rispetto ad Harry, tant'è che i loro migliori amici Zayn, Niall e Liam l'avevano soprannominato "nanetto”.

 

Terzo mese - Giugno

 

"Louis? Tesoro stai bene? Ancora le nausee?" sospirò Johannah, vedendo nuovamente il figlio correre al bagno, accasciarsi all'asse del gabinetto e vomitare il pranzo terminato da qualche ora. Si avvicinò a lui tenendogli una mano sulla fronte e spostandogli i capelli lisci.

Era davvero preoccupata. Louis stava male ormai da una settimana e mezza e sembrava che il virus non passasse.

"Domani ti accompagno dal dottor Devine." disse la donna con tono protettivo, appena egli terminò di rigettare tutta la bile che possedeva in corpo.

Il ragazzo sbuffò e dovette cedere alle richieste della madre, la quale sospirò, felice di essere riuscita a convincere il "suo bambino", e le diede un bacio sulla guancia.

Si alzò in piedi, si voltò e guardò negli occhi, azzurri come i propri, la donna sussurrando: "Mamma, non dire niente ad Harry, per favore! Prima sento cosa dice il dottore e poi gli dirò tutto".

Louis si sentiva in colpa. Non gli aveva mai mentito, ma non voleva farlo preoccupare, quindi si convinse che la sua fosse la scelta migliore.

"Okay" mormorò Johannah sospirando e lo abbracciò.

 

 

 

"Cosa? Sta scherzando vero?" soffiò Louis, ancora scioccato per la notizia appena ricevuta.

"No, signor Tomlinson. Lei aspetta davvero un bambino." affermò il dottore.

"Tesoro stai bene?" chiese la donna che fino a quel momento non aveva fiatato.

Louis non rispose, troppo incredulo, terrorizzato e sconvolto.

"Lou?" domandò la madre, leggermente preoccupata.

"Sto bene" mormorò egli. “Di quanti mesi sono?”

"Tre mesi. Il concepimento probabilmente è stato a marzo.”

"Oh" disse soltanto Louis. Aveva capito tutto.

Il dottor Devine spiegò, poi, come fosse possibile tutto questo e, soprattutto, ciò che doveva fare Louis per far sì che il bambino stesse bene: cure ormonali, una dieta adeguata, vitamine per la salute del bambino.

Ma il ragazzo non ascoltò nemmeno una parola. Ogni tanto si limitava a muovere la testa in segno di consenso, fingendo di prestare attenzione. Era troppo incredulo dalla situazione in cui si era ritrovato.

 

 

 

"Tesoro, sono a casa" la voce roca di Harry riecheggiò per tutto l'appartamento.

"Sono in camera" rispose l'altro con tono insicuro.

Il riccio raggiunse la stanza molto velocemente, preoccupato per il marito.

Quando aprì la porta, i loro occhi si incontrarono. Verde nell'azzurro. Azzurro nel verde. Uno scontro che non aveva eguali.

Louis era coricato sul letto, sotto le coperte, intento a leggere un libro.

“A letto? Da quando Louis Tomlinson è a letto alle cinque del pomeriggio?” chiese ridendo.

Il ragazzo ignorò bellamente la domanda e rispose: “Hazza, dobbiamo parlare”.

Harry si preoccupò. Suo marito era serio, troppo serio per pensare che potesse essere uno scherzo.

Cos’è successo? Si chiese, mentalmente, per poi dare voce ai suoi pensieri.

“Siediti qui” ordinò l’altro, posando il libro che ormai aveva smesso di leggere sulla scrivania.

Harry si avvicinò al letto e si sedette fissando il marito.

"Oggi sono andato dal dottore" iniziò "dato che questa settimana sono stato spesso male.” spiegò.

“E che ha detto?” domandò il più piccolo sempre più preoccupato.

“Non è un virus..." affermò lasciando la frase in sospeso. Harry iniziò ad agitarsi ancor di più, se possibile.

"Cos'hai?" mormorò quasi in preda a un attacco di panico.

"Il 27 marzo che giorno è stato?" chiese il più grande ignorandolo di nuovo.

Il riccio era seriamente perplesso; non capiva perché Louis glielo stesse domandando.

"Il nostro anniversario, lo sai." rispose ansiosamente.

"Cos'hai fatto per la prima volta da quando stiamo assieme, quella volta?"

Harry non si aspettava quella domanda. Era completamente basito e scioccato.

"Ehm... ho fatto l'attivo per la prima volta." rispose l'altro diventando paonazzo in volto.

"Ecco beh, aspetto un bambino e no, non sto scherzando. Non so nemmeno come sia possibile dato che io sono un ragazzo. Il dottore ha detto che, a quanto pare, ho anche un apparato riproduttore femminile, ma non riesce a spiegarsi come sia possibile che funzioni. Ha detto che sono un caso raro... Sono speciale.” Spiegò, provando a ricordarsi quel poco che era riuscito ad ascoltare. Dopodiché pianse; non era ancora riuscito a farlo da quando il dottore gli aveva comunicato la notizia. Era spaventato a morte, terrorizzato a dire la verità, ma felice. Finalmente potevano avere il loro bambino senza bisogno di adottarne uno.

"Oh...". Harry sbiancò. No, non poteva essere. Doveva essere uno scherzo. Non riusciva a respirare. Era completamente paralizzato dalla sconvolgente notizia appena ricevuta.

Non era assolutamente pronto per essere padre. Era troppo giovane, aveva ancora tutta la vita davanti. E poi Louis avrebbe dato tutte le sue attenzioni al bambino. Non l'avrebbe più amato come un tempo.

"Co-cosa vogliamo fare?" domandò il riccio, dopo minuti interi passati a farsi fisime mentali che beh, non stavano né in cielo né in terra.

"Perché, abbiamo qualche altra opzione oltre a tenere il bambino?" la voce del maggiore era dura. Louis era esterrefatto; non credeva possibile che suo marito potesse aver preso in considerazione l'opzione dell'aborto.

Harry restò immobile, paralizzato dalla sola idea di diventare padre. Non riusciva a ragionare lucidamente.

"Louis, cazzo, siamo troppo giovani. Non sappiamo badare neanche a noi stessi e credi che saremo in grado di badare a un figlio? Non si tratta di un bambolotto. È un'altra vita umana; credi che un ragazzo di ventiquattro anni e uno di ventuno possano davvero prendersi cura di un bambino?!" urlò.

Il più grande era sconcertato. Non poteva credere veramente alle parole del marito.

"E credi che non lo sappia, che siamo due irresponsabili e che fra sei mesi avremo una creatura a cui badare per tutta la vita?! Credi che io sia pronto a questo?! No. Ma poi penso che è il nostro bambino. Penso che se dovessi abortire non potrei mai conoscere il colore dei suoi occhi, non potrei mai sapere se i suoi capelli saranno un nido di rondine come i tuoi, oppure lisci come i miei. Non posso credere che tu, mio marito, mi dica delle cose del genere!" sbraitò Louis, esasperato.

Harry uscì di casa sbattendo la porta senza più rispondergli e il maggiore decise di calmarsi facendo una buona dormita. Ne aveva davvero bisogno. Odiava litigare con suo marito.

 

 

Harry era seduto sul divano a fare zapping davanti alla televisione, quando Louis gli si avvicinò. Non avrebbe lasciato cadere il discorso in quel modo.

“Si può sapere perché diamine hai reagito così, Harry? Okay, anche io all’inizio sono rimasto scioccato dalla notizia, ma diamine! Non credo sia una tragedia. Ne abbiamo superate di tutti i colori e siamo comunque ancora qui, insieme. Abbiamo sempre affrontato tutto, perché questa volta dovrebbe essere diverso? Abbiamo sempre voluto una famiglia insieme e okay, magari non così presto, ma alla fine cosa cambia? Ce la possiamo fare anche stavolta, Harry” gli disse tutto d’un fiato Louis, toccandosi di tanto in tanto la pancia. E sì, riteneva fosse alquanto patetico ma, per quanto assurdo potesse sembrare, si era già affezionato a quella creaturina dentro di sé e per nessun motivo al mondo vi avrebbe rinunciato.

Harry spense di botto la televisione e si alzò in piedi.

“No, Lou. Non è facile come credi! È un bambino, Cristo! Ti rendi conto di cosa vuol dire crescere un figlio? Evidentemente no, perché altrimenti non la prenderesti così alla leggera e ci penseresti due volte prima di decidere di tenerlo!” sbottò il riccio, urlandogli contro quel fiume di parole, per poi prendere la giacca e uscire di casa, di nuovo, sbattendo la porta mentre Louis si accucciava sul divano sentendo le lacrime che minacciavano di uscire.

Quella sera, Harry non cenò e, dopo essersi messo il pigiama, prese coperta e cuscino e andò a dormire sul divano. Alla vista di ciò che stava facendo suo marito, Louis rimase allibito.

“Stai diventando patetico, te ne rendi conto? E stai ingigantendo la questione. Io proprio non ti capisco” gli disse il maggiore mettendosi sotto le coperte, ma Harry fece finta di non sentirlo e si diresse verso il salone.

La mattina dopo, quando Louis scese a fare colazione, Harry era già uscito di casa.

 

 

Quarto mese - Luglio

 

 

Era passato più di un mese da quando Louis aveva scoperto di aspettare un bambino e la situazione con Harry era degenerata giorno per giorno. La prima settimana non avevano fatto altro se non litigare. Pian piano il riccio aveva cominciato a dormire sempre più spesso sul divano, usciva di casa prestissimo per non incontrarlo e tornava la sera tardi, così che avrebbero potuto stare insieme poco tempo. Quando metteva piede in casa, si dirigeva in cucina per prepararsi da mangiare senza prestare attenzione al marito. In questo mese il ragazzo dagli occhi azzurri aveva tenuto duro, ma ora non sopportava più la situazione.

"Harry, ti devo parlare" disse. Stava per continuare ma l'altro lo interruppe.

"Senti Louis, io non lo voglio questo bambino. Non sono ancora pronto per una vita fatta di pappe, pannolini e notti insonni. E lo so benissimo che diventare genitori non è solo questo, ma siamo giovani e abbiamo tutta la vita davanti. Ora vorrei godermi la vita ancora un po' e mi sembra che tu, con la scelta che hai fatto mi stia condannando a morte." sbottò.

Louis era scioccato e incredulo da quelle parole. Harry, il suo cupcake, non poteva aver detto davvero una cosa del genere, soprattutto non a lui che aveva sempre cercato di farlo star bene e che mai avrebbe voluto farlo soffrire. Lo amava al punto da poter morire per lui e ora l'amore della sua vita gli aveva appena spezzato il cuore. Cominciò a piangere e dopo un po' parlò.

"Ma stai scherzando vero? Sei la persona che amo di più a questo mondo. Non puoi dirmi che questo bambino è una condanna a morte. È sempre stato il nostro sogno, avere una famiglia con dei marmocchi che ci corrono intorno, e ora tu non lo vuoi più. Possiamo essere troppo giovani, su questo non ho nulla da ridire ma non pensi di stare esagerando?" chiese allo stremo delle forze.

"Lascia perdere! Non mi capisci." affermò soltanto Harry. Poi uscì dalla cucina e andò in camera, sbattendo violentemente la porta. Louis si buttò sul divano lasciando scorrere le lacrime sulle sue guance.

Il riccio, dopo una ventina di minuti, tornò in sala con una valigia al seguito.

"Me ne vado. Non cercarmi." disse soltanto. Poi uscì dalla porta.

Il maggiore rimase immobile, sconcertato dal comportamento del suo Harry - che forse ora non era più suo - e si lasciò andare in un pianto disperato.

 

Quella sera non mangiò e nemmeno nella settimana successiva. Johannah era preoccupata; non poteva vedere suo figlio in quelle condizioni e sicuramente il rifiuto verso il cibo non faceva bene al bambino.

“Louis, non puoi continuare così” ripeté la donna per l’ennesima volta.

“Mamma, lasciami stare” sbraitò in risposta Louis. Johannah si avvicinò al figlio, che in quel periodo era veramente irritabile, e si sedette con lui sul divano. Non parlava se non per urlare contro a qualcuno, non mangiava e piangeva praticamente sempre. Non riusciva a superare, o meglio, capire l’abbandono del marito. Avevano parlato più e più volte di avere una famiglia insieme ed entrambi erano entusiasti all’idea e, seppur troppo giovani, ora ne avevano l’occasione.

“Tesoro, lo dico per te, per il bambino che porti in grembo e per il tuo bene: devi mangiare. Stai mettendo a rischio la sua vita Louis, non puoi lasciarti andare così” affermò Johannah toccando la pancia di Louis impercettibilmente.

“Ma a che serve mangiare? Dimmelo mamma. Harry non ci vuole e io senza di lui non esisto. Non sono nulla. Sono come una stella cometa senza la sua punta, come il mare senza il sale. Se non c’è, non vivo, mamma, e dovresti averlo capito. Sai quanto lo amo e se lui non vuole una famiglia con me, io come faccio? Non ho nessuno.” rispose. Le sue parole erano cariche di tensione, rabbia, frustrazione. Le lacrime stavano cominciando a bagnargli nuovamente le guance.

La madre si avvicinò a lui e gli accarezzò una guancia, poi lo strinse a sé dolcemente sussurrandogli un “ci sono io, tesoro”.

Louis la strinse ancor di più, affondando la testa nell’incavo del collo.

Restarono in quella posizione per un tempo che sembrò infinito e, quando si staccarono, il ragazzo sussurrò un flebile “grazie”.

 

Da quel giorno Louis riprese a mangiare e pian piano - grazie all’aiuto di Niall, Zayn e Liam che, come lui, non capivano il comportamento di Harry – riuscì a ristabilirsi. I tre ragazzi, durante la giornata, si prendevano cura di lui a turno. Mentre due lavoravano, uno gli faceva compagnia e viceversa, così da non lasciarlo solo.

 

 

 

Il telefono di Harry giaceva sul comodino e squillava per quella che sarà stata la quinta volta nell’ultima ora, ma lui, come aveva fatto nelle ultime due settimane, non aveva intenzione di rispondere. Se non era Niall, era Liam; e se non era uno dei due, era sicuramente Zayn. In quell’ultima settimana, soprattutto, lo avevano bombardato di telefonate, ma Harry non aveva risposto a nessuna di esse. Non gli andava di sorbirsi la predica dei suoi amici che, ne era certo, avrebbero di sicuro preso le parti di Louis. Eh, certo: non erano mica loro quelli che sarebbero diventati padre di lì a qualche mese. Non avrebbero capito, nessuno avrebbe potuto capire il suo stato d’animo. Non sapeva neanche lui perché aveva preso così male quella notizia, ma ciò che sapeva con certezza era che non era pronto, non ora. Non avrebbe mai e poi mai voluto che succedesse in quel momento e in quel modo. Avrebbe voluto godersi ancora un po’ la vita matrimoniale con il suo Louis, avrebbe voluto viaggiare un altro po’, avrebbe voluto desiderarlo questo bambino, provare ad averlo; non voleva che piombasse nelle loro vite così all’improvviso. Per questo sperava che suo marito non lo tenesse: non credeva di potergli dare l’amore che meritava e, piuttosto che crescere un figlio male, preferiva non crescerlo affatto.

In quel momento qualcuno bussò alla porta, ma non attese risposta che la aprì ed entrò nella stanza.

“Allora sei vivo, Styles! Stavo per andare a cercarti all’obitorio” disse quella che gli sembrava una voce fin troppo familiare.

“Non sei spiritoso, Niall. E ora che ti sei accertato che sono sano come un pesce, puoi anche tornartene a casa. Non ho niente da dirti e non ho intenzione di ascoltare una tua ramanzina” rispose piatto Harry così da non ammettere repliche da parte del biondo, andandosi a sedere sul divano.

“Non ti libererai così facilmente di me. Non ho intenzione di farti una ramanzina e, comunque, non mi sembra affatto che tu sia sano come un pesce; hai delle occhiaie spaventose e dopo dirò a tua madre che deve cucinare di più perché, mamma mia, sei scheletrico! Non vorrei esagerare, ma stai messo peggio di Lou c-”

“Che ha Lou? Sta male? Non mangia? Ha avuto qualche problema? Dimmi che ha!” urlò Harry senza lasciare all’amico il tempo di finire la frase.

“Ehi ehi, calmati! Louis sta bene, adesso. Non ha mangiato per qualche giorno, ma ora lo teniamo d’occhio noi; si sta rimettendo in sesto” rispose Niall guardando Harry con sguardo pieno di compassione.

Lo sapeva, sapeva che il riccio si sentiva terribilmente in colpa per come si era comportato e sapeva che gli mancava Louis.

“Harry, si può sapere che ti è preso? Tu e Louis avete sempre detto di voler avere una famiglia insieme e ora che ne avete l’opportunità scappi? Cos’è che ti terrorizza?” gli chiese allora dolcemente, sedendosi sul divano di fianco a lui e poggiandogli una mano sulla gamba come a rassicurarlo e a spronarlo a parlare.

“Non lo so, Niall. Non lo so nemmeno io. So solo che tutta questa situazione è ingestibile, per me. Devo capire cosa voglio davvero”.

“Te lo dico io cos’è che vuoi! Tu vuoi stare con Louis perché lo ami e vuoi un bambino da lui. Ma che dico? Tu ne vuoi minimo cinque di bambini da lui! Questo è tutto quello che hai sempre voluto. Ma ti capisco, capisco il tuo sbandamento; è comprensibile. E se vuoi un po’ di tempo per riflettere è giusto che tu te lo prenda. Ma non dimenticare mai che Louis ti ama e che potete realizzare il vostro sogno. E chiamalo, per favore. Gli manchi e non parlarti lo uccide”.

Finito il suo sermone, Niall si alzò e dopo aver dato a Harry una pacca sulla spalla, se ne andò.

Harry iniziò a rimuginare sulle parole dettegli dall’amico fino a cadere in un sonno profondo.

 

 

 

Stavano cenando tranquillamente, quando Niall tornò. Liam e Zayn gli chiesero con gli occhi come fosse andata e lui fece un cenno con la mano come a dirgli: “Dopo vi racconto”.

Louis, ovviamente, se n’era accorto. Stava male, sì, ma non era così stupido da non far caso ai comportamenti strani dei suoi amici. Da quando Niall era uscito, i due erano diventati inspiegabilmente tesi e agitati.

Cattivo segno, pensò Louis.

 

“Dove sei stato?” chiese quando l’irlandese si sedette a tavola.

“Eh-ehm in giro. Volevo comprarmi, ecco, dei pantaloni”.

“Non raccontarmi cazzate. Dove sei stato?” chiese di nuovo, alzando la voce di un’ottava.

“Sono passato da Harry” sussurrò quasi Niall sperando che non l’avesse sentito.

“Da Harry?” gli occhi azzurri di Louis si rattristarono di colpo. Gli mancava troppo. “E come sta?” continuò.

“Sta, uhm, bene” sospirò, ma la risposta non piacque molto all’altro.

“Niall” Louis lo fulminò con lo sguardo. Ogni santa volta bisognava tirargli fuori le parole a forza.

“Okay, okay. Tutto sommato sta bene; ha solo un po’ di occhiaie ed è dimagrito parecchio. Si vede che gli manchi” affermò debolmente.

“Se gli mancassi sarebbe qui con me, Niall, non pensi?” asserì acidamente. Ormai Louis aveva superato la fase della negazione e quella della disperazione; ora era arrabbiato, visibilmente arrabbiato con Harry perché non era lì con lui. Stava affrontando la gravidanza da solo, o quasi. C’erano i ragazzi e sua madre, sì, ma non era lo stesso. Aveva bisogno di lui e non c’era.

“Lo so, Lou, però…” provò a intervenire Liam ma l’altro lo zittì.

“Però niente, Liam. Non è qui con me e io devo affrontare tutto da solo. Non c’è nient’altro da dire” e il maggiore chiuse la questione. Per quella sera non avrebbe affrontato il discorso Harry.

 

 

Era passato qualche giorno dalla visita di Niall e il riccio si sentiva ancora più confuso di prima, se possibile. Non riusciva a non pensare al discorso dell’amico e quelle parole gli rimbombavano come un’eco nella mente.

“Tesoro, sei in casa?” la voce di Anne lo distrasse dai suoi pensieri.

“Sì mamma, sono in camera!” affermò asciugandosi quelle lacrime che ancora gli solcavano il viso dopo uno dei suoi soliti pianti che lo coglievano dal giorno dell'incontro con Niall.

“Tesoro, che succede? Hai pianto di nuovo?” domandò la donna, preoccupata nel vedere il figlio in quello stato.

“No, no, mamma! Tranquilla!” constatò, ma la sua voce lo tradì proprio come i suoi occhi. E pianse ancora tra le braccia della madre che, nel mentre, si era avvicinata a lui e l'aveva stretto a sé in un caloroso abbraccio, uno di quelli che puoi ricevere solo dalle mamme.

“Mamma, io...” ma le parole non uscivano. Aveva solamente bisogno di piangere e di sfogarsi con lei, l'unica donna al mondo in grado di capirlo.

“Non so- non sono pronto. E se Louis non si dedicasse a me dopo la nascita del bambino? E se io non fossi un buon padre per quella creatura? Ho paura mamma, tanta” confessò, finalmente. Non era ancora riuscito ad aprirsi con lei da quando era tornato sotto il suo tetto, ma quel giorno ne aveva la necessità. Aveva bisogno della sua mamma e aveva bisogno di confidargli tutte le sue paure più profonde.

“Lo so tesoro, lo so” rispose ma, prima che potesse continuare il suo discorso, il telefono di Harry squillò.

Sciolse con dispiacere quell'abbraccio, tirò fuori il cellulare dalla tasca e rispose senza guardare chi fosse il mittente, cosciente del fatto che la chiamata potesse essere di Louis, anche se da quando aveva visto l’irlandese, le chiamate da parte di suo marito – se ancora poteva definirlo così – si erano interrotte e la cosa gli pareva alquanto strana.

“Pronto?” disse il riccio.

L'unica cosa che Anne riuscì a riconoscere fu la voce di Liam che urlava e singhiozzava disperato dall'altra parte, mentre il viso di suo figlio si fece ancor più cupo di quanto già non fosse.

“Arrivo subito!” affermò Harry, chiudendo la conversazione e dirigendosi come una furia verso il cassetto dove teneva le chiavi della macchina.

“Tesoro, che succede?” domandò la donna, preoccupata da quella telefonata.

“Mamma, ora non posso! Ti spiego tutto quando torno” dichiarò il ragazzo che, finalmente, era riuscito a trovare le chiavi e uscì di fretta, chiudendo la porta senza dare il tempo alla madre di dire più nulla.

 

 

Dopo una ventina di minuti di guida spericolata per la città, Harry riuscì ad arrivare a casa sua. Corse lungo le scale come un forsennato e aprì la porta in modo brusco, attirando su di sé l'attenzione dei presenti che lo fissarono leggermente increduli.

“Dov'è?” domandò poi, visibilmente agitato.

“In camera. Il Dottor Devine lo sta visitando, quindi non puoi entrare” rispose Zayn dopo qualche secondo.

“Sinceramente, Zayn, non mi frega nulla di chi ci sia in quella stanza. Louis ha bisogno di me ed io devo stargli accanto” e detto questo, si diresse verso la loro camera ed entrò sotto lo sguardo scioccato di suo marito.

Si avvicino al letto e il dottore, che fino a quel momento non si era accorto della sua presenza, annunciò: “Mi spiace, ma lei non può stare qui. La prego di uscire”.

E ancor prima che Harry potesse ribattere, Louis parlò.

“Lo faccia restare, per favore.”

E il dottore non poté fare a meno di accontentarlo, continuando poi la visita.

Louis guardò Harry che abbozzo un sorriso. I suoi occhi cercavano quel coraggio che solamente lui, in quel momento, gli poteva dare.

Il riccio gli prese delicatamente la mano e la strinse per cercare di dargli forza.

 

Dopo una decina di minuti, il dottore estrasse dalla valigetta il ricettario e scrisse qualcosa che Louis non riuscì a decifrare.

“Louis, allora: la tua situazione di sicuro non è delle più semplici, anche perché sei un caso raro. Ma ti dico subito che il bambino sta bene. Lo svenimento che hai avuto è stato causato dagli ormoni che prendi; ti ridurrò la dose e, per sicurezza, ti farò fare un emocromo, così ci togliamo ogni dubbio. Ci vediamo la prossima settimana in studio da me” concluse il dottore.

“Okay, grazie mille. Alla prossima” salutò il maggiore.

 

Quando il dottore uscì dalla stanza, Harry gli lasciò la mano e andò a chiudere la porta. Avevano bisogno di un po' di privacy.

“Che fai?” domandò Louis acidamente.

“Dobbiamo parlare, non credi?”

Il riccio era finalmente pronto a prendersi le sue responsabilità, grazie anche alla chiacchierata avuta prima con la madre, e si era deciso a parlargli nel momento in cui i loro occhi si erano ritrovati dopo tanto tempo.

“Di cosa? Di quanto tu sia stronzo? O del fatto che non hai mai risposto alle mie chiamate?” iniziò il maggiore. “Oppure ti sei pentito e mi vuoi chiedere scusa? Eh no, caro mio, non avrai vita facile così, sappilo.” terminò alzandosi in piedi e parandosi davanti all'altro, incredulo per via delle parole del marito.

“Louis, perché fai così? Prima eri talmente dolce e ora... Lasciami almeno parlare. Insomma io, io ero confuso...” incominciò, ma il più basso lo interruppe.

“Comoda la vita, eh? Come credevi mi sentissi, Harry? Ma ho affrontato i problemi e non sono fuggito a gambe levate come hai fatto tu! Ed ora scusami, ma adesso vado a farmi un bagno! Ciao, Harry” e se ne andò verso la stanza in questione, chiudendosi dentro.

Il più alto era lì, sconvolto dalle parole del suo Louis, il suo piccolo Louis e pianse di nuovo. Si accasciò a terra e pianse per la terza volta. Singhiozzava talmente forte che anche il più basso lo sentì. Harry lo sapeva, ne era sicuro, ma se n'era fregato. O perlomeno era quello che credeva.

Niall nel frattempo aveva origliato – come sempre, da buon impiccione qual era – la discussione tra i due e, dopo cinque minuti, entrò in stanza. Trovò il riccio seduto a terra con la testa tra le gambe e le mani nei capelli; il volto rigato dalle lacrime.

Si avvicino a lui, si chinò e lo abbracciò.

“Ni-Niall n-non mi h-ha la-lasciato par-parlare” lo informò, tra un singhiozzo e l'altro.

“Lo so Hazza, lo so. Devi metterti nei suoi panni, però. Sta male, è deluso e non può perdonarti così facilmente” osservò il biondo.

“Ma ero confuso, lo sai, e stavo male... credevo mi potesse capire” riuscì a dire dopo minuti interi di sole lacrime e singhiozzi.

“Harry, dagli soltanto un po' di tempo e vedrai” gli consigliò Niall.

 

 

Quinto mese - Agosto

 

 

Ed Harry fece come Niall gli aveva suggerito. Aveva dato del tempo a Louis ma, dopo due settimane di disperazione, durante le quali aveva pianto e aveva chiamato Niall, Liam e Zayn ogni giorno per chiedere notizie dell’amato, per sapere se le analisi del sangue erano a posto e per sapere com'era andata la visita dal dottore, era giunto al capolinea. Aveva bisogno di vederlo, di parlargli una volta per tutte.

Si alzò dal letto dal quale non si era mai mosso e si trascinò sotto la doccia. Ne aveva davvero bisogno. Si vestì e, con il cuore in mano, andò da Louis.

 

Si trovava da mezz'ora davanti alla porta di casa sua e il maggiore non accennava ad aprire. Sapeva che era in casa, aveva sentito dei rumori, ma non aveva aperto nonostante le suppliche del ragazzo e il suo continuo bussare alla porta. Decise così di provare a scrivere un bigliettino, sperando che il marito lo avrebbe fatto entrare.

Estrasse dalla tasca uno scontrino e dall'altra una penna; scrisse: “Ti prego, Louis. Dammi la possibilità di spiegarmi. Fallo per te. Per il bambino. Per noi e per la famiglia che stiamo per costruire. H”. Dopodiché lo infilò sotto la porta.

“Lou, amore, so che ci sei. Ti ho scritto un biglietto, è sotto la porta. Almeno leggilo, per favore.” lo pregò nuovamente il riccio.

Poco dopo, Harry vide il pezzo di carta muoversi e sfilarsi. Louis, finalmente, si era deciso a dargli una possibilità o, perlomeno, era quello che credeva.

Non trascorse molto tempo prima che una risposta passasse da sotto la porta.

Te ne ho date così tante di possibilità, Harry, e ora non ho più la forza. Io andrò avanti per me e per il bambino e tu continuerai con la tua vita.” la risposta del maggiore non lasciava alcuna speranza al riccio, ma non si arrese.

L'ultima, ti scongiuro. E poi giuro che, se non ti avrò convinto, sparirò per sempre dalla tua vita. Se è questo che vuoi, lo farò...” Harry sapeva che non l'avrebbe mai fatto, perché non avrebbe potuto rinunciare all'amore della sua vita per nessun motivo al mondo, ma in quel momento gli pareva un buon modo per convincerlo. Piegò il bigliettino e lo rimise sotto la porta; l'altro non tardo a prenderlo.

Questa volta non ottenne pezzi di carta. Louis aprì la porta senza fiatare e lasciò che l'altro entrasse in casa.

“Lou, po-possiamo parlare?” domandò timoroso il minore e il più grande fece solamente un cenno affermativo con il capo, sedendosi sul divano.

“Allora” iniziò il riccio, avvicinandosi all'altro e sedendosi di fronte a lui. Cercò i suoi occhi che non faticò a trovare. “Ti voglio e ti devo dare una spiegazione. Non ti ho detto tutta la verità... Sì ero preoccupato di diventare padre, ma non è quello che mi ha spaventato o meglio: è solo una parte. Ero spaventato. Avevo il terrore di non essere un buon padre, di non essere abbastanza per te e il piccolo; avevo anche paura che tu avresti potuto dare tutte le tue attenzioni a lui e trascurarmi. Lo so, sono pensieri egoistici, ma io ti amo e, beh, se ti avessi perso, non avrei retto. Lo so benissimo che comportandomi in quel modo ti ho perso lo stesso, ma ero così spaventato da tutta questa situazione e tutte le fisime mentali che mi facevo non mi portavano da nessuna parte, lo so. Ora lo so. E Dio, in tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare a te e al bambino e a quanto mi mancavate. E non hai davvero idea di quanto stia male per come ti ho trattato. Vorrei solo... ricominciare tutto da capo, ma so che non è possibile” e pianse. Pianse come mai prima.

Louis era esterrefatto e non riusciva a fiatare. Non credeva che Harry potesse mai pensare tutto ciò. L'unica cosa che in quel momento riuscì a fare fu abbracciarlo. Uno di quegli abbracci che si vedono nei film in cui tutto scompare e resta un faro che illumina i due protagonisti. Uno di quelli che vorrebbe ricevere chiunque dalla persona amata. Uno di quelli che toglie il fiato e che non lascia respirare.

 

Dopo un tempo che parve infinito, Louis parlò ancora abbracciato ad Harry, la sua àncora.

“Hai ragione, non è possibile tornare indietro e rifare tutto da capo, ma si può migliorare il presente e il futuro, insieme. Sinceramente, non pensavo potessi avere tutte queste preoccupazioni e mi sento stupido per non esserci arrivato, ma sappi che sarai un papà perfetto, il migliore. Quel papà che mai abbandonerebbe il figlio, quello che, in ogni momento della giornata, dal nulla lo abbraccerebbe. Quel papà che mai si permetterebbe di toccare, anche solo con un dito, il suo bambino. E non preoccuparti che mai potrei smettere di darti attenzioni. Mai. E io, nonostante tutto, ti amo ancora come se fosse il primo giorno. Ti amo così tanto e ogni giorno di più. E grazie a te, avrò un meraviglioso bambino, il nostro scricciolo. Ti amo dal nostro primo incontro e non ho mai smesso di farlo e mai smetterò” terminò, staccandosi da lui per baciarlo. E Dio, soltanto Dio sa quanto avessero desiderato quel momento.

Semplicemente Louis ed Harry. Harry e Louis.

 

 

“Amore, sono a casa!” urlò Harry chiudendo la porta. Erano passati pochi giorni dalla loro riappacificazione e le cose stavano procedendo a gonfie vele. Lo stesso giorno era andato a recuperare le sue cose da Anne ed era tornato immediatamente dal marito, il posto in cui doveva stare. Il più piccolo era pieno di attenzioni verso Louis: ogni sera rientrava e lo riempiva di regali non solo per il bambino. E Louis si sentiva amato come mai prima. E era davvero felice di averlo perdonato. A volte pensava ancora a quei momenti bui, senza il suo Harry, ma ora c'era e l'importante era questo.

“Sono in cucina, amore mio!” fu la risposta del più grande.

Harry nascose, quindi, il pacchetto dietro la schiena e si mosse verso la cucina appoggiandosi allo stipite della porta.

Quando vide Louis alle prese con la cena, i suoi occhi si riempirono di gioia. Era meraviglio ai fornelli - anche se probabilmente stava combinando un disastro dietro l'altro, perché se la cavava in tutto, tranne che in cucina. Ed è proprio quando il maggiore si voltò verso di lui che il riccio perse due o tre battiti e il suo sorriso si aprì, mostrando le fossette. Le sue meravigliose fossette.

“Ciao, amore” lo salutò Louis, andandogli incontro e baciandolo dolcemente.

“Ciao” soffiò l'altro sulle sue labbra. “Ho qualcosa per te”.

“Harry, ti ho già detto che amo i tuoi regali ma, davvero, non ce n'è bisogno.” ripeté Louis baciandolo nuovamente.

“Tu aprilo.” ordinò il riccio, porgendogli il pacchetto di forma rettangolare. Sembrava un libro, a giudicare dalle dimensioni.

Louis lo prese e iniziò a scartarlo. Rimase allibito dal contenuto: era un pensiero così dolce che i suoi occhi si riempirono di lacrime gioiose.

“Che succede tesoro?” Harry si preoccupò e iniziò a baciargli le lacrime che scorrevano lungo le sue guance.

“Nulla. È... È solamente un regalo meraviglioso” rispose dopo qualche minuto e lo baciò, di nuovo.

Prese poi quel libro e passo una mano sulla copertina che recitava “Libri di nomi per bambini”. Quel dono era così importante per i due; il loro bambino o bambina – Louis non voleva sapere il sesso, diceva che si sarebbe rovinata la sorpresa - avrebbe avuto un nome, finalmente.

“Grazie, grazie davvero amo-” ma si bloccò improvvisamente perché senti un odore di bruciato provenire dal forno.

“Merda, il pollo!” urlò andando ad aprire lo sportello e a spegnere la rotella del forno.

Estrasse poi la teglia con la carne letteralmente carbonizzata.

“Come ha fatto a bruciarsi così in fretta?” domandò Harry perplesso.

“Uh, io l'ho soltanto messo al massimo così che si scaldasse velocemente e…” ma si bloccò nuovamente a causa delle risa del marito.

“Che c'è?” chiese poi, fingendosi offeso.

“Beh, non puoi mettere il pollo al massimo e poi non controllarlo costantemente. Sei un caso perso, tesoro mio.” affermò tra una risata e l'altra.

“Ma... io volevo fare qualcosa per te e tu mi ringrazi così?!” il volto di Louis si contrasse fingendosi infastidito.

“Non importa, perché io ti amo così come sei.” iniziò il riccio, avvicinandosi al marito. “Facciamo così: ordiamo giapponese o qualcos'altro? Di che hai voglia?”

“Giapponese, senza dubbio. Mi è venuta una voglia di pesce incredibile” rispose Louis gettandosi tra le braccia del marito. “E ti amo anch'io.” gli sussurrò poi all'orecchio.

 

Dopo circa un'oretta, i due finirono di cenare e, finalmente, poterono iniziare a sfogliare il regalo di Harry.

Si sedettero sul divano, accoccolati, con la testa del più grande nell'incavo del collo dell'altro, con una coperta soltanto a coprirli e il libro tra le mani.

“Uhm... Emma mi piace molto come nome. Emma Styles Tomlinson suona bene, Haz, non trovi?” domandò Louis.

“Sì, molto ma, io amo Darcy come nome, lo sai. Potremo sempre chiamarla Emma Darcy Styles Tomlinson no?” ribatté l'altro.

“Okay, mi piace tesoro. E per un maschio che nome ti piacerebbe?”

“Ehm, a me piacerebbe Nicholas, detto Nick, ma-” si bloccò perché la faccia di Louis non lasciava spazio a repliche.

“Tutto tranne Nick. Mi ricorda troppo Grimshaw, quel giornalista radiofonico da strapazzo.” ribatté acidamente.

“Lou, per favore, io ti accontentato con il nome per la bimba, ora lascia me no? Posso concederti di scegliere il secondo nome” lo pregò, con la faccia da cucciolo. Sapeva che avrebbe ceduto, lo conosceva bene.

“Mh... okay. Uhm” ci pensò un po' su e poi urlò quasi “Larry!”

“Larry?” ripeté il riccio, confuso da quella scelta. Quel nome era così, ecco sì, vecchio.

“Sì, è l'unione dei nostri nomi. Louis ed Harry e se si uniscono formano Larry.” fece notare il maggiore.

“Oh... è una cosa maledettamente dolce. Mi piace tanto. E anche al bimbo, a quanto pare” affermò, baciando la fronte del marito.

“Oh, credo che tu abbia ragione” osservò, prendendo la mano del minore e poggiandola sulla pancia. Il bambino stava scalciando.

“Allora è deciso: Nicholas, detto Nick, Larry o Emma Darcy.” ripeté facendo scalciare ancor di più quell'esserino nella pancia.

“Lo sai, vero, che ti amo più della mia stessa vita?” domandò Louis dopo qualche minuto perso a osservare l'altro.

“Anche io, vita mia” rispose Harry, iniziando a baciargli dolcemente ogni singola parte del viso. Fronte, occhi, naso, guance e bocca. Era così dolce quel ragazzo, che il maggiore si era più volte chiesto come potesse esistere al mondo una persona come Harry Styles.

 

Sesto mese - Settembre

 

“Louis, ti devo fare i miei complimenti. Tu e il bambino state benissimo e sono sicuro che anche l'ecografia mi darà ragione. Gli ormoni stanno funzionando e sai che ti dico? Ti abbasso la dose a una iniezione al giorno e vediamo come va questa prima settimana, okay?” chiese il dottor Devine.

“Okay” rispose Louis. “Potremmo vedere il bimbo o la bimba?” continuò poi, stringendo ancor di più la mano di Harry per farsi forza.

“Certamente” affermò l'uomo col camice bianco. Si mosse poi verso il suo armadio e prese il gel che serviva per fare l'ecografia. Aprì il tubetto e ne poggiò una noce sulla pancia di Louis che cresceva a vista d'occhio.

Prese poi la sonda e spalmò il gel su tutta la superficie. Iniziò poi a muovere la mano e fu proprio quando il dottor Devine fermò la mano che i due lo videro. Era la cosa più bella che avessero mai visto e iniziarono a piangere di gioia. Era un corpicino che si muoveva nella pancia di Louis.

“Se fosse un maschio, sicuramente diventerà un bravissimo calciatore” dichiarò il maggiore dopo un po'. Era scioccato dalla bellezza di quell'esserino che stava crescendo dentro di lui ed era così felice.

“E se fosse una femmina sarà senza dubbio una bravissima ballerina” rise il minore, ancora in lacrime.

“Allora spero sia un maschietto” affermò Louis, ridendo di gusto e prendendo in giro il marito.

“Sempre meglio una ballerina che un bambino che corre come un deficiente per novanta minuti avanti e indietro un campo, all'inseguimento di una palla” rispose il più alto, schernendolo. Era il loro modo di amarsi, quello: si stuzzicavano costantemente ed era il loro “ti amo”.

“Non vorrei interrompervi, ma abbiamo finito” fece notare il dottore, ridendo e passando un pezzo di carta a Louis per pulirsi.

“Uhm, ecco, io volevo chiedergli se fosse possibile avere un video dell'ecografia, la prossima volta” domandò Harry, incerto.

“Certamente, non c'è nessun problema” rispose l'uomo.

“Possiamo andare?” chiese Louis, abbassando la maglietta e scendendo dal lettino per mettersi accanto al riccio. La loro differenza d'altezza era impressionante.

“Sì, ci vediamo la prossima settimana controllare il dosaggio degli ormoni, d’accordo?”

“Senz'altro. Alla prossima” e detto questo, i due uscirono felici. La loro famiglia stava finalmente prendendo forma.

 

 

Ottavo mese - Novembre

 

La gravidanza stava procedendo per il meglio e la relazione tra i due andava ogni giorno a gonfie vele.

“Louis” la voce di Harry riecheggiò per tutta la casa.

“Sono qui, in camera” il tono acuto di Louis gli giunse alle orecchie.

Si incamminò verso la stanza e si fermò sullo stipite a guardare il marito davanti allo specchio con un mucchio di vestiti sul letto.

“Sono grasso. Enorme. Faccio schifo.” sbuffò il maggiore.

“Che stai dicendo? Sei bellissimo e il pancione ti rende ancor più bello ai miei occhi.

“Harry, non dirmi bugie. So di essere orribile!” esclamò Louis, sedendosi sul letto tra i vestiti.

“Lou” lo richiamò il riccio. “Sei bellissimo!”

“Ma... Con qualsiasi cosa sembro una mongolfiera” sussurrò l’altro.

“Beh, aspetti un bambino... Sarebbe preoccupante se non avessi la pancia” gli fece notare Harry.

“Sì, hai ragione” rise Louis, accennando un sorriso “Comunque non so cosa mettere per la festa” confessò, sconsolato.

“Aspetta, ti do una mano io” sorrise il più piccolo, andandogli incontro e dandogli un bacio a fior di labbra.

 

Dopo una mezz'oretta, Louis si era deciso e aveva optato per un paio di pantaloni grigi della tuta e una delle maglie larghe di Harry e, miracolosamente, il pancione era stato coperto.

Si erano diretti poi in cucina a preparare le ultime cose per la festa per il bambino.

“Patatine, salatini, popcorn, bibite e la torta. Da mangiare c'è tutto, mentre come addobbi abbiamo palloncini e festoni. Manca qualcosa?” domandò il più grande.

“Direi di no. Abbiamo tutto” rispose l'altro.

“Perfetto! Ora mancano solamente gli ospiti” disse Louis, ma venne interrotto dal suono del campanello.

“Come non detto!” rise poi.

 

La festa era appena terminata e tutti gli ospiti se n’erano. I regali ricevuti erano stati: una culla da Johanna, un passeggino multifunzione da Anne, vestitini e scarpine – tutti rigorosamente bianchi, dato che non sapevano il sesso del bambino - da parte di Niall, Liam e Zayn. I nonni invece avevano optato per i soldi, mentre zii e prozii avevano pensato a cose più materiali quali libricini, qualche giocattolo, ciucci, biberon vari e pannolini.

 

“Che giornata stancante!” osservò Harry appena chiuse la porta alle sue spalle. “E tu come ti senti, amore mio?” continuò poi.

“Mh stanco. Il bambino si è fatto sentire e sono molto spossato a dire la verità, ma anche felice. Felice di averti come marito, felice di avere una famiglia, anzi due famiglie meravigliose e tre amici splendidi che per noi ci saranno sempre” rispose Louis, che nel frattempo si era accucciato sul divano. La gravidanza l'aveva reso così dolce e al riccio, a dirla tutta, non dispiaceva affatto. Amava suo marito qualsiasi cosa facesse e mai avrebbe smesso di farlo.

“Amo quando sei così dolce! La tua tenerezza mi scalda il cuore e lo riempie di gioia, ancor più di quanto già non sia” confessò Harry, avvicinandosi al divano e chinandosi per poi trovarsi a pochi centimetri dal viso del maggiore.

“Manca il mio regalo, però” gli sussurrò all'orecchio.

“Un altro? Hazza ti avevo det-” la mano del più alto si posò sulle sule labbra. “Aspetta qui!” aggiunse soltanto, alzandosi e andando in camera.

Dopo qualche minuto tornò con in mano un pacchetto di forma rettangolare. Ma molto più grande e spesso del libro dei nomi. Lo appoggiò sul tavolino di fronte al divano, si sedette accanto al marito e gli permise di posare il capo sulle sue gambe. Allungò poi un braccio e riprese il regalo sistemandolo sul pancione.

Louis sfiorò leggermente la carta regalo e poi, lentamente, la tolse.

Rimase esterrefatto. Quel regalo era meraviglioso, proprio come la persona che l’aveva comprato. Quel libro era la cosa più dolce che potessero regalargli. Poteva scriverci tutto del bambino: dei suoi primi mesi, di quanto sarebbe cresciuto, del suo primo bagnetto, della sua prima gattonata, di quando avrebbe iniziato a camminare, di quando avrebbe cominciato ad andare all'asilo e di molto altro.

Quell'album dei ricordi era il regalo più bello che qualcuno gli potesse fare, più di tutti quelli che aveva ricevuto in quella giornata così spossante. Amava così tanto Harry, che non sapeva come ringraziarlo. Qualsiasi cosa avrebbe fatto o detto sarebbe sembrata banale e non adatta alla situazione. Niente era sufficiente a descrivere quel mix d'emozioni che provava e si maledisse così tanto per non essere in grado di far capire ciò che aveva dentro, ciò che il suo amato marito era per lui.

“Ti amo. Ti amo più di quanto mai qualcuno abbia mai fatto. Ti amo come la prima volta, perché sei la cosa più bella che questo mondo mi abbia regalato. Ti amo perché sei sempre presente, perché mi riempi di attenzioni, perché, senza di te, questo frugoletto inaspettato non esisterebbe. Ti amo perché sei tutti i miei sorrisi. Ti ho amato, ti amo e ti amerò per sempre” dichiarò. Non credeva che mai, nella vita, sarebbe riuscito a tirare fuori quanto appena detto, ma per Harry sarebbe pure andato sulla Luna, se lui glielo avesse chiesto.

Harry, nel frattempo, si era commosso, proprio come nel giorno del matrimonio. Il maggiore sapeva come farlo sentire speciale, amato, e quelle parole lo colpirono in pieno petto. Lo amava così tanto e tutto quello che faceva era per lui, per la famiglia e ora anche per il bambino.

“Ti amo anch'io e ringrazierò fino alla fine dei miei giorni chiunque ti abbia messo sul mio cammino. E vorrei dirti tante cose, amore mio, per farti capire quanto tu sia speciale per me e cosa hai portato nelle mia vita. Ma credo che qualsiasi cosa possa dirti non sia minimamente sufficiente. Ti amo” rispose Harry tra le lacrime, coinvolgendo anche l'altro in un pianto felice. Si avvicinò poi a Louis iniziando a baciargli la fronte, gli occhi, il naso, le guance e le labbra. E l’altro si addormentò tra le attenzioni del marito.

 

Nono mese – Dicembre - giorno prima del parto

 

13 dicembre. Il 13 dicembre era il giorno stabilito dal dottor Devine per il parto cesareo. E finalmente quel maledetto giorno, quello che Harry e Louis aspettavano da tanto, era quasi arrivato. I due stavano uscendo di casa con una valigia – forse era esagerata come cosa, ma volevano avere tutto a loro disposizione – e si stavano dirigendo verso la macchina. Il più alto tra i due aprì lo sportello, da buon cavaliere qual era, e fece accomodare l'altro sul sedile accanto a quello del guidatore. Chiuse lo portiera e fece il giro dell'auto, mettendosi poi alla guida.

La clinica – ovviamente privata, Louis non voleva passare per un fenomeno, non voleva essere una cavia - in cui avrebbe avuto luogo il parto, era la ROC Private Clinic e fortunatamente, abitando vicino al Madame Tussauds London era abbastanza vicino.

Quando arrivarono all'ospedale, Louis era terrorizzato.

Harry scese per andare ad aprirgli la portiera; vide il suo terrore nei suoi occhi e prontamente gli accarezzò dolcemente il capo, sussurrandogli parole dolci per tranquillizzarlo. In realtà, anche lui era spaventato a morte. Poteva succedere qualsiasi cosa a suo marito, ma in quel momento dovette scacciare tutti quei pensieri e concentrarsi solo sul compagno.

Dopo essersi tranquillizzato, Louis scese dall'auto e, aiutato, dal riccio andarono a registrarsi.

Il numero della camera era il 102. Quando entrarono, si trovarono in una comunissima stanza, simile a quelle dell'ospedale, ma più bella e confortante nonostante il grigio perla che colorava le pareti.

“Questa è la sua camera, Signor, uhm, Tomlinson” affermò l'infermiera dopo aver controllato la cartella clinica.

“Grazie mille. Sa per caso se il dottor Devine passerà oppure se lo vedrò direttamente domani?” chiese Louis.

“Il dottore ha avuto un'urgenza, quindi credo che lo vedrà solamente domani prima del parto” spiegò leggermente imbarazzata. Nonostante fosse un'infermiera, non era una cosa normale avere a che fare con un uomo gravido.

“Okay. Grazie ancora” la congedò a quel punto togliendola da quell'imbarazzo. Louis aveva capito il disagio della ragazza e la poteva capire, perché in alcuni momenti si sentiva così sbagliato e nonostante cercasse di non pensarci, non era così semplice come credeva.

Quando la signorina uscì dalla stanza, il più basso, con la valigia al seguito, si avvicinò all'armadio aprendolo e iniziando a sistemarvi i vestiti.

Harry, nel frattempo aveva osservato la scena con l'infermiera e aveva capito che Louis era rimasto un po' turbato. Lo conosceva bene.

“Ne vuoi parlare?” esordì avvicinandosi all'altro e abbracciandolo da dietro; lo avvolse completamente tra le sue braccia.

“Di cosa?” finse di non capire.

“Di quello che è appena successo con l'infermiera. Lo so che ti senti a disagio e so che ti fa stare male, ma quando lui” fece un pausa sfiorando il pancione “nascerà, tutti questi problemi non ci saranno più e per te, per noi, il bambino sarà l'unica cosa di cui ci importerà. E posso solo immaginare quanto tu stia male, ma ci sono io con te. Non sei un errore o uno scherzo della natura; sono sicuro pensi di esserlo, ma non lo sei” terminò il discorso baciandogli dolcemente la guancia.

“Grazie, grazie per dirmi sempre ciò di cui ho bisogno” rispose l'altro con le lacrime che pizzicavano gli angoli degli occhi. Si voltò e gli lasciò un leggero bacio sulle labbra.

“Mi dai una mano?” domandò Louis sciolto quel contatto.

L'altro fece soltanto un cenno affermativo con il capo e, insieme, ripresero a sistemare i vestiti nell'armadio.

 

Nono mese – Dicembre – 13 dicembre

 

“Secondo te, come sarà?” chiese Louis. Mancava davvero poco al momento in cui avrebbero portato il ragazzo in sala operatoria.

“Che intendi?” domandò Harry, confuso da quella domanda.

“Intendo, come sarà? Avrà i tuoi ricci e i miei occhi? Oppure i miei capelli e i tuoi occhioni verdi?” domandò.

“Mi piacerebbe che avesse i tuoi occhi azzurri, le mie fossette e i capelli mossi. Ma sinceramente non mi importerebbe più di tanto. Sono sicuro sarà bellissimo, d'altronde siamo noi due i genitori no?” affermò il riccio facendo ridere.

“Hai ragione” osservò il maggiore, ma prima che potesse affermare altro, l'infermiera del giorno precedente entrò in stanza.

“Signor Tomlinson, è ora di andare” dichiarò, avvicinandosi al letto e poggiando le mani sulla barella.

“Ci vediamo dopo, ti amo” sussurrò il riccio, baciando dolcemente le labbra del marito.

“A dopo. Ti amo.” rispose l'altro lasciandogli un altro bacio.

Detto questo la ragazza mosse il letto facendolo uscire dalla stanza per portarlo in sala operatoria.

 

“Harry, ti calmi?” Liam, spazientito, era intervenuto dopo aver visto l'amico andare avanti e indietro per la sala d'aspetto.

“Lee, ho paura!” confessò. “È da troppo tempo in quella sala. Non è che-” si bloccò; era così terrorizzato. “Gli sia successo qualcosa?” continuò, in un sussurrò, sperando che nessuno l'avesse sentito. In fondo i presenti in quella stanza erano tutti spaventati da quell'eventualità, ma nessuno osava dirlo.

“Haz, calmati. Fai un respiro profondo e tranquillizzati. Sta bene. In fondo è entrato solamente da una quarantina di minuti” prese parola Niall. “Adesso vedrai che uscirà il dottore”.

“Hai ragione, scusa” cercò di tranquillizzarsi il riccio, andandosi a sedere tra Anne e Johanna e stringendo le mani a entrambe.

 

Dopo circa un'oretta e venti dall'inizio dell'operazione, il dottor Devine uscì dalla sala avvicinandosi ad Harry e a tutte le persone li presenti.

Il ragazzo si alzò, andandogli incontro. Quando si trovò davanti a lui, parlò.

“Allora, dottore?” chiese impaziente.

“Ragazzo, è andato tutto bene. L'operazione è andata alla grande e stanno entrambi bene. Tra poco lo porteranno in camera e, successivamente, vi porteranno anche il piccolo” spiegò il dottore.

“Adesso devo andare a cambiarmi, se volete scusarmi” continuò l'uomo, lasciando gioire tutti. Harry, Anne, Johanna, Liam, Zayn e Niall piangevano, felici che Louis e il bambino – o bambina – stessero benissimo.

 

“Amore mio” Harry entrò in stanza con le lacrime agli occhi. Era così felice di vederlo. Louis era stanchissimo, le occhiaie gli solcavano il viso, ma stava bene ed era questo che importava. Si avvicinò dolcemente e lo baciò.

“È un maschietto o una femminuccia?” domandò dopo qualche minuto.

“Lo vedrai tu stesso” rispose soltanto Louis, facendo cenno con la mano a qualcuno.

Il ragazzo si voltò e, sempre la solita infermiera, avanzò in stanza con la culla termica. Si fermò vicino al letto di Louis, si chinò e prese il pargoletto dalla essa.

“Ecco voi il vostro bambino” annunciò, porgendolo in braccio a Louis. Detto questo uscì dalla stanza.

“Harry, ti presento nostro figlio” aggiunse, mentre il minore scoppiò nuovamente in lacrime di fronte a quella creatura. Era meraviglioso ed era il loro bambino. Quel bambino era tutto quello che avevano desiderato per un'intera vita e, finalmente, il loro sogno si era realizzato. Quella creatura era tutto ciò che i due volevano dalla loro vita.

“Grazie per questo meraviglioso dono. Grazie davvero. Ti amo, vi amo” ed Harry non trovò altre parole per descrivere la gioia di quel momento.

“Grazie a te per avermi regalato questo bambino. Vi amo così tanto.” e anche Louis pianse senza sapere bene cosa dire. Non c'erano parole adatte per quel momento.

Quindi dissero soltanto: “Benvenuto, Nick Larry!”

 

 

 

 


Note autrice: 
Ciao a tutte! 
Sì, sono tornata e no, non sono morta lol 
Questa mpreg è per Federica e mi scuso ancora per il ritardo impressionante
Ringrazio di cuore Ludovica per avermi aiutata in alcune parti e Samantha, per avermi fatto da Beta. 
Tornerò presto, prometto. 
Un bacio, Elisa xx 

P.S. Fatemi sapere che ne pensate, non mordo ahah 
 

   
 
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