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Autore: Himeko _    11/04/2015    7 recensioni
Quando un cuore viene ferito ci mette molto per risanare la ferita. Esso crea attorno a sé delle barriere per impedire che venga nuovamente fatto a pezzi.
Ma cosa succederebbe, se lì fuori, con più di sette miliardi di persone nel Mondo, trovasse proprio la sua metà?
Sarebbe capace di abbassare le barriere, per battere all’unisono insieme alla sua metà?
[Estratto]
«Avrò del tempo per me, con te?».
Shade non rispose, limitandosi ad osservarla.
Rein era bella, bellissima, anche con i capelli spettinati raccolti in un'altrettanto disordinata treccia, il suo maglione addosso e quelle ridicole pantofole a forma di panda ai piedi.
Mi ami?, sembravano domandare gli occhi verde-acqua, vigili, nonostante la notte in bianco.
Non puoi immaginare quanto, rispose, cingendole delicatamente la vita, facendo scontrare lievemente le loro fronti per poter catturare ogni singola sfumatura del suo sguardo.
«Avrai tutto il tempo del mondo, con me».
// SOSPESA per mancanza d'ispirazione.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Rein, Shade
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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The reasons of the heart


• Capitolo sei •

It’s not a date!


Shade sdraiato sul letto, con i piedi a sfiorare il pavimento e gli occhi fissi su un punto imprecisato del soffitto bianco, espirò lentamente passandosi una mano fra i capelli violacei scompigliandoli più di quanto non fossero già.
Sbuffando poggiò le mani ai lati del proprio corpo e, con una lieve spinta, si mise a sedere sul bordo del materasso, lasciando che queste ultime vagassero sul copriletto alla ricerca di una posizione più comoda. Non appena sentì le dita della mano destra entrare in contatto con qualcosa di freddo e ruvido, voltò appena il capo per scorgere un pezzo di carta color verde pastello. Senza alcun indugio lo strinse tra le dita e, portandoselo dinanzi gli occhi cobalto, lo scrutò intensamente. Dopo qualche secondo lo aprì e rilesse, forse per la ventesima volta, il contenuto.

 
“Chiamala ed invitala ad uscire, sono sicura che accetterà. – Mirlo”

L’ennesimo, e non ultimo, sospiro di quella giornata gli sfuggì dalle labbra.
Quella doveva essere una congiura contro di lui.
Doveva in qualche modo avere a che fare con il karma.
Lo sapeva che passare il test di medicina al primo colpo, senza andare incontro a ripescaggi o sbagli in fase di correzione delle prove d’ammissione, doveva avere anche un lato negativo e questo si stava presentando adesso sotto le sembianze di quello che pareva essere un vero e proprio complotto ai suoi danni. Non solo quella mattina era stato costretto ad alzarsi relativamente presto – rinunciando a quelle poche ed agognate ore di sonno, senza tener conto di quelle ancora da recuperare – a causa di Pastel che si era presentato a casa sua con un tomo di farmacologia sottobraccio e la colazione – croissant appena sfornati ed il classico caffè all'americana che distribuivano nella caffetteria, fresca di riapertura sotto una nuova gestione, all’angolo della strada – nell’altro, facendosi quindi perdonare, ma nel primo pomeriggio erano stati raggiunti da una Mirlo fin troppo estroversa, che gli aveva fatto il terzo grado riguardo la ragazza-del-supermercato, a cui aveva cercato di rispondere in modo esauriente e la solidago era giunta alla conclusione che si trattasse della sua migliore amica.
Poi, come se il karma avesse voluto infierire ulteriormente, Milky era scesa in cucina e gli aveva ricordato dell'appuntamento, – sicuramente sotto ricatto, aveva pensato accingendosi a giocarsi il suo striminzito stipendio da cameriere –, che Rein gli doveva e di cui lui non ne era a conoscenza, come aveva spiegato agli sguardi interrogativi della coppia.
A quel punto le due ragazze si erano appartate in un angolo della cucina, con la scusa di preparare uno spuntino, cominciando a parlare fitto fitto e lui era riuscito a captare solo che la maggiore avrebbe informato anche una certa… Leone? Leona? Lione?… una ragazza di cui non ricordava il nome, che frequentava alcuni corsi in comune con la turchese. A stupirlo maggiormente, tuttavia, era stata la reazione dell'amico, che non aveva più toccato l'argomento fino a quando non lo aveva salutato e gli aveva domandato se la ragazza gli interessava, a cui lui aveva risposto con un scherzoso «può darsi». Una volta ritrovatosi nella solitudine della sua camera aveva ponderato la domanda provando a rispondere sinceramente.
Non poteva negare di non provare un minimo di attrazione, anche se dell'ordine dello 0.00001, nei confronti della turchese; infondo l’aveva notato fin da subito che era una bella ragazza e quel caratterino che si ritrovava non gli dispiaceva affatto, ma era veramente sicuro di volere provare a legarsi a qualcuno? D’altronde le ultime ragazze con cui aveva intrapreso qualcosa di non ben definito erano durate relativamente poco. Era veramente pronto ad uscire con una ragazza e provare ad instaurare anche un semplice rapporto di amicizia? Dopo la rottura con Eliza non era più riuscito a vedere le ragazze nella stessa maniera di prima, anzi aveva smesso di instaurare una qualsiasi relazione con loro.
Sorrise amaramente.
Era proprio cambiato. Un tempo, al liceo, non si sarebbe fatto troppi problemi a prendere il telefono, comporre un numero ed invitare fuori la ragazza che aveva colpito la sua attenzione. Ma ora era diverso. Uscire con una ragazza aveva preso un significato diverso, un significato più profondo e Rein… lei gli era sembrata parecchio infatuata del suo fidanzato. Perché non ne dubitava, da come si era infervorata, che il ragazzo ce l'avesse veramente. Solo non riusciva a capire se ne era effettivamente innamorata, o se vedesse in lui il riflesso dell’amore. Qualunque sentimento la ragazza provasse, il suo istinto gli diceva di rimanere fuori dalla faccenda. Aveva come l’impressione che quella ragazza si trovasse nella medesima situazione in cui lui si trovava qualche anno prima.
Riportò l’attenzione sul biglietto osservando quell’irritante cuoricino accanto al numero. Chiuse bruscamente la mano a formare un pugno, stropicciandolo, e lo lanciò in direzione del cestino, senza riuscire a centrarlo. Con un sospiro carico di frustrazione chiuse gli occhi, ma li riaprì di scatto quando le immagini di Eliza e di Rein fecero capolino nella sua mente. Cosa avevano in comune quelle due ragazze?
Un lieve bussare, accompagnato da un allegro «Entro», lo indusse a scuotere lievemente il capo ed evitare di paragonare la conosciuta ventottenne alla sconosciuta ventenne.
«Milky», la salutò con un sorriso, «posso fare qualcosa per te?».
La bambina scosse la testa. «Hai chiamato Rein? Se non ricordo male avete un appuntamento in sospeso», gli ricordò sedendoglisi accanto, cominciando a muovere le gambe che teneva sospese in aria.
«Non penso sia il caso. Non ci conosciamo».
«Infatti», ribatté la bambina sicura, interrompendo il gioco. «Si organizzano degli incontri per conoscersi meglio, poi, se si nota una certa complicità, ci si comincia a frequentare con una certa regolarità e poi...»
«E poi niente, Milky», la interruppe seccamente il cobalto, guardandola negli occhi celesti così simili a quelli del defunto padre.
«Sai, secondo me dovresti uscire con lei», disse l'undicenne alzandosi in piedi. «Non dico per fidanzarti con lei – anche se lo vorrei tanto –, ma solo per conoscerla meglio. Ho la sensazione che voi due sareste dei buoni amici. E poi, magari, in futuro potresti ripensarci ed io la chiamerò sorellona», concluse la rosa uscendo dalla stanza, lasciando Shade a riflettere sulle sue parole.
Il ragazzo prese il cellulare e lo fissò per un paio di secondi. Tentare non era mica la fine del mondo, no?, si disse facendosi coraggio, mentre componeva velocemente quel numero impresso nella sua mente. 
«Pronto?» si sentì rispondere dopo appena quattro squilli.
«Ehm, salve», si schiarì la gola diventata improvvisamente secca, «sono Shade, non so se...».
«Shade!», lo salutò calorosamente quella che, come aveva supposto, doveva essere la madre. «Se cerchi Rein, non è in casa, è andata a pranzare dalla sorella».
«Oh», espirò semplicemente il ragazzo, chiedendosi quale numero gli avesse dato Mirlo.
«Non so dirti tra quanto tornerà. Lei e Fine sono sempre state parecchio unite. Se vuoi puoi riferire a me il messaggio».
«Elsa, chi è?» sentì chiedere di sottofondo. Ci mancava solo il padre, pensò Shade riconducendo il tutto, ancora una volta, al karma.
«Nessuno, caro. Solo un amico di Rein», poi tornando a rivolgersi al ragazzo disse: «aspetta, ti do il suo numero di cellulare. L’ha appena cambiato e dato che voi due avete litigato non penso si sia premurata di riferirtelo».
«Grazie signora, molto gentile», chiuse la chiamata il cobalto dopo essersi segnato il numero.
A che gioco stai giocando Mirlo?



«Mi mancava tutta questa pioggia» disse Bright porgendo i piatti da alla moglie, che rispose con un cenno d’assenso, mentre Rein – appoggiata all’isolotto di marmo – li osservava con un dolce sorriso che non passò inosservato alla rossa. «Cos’è quell’espressione inebetita?», domandò Fine con tono scherzoso.
«Niente, niente», rispose frettolosamente la turchese ampliando il sorriso, chiedendosi se magari anche lei, in un prossimo futuro, si sarebbe trovata in una situazione analoga; a scherzare e ridere insieme a suo marito ed alla sua adorata sorella. «Comunque», aggiunse sedendosi sul ripiano di marmo come faceva quando era piccola, «a me tutta questa pioggia non è mancata per niente».
«Immagino».
«Perdonatemi giovani donzelle», disse scherzosamente Bright abbracciando Fine, «ma il lavoro mi chiama. E penso che voi avrete tantissime novità da raccontarvi».
«Non affaticarti troppo», Fine gli posò un lieve bacio sulla guancia. «Tra un po’ ti porto il caffè».
Rein, che aveva preferito spostare l’attenzione dall’intimità che i coniugi mostravano al tetro panorama che la finestra, posta sopra il lavabo, offriva da visuale, bofonchiò qualcosa che alle loro orecchie suonò come “che imbarazzo”, scatenando le loro risate.
«Vedrai che quando incontrerai l’uomo della tua vita non la penserai più così».
«Se lo dici tu», espirò scrutando il cielo nuvoloso. Poi, con un cenno del capo, indicò i piatti accatastati sul ripiano d'acciaio: «Ti serve una mano?».
«Da quando ti offri di fare le faccende domestiche? Sbaglio, o la mamma doveva sempre corromperti con della cioccolata?»
«Ora è passata ai ricatti», biascicò Rein cominciando ad insaponare i piatti, mentre Fine si preparava a sciacquarli.
«Allora», cominciò la primogenita asciugandosi le mani sul grembiule, «da dove sbuca questo ragazzo dai capelli viola e gli occhi cobalto? È così affascinante come afferma la mamma?».
«Mamma dovrebbe imparare a farsi gli affari suoi e, comunque no, è nella norma. E non è il mio ragazzo», aggiunse.
«Come vuoi».
«Non è “come vuoi”, è così e basta. Anche perché...», Rein prese un grosso respiro, «cosa ne pensi delle relazioni in cui vi è una grande differenza d’età?».
«Uhm, mi sa che è meglio parlarne davanti a della cioccolata calda, che ne dici?» domandò Fine sorridendo dolcemente, avvicinandosi ai fornelli con un pentolino di piccole dimensioni. «Comunque non ci vedo niente di male. Insomma, se due persone si piacciono perché non dovrebbero frequentarsi? L’età non dovrebbe essere considerata come un limite, anzi. E poi lo sanno tutti; quando s’incontra la propria anima gemella l’età passa in secondo piano».
«Fine lo sai che non credo più nell’anima gemella».
«Oh Rein, non devi guardare al futuro ancorandoti ancora al passato. Fango ha rappresentato una parte importante della tua vita, è stato il primo in tutto, ma non puoi continuare a vivere nel passato. Devi lasciartelo alle spalle e vivere appieno il presente».
«L’ho fatto».
«A me non pare. Mi passi la frusta, per favore?», chiese indicandole il cassetto in cui stava.
«L’ho fatto. Al tuo matrimonio, dopo che ha passato tutto il tempo a farmi una radiografia completa». Vedendo la sorella muovere le labbra, con un pizzico di malizia ed altezzosità, aggiunse: «e l’ho abbandonato nel bel mezzo della pista da ballo».
«Tu cosa?!»
«Fine, se non muovi la frusta la cioccolata brucerà. Be’, era più ai margini della pista, ma è un’insignificante dettaglio che non cambia i fatti».
«Non ne sapevo nulla. Mi prendi le tazze dalla credenza in alto? Grazie».
«Fango era al matrimonio che tu stessa hai organizzato; eri la sposa!»
«Lo so che c’era, era il testimone di Bright. Mi stai dando della smemorata?», chiese chiudendo la valvola del gas.
«Non potrei mai, sorellona» rispose Rein con una linguaccia.
«Rein, non vorrai che riferisca a mamma che mi hai mancato di rispetto, vero? Sai che sarebbe capace di metterti in punizione».
«No, Fine. Ti prego non dirglierlo», la implorò scherzosamente la turchese congiungendo le mani davanti al volto. «Mamma è cattiva, non mi farebbe più uscire», continuò piagnucolando.
«Non vorrei mai impersonare la causa che ti ha impedito d'incontrare il tuo ragazzo segreto. Non me lo perdonerei mai» replicò ridacchiando la rossa, porgendole una tazza fumante.
«Non ho un ragazzo segreto», ribatté la minore dirigendosi in salotto.
La maggiore sorrise e, scuotendo il capo, si accomodò accanto alla turchese. Dopo avere preso un sorso del liquido caldo, la guardò seriamente. «Perché questa domanda? Ti piace qualcuno più grande di te?»
«In un certo senso. So che non è la mia anima gemella, però... mi trovo così bene con lui. Mi comprende meglio di quanto io riesca a fare da sola, mi fa sentire protetta e mi dona quella sensazione di calore che non pensavo di poter più ritrovare in un ragazzo».
«Ma non lo ami».
«Non ho detto questo».
«È quello che ho percepito io da estranea e, se anche lui prova le tue medesime sensazioni, allora, mi dispiace dirtelo Rein, non si tratta di amore. Non nego che ci sia, se non ci fosse stato alcun sentimento la vostra relazione – non guardarmi così, non sono mica nata ieri! – non sarebbe neanche cominciata. Tuttavia, la mia personale impressione a riguardo mi induce a pensare che questo rapporto sia basato solo sul desiderio di avere qualcuno nella propria vita che funga da ancora di salvezza».
Ancora di salvezza?, si chiese Rein spostando lo sguardo sul liquido denso che giaceva intatto all'interno della tazza. Sapeva che Toma stava uscendo da un periodo difficile; la sua ragazza lo aveva lasciato – e come aveva recentemente scoperto – senza una spiegazione plausibile e lui era caduto in una sorta di stato depressivo finché, constatò con un certo compiacimento, non era arrivata lei.
L’uomo le aveva più volte detto che lei era stata la luce in fondo al tunnel buio che stava attraversando e questo l’aveva lusingata, anche se non aveva voluto ammetterlo quando, a grandi linee, lo aveva raccontato a Lione. In effetti, vedendo il tutto con una prospettiva diversa, esterna, lei aveva rappresentato un po’ ciò che Beatrice aveva simboleggiato per Dante.
Eppure, come potevano raffigurare unicamente una boa di salvataggio l’uno per l’altra? Se fosse stato realmente così non si sarebbero mai baciati, non si sarebbero trovati così in sintonia tra di loro, non avrebbero trascorso interi pomeriggi a parlare passeggiando per i parchi e non avrebbero mai fatto l’amore.
Fine si sbagliava.
Lei... provava affetto per Toma.
Lo...
Gli voleva bene.
Perché non riusciva a dire che lo amava?
Che Fine avesse ragione? Dopotutto lei ne sapeva molto più di lei per quanto concerneva l’argomento “amore”.
La vibrazione del suo cellulare la distolse dai suoi pensieri e, senza guardare chi fosse, portò l’apparecchio all’orecchio accettando la chiamata.
«Pronto?», rispose atona sentendo su di sé lo sguardo della sorella. La voce entusiasta di sua madre la colpì in pieno e, per un secondo, si domandò chi delle due fosse la genitrice e chi la figlia. A volte sua madre si comportava come una bambina di cinque anni. «Cosa?!», domandò dopo un attimo di silenzio, «no, no! Non dovevi farlo! Chi ti ha arrogato il diritto? Mamma non provare a... incredibile, mi ha riattaccato il telefono in faccia!», espirò Rein fissando con sgomento la schermata nera del display.
«Ne vuoi parlare?», domandò timidamente Fine posando la tazza semipiena sul tavolino posto davanti al divano.
«Mamma si è permessa di dare il mio numero a Shade. Senza il mio permesso. Come ha potuto? Magari è un maniaco sessuale, un pluriomicida, un killer professionista e lei...»
«Non ti pare di esagerare?» la interruppe la rossa ridacchiando appena. «Shade è il violetto? Il ragazzo del supermercato? Tutto quello che so su di lui me lo ha raccontato nostra madre, ma ora voglio sentire la tua versione. E non farti pregare!»


 
*


«Non mi aspettavo venissi sul serio».
«Hai detto che mi offrivi la cioccolata», rispose la ragazza con ovvietà, scrutando con attenzione il ragazzo; non era poi così nella norma come pensava. Gli occhi cobalto che parevano impenetrabili la intrigavano un poco, ma preferiva quelli più chiari, contornati da una lieve sfumatura tormentata, di Toma. I capelli spettinati di colore viola facevano a pugni con la giacca verde, ma allo stesso tempo questo contrasto lo rendeva più affascinante. Mai quanto Toma, aggiunse frettolosamente la turchese distogliendo lo sguardo, imbarazzata.
«Sei venuta solo per la cioccolata?» domandò incredulo Shade, osservandola con stupore; sembrava una bambina. E forse cominciava a capire cosa aveva indotto Milky a fidarsi della ragazza.
«Certamente. Non pensavi che questo fosse un appuntamento, vero? Ti ricordo che sono già...»
«Impegnata. Sì, lo so» concluse Shade con tono annoiato. «Guarda che è stata Milky ad insistere affinché io uscissi con te. Se fosse stato per me avrei anche lasciato correre questo mezzo appuntamento».
«Non è un appuntamento», precisò Rein guardandolo negli occhi.
«Infatti ho detto mezzo», ribatté prontamente il cobalto, ricambiando lo sguardo.
«Non è neanche mezzo».
«Mamma guarda, non sono carini quei due? Secondo te sono fidanzati?» domandò una bambina catturando l’attenzione dei due ragazzi – che arrossirono, allontanandosi di poco – e di alcuni passanti, mentre la madre la riprendeva dolcemente dicendole che non era educato indicare le persone con il dito, sebbene anche sul suo volto trasparisse un'espressione divertita.
«C-Che ne dici se ci avviamo verso la caffetteria?»
«Sono perfettamente d’accordo», rispose il ragazzo, fermandosi dopo un solo passo. «Perdona la mia maleducazione, non mi sono ancora presentato; sono Shade», disse porgendole una mano, che la ragazza osservò con sospetto.
Poi con un sorriso, che alterò di poco il battito del ragazzo, gliela strinse. «Rein. Il piacere è tutto tuo».
«Hai sempre la risposta pronta?»
«Nella maggior parte dei casi sì», sorrise. «Allora, andiamo? La cioccolata ci attende», disse con entusiasmo incamminandosi davanti al ragazzo, che la guardò con un lieve sorriso. A quanto pareva la cioccolata era il suo tallone d’Achille e lui era stato veramente fortunato – o il karma aveva voluto che lo fosse – a menzionarla sotto consiglio della sorellina.
Dopo una ventina di minuti i due ragazzi sedevano ad un tavolo accanto alla grande vetrina, con grande disappunto di Rein, che avrebbe preferito un tavolo più nascosto. Non perché pensava di stare facendo una cosa orribile, di tradire la fiducia di Toma, bensì perché sapeva che la madre era in giro a fare compere insieme a qualche sua amica e non aveva alcuna voglia d’incontrarle e spiegare loro la situazione. Non che ci fosse qualcosa da spiegare.
«Sai, tua madre pensa ancora che io sia il tuo fidanzato. Forse dovresti rivelarle chi è quello vero», disse Shade interrompendo le riflessioni della ragazza, dopo avere ringraziato la sorridente cameriera che aveva portato loro le ordinazioni.
«Non penso sia il caso», rispose Rein aprendo una bustina di dolcificante. «Non metti lo zucchero?»
«Nah. Preferisco il gusto amaro a quello dolce».
«Caffè», sussurrò la turchese, amalgamando bene lo zucchero alla bevanda.
«Come?»
«Sei più un tipo da caffè. Anche se mi domando il motivo per cui tu abbia ordinato della cioccolata».
«Non potevo certo farti passare per una bambina», rispose divertito. «E tu, da quanto ho potuto constatare, sei più una tipa da cappuccino, o meglio caffelatte».
«Anche se fosse?»
«Non ci sarebbe niente di male. I gusti sono gusti».
«Infatti», annuì la ragazza prendendo un po’ di cioccolata con il cucchiaio e portandoselo alle labbra.
«Com’è?» chiese Shade immaginando di essere uscito con una Milky un po’ più grande.
«Sublime».
«Perché?» domandò il cobalto assumendo un’espressione seria, che alterò il clima divertito che li aveva avvolti sino ad allora.
«Troppe cose da spiegare, troppi pregiudizi e, sfortunatamente, ho una madre che non farebbe altro che giudicare negativamente».
«Non puoi saperlo, almeno finché non ci provi».
«Istinto femminile», concluse Rein, facendo intuire al ragazzo che non voleva parlarne. Non se la prese a male, infondo anche lui come lei non avrebbe rivelato questioni così private ad uno sconosciuto incontrato per caso in un supermercato.
«Capisco. Ma se lo ami davvero dovresti trovare un modo per presentarlo ai tuoi genitori. A meno che non si tratti di un criminale finito in carcere», aggiunse facendola sorridere lievemente.
«Non ti preoccupare non è un carcerato. È solo...»
«Più grande di te», concluse per lei Shade, lasciandola sbalordita. Ad esempio un professore, aggiunse mentalmente, sorridendole comprensivo.
«Ehm... come... uhm... sta Milky?», domandò la ragazza cambiando argomento, lasciando che il cucchiaino affondasse di un paio di centimetri nella densità della cioccolata, prima di riafferrarlo.
«Ehm... come... uhm... sta Milky?», le fece il verso divertito, «davvero, il tuo modo di esprimerti mi colpisce profondamente».
«Non prendermi in giro!»
«Scusa? Prenderti in giro? Ti sbagli mia cara, stai facendo tutto tu», la provocò. «Comunque sta bene anche se sembra essersi infatuata di un suo compagno di classe e di giochi», rispose con una nota di fastidio.
«Ohoh!, “Shade, il fratello geloso: la vendetta” prossimamente nei cinema», lo prese in giro la turchese facendo ridere anche l'interessato. «Aspetta, fammi indovinare il nome del fortunato: Narlo, vero?»
«Sei una veggente?»
«Mi piacerebbe esserlo, sai che bello?», domandò schiarendosi la gola, «purtroppo per te, pare che anche il fratellino di Mirlo abbia una cotta per Milky», aggiunse, «non guardarmi così, sembri mia sorella! Mirlo è la mia migliore amica, insieme a Lione» – ecco come si chiamava, pensò Shade – «ed è stata proprio lei ad “obbligarmi” ad uscire con te».
«Ah, quindi devo supporre che non avresti mai accettato il mio invito se non fosse stato per Mirlo?», domandò il ragazzo imbronciandosi.
«No! Non volevo dire questo, solo... chi mi assicurava che tu non avessi cattive intenzioni?»
«E così Mirlo ha pensato bene di spingerti ad uscire con il sottoscritto», disse il ragazzo pensieroso. «Temo stia architettando qualcosa alle nostre spalle», continuò osservandola negli occhi.
«Credi? Anche io ho avuto la stessa sensazione, ma non sarebbe da lei. Insomma, se fosse stata Lione a proporlo ci avrei pensato seriamente».
«Non lo sai che solitamente i colpevoli sono quelli meno sospettabili?»
«Quindi Mirlo... ed avrà reso partecipe anche Lione e forse anche Auler e...», guardò distrattamente la via, «oh no! Non ti voltare!».
«Perché?», chiese girando appena il capo. «Ahia, ma che fai?», domandò massaggiandosi il ginocchio colpito malamente dalla ragazza che gli stava di fronte.
«Ti ho detto di non guardare!»
«Scusa tanto se non ho immaginato che tua madre fosse dall’altra parte della strada!»
«Be’, adesso lo sai, quindi non ti voltare!», rispose voltandosi per controllare se sua madre l’aveva vista. «Mi sta salutando», bisbigliò, sorridendole flebilmente muovendo appena la mano, sperando che non entrasse nella caffetteria.
«Rein», la chiamò Shade, «sei un po’ sporca qui», terminò indicandosi l’angolo delle labbra.
«Qui?»
«Aspetta», si sporse sul tavolo e con un delicato movimento del pollice le tolse la piccola macchia scura.
«Grazie», disse flebilmente, rossa in volto.
«Niente. Tua madre è andata via», Shade puntò i suoi occhi cobalto direttamente in quelli verde-acqua e, con tono serio, continuò: «cosa facciamo con Mirlo?».




 
Note dell'Autrice:
Buon pomeriggio,
per la prima volta pubblico ad un orario decente. Avrei dovuto pubblicare ieri sera, ma ero troppo arrabbiata, oltre che nervosa, per farlo, quindi oggi – con tutta la calma del mondo – sono riuscita a fare amicizia con l’html. Sì, come potete vedere ho modificato l’impostazione della pagina, ed ora spero il testo si legga meglio e non vi accechi. Ho provato ad ingrandire le dimensioni, ma non mi piaceva. Uhm, forse avrei dovuto provare anche a cambiare carattere...
Il capitolo lascia alcune domande in sospeso, per esempio il ruolo che ha avuto Mirlo nel primo non-appuntamento di Rein e Shade, che si vanno ad aggiungere a quelle dei capitoli precedenti.
Ma tutto verrà rivelato a tempo debito.
Cosa starà organizzando Mirlo? Chi la aiuterà, casomai risultasse realmente implicata?
Come si comporteranno Rein e Shade? Cosa avrà in mente il cobalto?
Il rapporto tra Toma e Rein cambierà?
Elsa avrà visto qualcosa?
Eh, vorrei avere tutte le risposte, ma – ahimè – non è così.
Se avete notato, ho fatto un riferimento al Karma ed al primo capitolo, in cui Rein dava la colpa a quest'ultimo per la sua sfortuna in fatto di vestiti ed incontri non molto desiderati.
Spero di essere riuscita a trasmettere la complicità tra le sorelle, anche se queste non sono gemelle – in questa fic – sono comunque molto legate e chissà che non vi presenti altre sfaccettature del loro rapporto.
Inoltre, per concludere queste note, evitando che diventino più lunghe de capitolo in sé, ed anche perché oggi sono a corto di parole, vorrei ricordare ad Ayumu che ha il diritto di leggere un intero paragrafo, oltre lo spoiler comune, per essere stata la prima, l’unica, ad avere intuito che c'era qualcosa di strano nella relazione di Toma e Rein. Ho in parte risposto alle tue domande, o sei rimasta ancora con il dubbio? :)
Non credo di riuscire ad aggiornare prima della fine di giugno per motivi di tempo. Infondo, è molto più semplice leggere una storia, piuttosto che scriverla, no? Inoltre, ci tengo a ringraziare tutti coloro che seguono questa fic. ♥
Un abbraccio,
Himeko
  
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