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Autore: ___Page    11/04/2015    1 recensioni
-Ciao-
Silenzio.
Il chirurgo deviò in cucina per prendere un bicchiere d’acqua, sperando vivamente di non essere costretto a discutere a quell’ora e in quello stato mentale ma fece giusto in tempo ad accostare il bicchiere, scoppiettante di bollicine, alle labbra che si ritrovò a chiudere gli occhi con rassegnazione quando la sua voce lo raggiunse di nuovo.
-“Ciao”?! È tutto quello che hai da dire?!-
Law prese una lunga sorsata, prima di posare con calma il bicchiere sul bancone e girarsi verso di lui.
-C’è stata un’emergenza- si limitò a mormorare, facendogli lampeggiare gli occhi verdi.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Penguin, Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DOPO MEZZANOTTE

 
 




 
Entrò in casa, passandosi pollice e indice sugli occhi, in un gesto stanco.
Era esausto.
Semplicemente esausto.
Al punto da non avere nemmeno voglia di mangiare, cosa abbastanza comprensibile dal momento che erano le due di notte inoltrate.
Maledetta emergenza dell’ultimo minuto!
Si mosse con calma per evitare di fare rumore e svegliarlo ma fatti due passi oltre l’ingresso si bloccò sul posto nel vedere una luce sul lato destro del corridoio accendersi prontamente.
Senza scomporsi, si sfilò la giacca appendendola nell’ingresso, gli occhi rivolti verso la loro camera proprio mentre lui si accostava alla porta, appoggiandosi di schiena allo stipite, le braccia incrociate al petto, vestito solo dei boxer e di una maglietta aderente. 
I capelli rossi erano arruffati ma gli occhi non sembravano affatto cisposi come quelli di qualcuno che si era appena svegliato, semmai lanciavano saette.
Ergo, lo aveva aspettato alzato.
Law sospirò, scompigliandosi la zazzera mora, prima di attraversare il corridoio con il suo passo sempre calmo e deciso.
-Ciao-
Silenzio.
Il chirurgo deviò in cucina per prendere un bicchiere d’acqua, sperando vivamente di non essere costretto a discutere a quell’ora e in quello stato mentale ma fece giusto in tempo ad accostare il bicchiere, scoppiettante di bollicine, alle labbra che si ritrovò a chiudere gli occhi con rassegnazione quando la sua voce lo raggiunse di nuovo.
-“Ciao”?! È tutto quello che hai da dire?!-
Law prese una lunga sorsata, prima di posare con calma il bicchiere sul bancone e girarsi verso di lui.
-C’è stata un’emergenza- si limitò a mormorare, facendogli lampeggiare gli occhi verdi.
-Oh. C’è stata un’emergenza. Capisco. E in un ospedale pieno di infermiere suppongo non ce ne fosse nemmeno una in grado di fare il numero di casa nostra per avvisarmi che c’era stata un’emergenza-
Law lo guardò di sottecchi.
Sapeva di essere nel torto.
Sapeva che era lui ad avere ragione.
L’ultima volta che a non rientrare all’ora prestabilita era stato Pen, bloccato in ufficio a causa di un blackout che aveva sigillato ermeticamente le porte dell’edificio dello studio legale dove lavorava e con il cellulare scarico, aveva rischiato di demolire mezza casa per la preoccupazione.
Ma non lo aveva fatto apposta, semplicemente, di fronte a quella corsa contro il tempo che si era ritrovato ad affrontare, gli era passato di mente.
Sì, gli era passato di mente e, quando finalmente si era reso conto di non avere avvisato Pen che non sarebbe tornato per cena e di non aspettarlo alzato, era già mezzanotte passata e aveva lasciato perdere, pensando che il suo ragazzo fosse già nel mondo dei sogni.
Incazzato, certo, ma beatamente addormentato.
-Pen…- cominciò ma il rosso non aveva intenzione di ascoltare.
-Pen un cazzo! Sei un emerito coglione! Cosa ti costava una telefonata?!-
Law aprì la bocca, non sapeva nemmeno lui per dire cosa, ma non fece in tempo ad articolare mezza sillaba.
-Risparmia il fiato! Ora che ho visto che sei vivo posso anche andarmene a dormire! E tu puoi anche andartene a fanculo!- lo apostrofò prima di voltargli le spalle e uscire dalla cucina, lasciando lì il chirurgo, interdetto.
Raramente Pen usava un linguaggio del genere.
Raramente Pen si arrabbiava così.
E per quanto Law potesse capire da dove originava tutta quella rabbia, potesse comprendere la sua preoccupazione, si rendesse conto di essere stato uno stronzo, quella era veramente l’ultima cosa che gli serviva.
Ma non poteva farci niente, non poteva pretendere comprensione da lui che era stato a torturarsi per quasi cinque ore senza chiudere occhio, con la sveglia che gli suonava alle sette il mattino seguente per arrivare puntuale in tribunale.
Non poteva e se c’era una cosa che Trafalgar Law non faceva era il patetico.
Sospirò, avviandosi in camera, e si fermò solo un istante sulla soglia a guardare la schiena del proprio ragazzo, testardamente di spalle rispetto alla sua metà di letto.
Era strano, nonostante tutti quegli anni a volte ancora gli faceva strano, stare con Pen in quel modo.
Amici sin dall’infanzia, erano cresciuti insieme e arrivati alla pubertà il moro aveva capito e accettato molto più in fretta del rosso quella che era la sua natura, senza viverla né come una colpa né con vergogna.
Poi, un giorno, senza un perché, senza un motivo, era successo.
E da quel giorno anche Pen aveva capito, anche Pen aveva accettato.
Ed erano diventati più inseparabili di prima.
Quindi non c’era da stupirsi che, per quanto fosse stanco, per quanto fosse orgoglioso, l’idea che Pen ce l’avesse tanto con lui, proprio quella sera in cui si sentiva più vulnerabile del solito, lo facesse stare così.
Dopotutto, però, si ritrovò a considerare con un ghigno, non lo aveva spedito a dormire sul divano, non aveva chiuso a chiave la camera da dentro prima che rientrasse.
Dopotutto era comunque lì, per dargli il suo calore, sebbene un po’ più indirettamente del solito.
Si avvicinò per sedersi sul materasso e spogliarsi pensando che, per quanto gli potesse fare strano, stare così con Pen gli faceva comunque decisamente più bene che altro.
Si voltò ancora un istante verso di lui e soffocò la voglia di passare una mano sulla schiena solida del fidanzato o tra i suoi capelli spettinati, prima di sdraiarsi al suo fianco e crollare, non appena la testa toccò il cuscino.
 

§
 

Sobbalzò nell’avvertire una stretta sulla maglietta aderente che usava per dormire e aprì gli occhi di scatto, tenendoli per un attimo puntati al soffitto.
Cosa diavolo stava succedendo?!
Imponendosi di restare calmo, mentre si svegliava del tutto e riprendeva coscienza di quello che c’era intorno a lui, quella strana stretta all’altezza degli addominali lo fece riemergere del tutto dallo stato di sonno/veglia in cui versava.
Sollevò appena la nuca dal cuscino e si ritrovò a fissare delle dita tatuate, saldamente strette intorno alla stoffa scura del suo indumento.
Risalì con gli occhi smeraldo lungo il braccio asciutto ma scolpito e tonico, dalla carnagione olivastra, fino alla spalla, al collo e al viso squadrato, delineato da basette e pizzetto.
Law dormiva su un fianco, chiaramente irrequieto, nonostante fosse distrutto.
Lo aveva visto bene, Pen, quanto fosse stanco, lo avevo letto nei suoi occhi, lo aveva notato dalle occhiaie più marcate del solito.
Ma la rabbia generata dalla preoccupazione che lo aveva logorato nelle ore precedenti aveva avuto la meglio.
Ora però Law tremava impercettibilmente, forse preda di un incubo, e stava stringendo spasmodicamente la sua maglietta.
Aveva allungato il braccio verso di lui nel sonno e Pen dubitava che si trattasse di un caso.
Sospirando e maledicendosi, mentre si passava indice e pollice sugli occhi e riappoggiava la nuca al cuscino, si mosse di lato per avvicinarsi al moro, e fece scorrere il palmo sulla sua schiena mentre gli circondava le spalle con un braccio.
Ancora un po’ più vicino e un attimo dopo la testa di Law era posata sul suo pettorale e la mano tatuata si rilassava restando ferma sul suo addome.
Pen continuò a muovere il palmo su e giù, tra le scapole del moro, finché non lo sentì rilassarsi del tutto e tornare a respirare con regolarità.
Sorrise nella penombra, scuotendo appena la testa.
-Fottuto bastardo- soffiò nel silenzio della loro stanza, prima di prendere un profondo respiro, chiudere gli occhi e addormentarsi con il mento posato tra i capelli spettinati del suo ragazzo.
 
 
  
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