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Autore: Caelien    11/04/2015    3 recensioni
"È un foglio bianco. Potrei scriverci pagine e pagine di bugie, ricordi, impressioni fittizie, solo per farlo diventare ancora peggio di come è, un burattino.
Ma non posso. Ho troppo rispetto per la vita umana.
Strano, detto da una psichiatra addestrata ad uccidere con le parole."
дело 17: caso 17.
Sage Trope è un ex agente S.H.I.E.L.D. Più precisamente, una psichiatra, maledettamente analitica e certosina. Le è stato assegnato il recupero del caso numero 17.
In questa storia, raccontata dal suo punto di vista, il suo percorso volto alla riscoperta della memoria. Non la sua. Ma quella di James Buchanan Barnes.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nick Fury, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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È un foglio bianco. Potrei scriverci pagine e pagine di bugie, ricordi, impressioni fittizie, solo per farlo diventare ancora peggio di come è, un burattino.

Ma non posso. Ho troppo rispetto per la vita umana.

Strano, detto da una psichiatra addestrata ad uccidere con le parole.

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Quando, scappando dall'edificio in fiamme, vidi distintamente il Capitano e il Soldato d'inverno combattere sull'helicarrier, pensai di stare rivivendo New York. Sconvolta, sorpresa, confusa.E così mi sentivo anche ora, con un biglietto della metropolitana in mano, obliterato in modo da formare un codice che solo chi lavorava a stretto contatto con Lui poteva capire.
Quando Maria Hill me lo porse, durante un rapido incontro al grattacielo Stark, non mi scomposi, anche se dentro di me si scatenò una bufera di emozioni.

 

Aspettai che la cenere consumasse quel veleno, prima di entrare nella tavola calda. La stessa dove, qualche tempo prima, Lui incontrò il signor Stark. Quella gigantesca ciambella sul tetto mi sembrò instabile; così come lo era il mio respiro.
Buttai a terra la sigaretta, accesa per non so quale antico vizio, e respirai profondamente.
Ed eccolo lì, al tavolo infondo, dove le tende erano ben tirate sui vetri incrostati di grasso e frustrazioni.

"Salve Sage."

Nick Fury era avvolto in abiti di tre taglie più grosse della sua. Spessi occhiali da sole, con lenti a specchio, non lasciavano intravedere i suoi occhi. Una lunga barba nascondeva la fisionomia del suo volto.

"Salve Las."

Il biglietto della metro diceva anche 'Chiamami Las.' Cercava in ogni modo, anche il più stupido, di non essere trovato. Ormai era 'Las' anche sui pochi, falsi, documenti.

"Voglio sperare che Hill ti abbia fatto pervenire i miei documenti in tempo. E che il tuo problema di.. Stress, sia risolto."

Disse, addentando una ciabella e sorseggiando un caffé acquoso e nero.


"Puntuale come sempre. E sì, sto meglio. Al diavolo i convenevoli. So di essere brava nel mio campo, ma non potevi sguinzagliare i cani?"

Dietro le spesse lenti riuscivo a intravedere le sopracciglia aggrottate.

"Sai, qualcuno abituato a missioni di questo genere. Erano anni che non lavoravo fuori dai sotterranei."

Scosse la testa, accennando un sorriso.

"Steve è già in giro, Sage. Chiedere aiuto a un altro di loro sarebbe troppo rischioso. Scoprirebbeo me e il nostro lavoro nel giro di un millisecondo. Non possiamo concederci sviste. Adesso prendi i fogli dalla cartella. Ah, tieni questi."

Mi porse un paio di occhiali da vista, apparentemente banali, ma che io riconobbi immediatamente.

I fogli che avevo davanti erano articoli di giornale; Vanity Fair, Times, Guardian. Nonappena indossai gli occhiali, vidi tutt'altro. Irradiandosi come stelle cadenti, vidi cominciare a delinearsi scritte, informazioni, mappe, fotografie.

"Cavolo, sne ha fatta di strada, per essere a piedi."

Sussurrai sarcasticamente.

"Non può essere stato tanto difficile per lui. È addestrato come mercenario."

Avevo scordato l'udito straordinario di Nick. Ops, Las.

"Maria Hill e Steve sono riusciti a localizzarlo fino in Colorado. Ha preso mezzi di fortuna, ha soggiornato in qualche rifugio per nomadi. E sì".

Aggiunse, riconoscendo il mio sguardo impaziente.

"Ha ucciso dei civili."

"Cosa devo fare Las? Come devo muovermi?"

Chiesi, porgendogli gli occhiali che avevo indosso. Inutile girare attorno ad inutili convenevoli.

"Vogliamo che lo trovi, e lo faccia lentamente rinsavire. A cose fatte lo porterai da noi. E ripeto, da noi. Non alla CIA, non all' FBI. Lo voglio da me. È chiaro?"

Mi disse, perentoriamente.

"Se si trattava solo di mentire, potevi dare l'incarico a Natasha."

"Natasha non ha l'esperienza da psichiatra che hai tu. Non sa pesare le parole come te. Sa mentire magistralmente, ma serve qualcuno in grado di non ferirlo, di non farlo scappare. E non mi fido di nessun'altro a parte te, per questo."

"Pensi che non si ricorderà di me? Potrebbe uccidermi, se solo gli si ripresentasse anche un minimo flash. Ne sei consapevole?"

Las respirò profondamente, facendo spuntare piccoli cerchi concentrici nel suo caffè.

"Verrai dotata di armi e dispositivi per la localizzazione. Se succederà qualcosa lo sapremo."

Si alzò da posto, infilando un pesante cappotto, lasciando venti dollari sul tavolo e riporgendomi gli occhiali. "Tieni gli occhiali, c'è altro da leggere. Per quanto riguarda la sua memoria; nessuno meglio di te può evitare che sorgano flash o cose del genere. Sii prudente Sage. Puoi passare da Natasha appena vuoi ed iniziare il lavoro. Ti darà tutto lei, macchina e soldi compresi."

Annuì e lo salutai con un cenno del capo.

 

Avevo visto centinaia di criminali, li avevo interrogati, visitati e picchiati. Ma nulla mi segnò mai quanto ciò che mi fu assegnato nonappena uscì dalla NSA."Sage, allo S.H.I.E.L.D. non vedrai ladri, non vedrai furfanti di quartiere. Nick Fury non raccatta l'immondizia dalla strada. Recupera bombe ad orologeria. Interpreta la te stessa più fredda. E sii coraggiosa". Così mi disse il mio capo, prima di congedarmi dagli uffici del pentagono.

Ma ciò che mi avrebbe attesa allo S.H.I.E.L.D. mi colse, quasi, del tutto impreparata.

Ciò che gli facevano era animale.Tutto quello era orrendo.
Quella parte del mio lavoro mi orripilava; era inumano, era crudele, era malvagio, era shockante.Ma in che modo poteva stare lì seduto e sopportare tutto quello? Ci ripensavo spesso, nei momenti morti. Come ora.
Dopo aver lasciato Las, mi precipitai in auto, per dirigermi verso l'indirizzo che Natasha mi aveva lasciato, prima di sparire da Washington.
Lasciai dietro di me la città; mi ritrovai in mezzo a campi di grano desolati. Mentre percorrevo quelle strade, un ricordo: quelle giornate estive, quegli allenamenti infiniti, quel sudore di cui non riuscivo nemmeno più a sentire l'odore, tanto mi aveva impregnato il naso. Le urla del sergente, quelle che mi facevano vibrare il timpano tutte le volte. Quei capannoni di latta, forni di paglia.
Ancora due kilometri. Ed eccola là, una classica casa coloniale, rudere di legno.

Natasha mi aprì la porta, cigolante.

"Ciao Sage. Sei arrivata presto."
Mi abbracciò senza energia.

"Conoscevo già questa strada."
Mi fece cenno di seguirla nel seminterrato.

Scendemmo una rampa scricchiolante di scale. Una porta di legno davanti a noi. Uno scanner-retina esaminò l'iride di Natasha. La porta di legno si rivelò un portellone di vibranio. Entrammo in un grande garage, pieno di monitor e con un'utilitaria nuova di fabbrica.
Guardai Natasha premere freneticamente i tasti dei computer, aggiungendo chissà quante parole a chissà quanti file top secret; la sua espressione era impassibile, ma le sue mani tremavano.

"Che ti succede?"
Le chiesi. Sapeva che l'avevo notato.

"La Digos mi ha contattata. Vogliono farmi qualche domanda circa il mio coinvolgimento in alcune operazioni in Italia. E tu sai cosa intendono con 'qualche domanda'."

Annuì.
"Sei sopravvissuta al Kgb e, da poco, all'Hydra. Che vuoi che sia la Diogs in confronto?"

Accennò un sorriso, per poi tornare seria.
"Stavolta sono allo scoperto. Totalmente. Ma non siamo qui per me. Nel baule dell'auto troverai tre valigette; una con le armi e i dispositivi di localizzazione, cellulari, staellitari e ciò che può servire per le emergenze. Una con ulteriore documentazione sul caso e i tuoi documenti falsi. L'ultima con circa un novecentomila dollari. Io non potrò esserti utile, ma potrai contattare Steve e Maria Hill per ogni emergenza. I numeri li hai già salvati nella memoria dei dispositivi, rispettivamente sotto #1 e #0."

"L'incontro con Las è stato breve, hai idea di dove possa trovarsi adesso Steve? Tanto da farmi un'idea anche sui suoi spostamenti. Sai, per ogni evenienza."

Natasha mi guardò con complicità. Mi conosceva bene; sapeva che non volevo essere seguita, mai.

"È a Los Angeles. Sembra che il fuggitivo sia passato di lì da poco. Troverai tutto nei documenti."
Ci scambiammo un altro rapido e stanco abbraccio. Mi infilai nella nuova auto, notando con piacere che era come la mia vecchia berlina, dotata cioè di comando vocale.
Un portellone che dava sulla strada, si aprì, lasciando entrare la luce del tramonto in quella cassaforte di dati sotterranea.

"Poluchit' povezlo*"
Le sorrisi. Sinceramente.

"Spasibo, moy drug.*"

L'odore dei sedili in pelle di quell'utilitaria sarebbe stato il mio nuovo profumo.

*

Alle tre del mattino mi fermai presso un motel sulla strada.
Uno di quelli con mobili dozzinali, tessuti anni Settanta e lampadine mal avvitate.La mia identità falsa era ora Jenna Smith; se ne sarebbe accorto anche un infante, che quel nome era di plastica. Ma mi fidavo di Las.
Posati gli abiti sulla poltrona della stanza, e infilatami a letto, presi ad esaminare tutti quanti i documenti. La stanchezza c'era, il sonno le stava ben lontano.
Inforcai gli occhiali dello Shield; costellazioni di dati davanti ai miei occhi.

| James Buchanan Barnes | Orfano | Cresciuto a Fort Lehigh | Trovato nel 1945 nel canale della Manica privo di un braccio | Catturato dall'Hydra ancora vivo. | Subìto l'impianto di una protesi bionica. | Sottoposto a elettroshock per impedire a memorie antecedenti di riemergere | Invecchiato di soli cinque anni dal recupero ad oggi.

Non lessi oltre. La sua storia, del resto, già la conoscevo bene.
Presi invece le carte coi suoi spostamenti; Washington, Chicago, New York, Seattle, Los Angeles. Proprio mentre fissavo il punto blu sulla costa californiana, uno nuovo prese a lampeggiare molto più in sù nella mappa:
Denver, Coloardo.
Non c'era tempo. Forse Steve era già in cammino. Ma non volevo essere trovata, raggiunta, affiancata.
Presi, dalla valigetta numero uno, un piccolo cilindro argenteo. Ne uscì un sottile ago, e feci con questo pressione sulla giugulare. Quanto bastava per dormire tre ore e ripartire.

*Buona fortuna RUS

*Grazie, amica mia RUS
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Ciao a tutti. Sono nuova in questo fandom; ho da poco visto il film Captain America 2 e non ho saputo resistere alla tentazione di scrivere qualcosa a proposito! Spero non me ne vogliate e che la storia possa piacervi ed intrigarvi.
Sage non è ancora ben delineata, ma per quello ci sarà tempo. Premetto che mi baso sulle informazioni che ho ottenuto dal Film, non leggo i fumetti.
Che dire, se vi va e avete tempo, una recensione è sempre gradita. Soprattutto, e ve lo chiedo per favore, non celatemi nessuna critica. Inoltre, volevo fare un ringraziamento speciale alla mia preziosa amica Giovanna, che mi ha aiutata e mi sta aiutando tanto. Grazie della vostra attenzione, un grande abbraccio,

Crys*

   
 
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