Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |      
Autore: Harry123    11/04/2015    1 recensioni
Può un cambiamento, uno solo, il più inaspettato, portarti la luce che illuminerà e scioglierà l'oscurità che ti ha sempre avvolto senza via di fuga?
Ispirazione presa da American Horror Story, alcune piccole analogie con la trama della prima stagione.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prologo.

Doncaster, 18 Aprile 1984.

Il chiasso incombeva sull'armonioso silenzio che aveva avvolto la casa fino a qualche ora prima.
Un grido. 
Un grido femminile risuonava nelle sue orecchie.

"Non fate un passo. Non fate un passo o ve ne pentirete."


In quel momento l'unica cosa che gli venne in mente era quella di correre, fino al piano di sotto.
Il grido era chiaramente quella della madre, e il figlio lo riconobbe subito.
Si trattò di un secondo, un solo secondo per mettere fine ad ogni cosa.
"Lasciala!" Replicò il giovane vedendo un rapinatore con una pistola nera e lucida impugnata nella mano destra, mentre con la sinistra premeva contro la parete della cucina il corpo della madre inerme, ma fortunatatemnte ancora in vita.
Notò che la giovane donna stringeva tra le dita il loro telefono di casa, questo gli fece immediatamente capire che era intenta a chiamare aiuto, e l'uomo ora mascherato e coperto da un telo nero, voleva sfuggire dal pericolo di essere rintracciato.
"Non.. non abbiamo nulla di valore qui. Lasci mia madre." Pronunciò quelle parole con voce rotta e tremante. Poteva percepire le gambe cedere da un momento all'altro.
"Io non voglio i vostri stupidi beni." Sussurrò marcando le parole l'uomo, con un ghigno in volto.
La mano possente di quest'ultimo premeva sul grilletto ad un centimetro dal petto della donna, e solo in quel secondo il figlio corse davanti a quest'ultima.
Dischiuse le labbra e spalancò gli occhi un'ultima volta, prima di cadere sul parquet balbettando ancora qualcosa di incomprensibile.
Solo in quel momento vide la figura dell'uomo darsela a gambe, e la sua donna più importate di sempre piangere per lui.
"Mamma.. Mamma non piangere, non sento dolore" Sussurrò flebilmente il ragazzo, accennando un leggero sorriso alla donna chinata sulle ginocchia.
"Mi tieni sul grembo?" Sussurrò ancora la voce debole del ragazzo.
la giovane madre lo prese tra le braccia, lo strinse a se, facendo poggiare il corpo del figlio sulle proprie ginocchia, avvolgendolo nel gambriule macchiato di quel rosso che avrebbe per sempre occupato i suoi incubi.
Il ragazzo tra le braccia della madre aveva smesso di tremare.
Stringeva il suo gambriule, aspirava il suo profumo materno, e ascoltava i battiti sempre più veloci della donna.
Era viva. Era questo che poteva farlo sentire meglio.
Il bruciore che pareva divorarlo vivo da dentro era scomparso dopo il colpo preso in pieno petto. Un respiro ancora uscì dalle sue labbra calde e rosse.
Con una mano stringeva quella della donna che piangendo lo teneva tra le sue braccia, quando sentì una strana sensazione invadergli il corpo.
Alcuni brividi passavano la sua schiena e immobilizzavo le gambe e gli arti superiri, la testa prendeva ad essere pesante, e gli occhi non resistevano a restare aperti.
Chiamò balbettando il nome della madre un'ultima volta, sentendo,come avrebbe voluto in quel momento, le labbra calde della donna sulla sua fronte.
Emanò un secondo respiro con un leggero sorriso in volto, la sua pelle divenne candida e fredda, e il suo braccio inerme cadde a terra.
Un altro grido.
Un grido straziante e di dolore.
Un grido di chi, perde il figlio nella maniera più brutale che possa esistere.



Holmes Chapel,8 Gennaio 2015.


Caro diaro, tra i miei le cose non vanno bene.
Sono preoccupati per me, che cosa stupida e idiota!
Hanno un matrimonio che va a rotoli e stanno a pensare proprio a me!
Il figlio nato con la disgrazia di una malattia terminale.
Delle volte penso persino di essere io la colpa del loro male andato matrimonio.
Mi piacerebbe dare un taglio a tutto questo.
Sto facendo proprio adesso il mio secondo ciclo di chemio.
Mamma è arrivata con un piatto pieno di dolci e robe varie. 
Le voglio molto bene, ma davvero, non voglio che si preoccupi così tanto per me.


"Tesoro! Guarda qui! Ci sono anche le tue ciambelle preferite!" Sorrise la giovane donna che teneva tra le mani il vassoio stracolmo di dolci.
Il ragazzo arricciò il naso sorridendo appena e mordendosi il labbro inferiore.
"Non hai dormito neanche oggi?" Sospirò, osservandola meglio prima di arrivare alla sua conclusione.
I  bellissimi occhi verdi della madre erano contornati da occhiaie profonde, e le sue labbra erano più bianche e screpolate del solito.
"Amore, non devi pensarci okey?" Rispose con voce dolce la donna, accarezzando una guancia del figlio.
"Come posso non pensarci? Vi ho sentiti l'altra sera litigare ancora! Stavate discutendo sempre sulla mia stupidissima salute! Cos'altro c'è? Vi sto sto facendo del male vero? Non voglio cure inutili! Lo hanno chiaramente detto! Sono una granata, e non voglio rendervi mie vittime!" Urlò il ragazzo perdendo del tutto il controllo, facendo rigirare tutti i presenti curiosi del reparto.
"Harry ti prego, non devi agitarti così con questi medicin.." La voce della donna si bloccò non appena il giovane ragazzo portò indietro il capo chiudendo gli occhi e serrando le labbra, iniziando a tremare e sudare, impallidendo del tutto.
"Voglio restare solo. ti prego." Riuscì solo a dire dopo essersi calmato, sentendo il dolore dei farmaci immobilizzare il suo corpo.
La madre non si mosse. Rimase lì, ferma. 
Poggiò sul tavolino il vassoio che reggeva e si limitò solo ad abbracciare il figlio.
Fece per dire qualcosa, ma alcuni medici costrinsero la donna ad uscire, mentre somministrarono al ragazzo una serie di antidolorifici per calmarlo da quel suo stato irrascibile.



I suoi occhi verdi, dal colore più profondo di quello della madre, incontrarono le pareti spoglie e bianche della sua stanza.
Aggrottò la fronte passandosi la mano libera dalla flebo tra i capelli, assicurandosi come la prima volta che ci fossero ancora.
Fece un respiro profondo prima di aprire il palmo della mano davanti al suo naso.
Non c'erano ciocche di capelli, ancora.
Questo lo rendeva felice, almeno questo.
I suoi ricci cadevano sul cuscino scompigliati e arruffati, e nonostante i farmaci, non avevano mai perso la loro voluminosità.
Posò poi il suo sguardo sulla sacca di antidolorifici che scorrevano a gocce lungo il tubicino attaccato al suo braccio, respirando a fondo e chiudendo gli occhi.
Sapeva il processo. Se aveva quella seconda flebo, era perchè aveva di nuovo lasciato fuoriuscire il suo temperamento impetuoso.
Harry era un ragazzo fragile, debole. 
Ma tutta la sua vita aveva alimentato alla costruzione della sua corazza invalicabile, cosa che lo chiudeva ancora più in sè.
I medici la chiamavano 'depressione', tipica di chi affetto da forme tumorali, specialmente nei giovani, ma lui non era depresso.
Lui era infelice, voleva solo vivere.
E soprattutto, voleva riavere la famiglia felice di un tempo.
Non poteva accettare tutta quella situazione. Non ancora per molto.
Forse aveva anche paura, certo, ma non aveva neanche molto tempo per pensarci.
"Signorino Styles, ha bisogno di qualcosa? Si sente meglio?"
Sorrise con dolcezza l'infermiera del reparto, sedendosi a bordo del letto.
Il ragazzo scosse la testa ricambiando il sorriso e tirandosi su con i gomiti.
"Quando posso uscire? Per questo pomeriggio sono a casa vero?"
Domandò il riccio, guardando negli occhi la giovane donna, la quale si spostò una ciocca di capelli neri dal viso annuendo, piegando gli angoli della bocca in un sorriso, per poi passare una mano tra i suoi capelli scompigliandoli scherzosamente.
"Sei in gamba Harry!" ridacchiò la donna, mentre si alzava avvicinandosi alla sacca dei farmaci.
"Non la caricherai di altri farmaci vero?" Sospirò Harry con ormai quasi voce rassegnata, mordicchiandosi il labbro inferiore, seguendo tutti i movimenti delle mani sottili ed agili della donna che armaneggiavano sulla sacca di plastica.
"No, ora anzi la togliamo e aspettiamo che vengano a prenderti, sei d'accordo?" Sorrise amorevolmente la donna al ragazzo, chinandosi poi sul suo braccio arricchito di qualche tatuaggio e estraendo l'ago, ricoprendo subito la zona con un grande cerotto bianco.
"Premi qui intanto che poso tutto" Sussurrò l'infermiera.
Harry fece come gli era stato detto, premendo sul punto con due dita, accigliandosi appenae facendo per dire qualcosa, cercando la ragazza con lo sguardo.
"tra un mese farò diciotto anni, e a quel punto non servirà più il loro consenso per continuare con le cure o meno? giusto?"
La giovane donna in camicie bianco si girò verso il ragazzo, con le mani finalmente libere, prendendo quelle del ragazzo di fronte a lei.
"Harry, appunto perchè compirai solo diciotto anni, vuoi buttar via tutti i sacrifici fatti fino ad ora?"
"Sono stanco di lottare Carol, sono stanco di tutto questo. Voglio solo vivere da normale adolescente, non essere costretto a trascorrere in questo posto i miei giorni."
Lo sguardo di Harry si incupì visibilmente,le sue iridi più scure del normale presero ad avere una lucidtà ricca di dolore, di sconforto.
"Pensa che una volta uscito da qui, potrai provare tutto ciò che hai sempre deisderato. Hai mai pensato ad innamorarti? Avanti, è una cosa bellissima! E sei mai stato ad una festa? Una di quelle in piscina, con musica a tutto volume e risate a volontà. Oppure.. ci pensi anche agli studi? Hai sempre detto che vorresti diventare un uomo in grado di segnare la storia ricordi? magari tra quarant'anni ti sentiremo in televisione come inventore di un metodo per sconfiggere finalmente il cancro. Sono grandi cose Harry. Grandi cose che potresti realizzare se solo continuerai a combattere. Diciotto anni significherà anche prendere scelte saggie. Okey? Pensaci." 
Ora anche gli occhi della donna erano lucidi, ma ricchi di speranza che riuscirono a trasmettere anche al suo interlocutore.
"grazie Carol, grazie." Sussurrò Harry, stringendo la ragazza tra le sue braccia e respirando a fondo, sorridendo poi spontaneamente.

Si ritrovava ancora a letto a cambiare canale con sguardo visibilmente annoiato, mentre sentì qualcuo bussare alla porta.
"Avanti!" urlò il riccio con la sua voce roca, abbassando il volume del televisore e poggiando il telecomando sul materasso del letto.
La sua attenzione si spostò subito sulle due nuove figure in stanza. I suoi genitori.
Era bello vederli insieme, condividere qualcosa. E in quel momento stavano condividendo la stessa stanza con sguardi sereni. Senza urla e grida. 
Questo per lui era già tanto.
"mamma, papà" sorrise harry, spegnendo definitivamente la televisione.
"Torniamo a casa?" Chiese subito dopo senza lasciar ai due il tempo di parlare, alzandosi di scatto dal letto non curandosi delle coperte in disordine e togliendosi il camice, zoppicando per infilarsi i jeans verso i genitori.
"Torniamo a casa, ma.."
"Ma?" Interruppe Harry le parole del padre, sedendosi sul letto dopo essersi infilato anche la sua maglia, per allacciare le sue amate converse bianche, mettendo indientro i lacci, focalizzando poi il suo sguardo sull'uomo, accennando un sorriso che lasciava intravedere anche le sue fossette.
"Ma mentre eri qui in ospedale, papà è stato trasferito con effetto immediato in un'altra città per lavoro." Continuò la madre, spostando poi lo sguardo sul marito attendendo che continuasse.
"Lo sai come funziona il lavoro in fabbrica figliolo.. Non posso rimandare capisci?"
Harry sospirò annuendo, mordendosi l'interno della guancia e appoggiando i gomiti sulle ginocchia girando lo sguardo prima verso la madre e poi verso il padre, senza pronunciare parola.
"Abbiamo trovato una casa accogliente a Doncaster, nella città in cui dobbiamo trasferirci" Sorrise la madre, tenendo la sua borsetta su una spalla, sedendosi accanto ad Harry e prendendo la mano del figlio.
"Abbiamo già preso tutte le nostre cose e messo la casa in vendita, quindi andremo direttamente lì e.."
"Avete fatto tutto questo senza parlarmene?" Domandò Harry sentendosi in qualche modo tradito da qualcosa di cui magari si voleva anche liberare. Quella vecchia casa nascondeva troppi ricordi che non voleva più rivivere, e magari cambiare ambiente e zona lo avrebbe aiutato e fatto star meglio. 
Ma comunque, Anne, sua madre, gli aveva sempre raccontato ogni cosa, come era possibile che l'idea del trasferimento non l'avesse neanche mai accennata?
"Amore, eri qui in ospedale e.. non volevamo darti altri pensieri, vedrai che ti piacerà, mh?"

Una proposta. Il trasferimento imminente.
Tutto stava cambiando in poco tempo per il nostro giovane ragazzo nel pieno della sua battaglia tra la vita e la morte.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Harry123