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Autore: Lachiaretta    12/04/2015    21 recensioni
Amelia River, dopo quattro lunghi anni torna a New York per frequentare la Columbia University. Era scappata da un passato che non riusciva ad affrontare, ma soprattutto dimenticare. Nonostante tutti i suoi sforzi però questo passato tornerà a bussare alla sua porta, inghiottendola completamente.
Cattivi ragazzi, corse illegali, auto illegali, scommesse, sesso, droga e alcol.. ma soprattutto lui, Jake Haiden.
QUESTA STORIA PRENDE SPUNTO DALLA TRAMA DI GOSSIP GIRL, IN PARTICOLARE I PRIMI EPISODI, E DA FAST AND FURIOS. LEGGETE L'AVVISO IN APPENDICE AL PRIMO CAPITOLO PER TUTTE LE INFORMAZIONI AL RIGUARDO.
PRIMI CAPITOLI IN REVISIONE.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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La parte in corsivo è un flashback... per differenziarlo dal resto della narrazione ho voluto appositamente metterlo al passato e in terza persona.
Ci vediamo a fine capitolo.



Capitolo 32
 
 
 
Uscita dall’ospedale monto in macchina diretta verso casa e mentre ingrano la prima indugio qualche secondo al primo incrocio indecisa se girare come al solito a sinistra verso casa mia o verso destra, diretta all’indirizzo a cui dovrei trovare la casa di Megan e Robert. Ormai da un paio d’anni vivono in una piccola casetta nella periferia di New York, poco distante dalla bellissima villa Haiden. Forse potrei passare a salutarla e congratularmi con lei per la lieta notizia. Per l’intera notte e gran parte della giornata il mio pensiero fisso è stata la gravidanza della mia migliore amica ed io vorrei tanto vederla, stringerla a me e vivere con lei questo momento.
Senza indugiare oltre cambio il senso della freccia e seguo le indicazioni del navigatore fino alla via inserita, parcheggio poco distante dal vialetto d’ingresso bloccandomi però a pochi passi dalla porta indecisa se bussare o risalire in auto e andarmene.
 
Non sei nemmeno sicura che lei voglia ancora rivederti, è passato così tanto tempo. Forse troppo.
 
Trascorro circa venti minuti imbambolata davanti al portico finché Robert spalanca improvvisamente la porta sgranando gli occhi per lo stupore trovandomi di fronte a sé, alla mano un sacchetto bianco che ha tutta l’aria e l’odore di essere immondizia. «Mia?»
 
«Robert ciao.» Biascico imbarazzata, la sorpresa che leggo nei suoi occhi mi fa salire la bile alla bocca lasciandomi un retrogusto amaro. Cosa ci faccio qui dopo oltre un anno che non ci parliamo?  «Scusa, non dovevo venire.» Emetto in un fiato voltandomi su me stessa e ripercorrendo il vialetto alla velocità maggiore che mi consentono gli alti tacchi che porto ai piedi. Solo la voce della mia migliore amica che cerca di richiamare la mia attenzione riesce a fermarmi prima di raggiungere la mia auto.
 
«Mia ferma!»
 
Mi giro nuovamente verso l’ingresso per vedere Megan appoggiata con entrambe le mani allo stipite della porta, il ventre già abbastanza pronunciato per non aver ancora terminato il secondo trimestre, mentre Robert le si affianca lasciando cadere il sacchetto e afferrandola per le spalle quasi avesse paura di vederla perdere i sensi da un momento all’altro.
 
«Megan, sei bellissima.» Sussurro non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla sua bellissima figura ammorbidita dalla maternità mentre gli angoli della bocca si sollevano per il piacere di rivederla. Indossa un semplice abito color pastello, stretto sul seno decisamente più prosperoso della taglia prima di un tempo e morbido sui fianchi fino al ginocchio, ai piedi un semplice paio di infradito nere. Non è proprio il suo stile.
 
«Non andartene.» Mi intima con la voce tremante. «Entra, per piacere.» I grandi occhi azzurri velati di lacrime attendono di vedermi fare un passo verso di lei.
 
Trattenendo a mia volta le lacrime annuisco lievemente ripercorrendo il vialetto della loro abitazione e seguendola all’interno dell’accogliente ingresso.
 
«Vi lascio sole.» Ci sorride Robert raccogliendo da terra il sacchetto delle immondizie e richiudendosi la porta dietro le spalle.
 
Con un cenno del capo saluto il mio vecchio amico e seguo la sua fidanzata lungo il luminoso corridoio verso l’ampia cucina, dove mi porge una caraffa di succo alla pera. «Io purtroppo non bevo più alcolici e li ho banditi da questa casa per non cadere in tentazione.»
 
«Tranquilla, il succo andrà benissimo.» Le sorrido porgendole il piccolo sacchetto contenente un regalo che mi sono fermata appositamente a comprare per strada. «Questo è per voi.. Non conoscevo il sesso e ho optato per un colore neutro.»
 
«Grazie.» Sussurra ancora imbarazzata, c’è molta tensione tra noi. «Ma non serviva.» Continua prendendo tra le mani il pacchetto e strappando la carta multicolore con quella luce negli occhi che la contraddistingue fin da quando era bambina. Una volta eliminata solleva a mezz’aria la graziosa tutina bianca con cappuccio e orecchiette da orsetto.
 
«Megan, sei come una sorella per me, è il mio primo nipotino.. o nipotina?» Domando curiosa. In un primo momento ho pensato di utilizzare il tempo al passato, eri come una sorella, ma ho cambiato subito idea se voglio risanare la nostra faida.
 
Questo pensiero non passa inosservato nemmeno alla mia amica che sorride mostrandomi i denti bianchissimi. «Nipotina» Asseconda, forse accettandomi nuovamente come sua sorella, «è una femmina!»
 
Le sorrido a mia volta asciugando una lacrima con l’indice della mano destra per la commozione. «Avete già deciso un nome?»
 
«Veramente no, cioè eravamo d’accordo di chiamarlo Scott se fosse stato maschio.» Inizia pronunciando lentamente il nome di mio fratello, probabilmente per la paura di turbarmi. Sono molti anni che non sento qualcuno pronunciare il suo nome a voce alta. «Da femmina ci piacciono vari nomi: Elena, Serena, Taylor. Abbiamo deciso che sceglieremo quando sarà nata, quando la guarderemo in volto capiremo che nome darle.» Termina sorridendo, deve piacerle parecchio questo progetto, ma conosco ancora abbastanza bene lo spirito programmatore di Robert e sono abbastanza sicura che sia un’idea tutta sua. «E tu che mi dici? So che vi siete fidanzati..»
 
«Megan.» Sospiro indecisa se addentrarmi veramente in quel discorso o meno. È un argomento piuttosto spinoso, causa del nostro allontanamento. «Ci sposiamo l’anno prossimo.» Taglio corto sfoderando un sorriso poco sincero, eppure dovrebbe essere la mia bella notizia, non dovrei aver paura di parlarne.
Come siamo arrivate fin qui?
 
 
 
Erano trascorsi ormai cinque mesi da quando Mia era tornata da Washington, aveva cambiato indirizzo, numero di telefono e iniziato il tirocinio in procura. Si era chiusa in se stessa e nonostante le insistenze degli amici non aveva voluto rivelare a nessuno le ragioni che l’avevano condotto a lasciare Jake, il ragazzo che apparentemente aveva amato fin dalla tenera età. Solo Josh sembrava esserne a conoscenza, si era preso cura di lei quando il suo cuore era in pezzi e Mia lo aveva ricambiato rivelandogli la verità, inducendolo a schierarsi dalla sua parta senza voler sentire altre campane. Ciò aveva fatto riflettere molto Megan, la bionda si era più volte domandata se una reazione di tale portata da parte dell’amico comune potesse essere giustificata da un qualche gesto ignobile, ma Jake negava e le sue lacrime sembravano veramente sincere. Aveva reagito male all’idea di non potersi riunire con l’unica ragazza che avesse mai amato in vita sua, fingeva di essere forte ma la distanza feriva anche lui ogni giorno di più, però non l’avrebbe mai lasciata per questo e il dolore lo stava distruggendo.
Per questo Megan non riusciva a comprendere cosa potesse aver fatto arrabbiare Mia: così grave da non poterne parlare o così futile da vergognarsene a farlo? Diverse volte le due ragazze avevano intavolato l’argomento finendo per discutere, a volte anche troppo animatamente, finché i loro rapporti si congelarono a causa del nuovo ragazzo della mora.
Nessuno si aspettava che Mia sarebbe ricaduta tra le braccia del bel procuratore distrettuale ma così accadde. Solo Josh era veramente consapevole di come l’amica si fosse gettata a capofitto sul lavoro passando diverse ore chiusa nel suo ufficio solo per non lasciarsi soffocare dal dolore che sembrava non volerla abbandonare nemmeno dopo mesi e che la assaliva ogni volta che rimaneva sola. Ciò che gli amici si limitavano a vedere però era che lei passava troppe ore delle sue giornate insieme a Ryan Bass e quando anche lui decise di porre fine alla sua relazione con la provocante Alessia, restituendo l’anello che aveva acquistato per lei, le chiacchiere furono inevitabili. Persino Mia non poteva tuttavia fingere di non vedere il modo in cui il suo ex aveva ricominciato a guardarla, l’insistenza con cui le stava accanto e di come le fossero assegnati sempre più fascicoli di Ryan nonostante fosse stata assunta per affiancare Josh. Ryan però non era mai stato indiscreto, non aveva mai iniziato il discorso né tantomeno aveva alzato una sola mano verso la ragazza, limitandosi ad osservarla e ad inebriarsi del suo dolce profumo di fiori d’arancio, fino alla sera in cui riuscirono a far condannare un disgustoso uomo all’ergastolo per aver abusato di diverse donne. Erano così fieri dell’ottimo lavoro svolto da Mia che in udienza, interrogando l’imputato, era riuscita a trarlo in inganno e fargli ammettere le sue colpe davanti all’intera giuria, per questo Ryan aveva insistito per festeggiare insieme bevendo almeno un aperitivo, e poi due, tre e quattro. Fin da subito il vino fece perdere il controllo della propria mente alla povera Mia che non era più abituata a frequentare locali ma soprattutto a bere qualunque tipo di sostanza alcolica. E quando le mani di Ryan si poggiarono sui suoi fianchi per invitarla a ballare capì quanto, a differenza della sua mente, il suo corpo si sentisse irrimediabilmente solo manifestandole il bisogno di un tocco più profondo, più intimo.
Prima di potersene rendere conto le sue labbra erano su quelle del bel procuratore che, dopo un iniziale tentennamento, si lasciò andare approfondendo il bacio e dando sfogo alla frustrazione accumulata negli ultimi mesi a causa del desiderio. Ben presto si ritrovarono nell’appartamento dell’uomo, nel suo letto, e per la prima volta Mia si concesse a qualcuno che non fosse il suo Jake.
Iniziò così la loro relazione, se così si poteva essere definita, non stavano insieme, non c’erano appuntamenti, cene o qualunque cosa li facesse anche solo sembrare una coppia. Lavoravano di giorno e facevano sesso la notte. Sesso, solo sesso, perché Mia nemmeno una volta riuscì a chiamare quel rapporto con l’appellativo “amore”. Spesso prima del piacere si era scoperta a pensare a Jake, a mentire a se stessa fingendo che fossero le sue braccia a stringerla, le sue labbra a lambirle la bocca, e infine piangeva realizzando la triste realtà, tuttavia Ryan Bass era un ottimo diversivo e ben presto si sentì meno sola. La situazione però degenerò quando dopo il superamento del tirocinio ed essere stata nominata a sua volta procuratore della città di New York la stampa iniziò ad interessarsi a lei. A differenza si quanto successo a Ryan e Josh prima di lei, il fatto che fosse una bella ragazza attirò non solo la cronaca mondana ma anche diverse riviste scandalistiche che pubblicavano regolarmente articoli sul suo conto, accanto a quelli su qualche attricetta o cantante. Volevano conoscere i dettagli della sua vita privata e quando la pizzicarono davanti alla casa del suo superiore, le bocche appiccicate e le mani di lui che le stringevano vigorosamente il seno, si vide costretta ad ufficializzare una relazione tutto sommato inesistente per salvare la loro immagine. Ciò che Mia tuttavia ignorava era che era stato proprio il suo “fidanzato” ad avvisare i fotografi nell’istante in cui aveva intuito che sarebbe stato l’unico modo per averla veramente.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.    
Megan, che conosceva l’amica meglio di qualunque altra persona, ben sapeva che i sentimenti che manifestava non erano per nulla sinceri e che il suo cuore batteva ancora per l’amico di infanzia e più volte aveva cercato di farla ragionare facendo perdere la pazienza al bel procuratore che stanco di sentirle pronunciare il nome dell’ex fidanzato la cacciò in malo modo davanti ad una Mia quasi totalmente indifferente.
Ecco come mise fine alla loro amicizia.
 
 
 
«Mi dispiace per quello che è successo Megan… Eri la mia migliore amica..» Sussurro con un filo di voce tremante. «Mi piacerebbe tornare come prima, se lo vuoi anche tu ovviamente.» Continuo titubante. Io lo vorrei ma non posso essere sicura che per lei sia lo stesso, potrebbe non volermi perdonare. La sua espressione infatti mi lascia intuire che potrebbe non essere dello stesso avviso.
 
«Non fraintendermi Mia, piacerebbe anche a me e molto, ma sono successe troppe cose tra noi e le ragioni che ti hanno allontanata da me sono ancora presenti.» Abilmente non pronuncia alcun nome, né quello di Ryan né quello di Jake.  «Possiamo parlarne però.» Conclude sorridendomi nuovamente. A quanto pare sembra volermi dare una possibilità, devo stare attenta a non sprecarla. Ryan può dire quello che vuole ma non può separarmi da lei, non di nuovo.
Improvvisamente la mia attenzione è attratta dalla sala da pranzo adiacente alla cucina, in centro una tavola già elegantemente apparecchiata per quattro persone.
 
«Maledizione, scusami Megan, sono sbucata qui senza nemmeno avvisarvi e non vi ho nemmeno chiesto se eravate liberi.» Sbotto alzandomi in piedi e indicando la tavola. «Da quando ieri Jake mi ha detto che eri incinta non sono riuscita a pensare ad altro e appena mia madre mi ha dato il cambio per la notte in ospedale sono corsa qui.»
 
«Oh, non preoccuparti Mia, non c’è nessun problema. Come sta tuo padre?» Domanda guardando istintivamente il grande orologio appeso al muro, manca poco alle sette. «E a proposito di Jake… Vorrei dirti una cosa…»
 
«Bene, diciamo che sta bene, domani Jake lo opererà.» La interrompo senza lasciarle il tempo di terminare la frase. «Ti rendi conto, Jake? Io lo sapevo che aveva tutte le carte in regola per diventare un ottimo cardiochirurgo. Speriamo che sia veramente così bravo… e devo anche raccontarti cosa è successo, ma cosa volevi dirmi?»
 
«In realtà l’ho incontrato anch’io l’altro giorno e...» Comincia prima di essere nuovamente interrotta dal campanello che risuona stridulo attraverso il corridoio fino alla cucina.
 
«Resta comoda, apro io.» Sorrido alzando gli occhi al cielo vedendola puntellare le mani sul bancone per cercare di sollevarsi dallo sgabello e riportarsi in piedi. Se già fatica così tanto adesso mi domando come riuscirà a muoversi superato l’ottavo mese. «Deve essere Robert, avrà dimenticato le chiavi.» A passo veloce attraverso nuovamente il corridoio verso la porta d’ingresso, ignorando la sua voce che mi prega di tornare in cucina, e sorridendo al pensiero di come sembrava preoccupato per il nostro incontro. «Credo che abbia paura del mio effetto su di te, l’hai visto prima? La paternità l’ha fatto diventare ancora più protettivo.» Alzo la voce, voltandomi verso la cucina nell’istante esatto in cui spalanco la porta, riservandole un’occhiataccia per avermi seguita fino all’ingresso e sorprendendomi per la sua espressione impaurita.
 
Solo nell’istante in cui mi volto nuovamente capisco il perché di tanto timore. Invece di Robert mi trovo di fronte il mio ex fidanzato, bello come non mai nei suoi bermuda beige chiaro e camicia dello stesso azzurro del colore dei suoi occhi sgranati per la sorpresa di trovarmi all’interno dell’abitazione.
La mano di Megan si appoggia titubante alla mia spalla stringendola dolcemente e invitandomi a indietreggiare. Ecco cosa voleva dirmi, che lo aveva invitato a cena, ma la tavola è apparecchiata per quattro, non per tre. «Ciao Jake. Hanna.» Saluta con troppa tensione nella voce dopo qualche attimo di esitazione.
 
Il nome femminile pronunciato dalla mia amica attira la mia attenzione sulla figura in piedi nascosta dietro il possente corpo di Jake, una piccola ragazza magra e biondissima, i capelli poco più lunghi delle spalle acconciati in morbidi boccoli. Gli occhi verdi e furbi mi osservano da capo a piedi mentre un sorriso malizioso le si disegna sul sottile volto.
Mi sposto di lato per permettere loro di entrare e richiudo la porta dietro le loro spalle. Gli occhi di Jake ancora puntati sul mio viso in cerca di un’espressione che possa tradire i miei pensieri mentre i miei rimangono fissi sulla quarta bellissima ospite.
 
«Piacere Mia.» Porgo gentilmente la mano verso la ragazza che dopo avermi guardata ancora una volta un po’ troppo a lungo si stringe al braccio di Jake ignorando la mia offerta. Evidentemente nessuno deve averle insegnato l’educazione.
 
«Quindi tu saresti quella Mia?» Domanda lasciando intendere di aver ben chiaro chi sia io e che ruolo ho avuto nella vita del ragazzo che le è accanto. «Io sono Hanna.» Con un gesto solo apparentemente naturale ma sicuramente predeterminato porta la mano destra sul ventre lievemente pronunciato per il suo fisico così sottile, accarezzandosi lentamente la pancia. Una protuberanza tale su un corpo tanto magro può significare una cosa sola. Distolgo immediatamente lo sguardo e torno a osservarle il volto sul quale vi trovo ad attendermi un ghigno malefico: sa chi sono, sa che ho capito ed era esattamente ciò che voleva.
La fisso qualche secondo di troppo ma abbastanza per riportarmi alla mente un ricordo ormai cancellato ma che ancora mi ferisce con egual dolore. Inspiro profondamente un paio di volte per cercare in me la forza di controllare il tono di voce e non lasciar trasparire alcuna emozione. «Vi lascio alla vostra cena, ti chiamo domani Megan.» Pronuncio alla fine allungando il braccio destro e stringendo con forza la maniglia dorata.
 
«Ci conto.» Mi saluta allungandosi verso di me e baciandomi entrambe le guancia. «Ti prego scusami, avrei dovuto avvertirti che sarebbero arrivati da un momento all’altro.» Sussurra infine con un filo di voce affinché solo le mie orecchie riescano a udire le sue parole.
 
Le sorrido lievemente per tranquillizzarla mentre le passo una mano tra i lunghi capelli accarezzandole il capo. «Buona serata, e salutami Robert.»
 
Senza rivolgere più nemmeno uno sguardo ai suoi due ospiti esco dall’abitazione e a passo veloce mi dirigo verso la mia Jaguar parcheggiata in fondo al vialetto, affrettandomi a cercare le chiavi nella borsa che sembra diventare la valigia di Mary Poppins tutte le volte che ci infilo le mani alla ricerca di qualcosa.
 
«Dovevo sospettare che fosse tua, hai sempre avuto buon gusto per le belle auto.» La voce di Jake alle mie spalle, mi sta seguendo lungo il vialetto. Da solo?
 
In tutta risposta continuo per la mia strada senza nemmeno voltarmi o dargli la possibilità di iniziare una conversazione. «Jake torna in casa.»
 
«Fermati Mia voglio solo parlarti un attimo.» Continua, la voce sempre più vicina e più incerta di quanto mi aspettassi da lui. Sembra preoccupato, teme forse di non poter più fare la povera vittima abbandonata ora che non può più nascondere di essersi rifatto una vita?
 
«Non hai già detto abbastanza?» Sibilo mentre le mie dita vittoriose si serrano intorno al portachiavi e premono il pulsante per aprire le portiere. Solo pochi passi e sarò al sicuro all’interno della mia amata macchina. Prima di riuscire a raggiungerla tuttavia la sua mano circonda il mio gomito costringendomi a voltarmi e guardarlo in volto.
 
«Aspetta un attimo. Hanna in realtà è…» Le parole gli muoiono nell’istante in cui i nostri occhi s’incrociano e nota le copiose lacrime che rigano entrambe le mie guance dal momento in cui i miei piedi hanno superato la soglia di casa Campell. Mi ha seguita per darmi il colpo di grazia? Temeva non mi fossi resa conto dello stato della sua… amica? Fidanzata?
 
«È incinta! Me ne sono accorta da sola.» Grido esasperata tirando il braccio affinché lasci andare la presa, e lui sembra così spiazzato dalla mia reazione che mi asseconda liberando il mio gomito. «Congratulazione Jake, sarai un padre fantastico.» Termino asciugandomi le lacrime con la manica della maglia, incurante del mascara che ormai deve essermi colato su tutto il volto. Quindi gli giro le spalle e con scatto felino monto in auto e metto in moto, scappando via da lui, dalla sua fidanzata e dal loro bambino.
 
Il loro bambino.
 
 
 
***
 
 
Mi rigiro nel letto dopo aver passato le ultime dieci ore a fissare il soffitto bianco illuminato solo dal riflesso dei fari delle auto che sfrecciano sulla strada, ho cercato perfino di contarle nella speranza totalmente vana di prendere sonno. Nemmeno quando gli occhi stentavano a rimanere aperti tanto bruciavano per le lunghe ore passate a piangere sono riuscita a cadere tra le braccia di Morfeo e alla fine ho dovuto solo farmene una ragione, ho trascorso l’intera notte sveglia turbata dall’immagine di Jake, Hanna e i loro splendidi bambini biondi dagli occhi chiari.
Jake non è migliore di me. Mi ha giudicata, si è permesso di criticare le mie scelte e di lusingarmi con le sue belle parole facendomi sentire in colpa per aver desiderato un suo bacio pur non essendo libera. E lui? Come può comportarsi così quando quella Hanna porta in grembo suo figlio. È così spregevole da essere pronto a tradirla?
 
Ryan ha provato a chiamarmi un paio di volte ma non ho potuto rispondergli, ero troppo turbata per rivolgergli anche solo una parola, avrebbe capito, avrebbe frainteso. E comunque non avevo alcuna voglia di sentire la sua voce.
 
Quando raggiungo mia madre in ospedale sono già le undici passate, sapevo che Jake sarebbe passato a prendere mio padre insieme all’equipe selezionata per l’intervento alle dieci e mezza e mi è bastato tardare quella mezz’ora per essere sicura di non incontrarlo. Non stamattina, non dopo ieri sera.
 
«Amelia tesoro, finalmente. Mi stavo preoccupando.» Mia madre mi si avvicina stringendomi in un caldo abbraccio appena varco le porte della degenza di mio padre. «Guarda che faccia che hai? Sembri stravolta!»
 
«Grazie mamma, sei gentilissima.» Ironizzo con entrambe le sopracciglia sollevate. «Stai tranquilla, va tutto bene. Non sono solo riuscita a dormire stanotte.» Le rispondo scrollando le spalle e lasciandomi cadere sulla poltroncina accanto al letto vuoto. Mia madre mi scruta dalla testa ai piedi scuotendo il capo alla vista del mio abbigliamento non proprio consono alla mia età e al mio ruolo: felpa con il cappuccio, pantacollant e converse. Già fatico a stare in piedi, volevo almeno stare comoda oggi.
 
«Lasciami indovinare, centra per caso il bel dottore?» Mi domanda a bruciapelo, il volto stranamente divertito.
 
Sgrano gli occhi presa alla sprovvista dalla sua affermazione. «Cosa te lo fa pensare?»
 
«Ti cercava stamattina, quando è venuto a prendere tuo padre, continuava a guardarsi intorno quasi sperasse di vederti comparire all’improvviso. Mi è sembrato deluso quando è dovuto andar via.» Jake? Come può stupirsi che io non abbia alcuna intenzione di vederlo.
 
«L’importante è che si concentri nell’intervento, no?» Le rispondo fingendo che le sue informazioni mi siano totalmente indifferenti.
 
«Dobbiamo fidarci di lui, infondo dicono che sia bravissimo e credo che metterà tutto sé stesso in questo intervento… per te!»
 
«Mamma è il suo lavoro, lo fa per questo.» Sibilo secca, non voglio che lui faccia niente per me.
 
«Se ne sei convinta! Io ora vado a prendere tua zia in aeroporto, tu beviti un caffè e cerca di riprenderti. Non usciranno prima di tre o quattro ore, sarò tornata per allora.»
 
Fisso sbalordita mia madre che si infila il cappotto ed esce dalla stanza, non prima di avermi depositato un bacio tra i capelli. Come può aver già capito tutti in così pochi giorni e senza bisogno di alcuna spiegazione? Le è bastato vederci vicini pochi istanti per percepire la tensione e scorgere quel brandello di sentimento che ancora ci lega. È pur sempre mia madre infondo.
 
Caffè, ho bisogno di caffè!
 
Mi sollevo dalla poltroncina e ritorno nei lunghi corridoi diretta al bar del primo piano, le mani incassate all’interno delle tasche laterali della maglia, il passo veloce agevolato dalla totale assenza di tacchi, fiera della mia tenuta sportiva fino al momento in cui incrocio una familiare testa bionda. Rallento cercando di fare dietro front prima che lei possa vedermi ma la fortuna non sembra ancora una volta voler essere dalla mia parte e Hanna si volta verso di me in tempo per far incrociare i nostri sguardi.
 
«Mia!» Mi saluta soffocando a stento una risata. «Ti stavo scambiando per una ragazzina così conciata.» Il tono di voce sarcastico non nasconde la volontà di deridermi.
 
La fisso a lungo soffermandomi sulle scarpe nere aperte con il tacco non troppo alto, l’abito rosso aderente e scollato, il camice bianco lungo fino al ginocchio. «Sei un medico?»
 
«Evidentemente.» Risponde senza abbandonare il suo tono ironico, allargando le braccia e sorridendo alla sua collega che le sorride di rimando.
 
«Quindi vi siete conosciuti in ospedale.» Mormoro rivolta più a me stessa che a lei voltandole le spalle e trattenendomi da rivolgerle parole poco carine.
 
In tutta risposta Hanna scoppia a ridere sonoramente. «Mi aspettavo che saresti finita a parlare di Jake, comunque sì, ci siamo entrambi specializzati a Washington.» Sento il rumore dei suoi tacchi avanzare lenti verso di me. «Mi dispiace che tu l’abbia presa male ieri, mi si è stretto il cuore quando Jake ci ha detto che sei scappata piangendo.» Ghigna maligna.
 
«Non sembri per nulla dispiaciuta, piuttosto divertita.» Sibilo continuando a mantenerle le spalle e ingoiando la rabbia che sembra assalirmi improvvisamente. Hanno riso di me!
 
«Beh, mi è sembrata una reazione piuttosto esagerata. Sei stata tu a lasciarlo in fondo, non penso tu abbia il diritto di essere gelosa.» Sussurra vicinissima al mio orecchio destro. «Come puoi biasimarlo? Si è rifatto una vita, esattamente come te, o volevi che si struggesse ancora per il tuo amore perduto?»
 
«Taci Hanna, non sai quello che dici.» Per un istante il pensiero di raccontarle dell’altra sera attraversa la mia mente, sarebbe ancora così fastidiosamente spavalda se sapesse che Jake solo ieri sera ha cercato di baciarmi? Poi i miei occhi scendono verso il suo ventre appena rigonfio e l’immagine di un piccolo bambino biondo dai grandi occhi azzurri separato da suo padre solo per il mio stupido orgoglio. Scuoto il capo abbandonando i miei progetti di vendetta.
 
«Credi? Conosco le donne come te!» Sibila maligna. «Hai preferito la carriera al tuo uomo e adesso? Te ne sei pentita o non riesci solo ad accettare che lui sia felice con un’altra? Eppure mi sembra che il tuo fidanzamento sia ancora in piedi!»
 
«Il mio stato sentimentale non ti riguarda.» Sbotto avvicinandomi a lei per fronteggiarla, i nostri volti alla stessa altezza nonostante lei porti i tacchi. «Se fossi in te mi preoccuperei più per il tuo!»
 
«E questa cosa sarebbe? Una minaccia?» Mi risponde senza smettere di sorridere.
 
«No! Prendilo come un consiglio» Le rispondo sorridendole a mia volta prima di voltarle le spalle e allontanarmi di qualche passo.
 
«Dove credi andare? Lanci il sasso e nascondi la mano?»
 
Mi blocco sui miei passi mordendomi la lingua e pentendomi di averle messo la pulce nell’orecchio. Le scelte di Jake non mi riguardano, non più, lei sa bene che genere di lupo è Jake e non sta a me ricordarle che non perderà mai il vizio. Questa certezza mi rassicura del fatto non vorrei mai prendere il suo posto. «Lascia perdere, forse hai solo ragione tu, sono solo gelosa. Scusami adesso ma ho altro a cui pensare, devo aspettare che mio padre esca dalla sala operatoria.»
 
La mano di Hanna si poggia sulla mia spalla prima ancora che io riesca a muovere un solo passo. «La sostituzione della valvola mitralica?» Domanda con voce estremamente dolce, in netto contrasto con il tono pungente di pochi istanti prima. «Non temere, Jake è uno dei migliori e farà di tutto per salvarlo. Fidati di lui.»
 
Una risata nervosa mi scappa dalla bocca prima che io riesca a fermarla. «Fidarmi? Ho già riposto la mia fiducia su di lui e me ne sono pentita amaramente.» Sbotto scrollando le spalle per liberarmi dalla sua presa, quindi senza darle il tempo di pensare anche solo ad una risposta mi allontano da lei correndo e ringraziando mentalmente di aver indossato le scarpe da ginnastica stamattina.
 
 
***
 
 
POV JAKE
 
 
«Jake aspetta.» Appena uscito dalla sala operatoria la voce di  Hanna mi richiama. Sfilo la cuffietta azzurra da sopra la testa e mi volto verso di lei passandomi il pollice e l’indice della mano destra sugli occhi stanchi. «Ci avete messo tantissimo.»
 
«Già.» Constato alzando gli occhi verso l’orologio a muro appeso sopra la mia testa, sette ore di intervento. «Ci sono state delle complicazioni.»
 
Hanna si porta entrambe le mani alla bocca soffocando un sospiro. «è morto?»
 
«No, grazie a Dio no! Ma lo terremo ancora sedato e tra qualche giorno interverrò di nuovo.» Le confesso deluso da me stesso. Ho dato il meglio per poter restituire a Mia almeno suo padre e non ci sono riuscito, non ancora almeno. «Adesso vado ad informare i familiari.» La saluto voltandole le spalle e allontanandomi verso la degenza del Sig. River.
 
«Lei non è in quella stanza.» Mi blocco sui miei passi sospirando per le sue parole.
 
«E tu come lo sai? Sei andata a cercarla?» Le domando corrugando entrambe le sopracciglia.
 
«Ma scherzi? Mi ha trovato lei e non ne è stata molto contenta. È chiaramente gelosa.» Ammette sfoderando il suo ghigno divertito. «Ad ogni modo se ci tieni ad essere tu a dirle di suo padre di consiglio di usare la scala D, è seduta da ore all’altezza del primo piano. Andrò io insieme ad uno dei tuoi specializzandi dalla madre.»
 
La scala D? All’altezza del primo piano? Perché ha scelto quel posto dove nascondersi? Il punto esatto dove solo l’altro giorno ci siamo praticamente baciati, o lo avremmo fatto se non ci avesse interrotto Josh. L’unico posto che la lega a me in questo luogo.
 
Non servono parole per ringraziarla dell’informazione, io e lei ci intendiamo. Con un gesto del capo mi congedo dirigendomi verso il luogo indicato. Apro silenziosamente la porta di sicurezza, facendo attenzione a non fare alcun rumore e mi sporgo oltre la ringhiera giusto per vederla seduta sul primo gradino, la schiena ricurva, le ginocchia raccolte al petto e il volto nascosto tra esse.  
 
«Mia.» La chiamo appena la raggiungo sedendomi al suo fianco. Lei solleva il capo e i miei occhi incontrano i miei, bellissimi ma chiaramente tristi e stanchi.
 
«Mi hai trovata?» Sussurra asciugandosi con la manica una lacrima appena sfuggita al suo occhio destro.
 
«Certo piccola.» Sussurro sforzandomi di sorriderle, non riesco a vederla così e non voglio essere la causa del suo dolore. «Ho ultimato l’operazione, ci sono state delle complicazioni ma è ancora vivo.» La rassicuro immediatamente soffermandomi sui suoi splendidi occhi color nocciola sgranati per la paura.
 
Mia annuisce lievemente stringendo la sua mano alla mia e intrecciando le nostre dita. «E adesso?»
 
«Appena si starà stabilizzato lo opererò di nuovo. Mia farà tutto il possibile.»
 
Copiose lacrime iniziano a rigare le sue guance mentre un malamente trattenuto singhiozzo le muore in gola. «Ti prego Jake, salvalo. Io voglio parlargli almeno un’ultima volta. Ti prego.»
 
Istintivamente lascio la presa sulla sua mano e allungo le braccia stringendo il suo esile corpo al mio. Mia nasconde il viso nell’incavo del mio collo bagnando di lacrime salate la divisa e lasciandosi andare in un pianto convulso. Non ricordo di averla mai vista così vulnerabile e indifesa. «Te lo giuro amore, te lo giuro.» Sussurro al suo orecchio rendendomi contro troppo tardi delle mie parole ma non pentendomi di averle pronunciate.
 
Amore.
 
 
 
POV MIA
 
Amore.
 
Una parola pronunciata dopo così tanto tempo con tanta disinvoltura e naturalezza, quanto mi era mancato il suono della sua voce rivolto a me con tanta dolcezza.
Sollevo il capo per incatenare nuovamente i suoi occhi mentre la mia mano a palmo aperto raggiunge la guancia, Jake socchiude gli occhi lasciandosi crogiolare da quell’inaspettata dimostrazione d’affetto. È tutto così sbagliato, soprattutto dopo le ultime novità, ma ho bisogno di lui adesso. Ho bisogno del mio Jake, il mio amore. I suoi occhi si sbarrano per lo stupore quando le mie labbra lente e titubanti sfiorano le sue, schiudendosi e lasciando scivolare la lingua verso di lui che la accoglie accarezzandola con la sua. Le mie mani intrecciate ai suoi capelli per impedirgli d allontanarsi, nonostante la sicurezza che respingermi è l’ultimo dei suoi pensieri. Le lunga dita di Jake accarezzano leggere le mie spalle, scendendo lungo la linea delle braccia fino ad allacciarsi ai miei fianchi dove fanno presa per sollevarmi e tirarmi sulle sue ginocchia, permettendo ai nostri corpi di aderire perfettamente. Mi ritrovo a divorare le sue labbra come se questo bacio potesse soddisfare una certa fame sopita ormai da due anni, ritrovandomi a gemere nella sua bocca completamente ammaliata da lui e riscoprendomi ancora perdutamente innamorata del mio amico d’infanzia. Nessun bacio di Ryan è mai riuscito a scuotermi al punto da farmi perdere il controllo, tanto da indurmi ad infilare le mani sotto il sottile strato di camice azzurro fino ad incontrare i suoi pettorali , gli addominali scolpiti e infine l’elastico dei pantaloni che sfioro costringendo il ragazzo ad ansimare sotto di me.
Solo lo sbattere della porta un paio di piani sopra le nostre teste mi riporta con i piedi per terra, letteralmente. Mi separo da lui alzandomi e barcollando sulle gambe instabili a causa del bacio.
 
«Scu- scusami Jake.» Sussurro prima di voltargli le spalle e correre via ignorando la sua voce che mi supplica di fermarmi. 




Angolo autrice.

Ci siamo. Finalmente è rivelato come Mia è finita insieme a Ryan. Mia ha conosciuto la bella Hanna che sembra porprio divertirsi a vederla gelosa ma è anche molto comprensiva. e poi c'è Jake.... Jake Haiden che si lascia sfuggire quella parola rivolgendosi a lei: AMORE.
Si stanno entrambi arrendendo alla realtà, sono ancora perdutamente innamorati l'una dell'altro ma non è così facile.
Ci sono Ryan, Hanna e il bambino di mezzo.
E non dimenticare del motivo per cui Mia ha lasciato Jake che aleggia ancora su di loro tanto da far credere a Mia di non voler mai prendere il posto della bella Hanna! Motivo che Jake sembra ignorare. Cosa sarà mai successo?? 

Curiose??
TRANQUILLE NEL PROSSIMO CAPITOLO TUTTO VERRA' SVELATO!!! 

Ringrazio ancora tutte per leggere, recensire e aggiungere a preferite/ricordate/seguite. Orami stiamo giungendo al termine.. mancano solo tre capitoli ed è solo grazie a voi che mi avete seguita nonostante i capitoli con qualche errore di distrazione di troppo. Grazie mille.  

 
   
 
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