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Autore: Zury Watson    12/04/2015    4 recensioni
Se il finale di stagione non vi ha soddisfatto, siete nel posto giusto.
Le morti che abbiamo visto nella 3x12 e nella 3x13 non si sono mai verificate, Re Riccardo è rimpatriato e ha rimesso in sesto ogni cosa. Nottingham è stata distrutta ma il suo destino è di essere ricostruita. Robin, Archer e Guy amministrano Locksley non smettendo per questo di aiutare chi ha bisogno e in tale contesto si inserisce Kaelee, una giovane donna arrivata da un villaggio vicino.
Capitoli in revisione (Revisionati 1-16)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RudyardII


...To Locksley – Parte Seconda

Edwinstowe.
«Mio orgoglio! Mia unica soddisfazione!», squittì la madre di Aric e lui se la immaginò mentre avvolgeva il viso di Rudyard con entrambe le mani. «Non tenermi sulle spine e dimmi, deliziami con le nuove da York. Allora? Hai trovato quella disgraziata? Ho in serbo per lei tanti di quei calci nelle reni che... Ah! Ma non farmi parlare oltre o perderò la grazia di Nostro Signore che punirà me, anziché lei! Dimmi, Rudyard, dimmi», continuò facendo inorridire Aric, che ce la metteva tutta per non tradire la sua presenza.
«Madre, vogliate perdonarmi se non ho con me la screanzata», esordì Rudyard. «Ma ve la porterò. Presto. Avete la mia parola», mormorò con un tono così persuasivo che Aric rabbrividì.
«Ti perdono. Parla, figlio mio», acconsentì lei con un po' di entusiasmo in meno rispetto a prima.
«Sir Guy di Gisborne è davvero stato a York con quel frate», confermò.
Ad ogni pausa l'ansia di Aric cresceva e il suo bisogno di mettersi in moto anche.
«Chi è, esattamente, questo Gisborne?».
«Madre, ascoltatemi bene. Gisborne ha militato nei Cavalieri Neri, ha vissuto per anni accanto allo Sceriffo di Nottingham ed ama spargere sangue», spiegò concitatamente.
«Parli di lui come se lo conoscessi», replicò la madre.
Seguì un breve momento di silenzio e Aric maledì la propria posizione che gli impediva di vedere qualsiasi cosa, sebbene sentisse tutto molto chiaramente.
«Non vi deluderò, madre, fidatevi di me. Troverò colei che ci ha disonorati e mi assicurerò che abbia il trattamento che merita», mormorò Rudyard con voce maligna.
«Me lo auguro», borbottò.
«Statene certa invece! Sono ad un passo dalla svolta. Io e Willard andremo a Locksley».
«Oh, non farmi dannare! Sii più preciso e raccontami tutto per bene. Non prenderti gioco di una donna che non ha più la mente veloce come un tempo! Perché sei convinto di trovare a Locksley ciò che non hai trovato fino ad ora qui intorno?».
«Prestate molta attenzione, madre, e seguite il mio ragionamento. Quel frate giunto a York, arrivava dal villaggio di Locksley con il suo compare Gisborne. E sapete chi risiede a Locksley, mia amata genitrice?».
«Chi, figliolo? Chi?», chiese impaziente.
«Robin Hood».
Aric si convinse di aver sentito abbastanza e seppe di non poter più restarsene fermo.
Mentre il secondogenito pianificava nel dettaglio, forte della soddisfazione di sua madre, la nuova tappa della personale ricerca dell'altrui infelicità, il minore tra i maschi si fiondò di nuovo fuori casa e, correndo come se un paio d'ali gli rendesse più leggeri i piedi, raggiunse per la seconda volta in un giorno l'unico amico che aveva.
La situazione era precipitata così velocemente e Aric era così sconvolto, che non sarebbe mai riuscito ad affrontare tutto da solo, necessitando invece il supporto del suo giovane amico, il quale dovette davvero restare colpito dalla sua angoscia visto che ritenne opportuno chiedere all'oste, suo padrone, di potersi allontanare dalla taverna per qualche ora anche a costo di non essere retribuito per il tempo perso. Per Aric fu l'ennesima dimostrazione che l'amicizia che li legava da quando erano bambini era profonda e sincera, priva di un qualsiasi interesse.
Chissà per quale miracolo, quel giorno l'oste fu comprensivo e li lasciò andar via insieme.
Si recarono quindi, in gran fretta e senza farsi vedere, al granaio presente nell'appezzamento di terra della famiglia di Aric, dove quest'ultimo ebbe modo di ringraziare degnamente il suo amico per l'impagabile aiuto che gli stava dando.
A furia di origliare le conversazioni di Rudyard e Willard, Aric era diventato una presenza silenziosa capace di stare dove voleva senza essere scoperto, aveva imparato a muoversi quasi senza far rumore e, soprattutto, aveva imparato a svignarsela quanto più velocemente possibile mosso da impellente necessità, proprio lui che si era sempre sentito fuori posto nel dover svolgere un'attività che lo coinvolgesse fisicamente. Era cambiato molto da quando sua sorella era andata via: si era messo a studiare Rudyard appena aveva capito che sarebbe stato lui, un giorno, il nemico da abbattere e sapeva quindi per certo che lui mai avrebbe messo piede nel granaio, perché già si vedeva Lord di qualche città, Sceriffo tiranno incubo della popolazione, e non si abbassava più a coltivare la terra o a raccoglierne i frutti. Aric non aveva faticato a capire che Rudyard, nella sua stessa immaginazione e in quella di sua madre, era il nobiluomo di casa e guai a chi gli chiedeva anche solo di prendere l'acqua dal pozzo; sua madre già se lo vedeva Cavaliere: Sir Rudyard di Edwinstowe. Il solo pensiero faceva venire la nausea tanto a lui quanto a Dwight, Aric ne era sicuro, che più di tutti doveva sorbirsi gli stupidi vaneggiamenti di quei due.
Quindi il giovane fece nascondere l'amico nel granaio, raccomandandogli di non muoversi per nessuna ragione al mondo prima del suo rientro e di iniziare ad allarmarsi se non l'avesse visto tornare nel giro di mezz'ora, poi corse a chiedere l'aiuto di Dwight pregando la Santa Vergine che potesse aiutarlo a compiere quella missione.
Non era per niente certo di riuscire a ingraziarsi il favore del primogenito, di docici anni più grande e diverso da lui al punto da non aver mai trovato un vero punto di incontro che potesse avvicinarli, ma non provarci equivaleva ad un rifiuto oltre che ad un insuccesso definitivo, perciò, nel dubbio, Aric si fece coraggio, pur conoscendo i tormentati pensieri che riempivano la mente di suo fratello. Dwight era stato, infatti, ad un passo dal matrimonio l'anno precedente; aveva appena potuto assaporare la lucentezza e la libertà dell'amore, poiché il destino gli era avverso e a pochi mesi dalla cerimonia che lo avrebbe unito alla donna che amava, quel fato gliel'aveva portata via uccidendola con una malattia ritenuta inguaribile e da quel momento Dwight non era stato più lo stesso: parlava poco, passava gran parte del proprio tempo in solitudine e non aveva più guardato una donna negli occhi, esclusa Kaelee – sebbene solo da lontano. Poi anche lei era andata via e Dwight era diventato ancora più triste e schivo, dettagli che non incoraggiarono affatto Aric, il quale dovette appellarsi a tutta la sua determinazione per portare a termine con successo il proprio compito. Non fu affatto facile indurre Dwight a smettere di fare ciò che stava facendo – Aric non si rese neanche conto di ciò che effettivamente suo fratello stava facendo, tanta era l'urgenza che lo costringeva a venir meno alla parola data a Kaelee, seppur stesse infrangendo la promessa solo per proteggerla – senza anticipargli niente; e ancor più difficile fu trascinarlo via dalla tenuta, in cui in quel momento Rudyard stava elaborando piani malvagi insieme a sua madre, perché l'ultima cosa che Aric desiderava era essere scoperto e preso a cinghiate nel cuore della notte dal secondogenito.
Ma le preghiere di Aric, quel giorno, dovevano essere state ascoltate ed esaudite – forse insieme al contributo del tono convincente che aveva usato – perché il ragazzo riuscì nell'intento. Nel periodo in cui aveva segretamente protetto sua sorella, Aric aveva potuto infatti sperimentare il lato persuasivo che era in lui e che lui non credeva neanche di avere; aveva scoperto di non essere soltanto bravo ad osservare la Natura ed i suoi misteriosi e affascinanti fenomeni, ma di saper anche leggere dentro le persone, scendere silenziosamente nelle loro vite e scovare i punti migliori su cui far leva per ottenere ciò di cui aveva bisogno. L'amico che lo attendeva nel granaio era esonerato dalla messa in pratica di queste tecniche, naturalmente, perciò Aric si era esercitato con la gente del villaggio e si era reso conto di quanto fosse vantaggiosa per lui quell'inaspettata dote, considerata la posizione in cui si trovava e il bisogno costante di ottenere informazioni.
In breve tempo si trovarono quindi tutti e tre nel granaio, al riparo da occhi e orecchie indiscreti, ed Aric poté raccontare ogni dettaglio della storia a partire dalla finta scomparsa di Kaelee.

Nell'animo di Dwight, dopo che ebbe ascoltato suo fratello, balenarono nel giro di pochi attimi una quantità indefinita di emozioni, dalla sorpresa alla collera, al risentimento, all'impossibilità di accettare che Kaelee avesse preferito inseguire un sogno da sola che chiedere l'aiuto dei suoi fratelli, al senso di inutilità che lo invadeva, alla sensazione di aver fallito pure come fratello maggiore, dalla rabbia alla tristezza, all'amarezza soffermandosi infine sulla paura.
«Hai una vaga idea di cosa significhi tutto questo?», domandò ad Aric. «Hai messo in grave pericolo il tuo amico. Ma come ti è venuto in mente? Avresti dovuto parlarne subito con me», continuò Dwight, animato dalla sua caratteristica ferocia tranquilla, quel tipo di furia che gli si incastrava negli occhi e non raggiungeva mai i toni di voce inducendolo a parlare pianissimo, quasi a voler ringhiare.
«E tu sai cos'è una promessa? Sono l'unico di cui si sia mai fidata. Quando nessuno di voi aveva il coraggio di guardarla in faccia dopo che nostra madre ha combinato quell'assurdo matrimonio per lei, io ero lì. Sarò anche inutile nei campi, non saprò usare armi e avrò preso decisioni avventate, Dwight, ma ero lì», rispose Aric con una determinazione che Dwight non gli avrebbe mai attribuito; una determinazione in cui il primogenito non rinvenne alcun accenno di accusa, né di rimprovero nei suoi riguardi e in quelli dell'intera famiglia.
«È inutile sprecare tempo a redigere un elenco delle mancanze, degli errori, delle cose solo pensate», continuò Aric. «C'è in ballo la vita di nostra sorella e tanto basta, convieni con me?», domandò guardandolo dritto negli occhi.
Dwight comprese in fretta che l'intento di Aric era quello di trovare un valido alleato con cui fronteggiare Rudyard e poter salvare Kaelee non soltanto da un matrimonio forzato, ma da sofferenza e tristezza senza fine, così, dopo aver osservato suo fratello per diversi minuti, riflettendo su quando gli aveva appena raccontato, Dwight prese la sua decisione.
«Cosa sai degli ultimi piani di Rudyard?», chiese infine.
«Un uomo di Robin Hood in compagnia di Sir Guy di Gisborne ha attirato a sua insaputa l'attenzione di nostro fratello», spiegò Aric in modo conciso. «Lui ora vuole andare a Locksley. Non so cosa abbia capito di tutta la vicenda, ma di sicuro troverà Kaelee e la coglierà impreparata sebbene lei abbia la protezione di tutta la banda ed in particolare di Gisborne e Allan A Dale», precisò, tradendo tutta la sua preoccupazione nel tono di voce strozzato con cui gli si rivolgeva.
Dwight sgranò gli occhi al nome dell'ex braccio destro dello Sceriffo di Nottingham e la sorpresa non era dovuta solo al fatto che un violento se ne andasse in giro con un uomo di Robin Hood, né al fatto che sua sorella Kaelee ne avesse ottenuto in qualche modo la protezione – sebbene questo lo allarmasse notevolmente. La sua preoccupazione derivava, invece e soprattutto, da un particolare di cui Aric non poteva essere a conoscenza e che avrebbe giocato un ruolo importante, se non decisivo in quella faccenda.
Dwight non aveva tempo di rivolgere ulteriori domande ad Aric in merito alla situazione di Kaelee a Locksley, né aveva tempo di condividere con lui le informazioni che possedeva su Rudyard e Gisborne, perciò pensò in fretta ad un piano destinato a subire migliorie in itinere.
«Cavalcherai con me fino a Locksley. Seguiremo da una distanza strategica Rudyard e Willard ed interverremo al momento più opportuno», disse cercando di sembrare irremovibile. Tutto ciò di cui non aveva bisogno era una serie di ragionevoli obiezioni da parte di suo fratello o dell'amico di lui.
«Intendi farli arrivare a Locksley?», esclamò Aric, apparendo disgustato da quell'eventualità. «Non ho chiesto il tuo aiuto per assistere in compagnia alla rovina di Kaelee», affermò voltandogli le spalle.
«Non discutere Aric. Ho più esperienza di te e conosco meglio di te Rudyard», replicò.
«Su questo avrei da ridire», brontolò, non del tutto in torto, Aric.
Dwight lo guardò intensamente negli occhi. «Fidati di me, fratello. Mi hai dato una ragione per lottare e non intendo tirarmi indietro», mormorò persuasivo e sincero.
«Vengo con voi», si intromise all'improvviso una voce.
Dwight osservò attentamente l'amico di suo fratello Aric, apprezzandone la volontà di rendersi utile ad una causa che neanche gli apparteneva direttamente, e quasi si convinse ad accordargli il permesso, intravedendo in lui la concreta possibilità di risolvere positivamente la triste situazione in cui si era venuto a trovare visto che sarebbero stati in superiorità numerica, ma poi ripensò alla facilità con cui Rudyard aveva ucciso sconosciuti per capriccio e decise che non poteva caricarsi di quella responsabilità così grande, non poteva portare con sé quel ragazzino nella consapevolezza che Rudyard, se le cose si fossero messe male, gli avrebbe fatto del male soltanto per veder soffrire Aric. Per un attimo Dwight pensò di lasciare a Edwinstowe anche suo fratello, troppo inesperto per potergli essere d'aiuto in uno scontro. "Senza di lui, però, non sarei a conoscenza dei piani di Rudyard e di molte altre cose", pensò e, di nuovo, si vide costretto a prendere una decisione. Forse avrebbe deluso Aric, il cui sguardo in quel momento brillava di entusiasmo, ma avrebbe salvato la vita al più caro amico di lui almeno.
Dwight si avvicinò al ragazzo, gli strinse una spalla e scosse il capo.
«Hai già fatto molto per questa famiglia e rischiato abbastanza per noi. Ti siamo infinitamente grati per la lealtà che hai dimostrato e per l'affetto che ti lega a mio fratello. È un uomo fortunato ad averti come amico», disse. «Non occorre che metta in pericolo te stesso e i tuoi familiari. Se Rudyard ti sapesse coinvolto non esiterebbe un attimo a lasciarti per ultimo soltanto per far sì che tu assista alla barbara uccisione di tutti i tuoi cari», concluse, parlando con estrema franchezza e sperando così di sembrare abbastanza convincente. Né il giovane né Aric, infatti, avevano pienamente idea di ciò che sarebbe loro toccato in sorte se, avendo deciso di mettersi contro Rudyard, avessero poi perso la battaglia e Dwight li riteneva troppo giovani per consentir loro di sprecare la vita a causa dell'immane violenza di quello che, suo malgrado, era suo fratello. Forse, se la fortuna per una volta fosse stata dalla sua parte, sarebbe riuscito a riportare sano e salvo Aric a Edwinstowe.
Mentre parlava aveva la mente era già in moto per elaborare la strategia migliore, la tattica più adeguata, che gli avrebbe consentito di percorrere la strada più sicura e scegliere il mezzo di trasporto più veloce e silenzioso a disposizione. Tra tutte queste idee però, riecheggiava, spaventoso, un nome.
Sir Guy di Gisborne.


Foresta di Sherwood.
«Che cos'era? L'avete sentito anche voi, padrone?», domandò Much, reso ancora inquieto da quella spiacevole quanto inspiegabile sensazione.
Sebbene nessuno lo obbligasse a servire ancora, materialmente parlando, Robin Hood – né quest'ultimo ne pretendesse i servigi, ritenendolo invece suo grande e fedele amico – Much non aveva mai smesso di considerarsi legato a Robin di Locksley, perché la sua era una più una condizione di spirito che un vincolo persistente nel mero bisogno di avere un alloggio e nella speranza di migliorare la propria situazione economica.
Much era a tutti gli effetti un uomo libero e da uomo libero viveva da quando Re Riccardo aveva restituito quel privilegio a tutti i componenti della banda di fuorilegge che aveva ostacolato con forza le mire del Principe Giovanni e dei suoi servitori; eppure l'uomo, che si era infine separato dal suo caratteristico copricapo ingrigito lasciando splendere la capigliatura bionda, continuava ad essere estremamente protettivo nei confronti di Robin: lo seguiva, lo consigliava, lo ascoltava, era non la sua ombra, ma il mantello che lo avrebbe riscaldato nelle notti di gelo. In parole povere Much gli voleva un gran bene, anche se non gli era mai riuscito di esprimerlo realmente a parole senza iniziare a balbettare o a dire sciocchezze di vario genere.
Il leggendario arciere, forse allarmato dal tono di voce che Much aveva usato, tese le orecchie probabilmente in cerca di un rumore anomalo e non trovandolo rivolse all'uomo uno dei suoi ampi sorrisi che subito gli riscaldarono il cuore ricordandogli i vecchi tempi.
«Non c'è niente qui, Much. A parte alberi, animali e noi», gli rispose. «Rilassati e goditi il paesaggio insieme a noi».
Much non lo prese come un rimprovero o un ordine, perché l'allegria nella voce di Robin era palpabile – e Much proprio non riusciva a spiegarsi come fosse possibile essere così rilassati dopo tutto quello che avevano passato nella foresta, dopo tutte le imboscate subìte e i pericoli cui erano miracolosamente scampati – eppure, pur provandoci, non gli riuscì affatto di tranquillizzarsi e continuò ad avere la sensazione che stesse per accadere qualcosa di davvero brutto, solo non era in grado di determinare da dove sarebbe potuto arrivare l'eventuale pericolo, in cosa avrebbe potuto consistere, chi ne sarebbe stata la causa e quando avrebbe colpito.
Il chiacchiericcio dei giovanotti esaltati per avere l'onore di cavalcare con Robin Hood, non lo aiutava affatto a migliorare la situazione, anzi, avrebbe presto finito per farlo irritare ulteriormente.
"Tutto questo chiasso per una cavalcata!", pensò. "Io che ho condiviso con lui ogni cosa che dovrei fare? Capriole tutto il giorno?", si chiese provando a distrarsi con ricordi più piacevoli.


La settimana successiva.
Piazza del Mercato, Locksley.

Little John, Tuck e Allan trasportavano pesanti casse contenenti i vasi prodotti dalla madre di Kate, – e da tutti gli abitanti del villaggio che l'avevano aiutata – archi e frecce appositamente costruiti per l'occasione, armi bianche forgiate in quantità, ceste intrecciate dalle donne di Locskely, tessuti e stoffe sapientemente colorati e molto altro ancora, il tutto pronto a partire per Nottingham. La ricostruzione della città era stata infine completata, in tempi brevissimi, a dimostrazione che la collaborazione portava solo bene alla collettività e al posto del vecchio Castello era stata eretta una Fortezza atta ad ospitare tutta la popolazione della città e dei villaggi più vicini in caso di pericolo; erano inoltre già state avviate diverse attività che avrebbero permesso all'economia di rifiorire pian piano con la collaborazione di tutta la Contea e quel giorno si era deciso che, anziché tenersi a Locksley, il Mercato si sarebbe svolto a Nottingham: un segno di pacifica alleanza e l'occasione di inaugurare il nuovo destino della città.
Gli abitanti di Locksley erano dunque in fermento: i bambini erano curiosi di visitare la nuova città, di divertirsi e mangiare leccornie solitamente proibite e gli adulti si dimostravano altrettanto impazienti di poter assistere alla definitiva rinascita dell'intera zona e già immaginavano come sarebbe stato vivere a ridosso di una città fondata sui valori di Robin Hood e della sua banda. Nottingham, infatti, era stata il simbolo delle angherie da parte dei ricchi e potenti e vederla quel giorno sotto una nuova luce e con nuove vesti era una grande emozione per tutti, compresi gli uomini di Robin Hood, chi più, chi meno.
Tra gli altri, Gisborne non era troppo convinto di voler mettere piede a Nottingham, ambientazione dei ricordi insanguinati che ancora di tanto in tanto gli tenevano una sgradita compagnia, e se alla fine si decise in positivo fu più che altro perché Kaelee aveva dato fondo ad una fantasiosa e creativa opera di convincimento – cosa che non sorprese nessuno e divenne, anzi, il pretesto per una lunga serie di sfottò da parte di Robin e Archer, i quali più volte lo definirono "romanticone" in pubblico e non esattamente a bassa voce. A testimonianza del proprio cambiamento interiore, invece di arrabbiarsi, Guy ricambiò il favore mettendosi a raccontare platealmente episodi imbarazzanti riguardo al tempo che i tre trascorrevano insieme e infine tentò di zittirli asserendo che, in qualità di fratello maggiore, godeva del diritto di avere l'ultima parola su tutto.
La reazione dei fratelli, naturalmente, scatenò le risate dei presenti testimonianto quanto felice fosse quel giorno per Locksley.
Era un giorno felice anche per Guy, il cui sguardo era morbido, delicato, irriconoscibile per chi lo aveva incrociato un anno prima.
L'organizzazione era toccata, come sempre, a Robin e ai suoi i quali avevano deciso di spostarsi in piccoli gruppi che sarebbero partiti dalla Piazza del Mercato di Locksley, più gremita che mai, per un duplice motivo: non lasciare il villaggio deserto e non affollare di colpo la nuova Nottingham.

Kate aspettava Much, impegnato a caricare frutta e pane su alcuni carretti, mentre Kaelee e Guy le tenevano compagnia. La bionda non riusciva ancora a sentirsi completamente a proprio agio in presenza di Gisborne, – tutte le volte che incrociava il suo sguardo, immancabilmente le tornava in mente la crudeltà con cui aveva ucciso suo fratello – ma grazie alla buona parola di Robin e ai racconti colmi di gioia che Kaelee condivideva con lei, andava molto meglio tra loro. Kate non poteva ignorare per uno stupido preconcetto quanto Guy fosse gentile con lei, come con chiunque altro ormai, né poteva accusarlo di non rispettarne i silenzi, o di scomporsi se lei distoglieva lo sguardo quando incrociava il suo, così come non poteva negare che Gisborne ce la stava mettendo proprio tutta per costruire un rapporto con lei anche se lei evitava di stargli troppo vicino. In parte Kate credeva che tutto quell'impegno da parte di lui dipendesse dai sentimenti che provava per Kaelee, sua migliore amica, ma aveva dovuto riconoscere che l'atteggiamento di Gisborne non appariva per niente forzato, falso, perciò ammesso che in parte cercava di essere gentile con lei per compiacere Kaelee, d'altra parte Kate doveva rendersi conto che Guy era sinceramente desideroso di far pace con se stesso e con lei.
Inoltre, quel giorno, la donna ebbe modo di conoscere il lato simpatico e comico di Gisborne: Robin e Archer, infatti, andavano e venivano dando una mano con i carichi e ogni volta che raggiungevano di nuovo Guy, una battuta di spirito o una leggera spallata erano d'obbligo.
«Che condanna essere il fratello maggiore di due idioti! Santa Vergine, aiutami tu!», aveva detto, ironico e quasi certamente scimmiottando Robin e la sua mania di invocare la Vergine, all'ennesima presa in giro.
Per chi, come Kate, aveva conosciuto Robin e Guy quando erano avversari, quella complicità era ancora qualcosa di estraneo, qualcosa a cui guardare con perplessità; per Kaelee, invece, – Kate glielo leggeva nello sguardo adorante – era un esempio meraviglioso di rapporto fraterno.
«Archer non è poi così male», commentò Kaelee in risposta.
«Ah! Allora è così che stanno le cose! Traditrice disonesta che non sei altro!», rispose Gisborne scatenando ilarità generale.
«Non osare offendere la mia protetta», lo sfotté Robin tendendo l'arco.
«La tua protetta? È la mia protezione che ha accettato. Hai forse preso una botta in testa, fratello?», e nel dirlo Guy lo colpì piano sulla nuca.
«Che simpatico Sir! Sarai mica un giullare travestito da Cavaliere?», lo canzonò Robin.
Kate, intanto, scosse la testa esasperata e preferì richiamare l'attenzione di Kaelee pur di non assistere oltre a quell'infantile messa in scena.
«Kaelee, ho dimenticato di dire una cosa a mia madre. Verresti con me?», le domandò.
«Certo! Spero solo che Much non si sia messo a raccogliere funghi per la strada», rispose lei commentando in modo divertente il ritardo dell'uomo.

Era questa la situazione quando due stranieri a cavallo si fermarono a Locksley.

Rudyard e Willard avevano cavalcato fino al villaggio sostando solo se strettamente necessario, dritti alla meta, decisi a riprendersi ciò che credevano appartenesse a loro. Soprattutto il maggiore, naturalmente. Nessuno dei due pensava neanche lontanamente che sostenere il diritto di proprietà nei confronti di una persona fosse qualcosa di completamente diverso dall'arrogare il medesimo diritto in merito a un bene materiale; a nessuno dei due importava davvero di Kaelee in qualità di essere umano, in effetti: era solo una cosa da riportare a casa, da dare in pasto alla madre e all'uomo che era stato scelto per lei. Perciò entrambi non vedevano l'ora di scovarla e dare sodisfazione alla genitrice.
Non erano mai stati in quel villaggio, ma sembrava che molte persone fossero dirette a Nottingham quel giorno e dal momento che Locksley era ad un passo dalla città, non ci misero molto a raggiungere la Piazza del Mercato dove si trovavano forse tutti gli abitanti tra i quali Rudyard riconobbe sia Hood – abbigliato con le caratteristiche vesti dal colore verde brillante e con l'arco su una spalla – che Gisborne.
"Quale gradita sorpresa. La fortuna mi assiste", pensò smontando da cavallo e invitando Willard a legare le briglie dei destrieri ad una staccionata per poi muoversi con lui in direzione di Robin Hood, Guy di Gisborne e un terzo uomo che Rudyard non conosceva e che si era appena aggiunto al gruppo. "Deve essere un altro della banda", decretò osservando la confidenza con cui i tre uomini interagivano tra loro. "Fin troppa confidenza", puntualizzò a se stesso. "Gisborne è davvero un ottimo attore".

Ai tre fratelli, abituati com'erano a stare sempre in guardia, non sfuggì la presenza dei due nuovi arrivati e li osservarono con attenzione, senza dare nell'occhio, chiedendosi ognuno intimamente da dove arrivassero e cosa fossero venuti a fare a Locksley. Con Nottingham di nuovo in piedi era piuttosto normale avere dei visitatori, specialmente quel giorno, ma fermarsi a qualche passo dalla nuova città era una scelta piuttosto inusuale a meno che si fosse alla ricerca di qualcosa di specifico o si preferisse alloggiare in un contesto più tranquillo. In fin dei conti, per quel che ne sapevano, quegli uomini potevano essere appena stati a Nottingham e nel visionare le merci prodotte a Locksley potevano aver deciso di fermarvisi per concludere un affare. Eppure l'atteggiamento di quello più alto, che era poi anche quello che avanzava per primo verso di loro, non ispirava fiducia a nessuno dei tre. Bastò uno scambio di sguardi a mettere in allerta i fratelli, che si prepararono ad accogliere i visitatori alla maniera di Robin Hood, ovvero con animo ben disposto e una mano alle armi.

In quello stesso momento Kate e Kaelee, presi gli ultimi accordi con Rebecca, avevano deciso di tornare in piazza e incamminandosi scherzavano, ancora, divertite su quanto Much sapesse fare ritardo se si parlava di cibo. La sua passione per la cucina era già diventata proverbiale a Locksley e dintorni, tanto che qualcuno gli aveva perfino chiesto di fare da cuoco in occasione di un matrimonio o di una particolare festa – richieste che si facevano sempre più frequenti visto che sia Kate che Kaelee non facevano altro che elogiarlo con conoscenti e mercanti, specialmente da quando Kate era riuscita a convincere Much a vendere certe sue piccole forme di pane speziato al Mercato di Locksley prima e pian piano anche a quelli dei villaggi vicini.
Quando però Kaelee scorse i fratelli a pochi passi da lei, l'espressione sul suo volto cambiò bruscamente e l'istinto di conservazione la spinse a nascondersi tirandosi dietro anche Kate. Sperava con tutta se stessa che non l'avessero ancora vista e che non avessero parlato con nessuno del villaggio chiedendo di lei, perché non era pronta a quella circostanza, sebbene la paura che si verificasse non l'aveva mai abbandonata durante il soggiorno a Locksley, specialmente dopo la pergamena che Aric le aveva fatto avere tramite un vecchio amico. Non era pronta perché aveva gustato un assaggio di felicità, una piccola porzione di quella vita fatta di amici e piccole cose, abitudini, riti sciocchi ma fondamentali, sorrisi sinceri e familiari, problemi da risolvere in compagnia, sguardi che si cercano e trovandosi comunicano nient'altro che contentezza, mani che si sfiorano e labbra che si attraggono. Non era pronta perché non era più disposta davvero a lasciare tutto e sparire, a lasciare Gisborne e sparire.
Gli occhi sgranati e già colmi di lacrime esprimevano in pieno il terrore che quella visita inaspettata aveva immediatamente scatenato nella ragazza, come se perfino il corpo sentisse il bisogno di difendersi da Rudyard e Willard. Si sentì come un animale braccato: in trappola.
Tanto più perché Gisborne era lì e non sapeva niente in merito alle persone che aveva davanti a sé.
Kaelee non amava parlare della propria famiglia, del rapporto che aveva avuto con fratelli e genitori, e quando lo aveva fatto – con Kate, Robin o Guy – si era trattato soltanto di piccoli accenni ad avvenimenti molto generici e per lo più concentrati su lei stessa, perciò né Kate, né Guy avevano idea di ciò che stava accadendo, maggior ragione perché, sicuramente per prudenza, nella sua missiva Aric non aveva fatto nomi.
La giovane di Edwinstowe si portò le mani alla bocca per impedirsi di strillare, tanta era la paura che aveva in quel momento. La mente non l'aiutava affatto nel srotolarle davanti agli occhi il futuro che l'attendeva: una cavalcata fino al suo villaggio di origine, – probabilmente legata e vittima degli insulti di suo fratello – lontana dalla persona che amava, settimane chiusa in camera, se non in un luogo ancora peggiore, e controllata a vista in attesa soltanto del matrimonio che esclusivamente sua madre voleva, poi una vita di totale infelicità da trascorrere in assenza dell'unico uomo che avrebbe voluto accanto e al quale si sarebbe concessa, al quale non avrebbe negato un matrimonio, al quale avrebbe volentieri dato dei figli e con il quale avrebbe vissuto felice. Il solo pensiero di dover rinunciare a Gisborne le causava un dolore così insopportabile da stendere un altro scenario davanti agli occhi spalancati e fissi su Rudyard: se fosse stata costretta a tornare a Edwinstowe avrebbe trovato il modo per togliersi la vita.
Non riuscì a spiegare subito a Kate il motivo di quella reazione, sebbene il dubbio fosse evidente nello sguardo di lei, non riuscì a fare altro che premere le mani contro le labbra e restarsene nascosta, rannicchiata, preda del destino, come una condannata a morte. Temeva che il cuore le sarebbe scoppiato e non lo trovò affatto piacevole, perché quella sensazione non aveva niente a che vedere con la serenità che provava quando si scambiava effusioni con Gisborne e i battiti impazzivano andando al ritmo che preferivano; levò lo sguardo su Kate che forse le aveva chiesto qualcosa, o forse l'aveva soltanto immaginato, e vedendola sporgere la testa oltre al loro nascondiglio improvvisato, Kaelee sentì l'ennesimo urlo che tentava di esplodere nell'aria rivelando la sua posizione.
"Non posso gridare. Non devo. Devo restare nascosta... O forse dovrei cogliere l'occasione e scappare ora che Rudyard e Willard sono impegnati a parlare. Che devo fare? Cosa devo fare?!", pensò, in preda al terrore.
«Vuoi dirmi che ti succede?», le domandò poi la bionda, evidentemente infastidita da un comportamento che sicuramente per lei non aveva alcun senso. «Che c'è di strano in due forestieri che parlano con Robin? Non è mica la prima volta», proseguì con quella che sembrava esasperazione nel tono.
"Come glielo dico che quelli sono i miei fratelli venuti a riportarmi a casa?", si chiese mordendosi a tal punto il labbro inferiore da sentire dolore.
«Insomma, Kaelee!», esclamò Kate facendola scattare.
«Shhhh! Sta' zitta! Non sono semplici visitatori... Che stanno facendo?», mormorò tirandola per la manica temendo che qualcuno potesse vederla.
Kaelee aveva gli occhi della bionda puntati nei suoi e sapeva che tacere non era la scelta migliore se si aveva a che fare con Kate.
«Dimmi cosa succede», rispose con decisione.
Per tutta risposta Kaelee si sentì venir meno.

«Gisborne!», esordì Rudyard in tono cordiale, felice di rivedere un vecchio amico di bravate. «Si dice in giro che siete passato dalla parte dei buoni», lo provocò, certo che quello avrebbe risposto adeguatamente, dandogli il muto indizio che quell'atmosfera così disgustosamente serena non era altro che una farsa, come Rudyard aveva immaginato e compreso da quando aveva saputo del viaggetto a York. Nel pronunciare quelle parole squadrò Robin Hood con aria di superiorità, trovando ripugnante la coalizione, con l'aria di chi aveva voglia di mettere zizzania e litigare. Guardò attentamente sia Hood che il ragazzetto che stava al fianco di lui e che lo stava letteralmente trapassando con uno sguardo carico di sospetto. Lo trovò divertente nella sua impertinenza e pensò che sarebbe stato il primo a cui avrebbe fatto saltare la testa qualora si fosse arrivati subito ad uno scontro diretto. Rudyard non era sicuro che Kaelee fosse a Locksley e non avrebbe avuto alcun motivo di pensarlo se solo Gisborne e quel frate non fossero arrivati a York insieme: era stato mentre pensava a Robin Hood, e al motivo che poteva aver spinto il letale Sir Guy di Gisborne ad andarsene in giro con un uomo della banda, che si era rammentato della stupida passione di sua sorella per l'eroe dei poveri e degli indifesi, così aveva deciso di recarsi a Locksley con il doppio intento di verificare se Kaelee era fuggita in quel villaggio e di chiedere collaborazione al Cavaliere Nero che Rudyard tanto apprezzava, considerandolo perfino un esempio da seguire. L'uomo, infatti, si era nutrito di tutte le malefatte e la cattiveria raccontata in merito alla figura di Sir Guy di Gisborne e ne aveva tratto insegnamento, ritenendo che solo attraverso cattiveria e violenza avrebbe potuto conquistare potere e denaro. Poi, quando le storie non gli erano più bastate, Rudyard aveva cominciato a raccogliere informazioni concrete sull'uomo e infine era riuscito ad ottenere l'onore di una piacevole chiacchierata accompagnata da ottimo vino rosso quanto il sangue delle vittime che Gisborne aveva fatto in tutta la sua carriera di assassino.
Dopo aver rivolto un mezzo sorriso al ragazzetto cui avrebbe fatto saltare volentieri la testa, l'uomo spostò lo sguardo su Gisborne mentre ne attendeva la risposta e dovette riconoscere che aveva davvero assunto l'aspetto di uno di quei noiosi uomini di villaggio tutti presi da un'occupazione socialmente utile. Se non l'avesse visto personalmente uccidere un contadino per il puro gusto di affondare la lama in carne fresca, avrebbe creduto alle assurde dicerie sul suo conto.
«Rudyard di Edwinstowe, qual buon vento ti porta fin qui?», domandò infine l'uomo con voce ferma, ma con un filo di incertezza che mise subito in guardia Rudyard.
«Nottingham», rispose prontamente, cercando indizi negli occhi del potenziale alleato. «Lui è Willard, fratello e compagno di viaggio. Permettetemi di presentarvelo», continuò tergiversando sul reale motivo della visita, non più certo che Gisborne fosse ancora l'uomo che ricordava.
"Neanche un'occhiatina sinistra, nemmeno un segno. Che tema di essere scoperto e sia determinato a fingere in attesa di un'occasione migliore per potermi parlare?", si chiese.
Gisborne tese la mano e a sua volta presentò Robin e Archer introducendoli come propri fratelli.
Nell'animo di Rudyard, dopo la momentanea sorpresa e i piccoli dubbi, si fece spazio la convinzione che uno come Gisborne non sarebbe mai mutato così radicalmente.
«Nonostante abbiate evidentemente cambiato modo di vedere le cose, sono certo che non negherete aiuto ad un vecchio amico», disse infine.

Kaelee era disperata tra le braccia di Kate, messa finalmente al corrente di ogni cosa, singhiozzava senza sosta e si colpevolizzava per non aver mai rivelato a Gisborne il nome dei fratelli che le davano la caccia, per non aver approfondito l'argomento, mettendolo così in mezzo ad una situazione che lo avrebbe colto impreparato. Ciò che Kaelee non riusciva però a comprendere era la cordialità – così le aveva riferito Kate, che li aveva spiati velocemente – tra i due, come se si conoscessero.
"Possibile?", si domandò. Kaelee era assolutamente certa di non aver visto Guy prima di quel pranzo a casa di Kate, – anche se a voler essere precisi la prima volta che i due si erano incontrati risaliva all'alba di quello stesso giorno, quando entrambi erano solo sagome vagamente illuminate dalla luce del Sole; avevano impiegato un po' prima di capire com'erano andate le cose e ci avevano riso su per un pomeriggio intero – perché non avrebbe mai dimenticato un volto bello quanto quello di Gisborne. Sentì il cuore stringersi al ricordo dei momenti felici trascorsi insieme a lui e ancor di più al pensiero che non ne avrebbe più vissuti, se non avesse fermato Rudyard e Willard. Ma come? Come poteva avvisare Guy, ammesso che fosse ancora in tempo per quello?
Nel caos e nel panico cominciò a riflettere sulle informazioni che aveva sul passato di Gisborne: sapeva che aveva lasciato Locksley dopo l'incendio che aveva reso orfano lui e sua sorella, ma era certa che se avesse alloggiato a Edwinstowe, fosse anche per pochi anni, non glielo avrebbe mai nascosto; perché poi?; sapeva che si era spostato spesso per ordine dello Sceriffo, possibile che avesse conosciuto Rudyard in questo modo? Ma allora perché, se Gisborne conosceva un uomo di Edwinstowe, sapendo che anche lei proveniva da quel villaggio, non gliene aveva mai fatto alcun accenno? Che avesse qualcosa di così terribile da nascondere da non poterlo condividere con lei? Eppure le aveva raccontato di aver ucciso Lady Marian.
Kaelee capì che non ci sarebbe mai arrivata visto che non aveva neppure la certezza che di fatto i due si conoscessero. "Forse Gisborne è soltanto gentile con mio fratello perché non sa chi è e si comporta come un qualsiasi uomo farebbe al suo posto", pensò. "Se incontrassi una persona malvagia senza essere al corrente della sua indole, la saluterei con cordialità", rifletté ancora. "Ragionare su questo non mi porterà alla salvezza. Devo fare qualcosa, devo agire, devo lottare per la mia libertà", decise.
«La spada», mormorò ritrovando infine un po' di lucidità. «Ho bisogno della mia spada per intimargli di andarsene. Combatterò se necessario perché non voglio che mi portino via, Kate», disse con le labbra tremanti per la crisi di pianto che minacciava di scoppiare e le mani che tremavano per la rabbia.
Kate provò a calmarla, a farla ragionare, ma Kaelee si rese conto che anche lei non era disposta ad accettare che Rudyard e Willard la prelevassero con la forza, così quando le chiese di nuovo della spada – che quel giorno non aveva con sé – vide Kate correre con tutta la forza che aveva nelle gambe per raggiungere la loro abitazione e portarle l'arma quanto prima.
Probabilmente non era la cosa più logica da fare e probabilmente Kate non era la persona più opportuna per placare gli istinti di Kaelee, dal momento che lei per prima era una donna d'istinto, eppure la ragazza non vedeva altra via di salvezza.

Dwight ed Aric, partiti da Edwinstowe in contemporanea con i fratelli, ne avevano osservato i movimenti e li avevano seguiti a distanza, come si erano ripromessi, facendo in modo di non essere scoperti. Se Dwight aveva naturali doti fisiche che avrebbero fatto la differenza in uno scontro, Aric possedeva nozioni che erano state fondamentali perché quell'inseguimento andasse a buon fine, perciò alla fine di quel viaggio e all'inizio della pericolosa avventura, Dwight comprese di aver ignorato per anni persone degne di nota come Aric e Kaelee e si ripromise che, se fosse sopravvissuto, avrebbe cambiato le carte in tavola e posto rimedio.
La prima parte del piano era riuscita alla perfezione, senza troppi intoppi di natura tecnica e senza imprevisti. Dwight contava molto sulla presunzione di Rudyard, il quale non sospettava neanche minimamente che gli altri suoi due fratelli potessero opporglisi concretamente, per mandare a monte i suoi intenti; una parte di lui sperava anche che suo fratello non avesse la certezza che Kaelee si trovava a Locksley, ma quell'eventualità contemplava troppe condizioni per potersi verificare davvero: non solo Rudyard doveva ignorare l'informazione chiave, ma era anche necessario che Kaelee non si trovasse nel villaggio per un qualsiasi motivo, che Rudyard non si imbattesse in Gisborne e che decidesse infine di andarsene senza indagare ulteriormente. "Essere troppo ottimista farà di me un illuso. Devo pensare al peggio per poter sopravvivere e godere del resto", si disse.
La seconda parte del piano, invece, era ancora tutta da giocare e prevedeva l'ingresso a Locksley e l'effettivo intervento contro Rudyard e Willard. Da questi presupposti nascevano le più grandi preoccupazioni di Dwight, che sapeva bene di non poter contare sull'aiuto di Aric nel caso in cui si fosse arrivati alle armi e che non aveva idea delle condizioni di Kaelee in quel contesto: non sapeva se al loro arrivo lei sarebbe stata presente, non aveva idea del ruolo di sua sorella in quel villaggio, non riusciva neanche più a immaginarla ormai. Quindi sperava nell'ipotesi meno drammatica, ovvero quella che escludeva uno scontro armato con i suoi fratelli. "Ammesso e non concesso che Robin Hood e i suoi uomini assistano alla scena, chi mi assicura che si schiereranno dalla mia parte?", si disse mentre lasciavano i cavalli all'ingresso del villaggio.
La necessità di mantere la calma era l'unica cosa di cui Dwight era certo.

Appena Kate tornò con la spada dell'amica, la vide spuntare fuori dal nascondiglio e incamminarsi lentamente verso i suoi fratelli, evidentemente animata da nuova forza, più combattiva che mai e ancor più determinata a salvare se stessa, la nuova vita che si era guadagnata e l'amore che Locksley le aveva regalato. Il suo sguardo era così intenso che Kate credette di potervi leggere ogni singola emozione senza il bisogno che Kaelee le esprimesse a parole o a gesti. In quegli occhi grandi e dal colore incredibilmente bello, Kate notò qualcosa che le fece venire i crampi allo stomaco: una furia animalesca che la donna non aveva mai visto nello sguardo di nessuno che non fosse Gisborne. Fu molto turbata da quell'inatteso accostamento, ma la seguì ugualmente, armata del proprio arco e pronta a difenderla da chiunque avesse anche soltanto osato pensare di poterla toccare.
Man mano che si avvicinavano, le voci dei presenti si facevano più chiare e Kate poté sentire.
«Nonostante abbiate evidentemente cambiato modo di vedere le cose, sono certo che non negherete aiuto ad un vecchio amico», disse l'uomo alto che Kate identificò come Rudyard
«Ti ascolto», rispose Gisborne assumendo un atteggiamento di difesa nei confronti del suo interlocutore.
Nel frattempo Kate vide Much comparire in piazza e fermarsi prima di raggiungere Robin e cercare lei con lo sguardo, con l'espressione sconvolta di chi si aspettava che qualcosa andasse storto, avendo ugualmente sperato che invece tutto sarebbe andato per il meglio. Kate impiegò poco a collegare gli occhi sgranati di Much e le sue labbra semiaperte all'ansia che l'uomo aveva condiviso con lei durante tutta la settimana parlandole di una catastrofe imminente. "Non aveva tutti i torti", pensò, "Ma siamo ancora in tempo per evitare il disastro", si disse, agguerrita al fianco della migliore amica che avesse mai avuto – la quale in quel momento stringeva con ferocia le dita sull'elsa della spada, pronta ad estrarla.

Gisborne aveva avuto un attimo di indecisione quando aveva visto Rudyard, per nulla certo che si trattasse di uno spietato uomo conosciuto anni prima in un contesto che adesso gli appariva tutt'altro che piacevole. "Rudyard di Edwinstowe", ripensò Gisborne rifiutandosi categoricamente di fare l'ovvio collegamento mentre aspettava che l'uomo riprendesse a parlare. Sul suo volto, però, Gisborne vide allargarsi un sorriso beffardo che gli parve disgustoso più di quello di Vaisey di Nottingham, così decise di seguirne lo sguardo, che l'uomo aveva spostato lateralmente, e vide Kaelee. Un pensiero fastidioso lo punse dolorosamente.
«Sto aspettando», disse nel tentativo di riportare l'attenzione dell'uomo su di sé.
«Non è più necessario», rispose Rudyard senza smettere di guardare la ragazza. «Conoscete bene mia sorella, Gisborne?», domandò.
Fu quasi come un fulmine a ciel sereno, perché ora Gisborne non poteva più ignorare ciò che l'intuito aveva cercato di suggerirgli dall'esatto momento in cui aveva riconosciuto l'uomo. Nonostante l'evidenza, Guy continuava a non voler credere che un uomo come Rudyard, così vicino al modo di agire del vecchio Sir Guy di Gisborne, potesse essere imparentato con Kaelee, la dolce ragazza di cui si era innamorato, perché non riusciva a trovare una sola caratteristica che li accomunasse. Gisborne aveva conosciuto Rudyard quando era ancora il braccio destro dello Sceriffo di Nottingham, ovvero quanto di più vicino ad un mostro crudele, e aveva percepito immediatamente l'adorazione di quell'uomo nei propri confronti. Ricordava di essersene compiaciuto, ma a ripensarci ora ne era disgustato.
Accanto a sé, Gisborne aveva Robin e Archer, anch'essi sulla difensiva e intenti a valutare la situazione e il da farsi. Con ogni probabilità loro avevano tratto l'ovvia conclusione prima di lui non essendo emotivamente coinvolti quanto lo era lui. Mentre pensava alla risposta da dare a Rudyard, Guy vide che altri due uomi si avvicinavano al centro dell'azione e si domandò immediatamente se fossero complici di Rudyard e Willard o dei semplici curiosi.
«Vattene», ringhiò una voce che Gisborne stentò a riconoscere.
L'uomo ebbe un tuffo al cuore perché conosceva ormai abbastanza bene Kaelee da saper interpretare i segni sul suo volto e avere la certezza che aveva pianto. Quello fu l'ultimo pezzo del puzzle, quello risolutivo e definitivo: Guy comprese che la visita da parte di Rudyard e Willard era strettamente collegata alla pergamena indirizzata a Robin e consegnata da un ragazzino di Edwinstowe da parte di uno dei fratelli di Kaelee, che certamente non coincideva né con Rudyard, né con Willard a meno che quest'ultimo non stesse facendo il doppio gioco, – cosa molto improbabile dal suo punto di vista dal momento che il giovanotto se ne stava quasi alle spalle di Rudyard e continuava a guardarsi nervosamente attorno quasi cercasse una via di fuga – perciò a Gisborne non restava altro da fare che tirare le somme e concludere che Rudyard era a Locksley per prelevare Kaelee, la quale doveva averlo visto ed essere crollata in un momento di puro panico prima di reagire. E fu proprio la reazione della ragazza a farlo rabbrividire come non gli accadeva da tempo. Guy era certo che la pacifica Kaelee sapesse difendersi con le unghie e con i denti se necessario, ma oltre a non desiderare che la ragazza fosse costretta ad affrontare una simile situazione, non avrebbe mai creduto possibile scorgere quella cattiveria negli occhi di lei, una cattiveria che lui conosceva fin troppo a fondo, un demone contro il quale ancora combatteva. "Nel cuore della mia Kaelee non c'è posto per una tale malvagità", si disse mentre la guardava, seguita a ruota da Kate, quest'ultima subito affiancata da Much.
Gisborne percepì di nuovo, come quando insieme alla banda di Robin aveva collaborato alla disfatta dello Sceriffo, lo spirito di squadra che spingeva tutti a difendersi vicendevolmente e da questo trasse l'enorme forza che gli permise di guardare Rudyard in cagnesco quando questi rise, divertito da chissà che cosa.
«Vattene», ripeté intanto Kaelee, sguainando la spada senza esitazione e avanzando dritta verso suo fratello.
Robin cercò di sedare la situazione chiedendo spiegazioni e mantenendo un atteggiamento per niente offensivo verso Rudyard e Willard.
«Perché tanta violenza, Kaelee? È un giorno di festa per Locksley e Nottingham. Andiamo, amici! Non è necessario impugnare le armi, parliamone invece da persone civili quali siamo e se qualcuno ha subìto un torto, faremo di tutto per porvi rimedio», disse, allegro, il fuorilegge in quella che Gisborne interpretò come una velata minaccia.
Eppure notò come, anziché scomporsi, Rudyard assunse movenze ancor più indisponenti, strafottenti perfino.
«Sei proprio una bambina cattiva, Kaelee. Non hai detto ai tuoi amici di essere scappata di casa senza dire niente a nessuno e facendo molto preoccupare la tua famiglia?», domandò esprimendo una tale falsità nella voce che Gisborne desiderò ingaggiare immediatamente un duello con lui per porre fine a quella farsa. Se Rudyard era arrivato a Locksley in cerca del suo appoggio per riportare Kaelee a Edwinstowe era cascato davvero male.
«Vattene», ripeté per l'ennesima volta Kaelee che appariva inarrestabile nella sua determinazione, perfino feroce e potenzialmente letale. «Qui non c'è niente per te», aggiunse.
La vicinanza di Kaelee a suo fratello e la spaventosa calma nella voce di lei spinsero Guy ad esporsi, rispondendo così, infine, alla domanda che Rudyard gli aveva posto in precedenza. Le si avvicinò lentamente e con cautela affinché non si sentisse minacciata pure da lui, scivolò alle sue spalle e le cinse dolcemente la vita con un braccio, per rassicurarla e nel contempo trattenerla. Con la mano libera, invece, creò un contatto con il braccio di Kaelee fino a raggiungere le sue dita strette sull'impugnatura della spada e la invitò a deporre l'arma sussurrandole all'orecchio che rispondere alla violenza con altra violenza non era la soluzione migliore.
Intanto sentì Rudyard lasciarsi andare ad un'altra risata maligna e si costrinse a non permettere alla rabbia di prendere il sopravvento su di lui; contemporaneamente vide che Willard era già indietreggiato di qualche passo temendo probabilmente il modo in cui sua sorella brandiva la spada.
Robin gli si fece più vicino, sicuramente deciso a marcare il territorio e rimettere ordine, mentre Archer si avvicinò così tanto da sfiorargli il braccio con la spalla: Guy ne fu commosso e, di nuovo, ne trasse la forza necessaria a lottare contro i propri istinti e quelli di Kaelee, che in quel frangente sembrava aver perso completamente la testa.
Attorno a loro, inoltre, si erano radunate alcune persone del villaggio e gente che Guy non aveva mai visto – come quei due che aveva notato avvicinarsi prima – il che rendeva assolutamente necessario evitare l'uso di qualsiasi tipo di arma.
«Dammi ascolto, ti prego», insisté Guy all'orecchio della ragazza, «Non commettere i miei stessi errori».
«Davvero un bel quadretto!», commentò Rudyard esibendosi in un applauso evidentemente canzonatorio. «Non è un po' troppo giovane per voi? Inesperta e magrolina com'è dubito che vi diverta come sanno fare alcune serve... No... Ma non mi dite! Voi l'amate!», esclamò fingendosi sorpreso e portandosi teatralmente una mano davanti alla bocca prima di tornare a ridere di gusto. Un gusto che con ogni probabilità apparteneva soltanto a lui dal momento che perfino il giovanotto che lo aveva accompagnato era rimasto serio.
Guy decise di concentrarsi completamente ed esclusivamente su Kaelee, così da impedire che quelle provocazioni avessero effetto.
«Sei qui per me, non per lui», sputò la ragazza, che ancora si ostinava a tenere l'arma puntata contro suo fratello, intenzionata quasi certamente ad ucciderlo.
«Bene, bene, vedo che la diplomazia oggi non è di casa a Locksley», commentò Robin a bassa voce. «Rudyard e Willard di Edwinstowe!», disse più energicamente per richiamare l'attenzione di tutti. «Ho l'obbligo di ricordarvi che siete in territorio a voi estraneo. Non ho idea delle regole in vigore dalle vostre parti, ma qui a Locksley chi si comporta come voi non è il benvenuto. Kaelee di Edwinstowe ha chiesto ed ottenuto la mia protezione e resterà al villaggio per tutto il tempo che vorrà», disse serio, appoggiandosi all'arco da cui non si separava mai.
L'uomo sollevò entrambi i palmi in segno di resa, lasciando intendere che non voleva ricorrere alla forza. Non in quella occasione almeno.
Fu in quel momento che i due individui che Gisborne aveva notato, decisero di intervenire facendosi avanti sotto gli occhi attenti di tutta la banda. Se per Guy quegli uomini – uno più adulto e l'altro probabilmente coetaneo di Kaelee – altro non erano che una coppia sconosciuti, si rese conto che la stessa cosa non doveva essere per la donna che stringeva con decisione a sé: appena si mostrarono apertamente, infatti, Kaelee lasciò cadere improvvisamente la spada.
«Andiamocene, Rudyard», mormorò subito Willard atterrito, terrorizzato al punto da permettere alla voce di tremare.
«Ma che bella sorpresa», commentò il secondogenito, sarcastico, rivolgendosi ai due appena arrivati, senza ridere questa volta.
«Non sei furbo come credi», disse il più grande dei nuovi venuti.
«E sentiamo, Sua Intelligenza, chi è il traditore tra noi?», lo provocò Rudyard.

Kaelee, che fino a quel momento non aveva fatto altro che trafiggere Rudyard con lo sguardo come era impossibilitata a fare con la spada, fissò gli occhi su Aric appena lui fu nel suo campo visivo. La vista del suo fratello preferito, nonché unico amico che avesse mai avuto a Edwinstowe, aveva cancellato istantaneamente tutto il resto, ispirandole una gioia incredibile. Era felice di rivederlo dopo tanto tempo, al punto che lasciar cadere l'arma come Gisborne le suggeriva da diversi minuti era stato più semplice che mai, al punto che l'unica cosa che avrebbe voluto fare era corrergli incontro e abbracciarlo, sommergerlo di domande e pregarlo di restare, perché tornare a Edwinstowe avrebbe significato problemi e sofferenza anche per lui ora che si era esposto. "Oh, Aric! Sciocco Aric!", pensò rimproverandolo con dolcezza e, con l'affacciarsi di quei pensieri, sentì tornare anche la preoccupazione: tutti e quattro i suoi fratelli erano giunti a Locksley, a coppie, con intenzioni diametralmente opposte e se Kaelee non faceva fatica a credere che Willard si fosse unito a Rudyard senza troppe proteste, era invece rimasta colpita dalla presenza di Dwight accanto ad Aric. Aveva una moltitudine di domande in testa – "Come ha fatto Rudyard a sapere che mi avrebbe trovata qui?", "Perché si era rivolto a Gisborne chiamandolo vecchio amico?", "In che modo Aric aveva coinvolto Dwight?", "Quanto sapevano i suoi fratelli, escluso Aric, delle motivazioni che l'avevano spinta a lasciare Locksley?" – e ancora pochissime risposte, ma al di sopra di questo turbine di punti interrogativi si ergeva un'unica, grande e grave, certezza: Kaelee aveva creduto di essersi guadagnata la libertà fuggendo di casa e invece aveva solo diviso i suoi fratelli, combinato un gran disastro che difficilmente sarebbe riuscita a rimettere a posto, spinto tutti e quattro i suoi fratelli fino a Locksley e messo in pericolo non solo la vita dei suoi familiari, ma anche quella di tutti i presenti nella piazza. Già solo questo sarebbe bastato a Kaelee per sentirsi in colpa per vent'anni a venire, ma c'era dell'altro che non poteva assolutamente ignorare: decidendo di allontanarsi da casa aveva cacciato Aric in un pasticcio più grande di lui, di entrambi probabilmente, e aveva involontariamente coinvolto Gisborne gettandolo di nuovo in quel vortice di violenza dal quale stava cercando di allontanarsi con enormi sforzi.
Nel mentre, Dwight si presentò a Robin Hood e presentò anche suo fratello, ponendo le proprie scuse a nome dell'intera famiglia per aver turbato l'equilibrio e la serenità del villaggio. Spiegò in modo conciso ma esauriente come stavano le cose, perché il secondogenito ed il terzogenito erano arrivati fino a Locksley e perché lui e Aric li avessero seguiti. Poi si rivolse a Kaelee e le promise che l'avrebbe appoggiata nella scelta di andar via da Edwinstowe, come già aveva fatto il minore tra i maschi di casa, che si era rivelato infine il più intelligente e coraggioso di tutti perché aveva combattuto senza armi, lottato senza spargere sangue e aveva vinto a suo modo.
«Non sei obbligata a tornare a casa solo perché Rudyard pretende che tu lo faccia», mormorò. «Parlerò io con nostra madre e se questo fa di me un traditore, sono ben lieto di averti tradito, Rudyard», concluse volgendo lo sguardo verso il diretto interessato.
Kaelee trasalì quando Rudyard fece partire un altro dei suoi fastidiosissimi e per niente opportuni applausi.

Gisborne si sentiva meno teso da quando il giovanotto presentato con il nome di Aric, che doveva essere l'autore della pergamena, aveva avuto su Kaelee un effetto inaspettatamente positivo, inducendola con la sua sola presenza a desistere dal commettere un crimine per cui avrebbe certamente pagato non soltanto in termini morali, ma appena Rudyard si esibì nell'ennesimo scatto di pessima ironia, vibrò insieme a Kaelee, ancora stretta a lui. Pensò, di nuovo, che quell'uomo fosse dotato un senso dell'umorismo perfino peggiore di quello di Vaisey e una parte di lui si immerse nel passato, in quel Guy di Gisborne che aveva affiancato lo Sceriffo e conosciuto e apprezzato Rudyard per l'elevata dose di cattiveria che lo animava. Avrebbe riso insieme a quell'uomo, se solo il Guy di una volta fosse ancora esistito.
«Questo sì che è un discorso!», disse Rudyard. Poi si mosse, così velocemente che nessuno intercettò il movimento fin quando non ebbe la spada di Kaelee in mano. «Pessima mossa, sorellina», aggiunse.
Gisborne, che aveva duellato innumerevoli volte e aveva dimestichezza con gesti repentini come quello di cui Rudyard si era appena reso protagonista, altrettanto velocemente si portò davanti a Kaelee intuendo che le intenzioni dell'uomo non fossero pacifiche e sebbene fosse disarmato, era pronto a fare qualunque cosa pur di proteggere Kaelee.
Vi fu un breve scambio di sguardi durante il quale Gisborne comprese l'indecisione del suo avversario, come se l'essersi messo davanti a Kaelee lo avesse destabilizzato in quanto era lei, evidentemente, la preda. Quindi provò a prevedere la mossa successiva tra le tre più probabili.
"Se fossi al suo posto prenderei in considerazione l'idea di colpire Dwight, arrivato a rompere le scatole con atteggiamenti da nobile cavaliere; Aric, perché è palese che Kaelee tiene molto a lui e che è lui il responsabile dell'imprevisto che ha scombinato tutti i piani; infine, se fossi in lui, vorrei colpire me stesso in quanto ho rifiutato di appoggiarlo nella sua folle caccia a Kaelee e mi sono schierato in prima linea per difenderla", ragionò. "Ma il mio intento principale sarebbe colpire Kaelee direttamente o indirettamente, perciò affonderei la lama nel mio stomaco, se fossi Rudyard", concluse, senza poter aggiungere altro.
Lo scatto di Rudyard fu fulmineo, ma Gisborne spinse lateralmente Kaelee, a costo anche di farla cadere, e saltò lui stesso per evitare l'aggressione mentre Robin Hood faceva partire una freccia che si piantò nella terra battuta, a qualche millimetro dai piedi del fratello di lei.
«Questo era un avvertimento. La prossima non mancherà il bersaglio», disse Robin, serio e con l'arco già nuovamente teso.
«Non finisce qui», minacciò Rudyard lasciando la spada e allontanandosi insieme a Willard che tirò un sospiro di sollievo e se la diede a gambe come il più codardo degli uomini.
Gisborne, definitivamente sollevato dalla piega presa dagli eventi, si portò una mano all'altezza dello stomaco perché nonostante fosse stato protagonista di numerosi scontri, aveva trovato in Rudyard un degno avversario, reso ancora più forte dalla completa assenza di buone intenzioni e così disonesto da aggredire un uomo completamente disarmato. Rudyard gli aveva impedito di difendersi, forse consapevole che se anche lui avesse avuto un'arma l'avrebbe contrastato come meritava fermando la lama con la propria, perciò Gisborne era stato costretto a scegliere tra l'afferrare una lama a mani nude riportando ferite che avrebbero potuto rivelarsi anche molto gravi, e tentare di uscirne incolume. Considerato che la prima eventualità sarebbe stata una vera e propria follia, aveva scelto il male minore, ma Rudyard era riuscito ugualmente a ferirlo di striscio e Guy sapeva di non essere più in grado di prevedere la reazione di Kaelee, la quale – per quel che ne sapeva – avrebbe potuto crollare in un pianto liberatorio oppure dare sfogo alla rabbia concretizzando l'atto di violenza che non si era verificato prima. Per quanto si stesse sforzando di tenerla d'occhio, Kaelee si lanciò con la velocità di un fulmine in avanti per riprendersi l'arma e colpire suo fratello alle spalle, mentre si allontanava: non ci voleva uno stratega per capire che Kaelee non intendeva ferirlo, ma ucciderlo. Gisborne cercò di afferrarla per il polso, ma fu troppo lento e temette il peggio finché vide suo fratello Archer avvolgerla prontamente in una morsa.
«Lasciami!», gridò lei, dimendandosi. «Lasciami Archer!».
«Gli uomini di Robin Hood non uccidono se non è strettamente necessario e tu hai accettato di appartenere alla nostra banda!», la rimproverò Archer sotto lo sguardo attento di tutti i presenti. Benché scalciasse come un'ossessa e manifestasse una forza che nessuno avrebbe mai detto le appartenesse, Archer non mollò la presa e presto Much e Robin gli diedero una mano, con gran sollievo di Guy il quale cadde sulle ginocchia, cedendo al dolore della ferita che aveva riportato. Inaspettatamente fu Kate a prestargli un primo soccorso, sancendo così il reale inizio di una nuova amicizia.

Ci vollero diversi minuti prima che la giovane donna di Edwinstowe la smettesse di tentare la fuga e di urlare.
«Lasciatemi», mormorò alla fine, evidentemente più calma.
Robin, però, non si fidava. Sapeva bene cosa significasse essere preda degli istinti e sapeva anche che lui stesso, al posto di Kaelee, avrebbe messo in scena una farsa pur di essere lasciato libero e poter portare a termine un'idea, giusta o sbagliata che fosse. Perciò temeva più per l'incolumità della ragazza che per il destino dei suoi fratelli, essendo certo che non avrebbe potuto farcela contro uno come Rudyard, quindi pretese che lei lo guardasse negli occhi mentre le parlava.
«Puoi darmi la tua parola?», chiese.
Lei annuì, ma subito abbassò lo sguardo.
Robin diede ordine di mantenere la presa su di lei mentre Guy lo implorava silenziosamente di lasciarla libera. Robin era combattuto perché se da un lato si fidava ormai di Gisborne, che conosceva Kaelee più di ogni altro lì a Locksley, e non voleva che soffrisse di nuovo come un tempo, d'altra parte non poteva fare affidamento su Kaelee che in quel momento sembrava aver perso completamente il senno.
La ragazza, però, non si mosse e sul suo volto comparve un'espressione più simile al dolore che alla furia omicida.
«Hai la mia parola», sussurrò infine ad occhi chiusi, la voce che tremava ed una lacrima solitaria a solcarle il volto.

Nel cuore di Kaelee si alternavano emozioni fortissime che a stento riusciva a controllare – dalla disperazione nel momento in cui aveva scorto Rudyard nella piazza, alla voglia di tenersi stretta la libertà; dalla rabbia provata nel sentire Rudyard minacciare Gisborne, nel vederlo scagliarsi contro l'uomo che amava e nel realizzare che l'aveva ferito, al senso di colpa che di nuovo la travolgeva come poco prima, quando aveva riflettuto su tutti i problemi che la sua fuga aveva creato ad Aric e agli uomini di Robin Hood. Una parte di lei desiderava ancora uccidere Rudyard, ma Kaelee capì in fretta che Robin l'avrebbe chiusa in una stanza del Maniero se necessario, pur di evitare che commettesse un simile gesto.
Quindi, appena fu libera, ignorando l'arma che giaceva a terra, Kaelee si voltò in direzione di Guy. Senza dire una parola, con il cuore a pezzi e il senso di colpa che pendeva su di lei come una spada di Damocle, lo aiutò a tirarsi su per accompagnarlo a casa.

In un clima più pacato, immaginando che Dwight e Aric fossero all'oscuro del legame che esisteva tra Kaelee e Gisborne, Robin volle chiarire brevemente l'atteggiamento della ragazza invitando poi Dwight e Aric a fermarsi a Locksley per riposare, parlare e incontrare Kaelee prima prendere una qualunque decisione. Poi chiese ad Archer, Much e Kate di recarsi a Nottingham e rintracciare gli altri della compagnia per informarli del motivo della propria assenza alla festa e al Mercato.
«Niente aria allarmata e assoluta discrezione. Siamo intesi», percisò.
Scortò quindi i fratelli di Kaelee fino al Maniero e insisté affinché alloggiassero presso la sua abitazione per tutto il tempo che volevano, dimostrando loro fiducia e gratitudine per essere arrivati fin lì con il solo scopo di proteggere la ragazza.

Casa di Guy, Locksley.
Kaelee non aveva più detto una parola e Gisborne iniziava a preoccuparsi, avvolto già da un sottile strato di ansia.
Erano entrati in casa, lei lo aveva accompagnato al piano superiore, aveva fatto in modo che si stendesse sul letto e poi aveva pulito e fasciato la ferita senza mai aprir bocca e con una tale delicatezza da dare a Guy la sensazione che a stento volesse sfiorarlo. Infine gli si era seduta di fianco e aveva preso a fissarlo con occhi colpevoli, che lo stavano lentamente conducendo alla follia, le unghie affondate nei palmi e le labbra serrate, le nocche bianche, le sopracciglia contratte, i muscoli congelati in un'identica posa da interi minuti.
Gisborne non riuscì a sopportare oltre quell'atteggiamento, quindi, ignorando la fitta di dolore si sollevò e si protese verso di lei.
Inaspettatamente Kaelee si spostò più indietro.
Guy rimase impietrito mentre un antico dolore riaffiorava da lontano nel suo cuore appena guarito: lo strazio del rifiuto. Evidentemente doveva solo essersi illuso di star bene, se era bastato un gesto così piccolo a distruggere tutto in un istante.
«Non farmi questo», sussurrò.
Sentiva le vecchie barriere spingere per tornare ad innalzarsi fiere, pregne della cattiveria di un tempo, ma la forza interiore che aveva maturato riuscì ad abbatterle ancora una volta. Preferiva i crampi allo stomaco e il male al petto ad una maschera di violenza, perché non aveva intenzione di lasciar perdere, non con lei, perciò con ostinato coraggio fece un secondo tentativo e più lentamente di prima allungò una mano fino al ginocchio di lei, che di nuovo si ritrasse.
«È colpa mia», disse senza alcuna inflessione nella voce gelida che proveniva da un angolo della personalità di lei che Guy non aveva ancora conosciuto e che lo spaventava.
«Non dire sciocchezze», mormorò lui.

«È colpa mia», si sentì dire di nuovo, automaticamente, senza provare alcuna emozione che non fosse la colpa per quanto era accaduto alla parte buona della sua famiglia e a Guy, che si era guadagnato l'ennesima cicatrice grazie a lei. Gli sarebbe rimasta vicina nei giorni a venire ma, in netto contrasto con il terrore che l'aveva fatta crollare con Kate al pensiero di dover dire addio a Gisborne, stava di nuovo valutando l'ipotesi di andarsene. Seriamente stavolta, a differenza di quando l'amico di suo fratello aveva consegnato a Robin il messaggio di Aric per lei. Lasciare Locksley, non certo per far ritorno a casa, le sembrava un modo per proteggere Guy da Rudyard anche se non era certa che l'uomo che amava sarebbe rimasto al proprio posto o che Rudyard non si fosse ugualmente accanito su Gisborne pur di attirarla in una trappola.
Guardando dritto negli occhi l'uomo che amava, Kaelee sperava di trovare la più corretta soluzione ai loro problemi.

L'autocontrollo di Gisborne era al limite. Non riusciva a sopportare di vedere Kaelee in quello stato, non sopportava che lei si colpevolizzasse per tutto e ancora non sopportava che lo rifiutasse nella convinzione che fosse la cosa giusta da fare. Il respiro accelerò mentre la collera aumentava: non gli andava per niente bene che quella situazione mettesse dei muri tra loro, che li dividesse quando nemmeno il suo passato di assassino era riuscito nell'intento.
Kaelee era ancora seduta, quindi – pensò Gisborne – forse non voleva andarsene sul serio; l'uomo sapeva che il punto di forza della ragazza era la velocità, perciò si disse che muoversi adagio in direzione di lei non avrebbe portato a nulla se non ad allontanarla ulteriormente e sebbene non lo entusiasmasse l'idea di far ricorso ai vecchi modi – anche se le intenzioni erano del tutto diverse da quelle di un tempo – si dichiarò, intimamente, disposto a qualsiasi cosa pur di impedire a Kaelee di fare del male ad entrambi, perciò la afferrò a tradimento, ignorando la fitta improvvisa, e la costrinse sul letto per poi piazzarsi sopra di lei.
La ragazza era innegabilmente svelta, ma lui decisamente più forte.
«Non ti permetto di rifiutarmi solo perché sei convinta che così mi salverai la vita. È senza te che non ho scampo», le disse con la vista annebbiata e il cuore in corsa.
Vide lo sguardo della ragazza ammorbidirsi subito mentre si voltava per appoggiare una guancia sulla morbida coperta, senza dargli il tempo di godere dello spettacolo che erano i suoi occhi quando si scioglievano in quel modo. In men che non si dica Kaelee prese a singhiozzare dando finalmente sfogo a tutto ciò che aveva dentro. Gli venne istintivo stringerla forte a sé e spostarla per consentire ad entrambi di essere più comodi e a se stesso di non manifestare la sofferenza che le sue lacrime gli causavano. Si mise a sedere, infatti, appoggiandosi alla spalliera del letto, lasciando che la crisi di pianto di Kaelee facesse il proprio corso sul suo petto, e sebbene non fosse facile per lui confortarla e rassicurarla senza disperarsi a sua volta per tutte le possibili conseguenze dell'arrivo di Rudyard a Edwinstowe, era felice che Kaelee non lo avesse di nuovo messo da parte: averla tra le braccia gli bastava a sentirsi più sereno.
Continuò per diversi minuti a ripeterle di star bene e che ogni cosa si sarebbe risolta per il meglio, che avrebbero affrontato tutto insieme, che non avrebbe mai permesso a nessuno di portargliela via.
Poi, quando pensò che Kaelee dopo aver speso tutte quelle energie fosse infine crollata, le accarezzò dolcemente i capelli e lasciandosi trasportare dalle emozioni che lei gli suscitava, le dichiarò il proprio amore in un sussurro.

Kaelee, sfinita dopo le tribolazioni di quel giorno, ma non abbastanza da addormentarsi tra le braccia di Guy, avvertì lacrime e senso di colpa riaffiorare alle parole di lui prima che il sentimento profondo e devastante che provava per l'uomo li spazzasse via entrambi. In un attimo l'amore riuscì a radere al suolo tutto il resto, le ansie, i timori, la paura di doversi separare da Guy, l'angoscia di dover vivere una vita in fuga: nel suo cuore erano rimasti solo le emozioni che nutriva per lui. Fu invasa da una tale gioia che per un attimo credette di essersi appena svegliata dopo un bruttissimo incubo, ma gli occhi che bruciavano e le labbra secche testimoniavano che aveva pianto e che il brutto sogno corrispondeva invece alla cruda realtà. Nonostante questo non poteva negare la felicità causata dalle parole che Gisborne le aveva appena rivolto, così mise un paio di centimetri tra loro, giusto lo spazio che le avrebbe consentito di guardarlo in volto.
L'espressione di lui era colma di sorpresa e anche se Kaelee se ne domandò per qualche istante il perché, preferì non chiederlo ad alta voce e credere all'ipotesi che Gisborne, pensando di aver parlato a voce più bassa di quanto non avesse fatto in realtà, si trovasse in imbarazzo forse perché non avrebbe voluto che lei lo sentisse.
Comunque stessero le cose, Kaelee sollevò le dita sul viso di lui, sfiorandogli la guancia e apprezzando perfino il leggero strato di barba che costituiva una sottile e pungente barriera tra le sue dita e la pelle di lui. Il cuore le batteva forte nel petto mentre le labbra si preparavano a pronunciare due brevi, ma tanto intense e importanti, parole.
«Ti amo», mormorò non senza emozione.

Entrambi sopraffatti da assoluta felicità, Guy e Kaelee scoprirono il rimedio ad ogni angoscia e seppero che insieme avrebbero potuto affrontare qualunque problema.






N.B.
Il capitolo è stato rieditato in data 12/12/2015.
Il lavoro non ha comportato modifiche a livello di trama ed è invece consistito nella revisione della forma e nell'aggiunta di qualche dettaglio e informazione.


N.d.A.
Prima di dire qualsiasi cosa, voglio precisare che il capitolo riprende direttamente gli eventi di Edwinstowe, interrotti nella prima parte per dare uno sguardo a Locksley.
Anche qui, mi rendo conto, affronto la stessa scena da più punti di vista, ma come ho precisato qualche capitolo addietro non mi va di perdere pensieri e azioni di questo o quel personaggio e non sapendomi esprimere in maniera migliore, mi affido a ciò che so fare sperando di non creare troppa confusione.
Preciso, per i lettori che affrontano questa storia come un'originale, che nella serie tv Rudyard non esiste (né è presente un personaggio minore con lo stesso nome o con un background simile) e che quindi nel contesto originale lui e Gisborne non si sono mai conosciuti.
Mi auguro di non essere risultata troppo pesante nel raccontare il tutto – specialmente vista la necessità di dividere questo lungo "episodio", se così vogliamo chiamarlo, in due parti – e spero, come sempre, di aver soddisfatto le vostre aspettative.
Grazie per essere arrivati fin qui e doppiamente grazie nel caso in cui decidiate di dirmi la vostra.
Alla prossima!

   
 
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