...To Locksley – Parte Seconda
Edwinstowe.
«Mio orgoglio! Mia unica soddisfazione!»,
squittì la
madre di Aric e lui se la immaginò mentre avvolgeva il viso
di
Rudyard con entrambe le mani. «Non tenermi sulle spine e
dimmi,
deliziami con le nuove da York. Allora? Hai trovato quella
disgraziata? Ho in serbo per lei tanti di quei calci nelle reni che...
Ah! Ma non farmi parlare oltre o perderò la grazia di Nostro
Signore che punirà me, anziché lei! Dimmi,
Rudyard,
dimmi», continuò facendo inorridire Aric, che ce
la
metteva tutta per non tradire la sua presenza.
«Madre, vogliate perdonarmi se non ho con me la
screanzata», esordì Rudyard. «Ma ve la
porterò. Presto. Avete la mia parola»,
mormorò con un tono così persuasivo che Aric
rabbrividì.
«Ti perdono. Parla, figlio mio»,
acconsentì lei con un po' di entusiasmo in meno rispetto a
prima.
«Sir Guy di Gisborne è davvero stato a York con
quel frate», confermò.
Ad ogni pausa l'ansia di Aric cresceva e il suo bisogno di mettersi in
moto anche.
«Chi è, esattamente, questo Gisborne?».
«Madre, ascoltatemi bene. Gisborne ha militato nei Cavalieri
Neri, ha vissuto per anni accanto allo Sceriffo di Nottingham ed ama
spargere sangue», spiegò concitatamente.
«Parli di lui come se lo conoscessi»,
replicò la madre.
Seguì un breve momento di silenzio e Aric maledì
la propria posizione che gli impediva di vedere qualsiasi cosa, sebbene
sentisse tutto molto chiaramente.
«Non vi deluderò, madre, fidatevi di me.
Troverò colei che ci ha disonorati e mi
assicurerò che abbia il trattamento che merita»,
mormorò Rudyard con voce maligna.
«Me lo auguro», borbottò.
«Statene certa invece! Sono ad un passo dalla svolta. Io e
Willard andremo a Locksley».
«Oh, non farmi dannare! Sii più preciso e
raccontami tutto per bene. Non prenderti gioco di una donna che non ha
più la mente veloce come un tempo! Perché sei
convinto di trovare a
Locksley ciò che non hai trovato fino ad ora qui
intorno?».
«Prestate molta attenzione, madre, e seguite il mio
ragionamento. Quel frate giunto a York, arrivava dal villaggio di
Locksley con il suo compare Gisborne. E sapete chi risiede a Locksley,
mia amata genitrice?».
«Chi, figliolo? Chi?», chiese impaziente.
«Robin Hood».
Aric si convinse di aver sentito abbastanza e seppe di non poter
più restarsene fermo.
Mentre il secondogenito pianificava nel dettaglio, forte della
soddisfazione di sua madre, la nuova tappa della personale ricerca
dell'altrui infelicità, il minore tra i maschi si
fiondò di nuovo fuori
casa e, correndo come se un paio d'ali gli rendesse più
leggeri
i piedi,
raggiunse per la seconda volta in un giorno l'unico amico che aveva.
La situazione era precipitata così velocemente e Aric era
così sconvolto, che non sarebbe mai riuscito ad affrontare
tutto da solo, necessitando invece il supporto del suo giovane amico,
il quale dovette davvero restare colpito dalla sua angoscia visto che
ritenne opportuno
chiedere all'oste, suo padrone,
di potersi allontanare dalla taverna per qualche ora anche a costo di
non essere retribuito per il tempo perso. Per Aric fu l'ennesima
dimostrazione che
l'amicizia che li legava da quando erano bambini era profonda e
sincera, priva di un
qualsiasi interesse.
Chissà per quale miracolo, quel giorno
l'oste fu comprensivo e li lasciò andar via insieme.
Si recarono quindi, in gran fretta e senza farsi vedere, al granaio
presente nell'appezzamento di terra della famiglia di Aric, dove
quest'ultimo ebbe modo di ringraziare degnamente il suo amico per
l'impagabile aiuto che gli stava dando.
A furia di origliare le conversazioni di Rudyard e Willard, Aric era
diventato una presenza silenziosa capace di stare dove voleva senza
essere scoperto, aveva imparato a muoversi quasi
senza far rumore e, soprattutto, aveva imparato a svignarsela quanto
più velocemente possibile mosso da impellente
necessità, proprio lui che si era sempre sentito fuori posto
nel dover svolgere un'attività che lo coinvolgesse
fisicamente.
Era cambiato molto da quando sua
sorella era andata via: si era messo a studiare Rudyard
appena aveva capito che sarebbe stato lui, un giorno, il nemico da
abbattere e sapeva quindi per certo che lui mai
avrebbe messo piede nel granaio, perché già
si vedeva Lord di qualche città, Sceriffo tiranno incubo
della
popolazione, e non si abbassava più a coltivare la terra o a
raccoglierne i frutti. Aric non aveva faticato a capire che Rudyard,
nella sua stessa immaginazione e in quella di
sua madre, era il nobiluomo di casa e guai a chi gli chiedeva anche
solo di prendere l'acqua dal pozzo; sua madre già se lo
vedeva Cavaliere: Sir Rudyard di Edwinstowe. Il solo pensiero faceva
venire la
nausea tanto a lui quanto a Dwight, Aric ne era sicuro, che
più di tutti
doveva
sorbirsi gli stupidi vaneggiamenti di quei due.
Quindi il giovane fece nascondere
l'amico nel granaio, raccomandandogli di non muoversi per nessuna
ragione al mondo prima del suo rientro e di iniziare ad allarmarsi se
non l'avesse visto tornare nel giro di mezz'ora, poi corse a chiedere
l'aiuto di
Dwight pregando la Santa Vergine che potesse aiutarlo a compiere quella
missione.
Non era per niente certo di riuscire a ingraziarsi il favore del
primogenito, di
docici anni più grande e diverso da lui al punto da non aver
mai
trovato un vero punto di incontro che potesse avvicinarli,
ma non provarci equivaleva ad un rifiuto oltre che ad un insuccesso
definitivo, perciò, nel dubbio, Aric
si
fece coraggio, pur conoscendo i tormentati pensieri che riempivano la
mente di suo fratello. Dwight era stato, infatti, ad un passo dal
matrimonio l'anno
precedente; aveva appena potuto assaporare la lucentezza e la
libertà dell'amore, poiché il destino gli era
avverso e a pochi
mesi dalla cerimonia che lo avrebbe unito alla donna che amava, quel
fato gliel'aveva portata via uccidendola con una malattia ritenuta
inguaribile e da
quel
momento Dwight non era stato più lo stesso: parlava poco,
passava gran parte del proprio tempo in solitudine e non aveva
più guardato una donna negli occhi, esclusa Kaelee
– sebbene solo da lontano. Poi
anche
lei era andata via e Dwight era diventato ancora più triste
e
schivo, dettagli che non incoraggiarono affatto Aric, il quale dovette
appellarsi a tutta la sua determinazione per portare a termine con
successo il proprio compito. Non fu affatto facile indurre Dwight a
smettere di fare ciò
che stava facendo – Aric non si rese neanche conto di
ciò
che
effettivamente suo fratello stava facendo, tanta era l'urgenza che lo
costringeva a venir meno alla parola data a Kaelee, seppur stesse
infrangendo la promessa solo per proteggerla –
senza anticipargli niente; e ancor più difficile fu
trascinarlo
via dalla tenuta, in cui in quel
momento Rudyard stava elaborando piani malvagi insieme a sua madre,
perché l'ultima cosa che Aric desiderava era essere scoperto
e preso a cinghiate nel cuore della notte dal secondogenito.
Ma le preghiere di Aric, quel giorno, dovevano essere state ascoltate
ed esaudite
– forse insieme al contributo del tono convincente che aveva
usato
– perché il ragazzo
riuscì nell'intento. Nel periodo in cui aveva segretamente
protetto sua sorella, Aric aveva potuto infatti sperimentare il lato
persuasivo che era in lui e che lui non
credeva neanche di avere; aveva scoperto di non essere soltanto bravo
ad osservare la Natura ed i
suoi misteriosi e affascinanti fenomeni, ma di saper anche leggere
dentro le
persone, scendere silenziosamente nelle loro vite e scovare i punti
migliori su cui far leva per ottenere ciò di cui aveva
bisogno.
L'amico che lo attendeva nel granaio era esonerato dalla messa in
pratica di queste tecniche, naturalmente, perciò Aric si era
esercitato con la gente del villaggio e si era reso conto di quanto
fosse vantaggiosa per lui quell'inaspettata dote, considerata la
posizione
in cui si trovava e il bisogno costante di ottenere informazioni.
In
breve tempo si trovarono quindi tutti e tre nel granaio, al riparo da
occhi e
orecchie
indiscreti, ed Aric poté raccontare ogni dettaglio della
storia a partire dalla finta scomparsa di Kaelee.
Nell'animo di Dwight, dopo che ebbe ascoltato suo fratello, balenarono
nel
giro di pochi attimi una
quantità indefinita di emozioni, dalla sorpresa alla
collera, al
risentimento, all'impossibilità di accettare che Kaelee
avesse
preferito inseguire un sogno da sola che chiedere l'aiuto dei suoi
fratelli, al senso di inutilità che lo invadeva, alla
sensazione
di aver fallito pure come fratello maggiore, dalla rabbia alla
tristezza, all'amarezza soffermandosi infine sulla paura.
«Hai
una vaga idea di cosa significhi tutto questo?»,
domandò ad Aric. «Hai
messo in grave pericolo il tuo amico. Ma come ti è venuto in
mente? Avresti
dovuto parlarne subito con me»,
continuò Dwight, animato dalla sua caratteristica ferocia
tranquilla, quel tipo di furia che gli si incastrava negli occhi e non
raggiungeva mai i toni di voce inducendolo a parlare pianissimo, quasi
a voler ringhiare.
«E
tu sai cos'è una promessa? Sono l'unico di cui si sia mai
fidata. Quando nessuno di voi aveva il coraggio di guardarla in faccia
dopo che nostra madre ha combinato quell'assurdo matrimonio per lei, io
ero lì. Sarò anche inutile nei campi, non
saprò
usare armi e avrò preso decisioni avventate, Dwight, ma ero
lì», rispose Aric con
una determinazione che Dwight non gli avrebbe mai attribuito; una
determinazione in cui il primogenito non rinvenne
alcun accenno
di
accusa, né di rimprovero nei suoi
riguardi e in quelli dell'intera famiglia.
«È
inutile
sprecare tempo a redigere un elenco delle mancanze, degli errori, delle
cose solo pensate», continuò Aric.
«C'è in ballo la vita di nostra sorella e tanto
basta, convieni con me?», domandò guardandolo
dritto negli occhi.
Dwight comprese in fretta che l'intento di Aric era quello di trovare
un valido alleato con cui
fronteggiare Rudyard e poter salvare Kaelee non soltanto da un
matrimonio forzato, ma da sofferenza e tristezza senza fine,
così, dopo aver osservato suo fratello per diversi minuti,
riflettendo su quando gli aveva appena raccontato, Dwight prese la sua
decisione.
«Cosa sai degli ultimi piani di Rudyard?», chiese
infine.
«Un
uomo di Robin Hood in compagnia di Sir Guy di Gisborne ha attirato a
sua
insaputa l'attenzione di nostro fratello», spiegò
Aric in modo conciso. «Lui ora vuole andare a Locksley. Non
so cosa
abbia capito di tutta la vicenda, ma di sicuro troverà
Kaelee e la coglierà impreparata sebbene lei abbia la
protezione di tutta la banda ed in particolare di Gisborne e Allan A
Dale», precisò, tradendo tutta la sua
preoccupazione nel tono di voce strozzato con cui gli si rivolgeva.
Dwight sgranò gli occhi al nome dell'ex braccio destro dello
Sceriffo di Nottingham e
la sorpresa non era dovuta solo al fatto che un violento se ne andasse
in giro con un uomo di Robin Hood, né al fatto che sua
sorella Kaelee ne avesse ottenuto in qualche modo la protezione
– sebbene questo lo allarmasse notevolmente. La sua
preoccupazione
derivava, invece e soprattutto, da un particolare di cui Aric non
poteva essere a conoscenza e che avrebbe giocato un ruolo importante,
se non decisivo in quella faccenda.
Dwight non aveva tempo di rivolgere ulteriori domande ad Aric in merito
alla situazione di Kaelee a Locksley, né aveva tempo di
condividere con lui le informazioni che possedeva su Rudyard e
Gisborne, perciò pensò in fretta ad un piano
destinato a
subire migliorie in itinere.
«Cavalcherai
con me fino a Locksley. Seguiremo da una distanza strategica Rudyard e
Willard ed interverremo al momento più opportuno»,
disse cercando di sembrare irremovibile. Tutto ciò di cui
non aveva bisogno era una serie di ragionevoli obiezioni da parte di
suo fratello o dell'amico di lui.
«Intendi
farli arrivare a Locksley?», esclamò Aric,
apparendo
disgustato da
quell'eventualità. «Non ho chiesto il tuo aiuto
per assistere in compagnia alla rovina di Kaelee»,
affermò voltandogli le spalle.
«Non discutere Aric. Ho più esperienza
di te e conosco meglio di te Rudyard», replicò.
«Su questo avrei da ridire»,
brontolò, non del tutto in torto, Aric.
Dwight lo guardò intensamente negli occhi. «Fidati
di me, fratello. Mi hai dato una ragione per lottare e non intendo
tirarmi indietro», mormorò persuasivo e sincero.
«Vengo con voi», si intromise all'improvviso una
voce.
Dwight osservò attentamente l'amico di suo fratello Aric,
apprezzandone la volontà di rendersi
utile ad una causa che neanche gli apparteneva direttamente, e quasi si
convinse ad accordargli il permesso, intravedendo in lui la concreta
possibilità di risolvere positivamente la triste situazione
in cui si era venuto a trovare visto che sarebbero stati in
superiorità numerica, ma poi ripensò alla
facilità con cui Rudyard aveva ucciso sconosciuti
per
capriccio e decise che non poteva caricarsi di quella
responsabilità così grande, non poteva portare
con sé quel ragazzino nella consapevolezza che Rudyard, se
le cose si fossero messe male, gli avrebbe fatto del male soltanto per
veder soffrire Aric. Per un attimo Dwight
pensò di lasciare a Edwinstowe anche suo fratello, troppo
inesperto per potergli essere d'aiuto in uno scontro. "Senza di lui,
però, non sarei a conoscenza dei piani di Rudyard e di molte
altre cose", pensò e, di nuovo, si vide costretto a
prendere una decisione. Forse avrebbe deluso Aric, il cui sguardo in
quel momento brillava di entusiasmo, ma avrebbe salvato la vita al
più caro amico di lui almeno.
Dwight si avvicinò al ragazzo, gli strinse una spalla e
scosse il capo.
«Hai
già fatto molto per questa famiglia e rischiato abbastanza
per
noi. Ti siamo infinitamente grati per la lealtà che hai
dimostrato e per l'affetto che ti lega a mio fratello. È un
uomo
fortunato ad averti come amico», disse. «Non
occorre che metta in pericolo te stesso e i tuoi familiari. Se Rudyard
ti sapesse coinvolto non esiterebbe un attimo a lasciarti per ultimo
soltanto per far sì che tu assista alla barbara uccisione di
tutti i tuoi cari», concluse, parlando con estrema franchezza
e sperando così di sembrare
abbastanza convincente. Né il giovane né Aric,
infatti,
avevano pienamente idea di ciò che sarebbe loro toccato in
sorte se, avendo deciso di mettersi contro Rudyard, avessero poi perso
la
battaglia e Dwight li riteneva troppo giovani per consentir loro di
sprecare la vita a causa dell'immane violenza di quello che, suo
malgrado, era suo
fratello. Forse, se la fortuna per una volta fosse stata dalla sua
parte, sarebbe riuscito a riportare sano e salvo Aric a Edwinstowe.
Mentre parlava aveva la mente era già in moto per elaborare
la
strategia migliore, la tattica più adeguata, che gli avrebbe
consentito di percorrere
la
strada più sicura e scegliere il mezzo di trasporto
più
veloce e silenzioso a disposizione. Tra tutte queste idee
però, riecheggiava, spaventoso, un nome.
Sir Guy di Gisborne.
Foresta di Sherwood.
«Che cos'era? L'avete sentito anche voi,
padrone?», domandò Much, reso ancora inquieto da
quella spiacevole quanto inspiegabile sensazione.
Sebbene nessuno lo obbligasse a servire ancora, materialmente parlando,
Robin Hood – né quest'ultimo ne pretendesse i
servigi, ritenendolo
invece suo grande e fedele amico – Much non
aveva mai smesso di considerarsi legato a
Robin di Locksley, perché la sua era una più una
condizione di spirito che un vincolo persistente nel mero bisogno di
avere un alloggio e nella speranza di migliorare la propria situazione
economica.
Much era a tutti gli effetti un uomo
libero e da uomo libero viveva da quando Re Riccardo aveva restituito
quel privilegio a tutti i componenti della banda di fuorilegge che
aveva ostacolato con forza le mire del Principe Giovanni e dei suoi
servitori; eppure l'uomo, che si era infine separato dal suo
caratteristico copricapo ingrigito
lasciando splendere la capigliatura bionda, continuava ad essere
estremamente protettivo nei confronti di
Robin: lo seguiva, lo consigliava, lo ascoltava, era non la sua ombra,
ma il mantello che lo avrebbe riscaldato nelle notti di gelo. In parole
povere
Much gli
voleva un gran bene, anche se non gli era mai riuscito di esprimerlo
realmente a
parole senza iniziare a balbettare o a dire sciocchezze di vario genere.
Il leggendario arciere, forse allarmato dal tono di voce che Much aveva
usato, tese le orecchie probabilmente in cerca di un rumore anomalo e
non trovandolo rivolse all'uomo uno dei suoi ampi sorrisi che subito
gli riscaldarono il cuore ricordandogli i vecchi tempi.
«Non c'è niente qui, Much. A parte
alberi, animali e noi», gli rispose. «Rilassati
e goditi il paesaggio insieme a noi».
Much non lo prese come un rimprovero o un ordine, perché
l'allegria nella voce di Robin era palpabile – e Much proprio
non
riusciva a spiegarsi come fosse possibile essere così
rilassati dopo tutto quello che avevano passato nella foresta, dopo
tutte le imboscate subìte e i pericoli cui erano
miracolosamente scampati
– eppure, pur
provandoci, non gli riuscì affatto di tranquillizzarsi e
continuò ad
avere la sensazione che stesse per accadere qualcosa di davvero brutto,
solo non era in grado di determinare da dove sarebbe potuto arrivare
l'eventuale
pericolo, in cosa avrebbe potuto consistere, chi ne sarebbe stata la
causa e quando avrebbe colpito.
Il chiacchiericcio dei giovanotti esaltati per avere l'onore di
cavalcare con Robin Hood, non lo aiutava affatto a migliorare la
situazione, anzi, avrebbe presto finito per farlo irritare
ulteriormente.
"Tutto questo chiasso per una cavalcata!", pensò. "Io che ho
condiviso con lui ogni cosa che dovrei fare? Capriole tutto il
giorno?", si chiese provando a distrarsi con ricordi più
piacevoli.
La settimana successiva.
Piazza del Mercato,
Locksley.
Little John, Tuck e Allan trasportavano pesanti casse contenenti i vasi
prodotti dalla madre di Kate, – e da tutti gli abitanti del
villaggio
che l'avevano aiutata – archi e frecce appositamente
costruiti per
l'occasione, armi bianche forgiate in quantità, ceste
intrecciate
dalle
donne di Locskely, tessuti e stoffe sapientemente colorati e molto
altro ancora, il tutto pronto a partire per Nottingham. La
ricostruzione della città era stata infine completata, in
tempi brevissimi, a dimostrazione che la collaborazione portava solo
bene alla collettività e al
posto del vecchio Castello era stata eretta una Fortezza atta ad
ospitare tutta
la popolazione della città e dei villaggi più
vicini in
caso di pericolo; erano inoltre già state avviate diverse
attività che
avrebbero permesso all'economia di rifiorire pian piano con la
collaborazione di tutta la Contea e quel giorno si era
deciso che, anziché tenersi a Locksley, il Mercato si
sarebbe
svolto a Nottingham: un segno di pacifica alleanza e l'occasione
di inaugurare il nuovo destino della città.
Gli abitanti di Locksley erano dunque in fermento: i bambini erano
curiosi di visitare la nuova città, di divertirsi e mangiare
leccornie solitamente proibite e gli adulti si
dimostravano
altrettanto impazienti di poter assistere alla definitiva rinascita
dell'intera zona e già immaginavano come sarebbe stato
vivere a ridosso di una città fondata sui valori di Robin
Hood e della sua banda. Nottingham, infatti, era stata il simbolo delle
angherie da parte dei ricchi e potenti e vederla quel giorno sotto una
nuova
luce e con nuove vesti era una grande emozione per tutti, compresi gli
uomini di Robin Hood, chi più, chi meno.
Tra gli altri, Gisborne non era troppo convinto di voler mettere piede
a Nottingham,
ambientazione dei ricordi insanguinati che ancora di tanto in tanto gli
tenevano una sgradita compagnia, e se alla fine si decise in positivo
fu più che altro perché Kaelee aveva dato fondo
ad una
fantasiosa e creativa opera di convincimento – cosa che non
sorprese nessuno e divenne, anzi, il pretesto per una lunga serie di
sfottò da parte di Robin e Archer, i quali più
volte
lo
definirono "romanticone" in pubblico e non esattamente a bassa voce. A
testimonianza del proprio cambiamento interiore, invece di
arrabbiarsi, Guy ricambiò il favore mettendosi a raccontare
platealmente
episodi
imbarazzanti riguardo al tempo che i tre trascorrevano insieme e infine
tentò di zittirli asserendo che, in qualità di
fratello
maggiore, godeva del diritto di avere l'ultima parola su tutto.
La
reazione dei fratelli, naturalmente, scatenò le risate dei
presenti testimonianto quanto felice fosse quel giorno per Locksley.
Era un giorno felice anche per Guy, il cui sguardo era morbido,
delicato, irriconoscibile per chi lo aveva incrociato un anno prima.
L'organizzazione era toccata, come sempre, a Robin e ai suoi i quali
avevano deciso di spostarsi in piccoli gruppi che sarebbero partiti
dalla Piazza del Mercato di Locksley, più gremita che mai,
per
un
duplice
motivo: non lasciare il villaggio deserto e non affollare di colpo la
nuova
Nottingham.
Kate aspettava Much, impegnato a caricare frutta e pane su alcuni
carretti, mentre Kaelee e Guy le tenevano compagnia. La bionda non
riusciva ancora a sentirsi completamente a proprio agio in presenza di
Gisborne, – tutte le volte che incrociava il suo sguardo,
immancabilmente le tornava in mente la crudeltà con cui
aveva
ucciso suo fratello – ma grazie alla buona parola di Robin e
ai
racconti colmi di gioia che Kaelee condivideva con lei, andava molto
meglio tra loro. Kate non poteva ignorare per uno stupido preconcetto
quanto Guy fosse gentile con
lei, come con chiunque altro ormai, né poteva accusarlo di
non
rispettarne i silenzi, o di scomporsi se lei distoglieva lo sguardo
quando incrociava il suo, così come non poteva negare che
Gisborne ce la stava mettendo proprio tutta per costruire un rapporto
con lei anche se lei evitava di stargli troppo vicino. In parte Kate
credeva che tutto quell'impegno da parte di lui dipendesse dai
sentimenti che provava per Kaelee, sua
migliore amica, ma aveva dovuto riconoscere che
l'atteggiamento di Gisborne non appariva per niente forzato, falso,
perciò ammesso che in parte cercava di essere gentile con
lei per
compiacere Kaelee, d'altra parte Kate doveva rendersi conto che Guy era
sinceramente desideroso di far
pace con se stesso e con lei.
Inoltre, quel giorno, la donna ebbe modo di conoscere il lato simpatico
e comico di Gisborne: Robin e Archer, infatti, andavano e venivano
dando una mano con i carichi e ogni
volta che raggiungevano di nuovo Guy, una battuta di spirito o una
leggera spallata erano d'obbligo.
«Che condanna essere il fratello maggiore di due idioti!
Santa
Vergine, aiutami tu!», aveva detto, ironico e quasi
certamente scimmiottando Robin e la sua mania di invocare la Vergine,
all'ennesima presa
in giro.
Per chi, come Kate, aveva conosciuto Robin e Guy quando erano
avversari, quella
complicità era ancora qualcosa di estraneo, qualcosa a cui
guardare con perplessità; per Kaelee, invece, –
Kate glielo leggeva nello sguardo adorante – era un esempio
meraviglioso di rapporto fraterno.
«Archer non è poi così male»,
commentò Kaelee in risposta.
«Ah! Allora è così che stanno le cose!
Traditrice
disonesta che non sei altro!», rispose Gisborne scatenando
ilarità generale.
«Non osare offendere la mia protetta», lo
sfotté Robin tendendo l'arco.
«La tua protetta? È la mia protezione che ha
accettato.
Hai forse preso una botta in testa, fratello?», e nel dirlo
Guy
lo colpì piano sulla nuca.
«Che simpatico Sir! Sarai mica un giullare travestito da
Cavaliere?», lo canzonò Robin.
Kate, intanto, scosse la testa esasperata e preferì
richiamare
l'attenzione di Kaelee pur di non assistere oltre a quell'infantile
messa in scena.
«Kaelee, ho dimenticato di dire una cosa a mia madre.
Verresti con me?», le domandò.
«Certo! Spero solo che Much non si sia messo a
raccogliere funghi per la strada», rispose lei commentando in
modo divertente il ritardo dell'uomo.
Era questa la situazione quando due stranieri a
cavallo si fermarono a
Locksley.
Rudyard e Willard avevano cavalcato fino al
villaggio sostando solo se
strettamente necessario, dritti alla meta, decisi a riprendersi
ciò che credevano appartenesse a loro. Soprattutto il
maggiore, naturalmente.
Nessuno dei due pensava neanche lontanamente che sostenere il
diritto di proprietà nei confronti di una persona fosse
qualcosa
di completamente diverso dall'arrogare il medesimo diritto in merito a
un bene materiale; a nessuno dei due importava davvero di Kaelee in
qualità di essere umano, in effetti: era solo una cosa da
riportare a
casa,
da dare in pasto alla madre e all'uomo che era stato scelto per lei.
Perciò entrambi non vedevano l'ora di scovarla e dare
sodisfazione alla genitrice.
Non erano mai stati in quel villaggio, ma sembrava che molte persone
fossero dirette a Nottingham quel giorno e dal momento che Locksley era
ad un passo
dalla città, non ci misero molto a
raggiungere la Piazza del Mercato dove si trovavano forse tutti gli
abitanti tra i quali Rudyard riconobbe sia Hood – abbigliato
con le caratteristiche vesti dal colore verde brillante e con l'arco su
una spalla – che Gisborne.
"Quale gradita sorpresa. La fortuna mi assiste", pensò
smontando
da cavallo e invitando Willard a legare le briglie dei destrieri ad una
staccionata per poi muoversi con lui in direzione di Robin Hood, Guy di
Gisborne e un terzo uomo che Rudyard non conosceva e che si era appena
aggiunto al gruppo. "Deve essere un altro della banda",
decretò
osservando la confidenza con cui i tre uomini interagivano tra loro.
"Fin troppa confidenza", puntualizzò a se stesso. "Gisborne
è davvero un ottimo attore".
Ai tre fratelli, abituati com'erano a stare sempre in guardia, non
sfuggì la presenza dei due nuovi arrivati e
li osservarono con attenzione, senza dare nell'occhio,
chiedendosi ognuno intimamente da dove arrivassero e cosa fossero
venuti a fare a Locksley. Con Nottingham di nuovo in piedi era
piuttosto normale avere dei visitatori, specialmente quel giorno, ma
fermarsi a qualche passo
dalla nuova città era una scelta piuttosto inusuale a meno
che si fosse alla ricerca di qualcosa di specifico o si preferisse
alloggiare in un contesto più tranquillo. In fin dei conti,
per quel che ne sapevano, quegli uomini potevano essere appena stati
a Nottingham e nel visionare le merci prodotte a Locksley potevano aver
deciso di fermarvisi per concludere un affare. Eppure l'atteggiamento
di quello più alto, che era poi anche quello che avanzava
per
primo verso di loro, non ispirava fiducia a nessuno dei tre.
Bastò uno scambio di sguardi a mettere in allerta i
fratelli, che
si prepararono ad accogliere i visitatori alla maniera di Robin Hood,
ovvero con animo ben disposto e una mano alle armi.
In quello stesso momento Kate e Kaelee, presi gli ultimi accordi con
Rebecca,
avevano deciso di tornare in piazza e incamminandosi scherzavano,
ancora,
divertite
su quanto Much sapesse fare ritardo se si parlava di cibo. La sua
passione per la cucina era già diventata proverbiale a
Locksley
e dintorni, tanto che
qualcuno gli aveva perfino chiesto di fare da cuoco in occasione di un
matrimonio o di una particolare festa – richieste che si
facevano
sempre più frequenti visto che sia Kate che Kaelee non
facevano
altro che elogiarlo con conoscenti e mercanti, specialmente da quando
Kate era riuscita a convincere Much a vendere certe sue piccole forme
di pane speziato al Mercato di Locksley prima e pian piano anche a
quelli dei villaggi vicini.
Quando però Kaelee
scorse
i fratelli a pochi passi da lei, l'espressione sul suo volto
cambiò bruscamente e l'istinto di conservazione la
spinse a nascondersi tirandosi dietro anche Kate. Sperava con tutta se
stessa che non l'avessero ancora vista e che non avessero parlato con
nessuno del villaggio chiedendo di lei, perché non era
pronta a
quella
circostanza, sebbene la paura che si verificasse non l'aveva mai
abbandonata durante il soggiorno a Locksley, specialmente dopo la
pergamena che Aric le aveva fatto avere tramite un vecchio amico. Non
era pronta perché aveva gustato un assaggio di
felicità,
una piccola porzione di quella vita fatta di amici e piccole cose,
abitudini, riti sciocchi ma fondamentali, sorrisi sinceri e familiari,
problemi da risolvere in compagnia, sguardi che si cercano e trovandosi
comunicano nient'altro che contentezza, mani che si sfiorano e labbra
che si attraggono. Non era pronta perché non era
più
disposta davvero a lasciare tutto e sparire, a lasciare Gisborne e
sparire.
Gli
occhi sgranati e già colmi
di lacrime esprimevano in pieno il terrore che quella visita
inaspettata aveva immediatamente scatenato nella ragazza, come se
perfino il corpo sentisse il bisogno di difendersi da Rudyard e
Willard. Si sentì come un animale braccato: in trappola.
Tanto più perché Gisborne era lì e non
sapeva niente in merito alle persone che aveva davanti a sé.
Kaelee non amava parlare della propria famiglia, del rapporto che aveva
avuto con fratelli e genitori, e quando lo aveva
fatto – con Kate, Robin o Guy – si era trattato
soltanto di
piccoli
accenni ad avvenimenti molto generici e per lo più
concentrati su lei stessa, perciò né Kate,
né Guy avevano idea di ciò che stava
accadendo, maggior ragione perché, sicuramente per
prudenza, nella sua missiva
Aric non aveva fatto nomi.
La giovane di Edwinstowe si portò le mani alla bocca per
impedirsi di strillare, tanta era la paura che aveva in quel momento.
La mente non l'aiutava affatto nel srotolarle davanti agli occhi il
futuro che l'attendeva: una cavalcata fino al suo villaggio di origine,
– probabilmente legata e vittima degli insulti di suo
fratello
–
lontana dalla persona che amava, settimane chiusa in camera, se non in
un luogo ancora peggiore, e
controllata a vista in attesa soltanto del matrimonio che
esclusivamente sua
madre voleva, poi una vita di totale infelicità da
trascorrere
in assenza dell'unico uomo che avrebbe voluto accanto e al quale si
sarebbe concessa, al quale non avrebbe negato un matrimonio, al quale
avrebbe volentieri dato dei figli e con il quale avrebbe vissuto
felice. Il solo pensiero di dover rinunciare a Gisborne le causava un
dolore così insopportabile da stendere un altro scenario
davanti
agli occhi spalancati e fissi su Rudyard: se fosse stata costretta a
tornare a Edwinstowe avrebbe trovato il modo per togliersi la vita.
Non riuscì a spiegare subito a Kate il motivo di quella
reazione, sebbene il dubbio fosse evidente nello sguardo di lei, non
riuscì a fare altro che premere le mani contro
le
labbra e restarsene nascosta, rannicchiata, preda del destino, come una
condannata a morte. Temeva che il cuore le sarebbe scoppiato e non lo
trovò
affatto piacevole, perché quella sensazione non aveva niente
a
che vedere con la serenità che provava quando si scambiava
effusioni con Gisborne e i battiti impazzivano andando al ritmo che
preferivano; levò lo sguardo su Kate che forse le aveva
chiesto
qualcosa, o forse l'aveva soltanto immaginato, e vedendola sporgere la
testa oltre al loro
nascondiglio improvvisato, Kaelee sentì l'ennesimo urlo che
tentava di esplodere nell'aria rivelando la sua posizione.
"Non posso gridare. Non devo. Devo restare nascosta... O forse dovrei
cogliere l'occasione e scappare ora che Rudyard e Willard sono
impegnati a parlare. Che devo
fare? Cosa devo fare?!", pensò, in preda al terrore.
«Vuoi dirmi che ti succede?», le domandò
poi la
bionda, evidentemente infastidita da un comportamento che sicuramente
per lei non aveva alcun senso. «Che c'è di strano
in due
forestieri che parlano con Robin? Non è mica la prima
volta»,
proseguì con quella che sembrava esasperazione nel tono.
"Come glielo dico che quelli sono i miei fratelli venuti a riportarmi a
casa?", si chiese mordendosi a tal punto il labbro inferiore da sentire
dolore.
«Insomma, Kaelee!», esclamò Kate
facendola scattare.
«Shhhh! Sta' zitta! Non sono semplici visitatori... Che
stanno
facendo?», mormorò tirandola per la manica temendo
che
qualcuno potesse vederla.
Kaelee aveva gli occhi della bionda puntati nei suoi e sapeva che
tacere non era la scelta migliore se si aveva a che fare con Kate.
«Dimmi cosa succede», rispose con decisione.
Per tutta risposta Kaelee
si sentì venir meno.
«Gisborne!», esordì Rudyard
in tono cordiale, felice di rivedere un vecchio amico di bravate.
«Si
dice in giro che siete passato dalla parte dei buoni», lo
provocò, certo che quello avrebbe risposto adeguatamente,
dandogli il muto indizio che quell'atmosfera così
disgustosamente serena non era altro che una farsa, come Rudyard aveva
immaginato e compreso da quando aveva saputo del viaggetto a York. Nel
pronunciare quelle parole
squadrò Robin Hood con aria di superiorità,
trovando
ripugnante la coalizione, con l'aria di chi aveva voglia di mettere
zizzania e litigare. Guardò attentamente sia Hood che il
ragazzetto che
stava al fianco di lui e che lo stava letteralmente trapassando con uno
sguardo carico di sospetto. Lo trovò divertente nella sua
impertinenza e pensò che sarebbe stato il primo a cui
avrebbe
fatto saltare la testa qualora si fosse arrivati subito ad uno scontro
diretto. Rudyard non era sicuro che Kaelee fosse a Locksley e non
avrebbe avuto alcun motivo di pensarlo se solo Gisborne e quel frate
non fossero arrivati a York insieme: era stato mentre pensava a Robin
Hood, e al motivo che poteva aver spinto il letale Sir Guy di Gisborne
ad andarsene in giro con un uomo della banda, che si era rammentato
della stupida passione di sua sorella per l'eroe dei poveri e degli
indifesi, così aveva deciso di recarsi a Locksley con il
doppio
intento di verificare se Kaelee era fuggita in quel villaggio e di
chiedere collaborazione al Cavaliere Nero che Rudyard tanto apprezzava,
considerandolo perfino un esempio da seguire. L'uomo, infatti, si era
nutrito di tutte le malefatte e la cattiveria raccontata in merito alla
figura di Sir Guy di Gisborne e ne aveva tratto insegnamento, ritenendo
che solo attraverso cattiveria e violenza avrebbe potuto conquistare
potere e denaro. Poi, quando le storie non gli erano più
bastate, Rudyard aveva cominciato a raccogliere informazioni concrete
sull'uomo
e infine era riuscito ad ottenere l'onore di una piacevole
chiacchierata
accompagnata da ottimo vino rosso quanto il sangue delle vittime che
Gisborne aveva fatto in tutta la sua carriera di assassino.
Dopo aver rivolto un mezzo sorriso al ragazzetto cui avrebbe fatto
saltare volentieri la testa, l'uomo spostò lo sguardo su
Gisborne mentre ne attendeva la risposta e dovette riconoscere che
aveva davvero assunto l'aspetto di uno di quei noiosi uomini di
villaggio tutti presi da un'occupazione socialmente utile. Se non
l'avesse visto personalmente uccidere un contadino per il puro gusto di
affondare la lama in carne fresca, avrebbe creduto alle assurde dicerie
sul suo conto.
«Rudyard
di Edwinstowe, qual buon vento ti porta fin qui?»,
domandò
infine l'uomo con voce ferma, ma con un filo di incertezza che mise
subito in guardia Rudyard.
«Nottingham», rispose prontamente, cercando indizi
negli occhi del potenziale alleato. «Lui
è Willard, fratello e compagno di viaggio. Permettetemi di
presentarvelo», continuò tergiversando sul
reale
motivo della visita, non più certo che Gisborne fosse ancora
l'uomo che ricordava.
"Neanche un'occhiatina sinistra, nemmeno un segno. Che tema di essere
scoperto e sia determinato a fingere in attesa di un'occasione migliore
per potermi parlare?", si chiese.
Gisborne
tese la mano e a sua volta presentò Robin e Archer
introducendoli come propri fratelli.
Nell'animo di Rudyard, dopo la momentanea sorpresa e i piccoli dubbi,
si fece spazio la convinzione che uno come Gisborne non sarebbe mai
mutato così radicalmente.
«Nonostante
abbiate evidentemente cambiato modo di vedere le cose, sono certo che
non negherete aiuto ad un vecchio amico»,
disse infine.
Kaelee
era disperata tra le braccia di Kate, messa
finalmente al corrente di ogni cosa, singhiozzava senza sosta e si
colpevolizzava per non aver mai rivelato a Gisborne il nome dei
fratelli che le
davano la caccia, per non aver approfondito l'argomento, mettendolo
così in mezzo ad una situazione che lo avrebbe colto
impreparato. Ciò che Kaelee non riusciva però a
comprendere era la cordialità – così le
aveva
riferito
Kate, che li aveva spiati velocemente – tra i due, come se si
conoscessero.
"Possibile?", si domandò. Kaelee era assolutamente certa di
non
aver visto
Guy prima di quel pranzo a casa di Kate, – anche se a voler
essere
precisi la prima volta che i due si erano incontrati risaliva all'alba
di quello stesso giorno, quando entrambi erano solo sagome vagamente
illuminate dalla luce del Sole; avevano impiegato un po' prima di
capire com'erano andate le cose e ci avevano riso su per un
pomeriggio intero – perché non avrebbe mai
dimenticato un volto bello quanto quello di Gisborne. Sentì
il
cuore stringersi al
ricordo
dei momenti felici trascorsi insieme a lui e ancor di più al
pensiero che non ne avrebbe più
vissuti, se non avesse fermato Rudyard e Willard. Ma come? Come poteva
avvisare Guy, ammesso che fosse ancora in tempo per quello?
Nel caos e nel panico cominciò a riflettere sulle
informazioni che aveva sul passato
di Gisborne: sapeva che aveva lasciato Locksley dopo l'incendio che
aveva reso orfano lui e sua sorella, ma era certa che se avesse
alloggiato a Edwinstowe, fosse anche per pochi anni, non glielo avrebbe
mai nascosto; perché poi?; sapeva che si era spostato spesso
per
ordine dello Sceriffo, possibile che avesse conosciuto Rudyard in
questo modo? Ma allora perché, se Gisborne conosceva un uomo
di
Edwinstowe, sapendo che anche lei proveniva da quel villaggio, non
gliene aveva mai fatto alcun accenno? Che avesse qualcosa di
così terribile da nascondere da non poterlo condividere con
lei?
Eppure le aveva raccontato di aver ucciso Lady Marian.
Kaelee capì che non ci sarebbe mai arrivata visto che non
aveva
neppure la certezza che di fatto i due si conoscessero. "Forse Gisborne
è soltanto gentile con mio fratello perché non sa
chi
è e si comporta come un qualsiasi uomo farebbe al suo
posto",
pensò. "Se incontrassi una persona malvagia senza essere al
corrente della sua indole, la saluterei con cordialità",
rifletté ancora. "Ragionare su questo non mi
porterà alla
salvezza. Devo fare qualcosa, devo agire, devo lottare per la mia
libertà", decise.
«La spada», mormorò
ritrovando infine un po' di lucidità. «Ho
bisogno della mia spada per intimargli di andarsene.
Combatterò se necessario perché non voglio
che mi portino via, Kate», disse con le labbra tremanti per
la
crisi di pianto che minacciava di scoppiare e le mani che tremavano per
la rabbia.
Kate provò a calmarla, a farla ragionare, ma Kaelee si rese
conto che anche lei non era disposta ad accettare che Rudyard e Willard
la prelevassero con la forza,
così quando le chiese di nuovo della spada – che
quel
giorno non aveva con sé – vide Kate correre con
tutta la
forza che aveva nelle gambe per raggiungere la loro abitazione e
portarle l'arma quanto prima.
Probabilmente non era la cosa più logica da fare e
probabilmente Kate non era la persona più opportuna per
placare gli istinti di Kaelee, dal momento che lei per prima
era una donna d'istinto, eppure la ragazza non vedeva altra via di
salvezza.
Dwight
ed Aric, partiti da Edwinstowe in contemporanea con i fratelli, ne
avevano osservato i movimenti e li avevano seguiti
a distanza, come si erano ripromessi, facendo in modo di non essere
scoperti. Se Dwight aveva naturali doti fisiche che avrebbero fatto la
differenza in uno scontro, Aric possedeva nozioni che erano state
fondamentali perché quell'inseguimento andasse a buon fine,
perciò alla fine di quel viaggio e all'inizio della
pericolosa
avventura, Dwight comprese di aver ignorato per anni persone degne di
nota come Aric e Kaelee e si ripromise che, se fosse sopravvissuto,
avrebbe cambiato le carte in tavola e posto rimedio.
La prima parte del piano era riuscita alla perfezione, senza troppi
intoppi di natura tecnica e senza imprevisti. Dwight contava molto
sulla presunzione di Rudyard, il quale non sospettava neanche
minimamente che gli altri suoi due
fratelli potessero opporglisi concretamente, per mandare a monte i suoi
intenti; una parte di lui sperava anche che suo fratello non avesse la
certezza che Kaelee si trovava a Locksley, ma
quell'eventualità
contemplava troppe condizioni per potersi verificare davvero: non solo
Rudyard doveva ignorare l'informazione chiave, ma era anche necessario
che Kaelee non si trovasse nel villaggio per un qualsiasi motivo, che
Rudyard non si imbattesse in Gisborne e che decidesse infine di
andarsene senza indagare ulteriormente. "Essere troppo ottimista
farà di me un illuso. Devo pensare al peggio per poter
sopravvivere e godere del resto", si disse.
La seconda parte del piano, invece, era ancora tutta da giocare e
prevedeva l'ingresso a Locksley e
l'effettivo intervento contro Rudyard e Willard. Da questi presupposti
nascevano le più grandi preoccupazioni di Dwight, che sapeva
bene
di non poter contare sull'aiuto di Aric nel caso in cui si fosse
arrivati alle armi e che non aveva idea delle condizioni di Kaelee in
quel contesto: non sapeva se al loro arrivo lei sarebbe stata presente,
non aveva idea del ruolo di sua sorella in quel villaggio, non riusciva
neanche più a immaginarla ormai. Quindi sperava nell'ipotesi
meno drammatica, ovvero quella che escludeva uno scontro armato con i
suoi fratelli. "Ammesso e non concesso che Robin Hood e i suoi uomini
assistano alla scena, chi mi assicura che si schiereranno dalla mia
parte?", si disse mentre lasciavano i cavalli all'ingresso del
villaggio.
La necessità di mantere la calma era l'unica cosa di cui
Dwight era
certo.
Appena Kate tornò con la spada dell'amica, la
vide spuntare
fuori dal nascondiglio e incamminarsi
lentamente
verso i suoi fratelli, evidentemente animata da nuova forza,
più
combattiva che mai e ancor più determinata a salvare se
stessa,
la nuova vita che si era guadagnata e l'amore che Locksley le aveva
regalato. Il suo sguardo era così intenso che Kate credette
di
potervi leggere ogni singola emozione senza il bisogno che Kaelee le
esprimesse a parole o a gesti. In quegli occhi grandi e dal colore
incredibilmente bello, Kate notò qualcosa che le fece venire
i
crampi allo stomaco: una furia animalesca che la donna non aveva mai
visto nello sguardo di nessuno che non fosse Gisborne. Fu molto turbata
da quell'inatteso accostamento, ma la seguì ugualmente,
armata
del proprio arco e pronta a difenderla da chiunque avesse anche
soltanto osato pensare di poterla toccare.
Man mano che si avvicinavano, le voci dei presenti si facevano
più chiare e Kate poté sentire.
«Nonostante
abbiate evidentemente cambiato modo di vedere le cose, sono certo che
non negherete aiuto ad un vecchio amico», disse l'uomo alto
che Kate identificò come Rudyard
«Ti ascolto», rispose Gisborne assumendo
un atteggiamento di difesa nei confronti del suo interlocutore.
Nel frattempo Kate vide Much comparire in piazza e fermarsi prima di
raggiungere Robin e cercare lei con lo sguardo, con l'espressione
sconvolta di chi si aspettava che
qualcosa andasse storto, avendo ugualmente sperato che invece tutto
sarebbe andato per il meglio. Kate impiegò poco a collegare
gli
occhi sgranati di Much e le sue labbra semiaperte all'ansia che l'uomo
aveva condiviso con lei durante tutta la settimana parlandole di una
catastrofe imminente. "Non aveva tutti i torti", pensò, "Ma
siamo ancora in tempo per evitare il disastro", si disse, agguerrita al
fianco della migliore amica che avesse mai avuto – la quale
in
quel momento stringeva con ferocia le dita sull'elsa della spada,
pronta ad estrarla.
Gisborne aveva avuto un attimo di indecisione quando aveva visto
Rudyard, per nulla certo che si trattasse di uno spietato uomo
conosciuto anni prima in un contesto che adesso gli appariva tutt'altro
che piacevole. "Rudyard di Edwinstowe", ripensò Gisborne
rifiutandosi categoricamente di fare l'ovvio collegamento mentre
aspettava che l'uomo riprendesse a parlare.
Sul suo volto, però, Gisborne vide allargarsi un sorriso
beffardo che gli parve disgustoso più di quello di Vaisey di
Nottingham, così decise di seguirne lo sguardo, che l'uomo
aveva
spostato lateralmente, e vide Kaelee. Un pensiero fastidioso lo punse
dolorosamente.
«Sto
aspettando», disse nel tentativo di riportare l'attenzione
dell'uomo su di sé.
«Non è più
necessario», rispose Rudyard senza smettere di guardare la
ragazza. «Conoscete bene mia sorella, Gisborne?»,
domandò.
Fu quasi come un fulmine a ciel sereno, perché ora Gisborne
non
poteva più ignorare ciò che l'intuito aveva
cercato di
suggerirgli dall'esatto momento in cui aveva riconosciuto l'uomo.
Nonostante l'evidenza, Guy continuava a non voler credere che un uomo
come Rudyard, così vicino al modo di agire del vecchio Sir
Guy
di Gisborne, potesse essere imparentato con Kaelee, la dolce ragazza di
cui si era innamorato, perché non riusciva a trovare una
sola
caratteristica che li accomunasse. Gisborne aveva
conosciuto Rudyard quando era ancora il braccio destro dello Sceriffo
di
Nottingham, ovvero quanto di più vicino ad un mostro
crudele, e aveva percepito immediatamente l'adorazione di quell'uomo
nei propri confronti. Ricordava di essersene compiaciuto, ma a
ripensarci ora ne era disgustato.
Accanto a sé, Gisborne aveva Robin e Archer, anch'essi sulla
difensiva e intenti a valutare la situazione e il da farsi. Con ogni
probabilità loro avevano tratto l'ovvia conclusione prima di
lui
non essendo emotivamente coinvolti quanto lo era lui. Mentre pensava
alla risposta da dare a Rudyard, Guy vide che altri due uomi si
avvicinavano al centro dell'azione e si domandò
immediatamente
se fossero complici di Rudyard e Willard o dei semplici curiosi.
«Vattene», ringhiò una voce che Gisborne
stentò a riconoscere.
L'uomo ebbe un tuffo al cuore perché conosceva ormai
abbastanza
bene Kaelee da saper
interpretare i segni sul suo volto e avere la certezza che aveva
pianto. Quello fu l'ultimo pezzo del puzzle, quello risolutivo e
definitivo: Guy comprese che la visita da parte di Rudyard e Willard
era strettamente collegata alla pergamena indirizzata a Robin e
consegnata da un ragazzino di Edwinstowe da parte di uno dei fratelli
di Kaelee, che certamente non coincideva né con Rudyard,
né con Willard a meno che quest'ultimo non stesse facendo il
doppio gioco, – cosa molto improbabile dal suo punto di vista
dal momento che il giovanotto se ne stava quasi alle spalle di
Rudyard e continuava a guardarsi nervosamente attorno quasi cercasse
una via di fuga – perciò a Gisborne non restava
altro da
fare che tirare le somme e concludere che Rudyard era a Locksley per
prelevare Kaelee, la quale doveva averlo visto ed essere crollata in un
momento di puro panico prima di reagire. E fu proprio la reazione della
ragazza a
farlo rabbrividire come non gli accadeva da tempo. Guy era certo che la
pacifica Kaelee sapesse difendersi con le unghie e con i denti se
necessario, ma oltre a non desiderare che la ragazza fosse costretta ad
affrontare una simile situazione, non avrebbe mai creduto possibile
scorgere quella cattiveria negli occhi di lei, una cattiveria
che lui conosceva fin troppo a fondo, un demone contro il quale
ancora combatteva. "Nel cuore della mia Kaelee non c'è posto
per
una tale malvagità", si disse mentre la guardava, seguita a
ruota da Kate, quest'ultima subito affiancata da Much.
Gisborne percepì di nuovo, come quando insieme alla banda di
Robin aveva collaborato alla disfatta dello Sceriffo, lo spirito di
squadra che spingeva tutti a difendersi vicendevolmente e da questo
trasse l'enorme forza che gli permise di guardare Rudyard in cagnesco
quando questi rise, divertito da chissà che cosa.
«Vattene», ripeté intanto Kaelee,
sguainando la spada senza esitazione e avanzando dritta verso suo
fratello.
Robin
cercò di sedare la situazione chiedendo spiegazioni e
mantenendo
un atteggiamento per niente offensivo verso Rudyard e Willard.
«Perché tanta violenza, Kaelee? È un
giorno di
festa per Locksley e Nottingham. Andiamo, amici! Non è
necessario impugnare le armi, parliamone invece da persone civili quali
siamo e se qualcuno ha subìto un torto, faremo di tutto per
porvi rimedio», disse, allegro, il fuorilegge in quella che
Gisborne interpretò come una velata minaccia.
Eppure notò come, anziché scomporsi, Rudyard
assunse
movenze ancor più indisponenti, strafottenti perfino.
«Sei
proprio una bambina cattiva, Kaelee. Non hai detto ai tuoi amici di
essere scappata di casa senza dire niente a nessuno e facendo molto
preoccupare la tua famiglia?», domandò esprimendo
una tale
falsità nella voce che Gisborne desiderò
ingaggiare
immediatamente un duello con lui per porre fine a quella farsa. Se
Rudyard era arrivato a Locksley in cerca del suo appoggio per riportare
Kaelee a Edwinstowe era cascato davvero male.
«Vattene», ripeté per l'ennesima volta
Kaelee che appariva inarrestabile nella sua
determinazione, perfino feroce e potenzialmente letale. «Qui
non
c'è niente per te»,
aggiunse.
La vicinanza di Kaelee a suo fratello e la spaventosa calma nella voce
di lei spinsero Guy ad esporsi, rispondendo così, infine,
alla
domanda che Rudyard gli aveva posto in precedenza.
Le si
avvicinò lentamente e con cautela affinché non si
sentisse minacciata pure da lui, scivolò alle sue spalle e
le
cinse dolcemente la
vita con
un braccio, per rassicurarla e nel contempo trattenerla. Con la mano
libera, invece, creò un contatto con il braccio di Kaelee
fino a
raggiungere le sue dita strette sull'impugnatura della spada e la
invitò a deporre l'arma sussurrandole
all'orecchio che rispondere alla violenza con altra violenza non era la
soluzione migliore.
Intanto sentì Rudyard lasciarsi andare ad un'altra
risata maligna e si costrinse a non permettere alla rabbia di prendere
il sopravvento su di lui; contemporaneamente vide che Willard
era
già indietreggiato di qualche passo temendo probabilmente il
modo in cui
sua
sorella brandiva la spada.
Robin gli si fece più vicino, sicuramente deciso a
marcare il territorio e rimettere ordine, mentre Archer si
avvicinò così tanto da sfiorargli il braccio con
la
spalla: Guy ne fu commosso e, di nuovo, ne trasse la forza necessaria a
lottare contro i propri istinti e quelli di Kaelee, che in quel
frangente sembrava aver perso completamente la testa.
Attorno a loro, inoltre, si erano radunate alcune persone del villaggio
e gente che Guy non aveva mai visto – come quei due che aveva
notato avvicinarsi prima – il che
rendeva assolutamente necessario evitare l'uso di qualsiasi tipo di
arma.
«Dammi ascolto, ti prego», insisté Guy
all'orecchio della ragazza, «Non
commettere i miei stessi errori».
«Davvero un bel quadretto!»,
commentò Rudyard esibendosi in un applauso evidentemente
canzonatorio.
«Non
è un po' troppo giovane per voi? Inesperta e magrolina
com'è dubito che vi diverta come sanno fare alcune serve...
No... Ma non mi dite! Voi l'amate!», esclamò
fingendosi
sorpreso e portandosi teatralmente una mano davanti alla bocca prima di
tornare a
ridere di gusto. Un gusto che con ogni probabilità
apparteneva
soltanto a lui dal momento che perfino il giovanotto che lo aveva
accompagnato era rimasto serio.
Guy decise di concentrarsi
completamente ed esclusivamente su Kaelee, così da impedire
che quelle provocazioni avessero effetto.
«Sei qui per me, non per
lui», sputò la ragazza, che ancora si ostinava a
tenere l'arma puntata contro suo fratello, intenzionata quasi
certamente ad ucciderlo.
«Bene, bene, vedo che la diplomazia oggi non è di
casa a
Locksley», commentò Robin a bassa voce.
«Rudyard e
Willard di Edwinstowe!», disse più energicamente
per
richiamare l'attenzione di tutti. «Ho
l'obbligo di ricordarvi che siete in territorio a voi estraneo. Non ho
idea delle regole in vigore dalle vostre parti, ma qui a Locksley chi
si comporta come voi non è il benvenuto. Kaelee di
Edwinstowe ha
chiesto ed ottenuto la mia protezione e resterà al villaggio
per
tutto il tempo che vorrà», disse serio,
appoggiandosi
all'arco da cui non si separava mai.
L'uomo sollevò entrambi i palmi in segno di resa, lasciando
intendere che non voleva ricorrere alla forza. Non in quella occasione
almeno.
Fu in quel momento che i due individui che Gisborne aveva notato,
decisero
di intervenire facendosi avanti sotto gli occhi attenti di tutta la
banda. Se per Guy quegli uomini – uno più adulto e
l'altro
probabilmente coetaneo di Kaelee – altro non erano che una
coppia sconosciuti, si rese conto che la stessa cosa non doveva essere
per
la donna che stringeva con decisione a sé: appena si
mostrarono
apertamente, infatti,
Kaelee lasciò cadere improvvisamente la spada.
«Andiamocene,
Rudyard», mormorò subito Willard atterrito,
terrorizzato al punto da permettere alla voce di tremare.
«Ma che bella sorpresa»,
commentò il secondogenito, sarcastico, rivolgendosi ai due
appena
arrivati, senza ridere questa volta.
«Non sei furbo come credi», disse il più
grande dei nuovi venuti.
«E sentiamo, Sua Intelligenza, chi è il
traditore tra noi?», lo provocò Rudyard.
Kaelee, che fino a quel momento non aveva fatto altro che trafiggere
Rudyard con lo sguardo come era impossibilitata a fare con la spada,
fissò gli occhi su Aric appena lui fu nel suo campo visivo.
La
vista del suo fratello preferito, nonché unico amico che
avesse
mai avuto a Edwinstowe, aveva cancellato istantaneamente tutto il
resto, ispirandole una gioia incredibile. Era felice di rivederlo dopo
tanto tempo, al punto che lasciar cadere l'arma come Gisborne le
suggeriva da diversi minuti era stato più semplice che mai,
al
punto che l'unica cosa che avrebbe voluto fare era corrergli incontro e
abbracciarlo, sommergerlo di domande e pregarlo di restare,
perché tornare a Edwinstowe avrebbe significato problemi e
sofferenza anche per lui ora che si era esposto. "Oh, Aric! Sciocco
Aric!", pensò rimproverandolo con dolcezza e, con
l'affacciarsi
di quei pensieri, sentì tornare anche la preoccupazione:
tutti e quattro i suoi fratelli erano giunti a Locksley, a coppie, con
intenzioni diametralmente opposte e se Kaelee non faceva fatica a
credere che Willard si fosse unito a Rudyard senza troppe proteste, era
invece rimasta colpita dalla presenza di Dwight accanto ad Aric. Aveva
una moltitudine di domande in testa – "Come ha fatto Rudyard
a
sapere che mi avrebbe trovata qui?", "Perché si era rivolto
a
Gisborne chiamandolo vecchio amico?", "In che modo Aric aveva coinvolto
Dwight?", "Quanto sapevano i suoi fratelli, escluso Aric, delle
motivazioni che l'avevano spinta a lasciare Locksley?" – e
ancora
pochissime risposte, ma al di sopra di questo turbine di punti
interrogativi si ergeva un'unica, grande e grave, certezza: Kaelee
aveva creduto di essersi guadagnata la
libertà
fuggendo di casa e invece aveva solo diviso i suoi fratelli, combinato
un gran disastro che difficilmente sarebbe riuscita a
rimettere a posto, spinto tutti e quattro i suoi fratelli fino a
Locksley e messo in pericolo non solo la vita dei suoi familiari, ma
anche quella di tutti i presenti nella piazza. Già solo
questo
sarebbe bastato a Kaelee per sentirsi in colpa per vent'anni a venire,
ma c'era dell'altro che non poteva assolutamente ignorare: decidendo di
allontanarsi da casa aveva
cacciato Aric in un pasticcio più grande di lui, di entrambi
probabilmente, e aveva involontariamente coinvolto Gisborne gettandolo
di nuovo in quel vortice di violenza dal quale stava cercando di
allontanarsi con enormi sforzi.
Nel mentre, Dwight si presentò a Robin Hood e
presentò anche
suo
fratello, ponendo le proprie scuse a nome dell'intera famiglia per aver
turbato l'equilibrio e la serenità del villaggio.
Spiegò
in modo conciso ma esauriente come stavano le cose, perché
il
secondogenito ed il terzogenito erano arrivati fino a Locksley e
perché lui e Aric li avessero seguiti. Poi si rivolse a
Kaelee e
le promise che l'avrebbe appoggiata nella scelta di
andar via da Edwinstowe, come già aveva fatto il minore
tra i maschi di casa, che si era rivelato infine il più
intelligente e coraggioso di tutti perché aveva combattuto
senza armi, lottato senza spargere sangue e aveva vinto a suo modo.
«Non sei obbligata a tornare a casa solo perché
Rudyard
pretende che tu lo faccia», mormorò.
«Parlerò
io con nostra madre e se questo fa di me un traditore, sono ben lieto
di averti tradito, Rudyard», concluse volgendo lo sguardo
verso
il diretto interessato.
Kaelee trasalì quando Rudyard fece partire un altro dei suoi
fastidiosissimi e per niente
opportuni applausi.
Gisborne si sentiva meno teso da quando il giovanotto presentato con il
nome di Aric, che doveva essere l'autore della pergamena, aveva avuto
su Kaelee un effetto inaspettatamente positivo, inducendola con la sua
sola presenza a desistere dal commettere un crimine per cui avrebbe
certamente pagato non soltanto in termini morali, ma appena Rudyard si
esibì nell'ennesimo scatto di pessima ironia,
vibrò
insieme a Kaelee, ancora stretta a lui. Pensò, di nuovo, che
quell'uomo
fosse dotato un senso
dell'umorismo perfino peggiore di quello di Vaisey e una parte di lui
si immerse
nel passato, in quel Guy di Gisborne che aveva affiancato lo Sceriffo e
conosciuto e apprezzato
Rudyard per l'elevata dose di cattiveria che lo animava. Avrebbe riso
insieme a quell'uomo, se solo il Guy di una volta fosse ancora esistito.
«Questo
sì che è un discorso!», disse Rudyard.
Poi si
mosse, così velocemente che nessuno intercettò il
movimento fin
quando non ebbe la spada di Kaelee in mano. «Pessima mossa,
sorellina», aggiunse.
Gisborne, che aveva duellato innumerevoli volte e aveva dimestichezza
con gesti repentini come quello di cui Rudyard si era appena reso
protagonista, altrettanto velocemente si portò davanti a
Kaelee
intuendo che le intenzioni dell'uomo non fossero pacifiche e sebbene
fosse disarmato, era pronto a fare qualunque cosa pur di
proteggere Kaelee.
Vi fu un breve scambio di sguardi durante il quale Gisborne comprese
l'indecisione del suo avversario, come se l'essersi messo davanti a
Kaelee lo avesse destabilizzato in quanto era lei, evidentemente, la
preda. Quindi provò a prevedere la mossa successiva tra le
tre
più probabili.
"Se fossi al suo posto prenderei in considerazione l'idea di colpire
Dwight, arrivato a rompere le scatole con atteggiamenti da nobile
cavaliere; Aric, perché è palese che Kaelee tiene
molto a
lui e che è lui il responsabile dell'imprevisto che ha
scombinato tutti i piani; infine, se fossi in lui, vorrei colpire me
stesso in quanto ho rifiutato di appoggiarlo nella sua folle caccia a
Kaelee e mi sono schierato in prima linea per difenderla",
ragionò. "Ma il mio intento principale sarebbe colpire
Kaelee
direttamente o indirettamente, perciò affonderei la lama nel
mio
stomaco, se fossi Rudyard", concluse, senza poter aggiungere altro.
Lo scatto di Rudyard fu fulmineo, ma Gisborne spinse lateralmente
Kaelee, a
costo anche di farla cadere, e saltò lui stesso per evitare
l'aggressione mentre Robin Hood faceva partire una freccia che
si piantò nella terra battuta, a qualche millimetro dai
piedi del fratello di lei.
«Questo era un avvertimento. La prossima non
mancherà il
bersaglio», disse Robin, serio e con l'arco già
nuovamente
teso.
«Non
finisce qui», minacciò Rudyard lasciando la spada
e
allontanandosi
insieme a Willard che tirò un sospiro di sollievo e se la
diede a gambe come il più codardo degli uomini.
Gisborne, definitivamente sollevato dalla piega presa dagli eventi,
si portò una mano all'altezza dello stomaco
perché
nonostante
fosse
stato protagonista di numerosi scontri, aveva trovato in
Rudyard un degno avversario, reso ancora più forte dalla
completa assenza di buone intenzioni e così disonesto da
aggredire un uomo completamente disarmato. Rudyard gli aveva impedito
di difendersi, forse consapevole che se anche lui avesse avuto un'arma
l'avrebbe contrastato come meritava fermando la lama con la propria,
perciò Gisborne era stato costretto a scegliere tra
l'afferrare
una lama a mani nude riportando ferite che avrebbero potuto rivelarsi
anche molto gravi, e tentare di uscirne incolume. Considerato che la
prima eventualità sarebbe stata una vera e propria follia,
aveva
scelto il male minore, ma Rudyard era riuscito ugualmente a
ferirlo di striscio e Guy sapeva di non essere più in grado
di
prevedere la reazione di Kaelee, la quale – per quel che ne
sapeva – avrebbe potuto crollare in un pianto liberatorio
oppure
dare sfogo alla rabbia concretizzando l'atto di violenza che non si era
verificato prima. Per quanto si stesse sforzando di tenerla d'occhio,
Kaelee si lanciò con la velocità di un fulmine
in
avanti per riprendersi l'arma e colpire suo fratello alle
spalle, mentre si allontanava: non ci voleva uno stratega per capire
che Kaelee non intendeva ferirlo, ma ucciderlo. Gisborne
cercò
di afferrarla per il polso, ma fu troppo
lento e temette il peggio finché vide suo fratello Archer
avvolgerla prontamente in
una
morsa.
«Lasciami!», gridò lei,
dimendandosi. «Lasciami Archer!».
«Gli uomini di Robin Hood non uccidono se non è
strettamente necessario e tu hai accettato di appartenere alla nostra
banda!», la rimproverò Archer sotto lo sguardo
attento di
tutti i presenti. Benché scalciasse come un'ossessa e
manifestasse una forza che nessuno avrebbe mai detto le appartenesse,
Archer non
mollò la presa e presto Much e Robin gli diedero una mano,
con
gran sollievo di Guy il quale cadde sulle ginocchia, cedendo al dolore
della ferita che aveva riportato. Inaspettatamente fu Kate a prestargli
un primo soccorso, sancendo così il reale inizio di una
nuova
amicizia.
Ci vollero diversi minuti prima che la giovane donna di Edwinstowe la
smettesse di tentare la fuga e di urlare.
«Lasciatemi», mormorò alla
fine, evidentemente più calma.
Robin,
però, non si fidava. Sapeva bene cosa significasse essere
preda
degli istinti e sapeva anche che lui stesso, al posto di Kaelee,
avrebbe messo
in scena una farsa pur di essere lasciato libero e poter portare a
termine un'idea, giusta o sbagliata che fosse. Perciò temeva
più per l'incolumità della ragazza che per il
destino dei
suoi fratelli, essendo certo che non avrebbe potuto farcela
contro
uno come Rudyard, quindi
pretese che lei lo guardasse negli occhi mentre le parlava.
«Puoi darmi la tua parola?»,
chiese.
Lei annuì, ma subito abbassò lo sguardo.
Robin diede ordine di mantenere la presa su di lei mentre Guy lo
implorava silenziosamente di lasciarla libera. Robin era combattuto
perché se da
un lato si fidava ormai di Gisborne, che conosceva Kaelee
più di
ogni altro lì a Locksley, e non voleva che soffrisse di
nuovo
come un tempo, d'altra parte non poteva fare affidamento su Kaelee che
in quel momento sembrava aver perso completamente il senno.
La ragazza, però, non si mosse e sul suo volto comparve
un'espressione più simile al dolore che alla furia omicida.
«Hai la mia parola», sussurrò infine
ad occhi chiusi, la voce che tremava ed una lacrima solitaria a
solcarle il volto.
Nel cuore di Kaelee si alternavano emozioni fortissime che a stento
riusciva a controllare – dalla disperazione nel momento in
cui
aveva scorto Rudyard nella piazza, alla voglia di tenersi stretta la
libertà; dalla rabbia provata nel sentire Rudyard minacciare
Gisborne, nel vederlo scagliarsi contro l'uomo che amava e nel
realizzare che l'aveva ferito, al senso di colpa che di nuovo la
travolgeva come poco prima, quando aveva riflettuto su tutti i problemi
che la sua fuga aveva creato ad Aric e agli uomini di Robin Hood. Una
parte di lei desiderava ancora uccidere Rudyard, ma Kaelee
capì
in fretta che Robin l'avrebbe chiusa in una stanza del Maniero se
necessario, pur di evitare che commettesse un simile gesto.
Quindi, appena
fu libera, ignorando l'arma che giaceva a terra, Kaelee si
voltò in
direzione di Guy. Senza dire una parola,
con il cuore a pezzi e il senso di colpa che pendeva su di lei come una
spada di Damocle, lo aiutò a tirarsi su per accompagnarlo a
casa.
In un clima più pacato, immaginando che Dwight e Aric
fossero
all'oscuro del legame che esisteva tra Kaelee e Gisborne, Robin volle
chiarire
brevemente l'atteggiamento della ragazza invitando poi Dwight e Aric a
fermarsi a Locksley per riposare, parlare
e incontrare Kaelee prima prendere una qualunque decisione. Poi chiese
ad Archer, Much e
Kate di recarsi a Nottingham e rintracciare gli altri della compagnia
per informarli del motivo della propria assenza alla festa e al Mercato.
«Niente aria allarmata e assoluta discrezione. Siamo
intesi», percisò.
Scortò quindi i fratelli di Kaelee fino al Maniero e
insisté affinché alloggiassero presso la sua
abitazione
per tutto il tempo che volevano, dimostrando
loro fiducia e gratitudine per essere arrivati fin lì con il
solo scopo di proteggere la ragazza.
Casa di Guy, Locksley.
Kaelee non aveva più detto una parola e Gisborne iniziava a
preoccuparsi, avvolto già da un sottile strato di ansia.
Erano entrati in casa, lei lo aveva accompagnato al piano superiore,
aveva fatto in modo che si stendesse sul letto e poi aveva pulito e
fasciato la
ferita senza mai aprir bocca e con una tale delicatezza da dare a Guy
la
sensazione che a stento volesse sfiorarlo. Infine gli si era
seduta di fianco e aveva preso a fissarlo con occhi colpevoli, che lo
stavano lentamente
conducendo
alla follia, le unghie affondate nei palmi e le labbra serrate, le
nocche bianche, le sopracciglia contratte, i muscoli congelati in
un'identica posa da interi minuti.
Gisborne non riuscì a sopportare oltre quell'atteggiamento,
quindi, ignorando
la fitta di dolore si sollevò e si protese verso di lei.
Inaspettatamente Kaelee si spostò più indietro.
Guy rimase impietrito mentre un antico dolore riaffiorava da lontano
nel suo cuore appena guarito: lo strazio del rifiuto. Evidentemente
doveva solo essersi illuso di star bene, se era bastato un gesto
così
piccolo a distruggere tutto in un istante.
«Non farmi questo», sussurrò.
Sentiva le vecchie barriere spingere per tornare ad innalzarsi fiere,
pregne della cattiveria di un tempo, ma la forza interiore che aveva
maturato riuscì ad abbatterle ancora una volta. Preferiva i
crampi allo stomaco e
il male al petto ad una maschera di violenza, perché non
aveva intenzione
di lasciar perdere, non con lei, perciò con ostinato
coraggio
fece un secondo
tentativo e più lentamente di prima allungò una
mano fino
al ginocchio di lei, che di nuovo si ritrasse.
«È colpa mia», disse senza alcuna
inflessione nella voce gelida che proveniva da un angolo della
personalità di
lei che Guy non aveva ancora conosciuto e che lo spaventava.
«Non dire sciocchezze»,
mormorò lui.
«È
colpa mia», si sentì dire di nuovo,
automaticamente, senza
provare alcuna emozione che non fosse la colpa per quanto era accaduto
alla parte buona della sua famiglia e a Guy, che si era guadagnato
l'ennesima cicatrice grazie a lei. Gli sarebbe rimasta vicina nei
giorni a venire ma, in
netto contrasto con il terrore che l'aveva fatta crollare con Kate al
pensiero di dover dire addio a Gisborne, stava di nuovo valutando
l'ipotesi
di andarsene. Seriamente stavolta, a differenza di quando l'amico di
suo fratello aveva consegnato a Robin il messaggio di Aric per lei.
Lasciare Locksley, non certo per far ritorno a casa, le sembrava un
modo per proteggere Guy da Rudyard anche se non era certa che
l'uomo che amava sarebbe rimasto al proprio posto o che Rudyard non si
fosse ugualmente accanito su Gisborne pur di attirarla in una trappola.
Guardando dritto negli occhi l'uomo che amava, Kaelee sperava di
trovare la più
corretta soluzione ai loro problemi.
L'autocontrollo
di Gisborne era al limite. Non riusciva a sopportare di vedere Kaelee
in quello stato, non sopportava che lei si colpevolizzasse per tutto e
ancora non sopportava che lo rifiutasse nella convinzione che fosse la
cosa giusta da fare. Il respiro accelerò mentre la
collera
aumentava: non gli andava per niente bene che quella situazione
mettesse dei muri tra loro, che li dividesse quando nemmeno il suo
passato di assassino era riuscito nell'intento.
Kaelee era ancora seduta, quindi – pensò
Gisborne – forse non voleva andarsene sul serio; l'uomo
sapeva
che il punto di forza
della ragazza era la velocità, perciò si disse
che
muoversi adagio in direzione di lei non avrebbe portato a nulla se non
ad allontanarla ulteriormente e sebbene non lo entusiasmasse l'idea di
far ricorso ai vecchi
modi – anche se le intenzioni erano del tutto diverse da
quelle
di un
tempo – si dichiarò, intimamente, disposto a
qualsiasi cosa pur di impedire a Kaelee di fare del male ad entrambi,
perciò la afferrò a tradimento, ignorando la
fitta
improvvisa, e la costrinse sul letto per poi piazzarsi sopra di lei.
La ragazza era innegabilmente svelta, ma lui decisamente più
forte.
«Non
ti permetto di rifiutarmi solo perché sei convinta che
così mi salverai la vita. È senza te che non ho
scampo», le disse con la vista annebbiata e il cuore in corsa.
Vide lo sguardo della ragazza ammorbidirsi subito mentre si voltava per
appoggiare una
guancia sulla morbida coperta, senza dargli il tempo di godere dello
spettacolo che erano i suoi occhi quando si scioglievano in quel modo.
In men che non si dica Kaelee prese a singhiozzare dando finalmente
sfogo a tutto
ciò che aveva dentro. Gli venne istintivo stringerla forte a
sé e spostarla per consentire
ad
entrambi di essere più comodi e a se stesso di non
manifestare la sofferenza che le sue lacrime gli causavano. Si mise a
sedere, infatti,
appoggiandosi
alla spalliera del letto, lasciando che la crisi di pianto di
Kaelee facesse il proprio corso sul suo petto, e sebbene non fosse
facile per lui confortarla e rassicurarla senza disperarsi a sua volta
per tutte le possibili conseguenze dell'arrivo di Rudyard a Edwinstowe,
era felice che Kaelee non lo avesse di nuovo messo da parte:
averla tra le braccia gli bastava a sentirsi più sereno.
Continuò per diversi minuti a ripeterle di star bene e che
ogni cosa si sarebbe
risolta
per il meglio, che avrebbero affrontato tutto insieme, che non avrebbe
mai permesso a nessuno di portargliela via.
Poi, quando
pensò
che Kaelee dopo aver speso tutte quelle energie fosse infine crollata,
le accarezzò dolcemente i capelli e lasciandosi trasportare
dalle emozioni che lei gli suscitava, le dichiarò il proprio
amore in un sussurro.
Kaelee, sfinita dopo le tribolazioni di quel giorno, ma non abbastanza
da addormentarsi tra le braccia di Guy, avvertì lacrime e
senso di
colpa
riaffiorare alle parole di lui prima che il sentimento profondo e
devastante che provava per l'uomo li spazzasse via entrambi. In un
attimo
l'amore riuscì a
radere al suolo tutto il resto, le ansie, i timori, la paura di doversi
separare da Guy, l'angoscia di dover vivere una vita in fuga: nel suo
cuore erano rimasti solo le emozioni che nutriva per lui. Fu invasa da
una tale gioia che per un attimo credette di essersi appena svegliata
dopo un bruttissimo incubo, ma gli occhi che bruciavano e le labbra
secche testimoniavano che aveva pianto e che il brutto sogno
corrispondeva invece alla cruda realtà. Nonostante questo
non poteva negare la felicità causata dalle parole che
Gisborne le aveva appena rivolto, così mise un paio di
centimetri tra loro, giusto lo spazio che le avrebbe consentito di
guardarlo in volto.
L'espressione di lui era colma di sorpresa e anche se Kaelee se ne
domandò per qualche istante il perché,
preferì non chiederlo ad alta voce e credere all'ipotesi che
Gisborne, pensando di aver parlato a voce più bassa di
quanto non avesse fatto in realtà, si trovasse in imbarazzo
forse perché non avrebbe voluto che lei lo sentisse.
Comunque stessero le cose, Kaelee
sollevò le dita sul viso di lui, sfiorandogli la guancia e
apprezzando perfino il
leggero strato di barba che costituiva una sottile e pungente barriera
tra le sue dita e la pelle di lui.
Il cuore le batteva forte nel petto mentre le labbra si preparavano a
pronunciare due brevi, ma tanto intense e importanti, parole.
«Ti amo»,
mormorò non senza emozione.
Entrambi sopraffatti da assoluta felicità, Guy e Kaelee
scoprirono il rimedio ad ogni angoscia e seppero che insieme avrebbero
potuto affrontare qualunque problema.
Il capitolo è stato rieditato in
data 12/12/2015.
Il lavoro non ha comportato modifiche a livello di trama ed
è invece consistito nella revisione della forma e
nell'aggiunta di qualche dettaglio e informazione.
N.d.A.
Prima di dire qualsiasi cosa, voglio precisare che il capitolo
riprende direttamente gli eventi di Edwinstowe, interrotti nella prima
parte per dare uno sguardo a Locksley.
Anche qui, mi rendo conto, affronto la stessa scena da più
punti di vista, ma come ho precisato qualche capitolo addietro non mi
va di perdere pensieri e azioni di questo o quel personaggio e non
sapendomi esprimere in maniera migliore, mi affido a ciò che
so fare sperando di non creare troppa confusione.
Preciso, per i lettori che affrontano questa storia come un'originale,
che nella serie tv Rudyard non esiste (né è
presente un personaggio minore con lo stesso nome o con un background
simile) e che quindi nel contesto originale lui e Gisborne non si sono
mai conosciuti.
Mi
auguro di non essere risultata troppo pesante nel raccontare il
tutto – specialmente vista la necessità di
dividere questo lungo "episodio", se così vogliamo
chiamarlo, in due parti – e spero, come sempre, di aver
soddisfatto le vostre aspettative.
Grazie per essere arrivati fin qui e doppiamente grazie nel caso in cui
decidiate di dirmi la vostra.
Alla prossima!