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Autore: SpectrumDark    12/04/2015    1 recensioni
Non so cosa succede, non so cosa mi succede. Come mi sono ridotta così? Qui, da sola, a piangermi addosso come una stupida bambina. Con la mania di salvare tutti, mi sono dimenticata di salvare me stessa. E per cosa? Per uno stupido ragazzo. Per un coglione. Per degli stupidi sbagli, per uno stupido moccioso che non sa nemmeno quanto è alto. Come ci si può ridurre così?
Non m’importava di nessuno, non ero di nessuno. Ero libera, uno spirito libero senza problemi. Ero orgogliosa di me stessa. Niente mi aveva buttato giù. Niente e nessuno.
“Ascolta bene, non mi importa perché sei tornato, non mi importa perché te ne sei andato. Per me, sei acqua passata. Quindi, fammi il favore e togliti dal mio tavolo” presi un tovagliolo dal suo vassoio e lo girai intorno al dito.
Sentii la sua lingua schioccare e lo guardai. Si inumidì le labbra e scosse la testa.
“Se io voglio sedermi vicino a te, lo faccio. Hai capito?” disse togliendosi gli occhiali e mostrando i segni neri intorno agli occhi. Non si dorme bene con i rimorsi, vero?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza
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Undicesimo Capitolo
 
 
“Devi proprio andartene, vero?” guardai verso il basso mantenendo le mie braccia sul suo collo.
“Il tempo passerà più veloce di quanto pensi, piccola. Te lo prometto. Ci sentiremo ogni giorno, capito?” mi alzò il viso con le dita per guardarmi negli occhi.
“Non è vero, il tempo passerà molto più lentamente del solito” sbuffai, cercando in tutti i modi di non incrociare il suo sguardo.
“Fidati, ci vedremo molto presto amore” le farfalle iniziarono a volare nel mio stomaco e una risata alquanto stupida e sottile si liberò tra le mie labbra.
“Come mi hai chiamata?” risi più sonoramente e lo guardai mentre le sue guance si coloravano di rosso.
“Hai sentito bene” ridacchiò guardando verso il basso e stringendomi più forte tra le sue braccia.
“No, non ho sentito” piegai la testa di lato per catturare la sua attenzione.
“Ti ho chiamata amore” alzò lo sguardo fino ad incrociare i miei occhi. Risi di nuovo, portandomi una mano sulla bocca.
“Che carino” riportai la mano sul suo collo sorridendo mentre diventava ancora più rosso.
“Io non sono carino. Sono perfetto” alzai le sopraciglia e roteai gli occhi.
“Certo, certo” sorridendo mi lasciò un leggero bacio sulle labbra e si allontanò da me.
Eravamo davanti all’aeroporto di Los Angeles insieme agli altri del gruppo di Justin.
Lo stomaco si strinse quando Dean uscì dalla porta principale chiamando Justin. Era arrivato il momento dei saluti. Guardai Justin mentre prendeva le sue valigie dal bagagliaio e sbuffava ogni volta che una valigia toccava il terreno.
“Sei peggio di una ragazza” un sorriso comparve sul suo volto teso.
“Ho bisogno delle mie cose, non so per quanto tempo starò lì!” Il sorriso sul suo volto si spense e mi guardò, chiedendo il portellone del bagagliaio.
“Lo so” iniziai a torturarmi la mano con l’altra sospirando.
“Piccola, staremo insieme. Te lo prometto. Dobbiamo solo fare alcune cose. In questa città ci sono già troppe persone che comandano, dobbiamo trovare qualcosa di nostro” scossi la testa e risi malinconicamente.
“Appunto. Farai quello che devi fare e rimarrai lì, perché diventerà il tuo posto, il tuo territorio” guardai il cielo, appoggiando la testa sul tetto della macchina.
“Tornerò per te. È una promessa, capito?” annuii sbuffando.
“Credo che devi andare” guardai verso la porta principale dove Dean era girato di spalle, aspettando Justin.
“Purtroppo” mi cinse i fianchi con le sue braccia, attirandomi a sé. Affondai il viso nell’incavo del suo collo e chiusi gli occhi. Sapevo che le lacrime stavano per arrivare ma non volevo farle scendere. Sentii qualcosa di bagnato sulla mia spalla e alzai il viso per guardare Justin. Il suo viso era coperto di lacrime e le labbra gli tremavano.
“Justin, me l’hai detto tu, no? Ci vedremo” la vista mi si appannò e sbattei più volte le palpebre.
“Ma me lo hai detto che potrei morire, Beth” il suo tono era duro e guardava verso il cielo.
“E tu mi hai detto che non morirai finché sarò al tuo fianco” risposi prendendo il suo viso tra le mani e girandolo verso di me.
“Ti amo” sorrisi e le lacrime iniziarono a scorrere sulle mie guance. Avvicinai il mio viso al suo e poggiai le labbra sulle sue; erano bagnate e sapevano di sale, di lacrime. Gli accarezzai il viso con il pollice senza staccare le nostre labbra.
“Justin!” si staccò improvvisamente da me, girandosi verso Dean.
“Arrivo!” si girò di nuovo verso di me.
“Sai guidare, giusto?” annuii guardandolo per traverso.
“Non sono tanto brava, però” ammisi guardandolo.
Sorrise e estrasse dalla tasca dei pantaloni le chiavi della sua Range Rover.
“Cerca di non distruggerla” risi afferrando le chiavi che teneva in mano.
“Non sono così male” affondai, di nuovo, il viso nell’incavo del suo collo. Memorizzai ogni singolo dettagli di quell’istante. Il suo profumo, il suo tocco, il suo respiro sulla mia pelle.
“Mi mancherai” sussurrai sciogliendo l’abbraccio.
“Anche tu, piccola” fece scontrare le sue labbra sulle mie, lasciandoci tanti piccoli baci.
“Vai” battei le mani sul suo petto due volte, cercando di sorridergli.
“Non fare cose stupide. Ti chiamo appena arrivo. Ti amo” mi strinse ancora tra le sue braccia e trattenni le lacrime.
“Ti amo” si staccò da me, passandomi una mano sulla guancia e mimò un ‘ciao’ con le labbra.
Lo osservai camminare fino a Dean e, prima di entrare, si voltò verso di me. Lo salutai con la mano e mi girai verso la macchina. Aprii lo sportello e salii in macchina. Mi voltai ancora verso la porta principale e sorrisi nel constatare che Justin era ancora lì. Una volta che accesi la macchina, Justin entrò dentro e scomparì dietro le porte.
Appoggiai la testa sullo schienale, stringendo con tutta la forza che avevo il volante.
Non avevo mai guidato da sola e mi spaventava da morire. Inoltre, non sapevo nemmeno la strada per tornare a casa. Le mani sudavano e il cuore batteva a mille. Non solo dovevo guidare una macchina non mia, ma Justin era andato via. E tra poco, saremmo stati davvero lontani. Chiusi gli occhi e presi un bel respiro profondo.
Fortunatamente davanti non c’erano macchine, inserii la prima e lasciai di scatto la frizione. La macchina sbalzò in avanti e si spense. Strinsi forte il volante e, con gli occhi spalancati, riaccesi l’auto. Questa volta lasciai la frizione più lentamente e la macchina non si spense. Imboccai la prima entrata per l’autostrada e fu come se un sasso si fosse posizionato sul mio cuore.
 
 
 
 
Il mio dito scorreva sullo schermo del mio telefono facendo passare una per una le foto che avevo di lei nella galleria. Ci eravamo salutati poco fa e già mi mancava da morire.
“Amico, è la terza volta che lo fai” guardai Dean seduto al mio fianco e alzai gli occhi al cielo senza rispondergli. Non capiva quanto Beth fosse importante per me. Non capiva cosa provavo per lei. Non capiva quanto l’amavo.
“Cerca di non pensarci” risi amaramente chiudendo il telefono.
“Come faccio? Proprio quando stava andando tutto bene, me ne vado. Proprio quando le avevo promesso che sarei rimasto al suo fianco. Ma perché non capisci” scossi la testa, passandomi una mano tra i capelli.
Alzò le mani in segno di arresa e rivolsi il mio sguardo fuori dal finestrino.
Da così in alto le nuvole sembravano fatte di cotone, sembravano morbide e accoglienti. Chiusi gli occhi, immaginandomi di stare sopra ad esse con Beth. Lì niente avrebbe potuto toccarci o ferirci. Niente di niente ci avrebbe raggiunto e avrebbe rovinato tutto. Quello era esattamente il posto dove volevo essere adesso, con lei. Un posto tutto nostro e lontano da tutti. Mi addormentai con un sorriso sul volto e il suo viso impresso nella mia mente.
   
 
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