Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    12/04/2015    5 recensioni
“Si vive solo due volte: una volta quando si nasce e una volta quando si guarda la morte in faccia.” (Ian Fleming).
Una verità rimasta celata per troppo tempo; un’amicizia forse perduta per sempre; un gioco mortale che non lascia scampo.
Seguito di “Vittima Innocente”, è consigliabile ma non necessario aver seguito la prima parte.
Buona lettura!
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Ben Jager, Hartmut Freund, Kim Kruger, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ben scrutò all’interno della stanza buia con circospezione, sostando sulla soglia, convincendosi che questa fosse completamente vuota.
Per questo, quando vide invece la figura che avanzava lentamente verso di lui, apparendo da dietro una specie di mobile situato in mezzo all’ambiente, sussultò.
«Tom... Tom Kranich?» chiese cautamente, senza riuscire a nascondere un certo tremolio nella voce.
L’uomo sconosciuto si fermò di fronte all’ispettore ed entrambi rimasero per alcuni istanti immobili a fissarsi.
Poi il prigioniero rispose con un’altra domanda «Ben Jager?».
L’ispettore annuì e lo sconosciuto gli porse la mano con un mezzo sorriso «Tom, piacere.».
Ben rimase a guardare la mano tesa di fronte a lui per qualche secondo ma non ricambiò il saluto, era troppo sconvolto per pensare alle presentazioni e l’uomo ritirò la mano.
«Semir?» chiese poi, e a Ben sembrò che questa volta fosse la sua voce ad essere tremante.
Il ragazzo non rispose, semplicemente spostò lo sguardo alla sua destra, indicando con gli occhi una sagoma accasciata contro la parete della piccola stanza.
«Oh cielo.» mormorò l’uomo catapultandosi quindi verso il suo ex collega.
La parete e il pavimento sotto di lui erano sporchi di sangue e il poliziotto era ad occhi chiusi,
immobile e pallidissimo, non dava alcun segno di vita.
«Ma cosa è successo?» domandò Tom sgranando gli occhi nella semioscurità e schiudendo la bocca in un misto tra sorpresa e preoccupazione.
«È stato colpito da un proiettile durante il percorso e la pallottola è rimasta incastrata.» disse in fretta Ben, senza nemmeno chiedersi con chi effettivamente stesse parlando «Ho provato a fermare l’emorragia ma... dobbiamo trovare una via di fuga.».
«Gehlen non ha progettato una via di fuga.» rispose l’uomo stringendo la mascella «Ma dobbiamo inventarci qualcosa.».
Il più giovane sospirò scuotendo il capo «Cosa?» chiese con le lacrime agli occhi.
«Ben... possiamo darci del “tu”, non è vero?» cominciò Tom rialzandosi e avvicinandosi al ragazzo «Intanto non dobbiamo farci prendere dal panico. Pensiamo a qualcosa e intanto cerchiamo di risvegliare Semir, o riprende conoscenza adesso o rischia di non svegliarsi più.».
«Ci ho già provato, ma non sente nulla. Non vorrei che fosse...».
«No!» esclamò con forza colui che era stato per tutto quel tempo “ospite” di Gehlen «Non dirlo nemmeno per scherzo Ben, non è troppo tardi.».
Quindi l’uomo si inginocchiò di nuovo accanto a Semir e gli strinse la mano «Semir... ehi, svegliati Semir, sono io!».
«Non risponde, non...».
«Aspetta.» fece ancora Tom, risoluto «Semir... sono io, sono Tom. Apri gli occhi, sono tornato, ora non puoi abbandonarmi tu... Semir...».
«T-Tom...» farfugliò Semir, come per magia, schiudendo appena gli occhi «Tu... tu sei...».
«Io sto bene, collega.» sorrise l’uomo, sempre tenendogli la mano.
Il turco corrucciò appena la fronte: era vero ciò che aveva davanti, o era solo un sogno, un’allucinazione dovuta alla febbre? I suoni erano ovattati e distanti, la vista annebbiata.
«T-Tom...» ripeté a fatica, sforzandosi di non ricadere nelle tenebre.
«Resta sveglio, Semir. Non te ne andare, resta qui... resta sveglio!» continuò Tom mentre l’emozione prendeva il sopravvento anche su di lui.
Aveva appena ritrovato il suo migliore amico dopo otto anni e lo stava perdendo, di nuovo.
Semir chiuse gli occhi e reclinò la testa su un lato.

 

18.02.
«Non possono essere lontani, maledizione!» sibilò a denti stretti la Kruger girando senza una meta precisa tra i capannoni.
«Normalmente un commissario dovrebbe stare più attenta ai suoi uomini, Kim.» fece il capo dell’LKA comparendo alle sue spalle.
«Felice di vederti.» ironizzò la donna andando incontro all’uomo con sguardo di fuoco.
«Se sei qui per aiutarmi a cercarli, Constantin, fallo. Ma non accetto lezioni da te.».
«Uhm, siamo suscettibili.» commentò l’uomo con una punta di fastidiosa ironia nella voce.
Kim incatenò i suoi occhi a quelli dell’altro commissario e lo uccise con lo sguardo «Spero davvero che i tuoi uomini stiano già perlustrando la zona.».
«Certo, già da più di dieci minuti.» fece l’uomo voltandosi per sottrarsi da quegli occhi accusatori «Non te la prendere, stavo scherzando.».
«Non è il momento migliore per scherzare, nel caso non te ne fossi accorto.» replicò dura la Kruger «Ho due ispettori e una bambina nelle mani di un pazzo, non so se hai compreso la gravità della situazione.».
«Va bene, va bene, non ti scaldare... continuiamo a cercare.».
«Vedo che cominciamo a ragionare. Su, muoviamoci.» concluse la donna voltandosi di scatto e, la pistola spianata davanti a sé, entrando nell’ennesimo capannone.

 

«No, no, forza! Semir!» gridò ancora Tom con quanto fiato aveva in gola.
Ma l’ispettore non sentiva più nulla.
«Non ha quasi più polso...».
«La stanza dove eri tu è chiusa come la nostra?» domandò Ben girando nervosamente su se stesso.
«Sì, niente finestre.».
«Meraviglioso.» fece il più giovane «Quindi non abbiamo un passaggio.».
«Forse sì.» fece una voce sottile alle loro spalle.
«Principessa!» esclamò Ben sgranando gli occhi.
Era stata tanta l’agitazione e la disperazione di quegli ultimi minuti che si era totalmente dimenticato della bambina, che pallida come uno straccio, immobile e con la schiena incollata alla parete, aveva assistito a tutta la scena senza emettere un fiato.
Tom lanciò un’occhiata verso di lei, accorgendosi solo allora della sua presenza.
Nonostante tutto, gli venne da sorridere: la ragazzina non si ricordava di lui quasi sicuramente, ma lui invece se la ricordava perfettamente. Era cresciuta, certo, ma era identica a come l’aveva lasciata otto anni prima. Lo stesso sguardo, gli stessi lineamenti.
Senza che potesse fare nulla per fermarle, le lacrime gli salirono agli occhi, inumidendoli: era così bella! E così cresciuta!
Ancora ricordava il giorno in cui le aveva regalato la sua prima tutina della polizia.
Allora era uno scricciolo, adesso era quasi una signorina.
«Principessa, ti ho promesso che tra poco saremo fuori dai guai e così sarà, hai capito?» fece Ben con dolcezza, raggiungendo la bambina e chinandosi vicino a lei.
Aida annuì, provando a non guardare verso il punto in cui si trovava il padre «Zio Ben, guarda!» fece poi indicando il soffitto della stanza proprio sopra di lei.
«Cosa...?» si chiese il giovane alzando lo sguardo «Il... condotto di aerazione?».
«Ma certo!» intervenne Tom picchiandosi una mano sulla fronte «Come abbiamo fatto a non notarlo subito? Il condotto di aerazione, deve per forza condurre fuori da questo labirinto di cubi di metallo!».
Ben alzò un sopracciglio interdetto «Né tu né io passiamo attraverso quell’apertura, è perfettamente inutile.».
«No zio Ben, io ci passo.» affermò decisa Aida, facendo riportare l’attenzione dei due ispettori su di lei «Posso uscire e chiamare aiuto.».
«Non se ne parla proprio.» protestò il poliziotto scuotendo il capo risoluto.
«Ha ragione.» commentò però Tom «Conosco bene questo posto, dietro al capannone c’è una cabina telefonica ancora attiva. Se lei riuscisse a raggiungerla...».
«Ma stai scherzando? È troppo pericoloso.».
«Zio Ben, ti prego!» supplicò la ragazzina «Papà sta male, dobbiamo fare qualcosa. Lasciami andare!».
L’ispettore scosse ancora il capo «Aida, è pericoloso.».
«Anche rimanere qui è pericoloso.» ribatté la bambina con una logica innegabile.
«Ben, è l’unica possibilità che abbiamo.» mormorò Tom fissando negli occhi il più giovane.
«È pericoloso, potrebbe esserci Gehlen, potrebbero esserci i suoi scagnozzi.».
«No, dammi retta, Gehlen se ne è andato ormai da un pezzo, sa che la polizia è sulle nostre tracce e si è trasferito in un luogo più sicuro, non incontrerà nessuno. Ben, guardami: Semir ha bisogno d’aiuto e ne ha bisogno ora.».
«Ma è solo una bambina!».
«Zio Ben, io non ho paura.» intervenne di nuovo Aida, con la testardaggine tipica del padre «Davvero, il signore ha ragione, lasciami andare.».
Il signore.
A Tom si strinse il cuore ancora una volta, e in quell’attimo pensò di capire perfettamente le remore del nuovo collega di Semir nel lasciarla andare.
Da sola... sarebbe stata così indifesa! Ma non avevano altra scelta.
«Ti prego, zio Ben...».
Il giovane poliziotto cercò conferma negli occhi azzurri di quell’uomo che conosceva da sì e no tre minuti, e dopo che egli ebbe annuito per incoraggiarlo, posò le mani sulle spalle della bambina e la guardò seriamente.
«Principessa, promettimi che farai attenzione.».
«Sì zio Ben. Però davvero, io non ho paura.».
«Segui il condotto fino alla fine, poi corri alla cabina telefonica e fai il numero...».
«... Lo so a memoria il numero del comando.» lo interruppe la ragazzina con un mezzo sorriso.
«Va bene... dii che siamo nella vecchia zona industriale, in uno degli ultimi capannoni e che papà ha bisogno di un dottore in fretta... va bene principessa? Poi, quando hai finito ti nascondi nel posto più sicuro che trovi e non esci dal nascondiglio fino a quando non saranno arrivati i nostri colleghi, va bene?».
«Va bene zio Ben.».
L’ispettore sorrise con gli occhi lucidi prendendola in braccio in modo che arrivasse all’apertura del condotto di aerazione, per fortuna il soffitto era piuttosto basso.
La bambina tolse la leggera griglia che lo chiudeva e la lasciò cadere sul pavimento, dopodiché si fece dare una spinta da Ben, che la fece aggrappare alle pareti del piccolo tunnel in modo che potesse salire senza problemi.
«Fai attenzione.».
«Stai tranquillo, zio Ben.».
Aida si issò su per il condotto salutando per l’ultima volta il poliziotto con un sorriso, quasi fosse lei a doverlo rassicurare e non il contrario. Poi sparì lentamente alla vista del ragazzo.
Ben rimase a guardarla mordendosi il labbro, cosciente della pazzia che aveva appena permesso che accadesse.
Si asciugò gli occhi con il dorso della mano destra continuando a fissare il piccolo tunnel, ormai vuoto alla sua vista.
«Sei forte, principessa...».
L’ispettore tornò quindi a guardare quell’uomo che sosteneva di essere Tom Kranich: ora doveva capire.

 

Questa volta non dico nulla... a voi i commenti ;)
Grazie mille sempre a tutti i recensori e a coloro che mi seguono, un bacione!
Sophie :D

  
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