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Autore: Vanel    12/04/2015    3 recensioni
John, il classico ragazzo che vedrai una notte per poi non rivederlo più.
John, che il giorno dopo ti avrà già dimenticata.
John è il classico ragazzo che tu odierai per averti intenzionalmente dimenticata.
Ma John non era il ragazzo di una notte e via invece, John non faceva finta di non ricordarti.
John era malato di una rarissima malattia:Dopo aver anche solo sfiorato le tue labbra, John non ricorderà più niente di te, neanche il nome.
"Dopo l'ennesima serata passata con gli amici, John cercherà qualcuna con cui passare la notte.
Jen (Abbr. di Jenessa) entrerà nella sua camera.
E senza volerlo, Jen entrerà anche nella sua vita."
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Amore è un fumo levato col fiato dei sospiri; purgato, è fuoco scintillante negli occhi degli amanti; turbato, un mare alimentato dalle loro lacrime. Che altro è esso? Una follia discreta quanto mai, fiele che strangola e dolcezza che sana.

 (Romeo: atto I, scena I, p. 22)



Jen maledì John soltanto per tutta la notte.
Passata decisamente in bianco.
Ma poi la sua razionalità riprese-fortunatamente-il sopravvento e allora fu più confusa che mai.
John aveva un problema, era chiaro.
Una malattia.
Se voleva evitare il contatto con lei allora era trasmissiva?
Un pensiero orribile l'attraversò, era l'HIV?
Avrebbe spiegato molte cose, John non voleva ferirla, ma ormai non poteva fare a meno di lei.
Chi era il suo dottore?
Dr Cas.
Jen si appuntò tutto sul block notes e poi crollò nel sonno più profondo.

Erano le 13:46, e Jen si era appena svegliata.
I suoi capelli erano una massa aggrovigliata e disordinata, causa tante lacrime e difficoltà nel trovare una posizione comoda.
Sua madre la studiò come se fosse malata, era davvero cauta perciò non le chiese niente.
Quando Jen si alzava tardi era sempre per qualche problema, e lei orgogliosa come era pretendeva di fare tutto da sola.
Farle domande di prima mattina? Era cercarsi un omicidio colposo sul momento! No, sua madre si limitò soltanto ad osservarla.
-Sto bene, grazie, mamma!-apostrofò nervosa.
-Non ti ho chiesto nulla, tesoro.
-Mi guardi!
-Beh... hai un aspetto davvero... cuorioso, questa mattina.
-Curioso?
-Beh... sei uscita con John ieri, giusto?
-Si
-Il ragazzo che ti aveva fatto la dichiarazione d'amore davanti casa.
Praticamente tutta la famiglia di Jen aveva interpretato le scuse di John di quella famosa sera come un omaggio cortese stile 1200, Jen aveva provato a spiegare, ma ormai ci aveva rinunciato.
-E quindi?
-E' successo qualcosa tra voi?
Jen avrebbe voluto sotterrarsi, a cosa stava alludendo sua madre?
Ma poi... discorsi del genere. ERA SUA MADRE!
-Niente!
-Avete litigato?
Jen non sapeva se sentirsi sollevata dal fatto che il suo fosse solo un fraintendimento, o messa all'angolo dato che sua madre aveva capito tutto guardandola soltanto.
-Forse.
-E di chi era la colpa?
-Della paura.
-Paura? 
-Si, la paura ci ha fatto litigare.
Distrattamente pensò che quella frase era simile al mantra che la maestra di religione le faceva ripetere all'asilo "mannaggia al diavoletto che ci ha fatto litigare".
-Solo tu puoi risolvere la questione allora.
-E perché?
-Perché la paura non è di certo tua. 
-E come lo sai?
-Ti conosco. Sarò pur sempre tua madre, o no?
-Già, mamma sei interessante, dovremo parlare più spesso.
-Credimi, ci provo da 18 anni ma ormai ci ho rinunciato, il fatto che tu l'abbia capito solo adesso...
-Risolverò la questione!
-Buona fortuna...

Il pomeriggio stesso Jen si fece la coda svelta e prese la macchina.
Direzione: Ospedale.
Sua madre non le fece altre domande, e le fu grata, sapeva che se messa ancora alle strette, Jen avrebbe pianto.
E come stava adesso John?
Si toccò la collana tanto per assicurarsi che fosse ancora lì, in qualche modo le diede la forza di continuare.

Quando arrivò all'ospedale, non potè fare a meno di pensare a quanto fosse deprimente la struttura dell'intero edificio.
E tra poco sarebbe venuta giù la pioggia viste le nuvole del medesimo colore dell'edificio, e visti i tuoni.
Le venne in mente il metodo degli esponenti del romanticismo: i luoghi venivano descritti per rappresentare lo stato d'animo dei protagonisti.
E Jen si sentì esattamente così, nervosa come le nuvole indecise e dense, pronte a far scendere la tempesta.

Si fece coraggio e andò verso il bancone delle accettazioni.
Un'annoiata dipendente la guardava dall'alto al basso come se si aspettasse una ferita mortale sul corpo di Jen.
-Ecco... cerco il Dr Cas.
-Cerchi? Tesoro qua bisogna prendere appuntamento.
Jen si diede della stupida, era ovvio!
-Ma almeno c'è?
La signora controllò sul computer.
-Si... c'è. E ci sono anche tanti pazienti segnati. 
-Posso aspettare.
-Il Dr Cas non riceve senza appuntamento.
-Allora ne prendo uno.-rispose mite Jen cercando di mantenere la calma.
-Mmmh, è libero tra otto mesi, Miss.
-Otto!?
-Si, mi dia i suoi nominativi.
-Forse lei non ha capito, mi serve adesso!
La donna le sorrise amabilmente e prese il telefono chiamando qualcuno.
-Si... c'è una persona, okay, mandatela, si grazie.
Jen la guardò sperando di trovare risposta.
-Resti qui.-le rispose la donna fissandola.
Dalle porte uscirono due uomini con la tuta segnata dalle parole "SECURITY".
-Sta scherzando!-sbottò Jen guardando la donna.
-E' lei!-gridò.
Gli uomini le si avvicinarono.
-Fermi! Me ne vado!- Jen dovette trattenersi dal mandare a quel paese la donna e tutto l'ospedale.
-Calma, voi due tornate alla vostra paura caffè, e Meredith, prima di prendere simili iniziative dovresti avvisarmi, non hai questo diritto.-ordinò una voce calma e pacata.
I due uomini si guardarono per poi liquidarsi.
Jen vide un uomo, un signore più o meno sulla cinquantina: capelli grigi e spazzolati, occhiali stile Harry Potter, e volto simpatico che fece rassicurare Jen per un momento.
-La signorina mi cercava?
-Si... ma lei non ha l'appuntamento!-rispose Meredith.
-Non mi interessa, signorina, mi segua nel mio ufficio.
Jen guardò per un'ultima volta Meredith facendole una smorfia, non era solita a comportarsi in quel modo, ma quella donna le aveva messo la pazienza alle strette.
-Dr Cas... la ringrazio.
-Ringraziami più tardi, spero di avere davanti chi penso tu sia.
-Come?
-C'entra un ragazzo di nome John Bell?
Jen restò scioccata ma si riprese subito.
-Si... ma come lo sapeva?
-Intuizioni e aspettative.
-E sa anche perché sono qui?
-Certo.
-E come devo fare?
-... qual è il tuo nome, ragazza?
-Jenessa! Jenessa Green... ma di cosa ha paura, Dottore?
-Di ferirti, Jenessa, lui è davvero innamorato di te.
-Dottore, di cosa è malato esattamente John?
-Noi la chiamiamo la Malattia del Bacio...
-La mononucleosi?
-Oh no, assolutamente no. Questo è un altro tipo di malattia, senza precedenti, John è il primo in assoluto ad esserne vittima.
-E in cosa consiste?
-Ecco... John dimentica la persona che bacia.
Jen guardò il dottore come se si aspettasse in una smentita veloce seguita da una risata.
Ma la faccia del Dr Cas non poteva essere più seria.
-Lei non sta scherzando.-disse Jen più a se stessa che al dottore.
-No, Jenessa. John ti ha mai accennato a ciò?
E Jen si diede della stupida, stupida!
Perché non l'aveva ascoltato? Aveva preferito mandarlo a quel paese senza pensarci, mentre John le stava dicendo la verità, seppur insolita era la verità.
-Ieri sera, e non gli ho creduto.
-Però adesso sei qui, quindi significa che qualcosa deve essersi mosso.
-Io voglio aiutarlo, cosa devo fare?
-John venne qui chiedendomi la stessa cosa, gli consigliai imprudenza, seguire il proprio istinto ed essere se stesso, e a quanto pare ha funzionato bene visto che adesso sei qui. A te consiglio la medesima cosa, ma devi sapere che questa volta correresti dei rischi.
-Quali sono?-chiese Jen facendosi forza.
-Devi rischiare. Baciarlo. 
-E perché dovrebbe funzionare?
-Perché lui ti ama e lo ami anche tu.
-E lui non mi dimenticherà?
-Devo essere sincero, bambina, è un 50:50.-rispose il medico in tono grave.
-E' una mia scelta adesso?
-Sì, è solo tua.

Durante il viaggio in macchina Jen non pensò più a nulla, se non a lui.
Le sue labbra.
Non seppe dire il perché ma le tornarono in mente le parole di Romeo nella tragedia Shakesperiana:"togli dalle labbra il mio peccato, baciandomi".
Non diceva proprio così, questo lo sapeva bene, eppure era ciò che meglio poteva essere collegabile alla sua situazione.
Casa John Bell a quattro isolati di lontananza, e poi doveva decidere.
Aveva il cuore a mille, era il momento di entrare.

John stava guardando qualche programma spazzatura alla TV.
La domenica era depressa già di se, se poi ci metti che aveva litigato di nuovo con Jen, la depressione è ancor più acuta.
Sua madre aveva insistito tanto affinché John andasse con loro a casa dei nonni, ma John aveva declinato ogni invito.
Ad un certo punto chiuse la TV e andò alla libreria.
Prese "L'Amleto" di Shakespeare senza una vera e propria ragione, e cominciò a leggere.
Prese a caso una parte della narrazione, quella in cui Amleto veniva a conoscenza della pazzia di Ofelia.
L'Amore può portarti davvero a prendere scelte disperate, John poteva comprenderlo fin troppo bene.
Poi la sua lettura venne interrotta.
Qualcuno suonò il campanello.
-Ecco!-gridò scocciato John.
-Sono io! John, sono io!-gridò di rimando Jen con una voce carica d'ansia.
John non fece attendere tempo, aprì immediatamente Jen e la trovò tra le sue braccia.
La strinse forte, come profumava di buono!
-La mia Jen, la mia Jen...-continuava a ripeterle decisamente sollevato.
-John, devo dirti una cosa.-disse lei prendendo il volto di lui tra le sue mani.
John la guardò preso.
-Lo so. So perché fuggi. Io, John Bell, lo so. So tutto. Non sei lo stronzo che vuoi far credere, no. Tu non sei impossibile da amare John come credi tu! L'amore è possibile. 
-Jen... sai della malattia?-chiese lui commosso.
-Questo adesso non importa, devi fidarti di me come io mi fido di te. Sei la cosa più bella e pazzesca che mi sia capitata, non voglio fare a meno di te, John Bell ti amo.
E poi lo baciò.
John rispose con passione, troppo trascinato dal sentimento per poter solo pensare.
Amore!
L'amava!
Jen lo amava!
Le sue labbra... così morbide e lisce...
Amava anche loro.
Non poteva più farne a meno.
Quando si staccò, entrambi avevano il fiatone.
-Jen, anche io ti amo!-esclamò John sul colmo delle lacrime.
Non l'aveva dimenticata!
La malattia era andata via!
La sua Jen... la sua Jen! L'avrebbe sposata, avrebbero potuto avere una vita insieme...
Jen lo guardò con uno sguardo indecifrabile.
E poi, scostandosi un poco disse:-E tu chi sei?










NOTE AUTRICE:

Assolutamente necessarie vista la conclusione.
Bene... adesso RESPIRATE e dopo iniziate a leggere:

1)Jen non sta scherzando.
2)Come già anticipato dalla storia di Giulietta e Romeo, il "Peccato" se lo prendono poi le altre labbra.
3)Non andate a conclusioni affrettare, nei prossimi capitoli si capirà tutto meglio.
4)John Bell ucciderà il Dr Cas? XD Vabbè questa è tanto per sdrammatizzare...

Vanel


  
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