- Il mare aveva un aspetto meraviglioso quel giorno.
- Soffiava una leggera brezza attraverso la finestra aperta.
- Lei Guardava l'interminabile tavola piatta, che tendeva ad unirsi con il cielo, verso l'infinito.
- Non la vedeva davvero, però.
- Il suo pensiero correva alle ore precedenti, quando il sole non aveva ancora illuminato con il suo calore quella piccola isola.
- Il peso del ricordo gravò sul suo viso, trasformando il sorriso in una smorfia di dolore.
- Abbassò lo sguardo, socchiudendo leggermente le palpebre.
- Fece un respiro profondo.
- Quell'odore.
- Avrebbe voluto poterlo plasmare in qualcosa di materiale e portarlo con se, per non scordarlo mai.
- Si dice che l'odore sia ciò che rievoca maggiormente un ricordo.
- Sospirò tristemente, pensando che probabilmente di quel posto avrebbe avuto semplicemente e solamente questo, un ricordo.
- Si voltò, lasciandosi alle spalle quel blu di un'incontaminata bellezza.
- Con sguardo assente fissò il suo riflesso allo specchio.
- Le faceva notare sempre quanto fosse troppo magra, diceva che le ossa del bacino erano terribilmente e fastidiosamente sporgenti.
- Un sorriso le scappò a questo pensiero.
- Fastidiosamente...
- distolse lo sguardo dalla sua immagine, con rabbia.
- Improvvisamente tutto le sembrava così ingiusto, così sbagliato.
- Ingiusto che quell'isola fosse destinata ad esistere solo nella sua memoria.
- Ingiusto che qualcuno dovesse decidere della sua vita.
- Strinse i pugni, cercando di trovare quella speranza che sapeva di non possedere.
- La cercò, in ogni cellula del suo corpo, invano.
- Quando riaprì gli occhi, il suo stesso viso la spaventò.
- Gli occhi scavati, le guance smagrite, i capelli ricci, che ricadevano disordinatamente sul viso.
- Si guardò intorno, non sapendo bene cosa cercare.
- Aprì i cassetti vuoti della scrivania.
- Sentendo una fitta ogni volta che con un tonfo, ne chiudeva uno per aprirne un altro.
- Naturalmente non trovò nulla.
- Si gettò a terra con un lamento.
- Ciò che la sorprese, fu la sua bravura.
- Non aveva versato neppure una lacrima.
- Eppure dentro sentiva un continuo terremoto, un uragano che le sconquassava il petto, un vento che fischiava troppo forte per poter sentire qualunque altra cosa...
- Fuori, silenzio.
- Di scatto si alzò.
- Scese le scale, nessuno ad intralciarle in cammino.
- Entrò in cucina, senza esitazione aprì il cassetto.
- Prese il coltello più affilato che trovò.
- Con cautela, si diresse verso la porta dell'ingresso.
- Quando la aprì quell'odore unico al mondo la invase nuovamente.
- Sorrise al sole, al mare, al cielo.
- Sentì il peso della sua anima per la prima volta.
- E si chiese se sarebbe rimasto qualcosa di lei, dopo.
- Qualunque cosa.
- Per un momento ebbe paura.
- Paura di se, di ciò che stava per fare.
- Strinse il coltello ancora più forte nella sua mano.
- Scosse la testa, come per scacciare quei pensieri.
- Trattenne il respiro e con un solo colpo infilo il coltello nel petto.
- Sentì cosa volesse dire la parola dolore, ma non urlò.
- Sapeva che l'avrebbe sentita.
- E se l'avesse fatto lei non avrebbe ottenuto ciò che voleva.
- Mugugno quando sfilò il coltello sporco di sangue dalla carne.
- Pensò che stesse per morire, ma non aveva più paura ora.
- Sperava che Dio la perdonasse per questo.
- Per un momento, ha sperato che Dio esistesse.
- Il dolore si era trasformato in un'agonia silenziosa.
- Finalmente sarebbe rimasta lì.
- Solo quando sentì i battiti del suo cuore rallentare sempre di più, pensò a loro.
- Al male che avrebbe procurato a troppe persone.
- Era troppo tardi.
- L'ultimo battito fu il più duro da sopportare.