Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: fearlesslouis    13/04/2015    2 recensioni
Louis Tomlinson, diciannove anni, un metro e settantadue scarso di finta arroganza.
Harry Styles, diciotto anni, un metro e ottanta di ricci e imbranataggine.
Il loro è un incontro-scontro in mezzo ai corridoi di scuola; una semplice chiacchierata al parco che in realtà è molto di più; un'amicizia sbocciata quasi per caso.
Ma Harry è abituato a scappare.
E Louis rimane solo se farlo non è troppo complicato.
(Harry/Louis) (10.478 parole)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

You and I

 

 

Image and video hosting by TinyPic

 

You and I
We don’t wanna be like them
We can make it till the end
Nothing can come between

You and I
Not even the God above
can separate the two of us.
No, nothing can come between
You and I.”

 

 

 

 

Doncaster, martedì 10 marzo 2015.
 
Corri, Louis, corri.
Continua a correre, Louis, continua a correre.
Altri cinque secondi -solo altri cinque secondi.
 
Louis corre per non ritardare alla lezione della professoressa Myer -perché quella è una stronza e ce l'ha a morte con lui, quindi ritardare per l'ennesima volta non gli sembra proprio una bella idea.
E lui è abbastanza strafottente riguardo la scuola e la matematica -la letteratura no, quella la adora-, ma la professoressa di chimica gli incute un po' di paura -saranno quegli occhi dall'espressione perennemente cattiva o quel naso enorme, ma proprio non ce la fa a vederla e tenere a freno la bile che sale incessantemente.
Perciò continua a correre, Louis, fino a che non va a sbattere contro qualcosa di duro e alto -molto alto, in confronto a lui che è un “nano da giardino”, come lo definisce Zayn.
E quel qualcosa è talmente robusto che Louis cade rovinosamente a terra e dà una botta molto dolorosa al didietro -per la maggior parte delle ragazze della sua scuola il suo didietro è oro e non può davvero permettersi di rovinarlo.
“Oops”, sussurra. Vede una mano allungarsi davanti al suo volto e alza lo sguardo.
Che bei capelli è la prima cosa che pensa quando incrocia gli occhi verdi del ragazzo che lo ha buttato a terra.
Dovrebbe dirgli che lo sta facendo ritardare alla lezione della professoressa più temibile della scuola e che sicuramente non tornerà a casa intero per colpa sua, però qualcosa lo spinge ad accettare il suo aiuto ed afferrare la sua mano -ha una pelle liscia e calda, mentre la presa è morbida e forte al tempo stesso.
“Ciao” la sua voce è bella, profonda, ma Louis non può fare a meno di pensare che quel tipo sembra parecchio strano.
E il sorriso caloroso che gli sta rivolgendo è la conferma di ciò che il suo cervello ha appena elaborato.
Ma pensa anche che sia bello, che i suoi occhi siano meravigliosi e il suo sorriso contagioso.
“Ciao”, infatti si ritrova a sorridere anche lui, mentre gli allunga la mano e gli dice che si chiama Louis.
“Harold, ma preferisco Harry.”
Harry non riesce a decidere se gli occhi di Louis sono verdi o azzurri -forse un po' tutti e due-, sa solo che il suo sguardo è davvero sexy -e il suo nome è francese, e a lui sono sempre piaciuti i francesi.
“Dove correvi?” gli chiede, con un'insolita punta di curiosità -non è mai curioso, Harry, ha perso la curiosità nel conoscere un mondo che sa solo giudicare.
“Alla lezione di chimica...Ma credo che ormai la salterò”, Louis alza le spalle e arriccia le labbra in modo buffo. Non vedrà la professoressa Mier fino alla settimana prossima e allora si può permettere di saltare un'ora e risparmiarsi i suoi urli isterici.
Harry sorride -di nuovo- e lui pensa che abbia un sorriso bellissimo -di nuovo.
“Io stavo andando al bar. Ti va di accompagnarmi?”
Non sa perché, Harry -non è mai stato così diretto con qualcuno-, ma questo ragazzo dagli occhi blu -sì, ha deciso che sono blu- gli ispira simpatia.
“Perché no.”
In una situazione normale, Louis penserebbe che il tizio davanti a lui sia uno sfacciato e che il tutto sia troppo affrettato.
Ma non crede che questa sia una situazione normale -perché altrimenti non continuerebbe a pensare a quanto sarebbe bello immergere la mano in quella chioma che sembra così morbida e, soprattutto, non vorrebbe rimanere a guardare come un ebete quei due occhioni verdi.
Perciò Louis si gira quasi di scatto e comincia ad incamminarsi verso il bar della scuola.
Harry lo guarda da dietro e pensa che sì, sarebbe stato davvero un peccato rovinare un didietro come quello.
 
 
***
 
Doncaster, venerdì 10 aprile 2015
 
 
Harry è stanco, dannatamente stanco.
Di sua madre che sembra odiarlo, di suo padre che a casa non c'è mai e lo lascia da solo ad affrontare i giorni no della donna che dovrebbe crescerlo ed amarlo come nessun'altro.
Perciò quel giorno esce, Harry, intenzionato a non tornare più in quell'enorme villa che lo fa sentire così perso, così terribilmente solo.
Esce, Harry, forse con l'intenzione di non tornare più in quella città -un portafoglio con cento dollari nella tasca e un peso sulle spalle che non è dato dal borsone che si porta appresso.
Prima di andarsene, però, decide di fermarsi per qualche minuto al parco -Doncaster gli ha portato via la famiglia unita e i bei ricordi che aveva ad Holmes Chapel, ma l'enorme prato verde gli fa tornare alla mente quello che c'era nella sua città, immenso e pieno di fiori colorati.
Sua madre lo portava lì quando era piccolo -quando ancora gli voleva bene- a giocare con Nick e Tommy.
Allora si siede sotto il solito albero e pensa che forse tornerà ad Holmes Chapel, andrà a trovare i suoi amici e poi visiterà i posti più belli del mondo come ha sempre desiderato fare -vuole andare a Roma, in realtà, perché suo nonno gli diceva sempre quanto fosse meravigliosa la capitale del mondo e allora lui aveva giurato a se stesso che un giorno l'avrebbe vista.
Harry apre il borsone logoro che ha rubato dall'armadio di suo padre e tira fuori il suo blocco di disegni.
C'è di tutto su quei fogli vecchi ed ingialliti, dagli aforismi presi su internet ai ritratti di persone incontrate per caso sui mezzi pubblici -perché ad Harry piace fermarsi ad osservare uomini e donne che non conosce, rubare ad ognuno un pezzetto di quotidianità ed immaginare le storie che raccontate in mezzo ai tratti del suo carboncino.
Perciò comincia a disegnare lo scivolo così simile a quello del parco di Holmes Chapel, il prato privo di fiori e gli alberi enormi che lo sovrastano.
Si blocca all'improvviso, però, quando vede entrare un ragazzo che cammina a testa bassa con i capelli a coprirgli il viso.
Non è molto alto e il suo corpo somiglia a quello di un calciatore, ma in un primo momento non gli dà molto peso e continua con il suo schizzo.
Non riesce ad ignorarlo per molto tempo, però, dato che sente qualcuno avvicinarsi e sedersi accanto a lui.
Il ragazzo con la maglietta a righe blu e rosse sbuffa, così Harry sposta di nuovo la sua attenzione su di lui.
E li riconosce subito, quegli occhi con cui si è scontrato circa un mese prima -sarebbe impossibile dimenticare quel colore così intenso, e poi Harry ha sempre amato gli occhi blu.
“Ehi, Harold” la sua voce è come la ricordava, acuta al punto giusto da poter attirare l'attenzione di qualsiasi essere umano sulla faccia della terra.
“Te l'ho già detto che non mi piace essere chiamato Harold” risulta più acido di quanto non voglia, ma quello non è il momento giusto per farlo incavolare e Louis lo sa.
Però anche Louis oggi è stanco ed inoltre ha tanta paura, perché il padre -quello vero- è tornato dopo anni di silenzio a reclamare la sua proprietà su un figlio che non ha mai voluto crescere.
Perciò è andato a nascondersi al solito parco sotto il suo solito albero, solo che quando è arrivato sotto il solito albero ha visto una testa piena di capelli ricci e bellissimi china su un foglio.
Allora si è avvicinato e si è seduto vicino a lui -perché l'ha riconosciuto subito, il ragazzo che l'ha buttato a terra e poi l'ha invitato a prendere un caffè, quello strano che l'ha attirato fin da subito.
Solo che anche Harold oggi sembra particolarmente scontroso e Louis non ha voglia di discutere, perciò decide che potrebbe dirgli qualcosa di serio -si vergogna un po', in realtà, perché dopo quel caffè al bar della scuola non hanno più parlato se non per scambiarsi qualche saluto in corridoio.
“Non ti ho mai visto qui” sussurra dopo qualche secondo.
Non è uno che ci sa fare con le parole, Louis, però se si tratto del ragazzo strano dai capelli ricci potrebbe anche tentare.
“Neanch'io ho mai visto te” sbuffa, Harry, perché quella ha tutta l'aria di una conversazione senza né capo né coda e lui non ha tempo -deve partire, deve scappare dall'aria soffocante di Doncaster.
“Bhe, non ci vengo spesso in realtà. Solo quando ho bisogno di pensare” e sta per alzarsi, Harry, quando pensa che magari la sua partenza potrebbe aspettare altri cinque minuti.
Perché la faccia di Louis si è fatta improvvisamente triste e lui non è abituato a vederlo così -al bar non ha smesso di ridere nemmeno per un secondo e anche durante la ricreazione sta sempre a scherzare con i suoi tre amici -sì, ha perso parecchio tempo a stalkerizzarlo durante l'ultimo mese.
Perciò i suoi occhi improvvisamente spenti lo convincono che per lui potrebbe mettere da parte il cattivo umore per un po' -perché è davvero un peccato mortale che degli occhi così maledettamente meravigliosi siano tristi.
“E a cosa pensi ora?”
Louis alza di scatto la testa e punta lo sguardo nel suo.
Harry ha gli occhi verdi come il prato sul quale sono seduti -forse un verde un po' più scuro, un po' più tormentato.
E allora comincia a parlare, Louis, comincia a parlare senza neanche rendersi conto del fatto che sta raccontando i suoi problemi a quello che è poco più di uno sconosciuto.
“Penso al fatto che mio padre è tornato in città dopo essere completamente scomparso per undici anni. E rifletto su ciò che dovrei fare, se ascoltare quello che ha da dirmi o mandarlo a fanculo una volta per tutte” Louis sospira e poggia le spalle esili sulla corteccia dell'albero -ed Harry vorrebbe abbracciarle, quelle spalle, ma anche le sue portano un peso troppo grande e non crede di poter essergli d'aiuto.
“Perché non pensi a quello che vuoi e non a quello che devi fare?” Harry poggia il disegno appena cominciato tra la sua coscia e quella di Louis e continua a guardarlo, mentre lo sguardo del più grande è puntato sul cielo privo di nuvole sopra le loro teste.
“E se un giorno dovessi pentirmi di aver fatto ciò che voglio?” la sua domanda è un sussurro appena udibile, tanto che Harry pensa che stia solo pensando ad alta voce e che non voglia davvero una risposta.
Però il suo silenzio lo convince che ha davvero bisogno di un consiglio, così comincia ad elaborare qualcosa di senso compiuto che possa aiutarlo -lui non è bravo con queste cose, però proprio non ce la fa a vedere il volto abbattuto di Louis e starsene con le mani in mano.
“Bhe... non credo ci si possa pentire di quello che si vuole davvero” bisbiglia infine Harry.
Louis sorride -l'ha capito già dalla loro prima chiacchierata che Harry non è uno che ci sa fare con le parole- però pensa che abbia ragione.
Potrà mai pentirsi di non aver voluto avere a che fare con un uomo che l'ha abbandonato?
Perché se li ricorda, Louis, i pomeriggi passati ad aspettare che un uomo alto e robusto si presentasse fuori al cancello della scuola, o le estati trascorse ad attendere che il padre tornasse a prenderlo per portarlo al mare come faceva quando era piccolo.
Se le ricorda, Louis, tutte le volte che si è sentito sbagliato, che si è ritenuto responsabile per la fuga di un uomo che non l'ha mai voluto, che l'ha sempre chiamato errore.
Però poi è cresciuto, a prenderlo a scuola ha continuato ad andarci la mamma e le estati le ha trascorse al mare o in piscina con i nonni che ora non ci sono più.
Il dolore se ne è andato, ma è stato sostituito da un leggero senso di amarezza che non si decide a lasciarlo stare -forse perché Louis non ha mai smesso di sentirsi sbagliato, in realtà.
“Tu, invece, perché sei qui?” chiede dopo un po'.
Harry non sa de dirgli o meno la verità, ma poi pensa che per una volta potrebbe provare ad aprirsi -potrebbe provare a fidarsi.
“In realtà pensavo di andarmene” sussurra. Poi però vede la faccia smarrita di Lou e la sua espressione interrogativa, così si affretta a chiarire “Cioè, pensavo di andarmene dalla città.”
Inizialmente Louis rimane sorpreso -anche se il borsone pieno vicino alle lunghe gambe del ragazzo gli aveva fatto intuire qualcosa-, ma decide di non darlo a vedere e tenta di trovare le parole adatte -e neanche lui è bravo in queste cose, però pensa che se Harry è riuscito a farlo sentire meglio allora potrebbe riuscirci anche lui.
Ed inoltre l'idea che Styles possa lasciare la città gli lascia questo leggero ma opprimente senso di vuoto proprio sulla bocca dello stomaco che lui vuole cancellare immediatamente -perché non è disposto a sopportarlo né a motivarlo.
“Sai...secondo me scappare è inutile.”
Sospira, Harry, perché una risposta del genere se l'aspettava.
Sospira, Harry, perché questa conversazione lo fa sentire più stanco del solito.
“Secondo me invece è inutile restare qui.”
Louis lo guarda mentre raccoglie il blocco dei disegni e si mette in spalla la borsa enorme, ma sente il vuoto allo stomaco allargarsi un po' di più quando Harry fa per alzarsi, così poggia una mano sul suo braccio e lo costringe a sedersi di nuovo accanto a lui.
E la presa è leggera come una piuma ed Harry potrebbe scioglierla con un piccolo movimento, ma in realtà a tenerlo ancorato a terra sono gli occhi di Louis -quegli occhi che l'hanno colpito fin da subito, così intensi e maledettamente blu da entrargli sotto la pelle con un semplice sguardo.
“Credimi, Harry, anch'io spesso vorrei scappare. Per esempio adesso sarei molto molto tentato di seguirti” Louis fa una pausa, ed è felice di scoprire che sul volto di Harry è spuntato un piccolo sorrisetto “Però non pensi che i problemi vadano affrontati?”
“E' che mi sento...” comincia, ma la sua voce è bloccata da un singhiozzo e non riesce ad andare avanti. Così Louis gli si avvicina lentamente e poggia la mano sulla sua spalla, cominciando a muoverla su è giù con un po' di incertezza.
“Solo” quello di Harry è un sussurro appena udibile, tanto basso che Louis crede per un attimo di esserselo immaginato. Ma la lacrima che vede scendere sul volto perfetto del ragazzo accanto a lui lo convince che sì, Harry ha parlato davvero.
“Allora potremmo...” comincia Louis, insicuro come non si è mai sentito in vita sua -lui che è sempre schietto diretto e spontaneo con tutti, lui che della parola insicurezza non ne ha mai neanche conosciuto il significato. “Sentirci meno soli...tu ed io insieme.
Ad Harry all'inizio quelle sembrano parole di consolazione -di quei discorsi che si fanno quando provi pena per una persona e non sai cosa dire per farla stare meglio.
Però poi gli basta uno sguardo, gli basta guardare quegli occhi una sola volta, per convincersi che Lou dice sul serio, che davvero vuole aiutarlo come nessuno è mai stato disposto a fare.
Allora gli sorride, annuisce, e pensa che forse una ragione per restare l'ha trovata.
 
 
***
 
 
Doncaster, mercoledì 10 marzo 2016.
 
“Ehi, Lou!” Harry corre come un ossesso verso il suo migliore amico, mentre Louis continua a parlare con Niall, Zayn e Liam.
Lou si accorge di lui solo quando lo raggiunge, con il respiro affaticato e le gambe che gli tremano leggermente.
“Che succede, pumpkin?” Harry sorride nel sentire quel soprannome -Louis lo chiama così da Halloween, quando alla festa della scuola lui è inciampato su una zucca e si è quasi slogato la caviglia.
Sono passati cinque mesi ma quei quattro continuano a prenderlo in giro come se fosse trascorso un solo giorno.
“Ho preso otto al compito di letteratura!” Harry alza le braccia e stringe le mani in due pugni, mentre Louis spalanca la bocca con stupore.
“Sei un fottuto genio, Hazza!”
Harry ride e lo abbraccia forte sotto gli sguardi dei loro amici -e Louis lo vede che i loro occhi si fanno un po' più sospettosi ad ogni minimo contatto, ad ogni piccolo sguardo o sorriso.
Lo sanno, Harry e Louis, che forse per essere due normali migliori amici i loro comportamenti sono troppo intimi, troppo complici.
Perché non è normale che in un solo anno siano diventati così importanti l'uno per l'altro.
Che Louis sappia in quale posizione preferisce dormire Harry.
Oppure che conosca ogni minimo particolare delle sue mani.
Ogni sfumatura verde dei suoi occhi.
Che sia a conoscenza di quanto lui odia che qualcuno gli tocchi i capelli -a meno che quel qualcuno non sia Louis, e allora diventa tutto più piacevole.
E non è normale neanche che Harry si senta così dipendente da Lou -perché lui non ha mai voluto dipendere da nessuno e invece ora si ritrova a sentirsi morire ogni volta che non sono insieme.
E poi non è normale pensare che sia bellissimo, desiderare di baciarlo quando si ritrovano troppo vicini quasi per caso.
E Harry sa di essere omosessuale, l'ha scoperto da qualche anno ed è riuscito ad accettarlo -quando le ragazze della sua vecchia scuola gli andavano dietro, ma a lui la loro taglia di reggiseno non importava minimamente e i suoi compagni lo prendevano in giro.
'Non è che sei frocio, Styles?'
Harry dei loro giudizi se ne fregava, ma sua madre faticava ad accettare che il figlio fosse gay ed allora aveva preferito cambiare città, assicurandosi che lui non avesse intenzione di sbandierare ai quattro venti la sua omosessualità.
Perciò Louis non lo sa, e ad Harry il suo migliore amico non è mai sembrato gay -anche se la sua voce a volte si fa eccessivamente acuta e le sue mani troppo invadenti, lui non ha mai pensato che possa avere il suo stesso orientamento sessuale.
E' rimasto zitto e in quella scuola nessuno sa delle sue preferenze, ma Niall, Zayn e Liam cominciano a fare domande parecchio scomode e ogni volta lui rimane spiazzato ed arrossisce, però non risponde.
“E' grazie alle tue ripetizioni, LouLou” Louis sorride -perché non riesce a fare altro quando è con il suo Boo-, poi gli passa un braccio intorno alle spalle senza smettere di guardarlo neanche per un secondo.
E' così bello, Harry, che potrebbe perdersi nel verde dei suoi occhi e non uscirne più, potrebbe trascorrere insieme a lui giornate intere, in silenzio, solo con il rumore dei loro respiri, le sue mani tra i capelli ricci morbidi e bellissimi dell'altro, i loro corpi a riscaldarsi a vicenda.
“Ehi piccioncini, stasera venite al Black Rock?”
“Cert-”
“No!” Louis interrompe il tentativo di rispondere del suo migliore amico tappandogli la bocca con una mano. Harry lo guarda stranito, ma fa spallucce e scuote la testa quando vede che Louis gli fa l'occhiolino.
Liam e Zayn si lanciano uno sguardo d'intesa e sorridono -ed Harry è sicuro che anche loro nascondano qualcosa-, mentre Niall sbuffa e si avvia verso il cancello, non prima di aver borbottato un 'come sempre'.
Louis ride e lo guarda allontanarsi scocciato. Sa che è da un po' di tempo che lui e il riccio non dedicano più di qualche minuto ai loro amici -dalla festa di Halloween, più o meno-, ma questa sera vuole portare Harry da una parte e non può rimandare per niente al mondo.
“Sarà meglio che andiamo da Niall” Louis annuisce e sbuffa una risata -sa che Liam è sempre stato il più gentile e razionale del gruppo.
“Che dobbiamo fare stasera?” quando anche gli altri due se ne vanno, il riccio sente che la curiosità lo sta divorando e deve assolutamente sapere il perché di quella risposta.
“Niente di che, Boo” Louis si stringe nelle spalle e gli sorride dolcemente “Solo... oggi è un anno che ci conosciamo e volevo stare un po' con te” finisce sussurrando.
Harry vorrebbe davvero nascondere la sorpresa e il calore che sente espandersi dal cuore verso il resto del corpo, però poi guarda gli occhi così maledettamente blu del suo migliore amico e no, non ci riesce proprio a nasconderli.
E si sente anche un po' imbarazzato, in realtà, perché a lui il fatto che oggi debbano festeggiare una specie di anniversario non aveva neanche sfiorato la mente.
Quindi si limita a lanciarglisi contro e stringerlo in un abbraccio quasi soffocante, mentre sente le sue guance tingersi di rosso e i brividi percorrergli l'intera spina dorsale.
Louis ridacchia e ricambia la stretta -il respiro caldo e rassicurante di Harry a sfiorargli la pelle sensibile del collo e le sue mani che bruciano al contatto con la sua pelle coperta dalla maglia.
Ci ha pensato tipo per tre notti di seguito, Louis, a come dire al riccio di voler passare con lui la sera del dieci marzo. Si vergognava, in realtà, perché questa cosa sembra tanto un appuntamento e forse -solo forse- per un po' ha anche desiderato che lo fosse davvero.
“Lo prenderò come un sì” fa ironico Lou.
Harry sorride e continua a studiare i suoi occhi. Li ha studiato davvero tanto nell'ultimo anno -li ha anche disegnati sul suo blocco e sono venuti bene-, ma pensa che non avrà mai abbastanza tempo per cogliere tutte le sfumature di quello sguardo, semplicemente perché sarebbe impossibile farlo.
La suoneria di Harry interrompe lo scambio di occhiate e Louis sbuffa, perché sicuramente dall'altra parte del telefono sarà Alexandra e lui quella proprio non la sopporta. Le sue paure vengono confermate da Harry, che sussurra un “a dopo Alex”, per poi chiudere la chiamata e tornare a fissarlo.
Non lo ha mai capito, Harry, il motivo per il quale a Louis stia così antipatica Alexandra. E' la sua migliore amica -anche se Louis sospetta che lei voglia più di una semplice amicizia- ed è simpatica. E' stata l'unica -dopo il suo Boo, ovviamente- che è riuscita a farlo aprire almeno un po', e quando le ha detto che è gay -è anche l'unica a saperlo- non ha fatto una piega -anzi.
Che figata. Il mio migliore amico è gay!”
L'ha sentita ripetere la stessa frase per settimane, quando andava a casa sua a studiare per il corso di storia che seguono insieme. Si sono conosciuti lì, perché lei è una ragazza piuttosto intraprendente e appena Harry è arrivato si è seduta vicino a lui e gli ha proposto di essere la sua guida. Lui le ha chiesto qualche informazione -tra le tante, forse, ha anche osato chiedere quali corsi seguisse un certo ragazzo dagli occhi blu e dalle mani piccole e tremendamente dolci (ed Harry si è dato dello stupido tipo un milione di volte perché no, delle mani non possono decisamente essere considerate dolci).
Comunque, questa è una delle cose non normali che gli accadono da quando conosce Lou.
“Era Alex?” Louis sbuffa e incrocia le braccia al petto, battendo il piede sul pavimento come fa sempre quando è nervoso.
Harry sorride.
Quando il suo migliore amico si comporta in questo modo è decisamente adorabile.
Comunque si limita ad annuire, perché sa che Louis continuerà con il suo interrogatorio e -da bravo egoista quale è- vuole godersi la sua espressione indispettita e adorabile ancora per un po'.
“E cosa voleva?”
“Mi ha chiesto se domani posso accompagnarla in centro” risponde il riccio, sforzandosi con tutto se stesso per trattenere una risata.
“E ci andrai?”
“Certo.”
Louis annuisce e si incammina verso l'uscita della scuola. Harry si rende conto che il corridoio è ormai completamente vuoto solo quando si volta per seguirlo -e pensa che potrebbe restare a parlare con lui per ore e non si accorgerebbe neanche della fine del mondo.
Si infilano nella macchina blu del più grande e arrivano davanti alla villetta di Harry in meno di dieci minuti. Louis non ha ancora abbandonato la sua aria scocciata e durante il viaggio non si sono scambiati neanche una parola -anche se Harry più volte ha rischiato di scoppiargli a ridere in faccia (e sa che non è una cosa educata, però Lou sembra quasi geloso e la situazione è davvero troppo divertente per poter rimanere serio).
“Bhe, grazie per il passaggio” sussurra -le guance rosse per le risate trattenute e la mano già vicina alla maniglia.
“Harry..”
“Sì?” il riccio si gira di nuovo verso di lui e lo guarda mordersi nervosamente le labbra -le labbra gonfie, rosse, terribilmente invitanti, pericolosamente vicine.
Perché Louis si sta avvicinando e lui non sa cosa fare.
Potrebbe semplicemente dargli un bacio sulla guancia ed andarsene come ogni dannatissimo pomeriggio, però ci sono quegli occhi -ed è sempre quello il problema, perché quel blu ha un potere particolare su di lui ed Harry non può farci niente.
Ci ha provato a toglierseli dalla testa, quegli occhi, una volta ha anche cancellato il disegno che li ritraeva e che era venuto così bene.
Poi però aveva capito che dimenticare un colore del genere è impossibile, perché è lo stesso che ha il cielo nelle calde sere d'estate e ad Harry guardare il cielo insieme a Louis piace davvero tanto. Perciò aveva rifatto il disegno e la seconda volta gli era riuscito anche meglio, perché il giorno prima si era preso un po' più di tempo per catturare le sfumature degli occhi di Louis e le aveva memorizzate talmente bene che poi il ritratto era venuto quasi perfetto.
Ora quel disegno è appeso alla parete blu della sua stanza, e ogni volta che il suo migliore amico entra nella camera guarda da quella parte e sorride.
I pensieri di Harry vengono interrotti quando sente le labbra di Louis posare un dolce e leggerissimo bacio all'angolo della sua bocca.
“Ci vediamo stasera” sussurra staccandosi leggermente. Gli occhi verdi di Harry sono spalancati e le sue guance rosse, e Louis si dà dell'idiota perché, diamine, non è proprio riuscito a trattenersi.
Solo che dopo la chiamata di Alexandra è diventato più irascibile del solito e si è fatto guidare dall'istinto.
Harry è mio Harry è mio Harry è mio è stato l'unico pensiero che gli ha attraversato la mente durante il viaggio corto e silenzioso.
E forse anche per paura, forse anche per placare quei pensieri, si è avvicinato troppo ed ha finito per essere attratto da quelle labbra così rosse e così piene e così invitanti.
“A stasera” sussurra Harry, prima di aprire lo sportello e scendere in fretta dall'auto.
Louis sospira e si maledice per la seconda volta, perché proprio non può perdere Harry per la sua stupida impulsività.
Perciò si ripromette che sistemerà tutto dopo, cercherà di preparare la cena -anche se ai fornelli fa davvero schifo- e sarà il migliore amico più bravo e gentile di sempre.
Migliore amico, Louis.
Migliore amico.
 
 
 
***
 
 
Non l'ha fatto apposta, Harry, smettila di fasciarti la testa con mille pensieri.
Deve aver sicuramente sbagliato mira -deve per forza aver sbagliato mira.
Questo si ripete, Harry, mentre cerca di rilassarsi sotto il getto dell'acqua calda, ancora scosso da quel non-bacio che gli ha dato Louis in macchina.
E la cosa che lo fa innervosire di più è che, se avesse potuto, non si sarebbe mai staccato.
Se solo avesse potuto, avrebbe chiuso gli occhi e aperto la bocca, e si sarebbe lasciato trasportare dalle emozioni che le labbra calde e morbide di Louis sono in grado di regalargli.
Però non può -e non dovrebbe neanche fare certi pensieri sul suo migliore amico, in realtà-, quindi si limita ad uscire dalla doccia, avvolgersi in un asciugamano ed aprire l'armadio della sua camera piccola e disordinata -non si dà mai la pena di riordinarla, perché la prima volta che Louis ci è entrato gli ha detto che è carina ed accogliente e allora gli va bene anche così.
Rimane a fissare i vestiti per circa un quarto d'ora, Harry, indeciso su cosa indossare per andare a casa del suo migliore amico -non che abbia molta scelta e non che a Lou interessi quello di che lui indossa, però non vuole mettere sempre la solita roba e allora può decisamente spendere qualche minuto in più davanti al suo guardaroba.
Alla fine opta per un paio di jeans neri strappati sulle ginocchia, una camicia bianca leggermente aperta sul petto e degli stivaletti a punta marroni.
Si dà un'ultima occhiata allo specchio, prima di ravvivarsi i capelli ricci con una mano e scendere in fretta le scale -sta facendo tardi e sa che a Louis non piace molto aspettarlo. In realtà lui non aspetta e basta, è più il tipo che scappa quando non farlo diventa troppo complicato.
Proprio come te, Harry.
Il rumore della porta che sbatte alle sue spalle lo fa rinsavire dai suoi pensieri. Non ha neanche salutato la madre, e per un attimo pensa di tornare indietro a darle un bacio sulla guancia, ma poi ricorda che quelle erano cose che faceva quando lei ancora gli voleva bene -quando non lo considerava il figlio gay che l'ha delusa.
Un quarto d'ora dopo si ritrova davanti alla porta dell'enorme villa, mentre il suo migliore amico lo guarda con un grembiule sporco addosso ed Harry pensa che potrebbe anche morire, perché ora sa di aver visto davvero tutto.
Louis si scansa per farlo entrare e lui lo accontenta, con gli occhi e la bocca ancora spalancati per la sorpresa.
"Hai un grembiule addosso e la casa non è ancora andata a fuoco?" scherza, Harry, perché gli sembra che l'aria tra di loro sia esageratamente tesa e lui non vuole questo.
"E buonasera anche a te, Haz."
Il sorriso luminoso del suo migliore amico lo tranquillizza, così si toglie la giacca di pelle e la poggia sul divano accanto alle scale che portano al piano superiore.
Segue Louis in cucina qualche secondo dopo, non prima di essersi ripreso dalla vista sexy del suo corpo minuto e formoso stretto in quel grembiule troppo piccolo anche per lui.
"Allora, cos'ha preparato lo chef?"
Lou sbuffa con fare scherzoso, poi tira fuori da una scatola trasparente sei di quelli che sembrano panini -o tramezzini, ma Harry non saprebbe dire cosa siano con precisione.
“Veramente avevo pensato ad un pick-nic al nostro parco, se ti va.”
Harry sorride, perché Louis quando fa il timido è davvero adorabile, e soprattutto perché lo conosce da esattamente trecentosessantacinque giorni, eppure questa è la prima volta che lo vede arrossire.
“Certo che mi va!” esclama, per poi bloccarsi e guardare con incertezza i panini/tramezzini sul ripiano della cucina “Però sei sicuro che quelli siano commestibili?”
Louis sbuffa e annuisce, perché i panini -sì, sono panini- gli vengono bene da quando aveva circa sei anni e andava in montagna con Zayn, e poi non crede di sembrare tanto stupido da non saper dividere in due un pezzo di pane e metterci dentro qualcosa da mangiare.
Si era impegnato davvero tanto, quel pomeriggio, per preparare una cena che fosse davvero degna di questo nome, però poi la pasta aveva assunto un colorito bluastro che non gli piaceva, la carne era andata a fuoco e si era dimenticato di mettere il lievito nell'impasto del ciambellone -non crede che sarebbe venuto bene comunque, in realtà, perché l'aveva assaggiato prima di metterlo in forno e il sapore somigliava tanto al cibo del suo gattino che aveva ingerito quando era piccolo.
Quindi aveva optato per qualcosa di veloce e semplice, e aveva pensato che magari ad Harry sarebbe piaciuto andare nel luogo in cui si erano trovati per la prima volta.
Si sente un po' una quindicenne alla sua prima cotta, Louis, e la cosa buffa è che non ne capisce il motivo.
Perché sì, Harry è il ragazzo più bello che abbia mai visto in vita sua e i suoi occhi sono qualcosa di meraviglioso, però è il suo cavolo di migliore amico e quelle farfalle che gli svolazzano nello stomaco sono fuori luogo.
E non dovrebbe pensare alle sue labbra morbide e rosse, no, non dovrebbe pensare neanche che quella camicia bianca lascia intravedere il suo petto muscoloso cosparso di tatuaggi.
Però è così bello, ora, mentre indossa la giacca e gli sorride, che non può fare a meno di soffermarsi sul suo sorriso mozzafiato, o sulle fossette adorabili che sono il suo anti-stress durante i noiosi pomeriggi passati sul suo letto a studiare.
Non può farne a meno, Louis, semplicemente perché Harry è dappertutto.
Nel corridoio della scuola in cui si sono incontrati-scontrati per la prima volta -quello che lui percorre tutti i giorni, con il sorriso sulle labbra al pensiero di una fredda mattina di tanti mesi prima che gli ha cambiato la vita.
Nel bar che li ha visti parlare imbarazzati di cose futili -quando Louis ha scoperto che Harry non può praticamente vivere senza quattro o cinque caffè al giorno, ed Harry è venuto a sapere che Louis ed il tè sono una cosa sola.
Ma Harry è anche sulle pareti della sua stanza, piene di disegni bellissimi e foto e selfie che il riccio si diverte a fare.
Sul prato del loro parco, verde come i suoi occhi, sotto l'albero enorme che ormai è diventato il loro rifugio quando vogliono estraniarsi dal mondo ed essere solo Harry e Louis, Louis ed Harry.
Harry è nei fiori che lo ha costretto a piantare proprio lì, proprio nel loro rifugio, perché a detta sua 'un parco non è tale se non ci sono dei fiori'.
Harry ormai è sotto la sua pelle.
Harry è nell'aria che respira.
Harry è l'aria che respira.
E quando Louis realizza che davvero senza quel ragazzo tutto ricci e imbranataggine non potrebbe vivere, un po' gli viene la tentazione di scappare, di allontanarsi da quel rapporto morboso e quasi malato che si è creato tra loro due.
Però poi pensa che no, non può e non vuole farlo, perché in un fresco pomeriggio di undici mesi prima ha promesso ad Harry che si sarebbero sentiti meno soli insieme.
E lui deve essere il suo appiglio, deve fargli forza quando la madre lo caccia di casa per giorni interi per motivi che lui ancora non conosce. Deve stargli vicino quando il padre torna in città -perché ultimamente i suoi comportamenti sono violenti e lui non può permettere che faccia del male al suo Harry per niente al mondo. Deve consolarlo quando prende dei brutti voti, anche se sa che i suoi 'tranquillo, Boo, sei un fottuto genio e recupererai' non servono mai a tirarlo su di morale. Deve fare spazio sulle sue spalle e portare anche i pesi di quella che ormai è la persona più importante della sua vita, perché non sopporterebbe mai di vederlo crollare e sa che lui è più bravo di Harry a resistere.
“A cosa pensi, Lou?”
Louis alza la testa di scatto, e per poco non sviene quando si ritrova a meno di due centimetri di distanza gli occhi più verdi del mondo. Gli sorride e alza le spalle -non è di molte parole, Louis, ed Harry sa che quando è perso nei suoi pensieri è meglio lasciarlo stare-, poi prende la borsa con i panini, si accerta che Haz lo stia seguendo ed esce di casa.
Il tragitto fino al parco è silenzioso, con qualche sguardo sfuggente e qualche sorriso rubato -le loro mani che si sfiorano ogni due secondi e i brividi che percorrono le schiene di entrambi.
Quando arrivano nel loro posto, Harry si sente finalmente a casa. Louis lo guarda correre come un bambino fino al solito albero, poi scuote la testa e lo raggiunge sorridendo.
In questo momento Harry pensa che Louis sia particolarmente bello -lo è sempre, in realtà, però ora i suoi occhi brillano un po' di più e il viso è rilassato, quasi meno stanco del solito.
“Tira fuori i panini/tramezzini, nanetto, sto morendo di fame.”
“Sono panini, Harold- auch!” Louis porta una mano sulla nuca e comincia a massaggiare la parte di pelle lesa dal suo migliore amico, mentre Harry ride di gusto per la sua faccia buffa. Lo adora quando arriccia il naso e sbuffa.
“Lo sai che non devi chiamarmi Harold.
“Smetterò di chiamarti Harold quando tu smetterai di rompermi le palle” Lou scarta un panino e glielo passa, poi continua “E non chiamarmi nanetto. Sono altro un metro e settantacinque centimetri!”
“Mi dispiace distruggere il tuo sogno, Lou, ma a un metro e settantacinque centimetri non ci arrivi neanche in punta di piedi.”
“Stronzo.”
“Nanetto del mio cuore” e quando Harry gli si avvicina per posare un bacio sulla sua guancia ruvida di barba, il panino gli cade dalle mani e il suo cuore perde un po' di battiti -decisamente qualche battito di troppo.
Gli ci vogliono cinque o sei secondi per riprendersi de tutto, ma alla fine si schiarisce la voce e comincia a mangiare.
“Complimenti Lou, non sembrano per niente avvelenati.”
“E perché tu sembri così sorpreso?”
“Perché le tue tenere e piccole mani sono più adatte al pianoforte che ai fornelli.”
“Non sono così stupido da non saper fare un panino, Harold.
Louis non fa in tempo a finire la frase che un pezzo di pane ripieno gli sfiora la testa. E quando questo va a finire sul prato ride, perché fare arrabbiare il suo migliore amico è decisamente il passatempo più bello di sempre.
“Che mira di merda, Haz.”
“Lo so.”
Harry sogghigna e continua a mangiare, anche se l'aria offesa non abbandona il suo volto nemmeno per un attimo.
Louis lo studia tutto il tempo, come a voler cogliere ogni suo più piccolo dettaglio -e l'ha fatto così tante volte che ormai ha perso il conto, però vuole catturare tutto di lui e allora ogni volta cerca di scoprirlo un po' di più.
Quando entrambi finiscono di mangiare, però, Harry sembra abbastanza nervoso.
“Che hai, Haz?”
Louis è talmente abituato ai suoi scherzi e alle sue risate, che vederlo mentre si morde le unghie ed evita il suo sguardo lo fa sentire parecchio preoccupato. E lo sa che qualche volta crolla anche lui, quelle sere in cui si presenta davanti a casa sua e lui lo fa entrare senza chiedere spiegazioni -perché sa e non c'è bisogno che Harry gli dica nulla, gli basta uno sguardo e lo fa stendere sul letto, un sorriso e gli bacia la fronte, un 'Grazie, Lou' e gli fa poggiare la testa sul suo petto, gli sussurra che 'andrà tutto bene, piccolo, ci sono io qui' e si addormenta cullato dal suo respiro caldo e regolare.
“Perché non vai d'accordo con tua madre, Harry?” lo chiede all'improvviso, Louis, senza aver davvero realizzato quello che stava per dire.
Harry è spiazzato e confuso, perché in un anno intero Louis non gli ha mai fatto domande e lui non può dirgli il motivo del suo non-rapporto con la madre.
Però poi pensa che quel ragazzo dagli occhi blu non l'ha mai giudicato ed è sempre riuscito a capirlo meglio di chiunque altro, perciò magari potrebbe provare a mettere da parte la paura e dirgli tutto.
“Haz...” e quando Harry lo guarda negli occhi capisce che sì, ha bisogno di dirlo a qualcuno e lui è l'unica persona di cui si fidi davvero. Perciò gli dirà che circa quattro anni fa ha capito di essere omosessuale, che sua madre ora lo odia per questo e che non l'ha mai detto a nessuno. Ovviamente tralascerà il fatto che -forse, probabilmente, ancora non lo sa- prova qualcosa per lui.
Ed è più che deciso a buttare tutto fuori, Harry, quando si ricorda improvvisamente che ha un piccolo regalo per lui. Allora la sua testa si svuota e il suo viso si illumina, fa segno a Louis di aspettare e comincia a cercare nella tasca interna della sua giacca di pelle.
“Tieni” Louis arriccia il naso nella sua solita impressione buffa, per poi prende la scatolina di velluto nera che gli ha porto Harry.
Quando la apre tutto ciò che riesce a fare è spalancare gli occhi e continuare a fissarla, perché una cosa del genere non se l'aspettava davvero.
“Io non ti ho fatto niente, però” si limita a sussurrare, mentre il suo sguardo serio è ancora puntato sulla collana.
“Veramente l'ho comprata quando ho comprato la mia e avevo pensato di dartela subito, solo che poi non ho mai trovato l'occasione giusta e allora...” Louis sorride, perché sa che quando Harry è nervoso parla a macchinetta e adesso lui dovrebbe dirgli qualcosa del tipo 'grazie, Haz, è bellissima' per tranquillizzarlo, ma l'unica cosa che riesce a fare è pensare 'Harry mi ha regalato una collana uguale alla sua Harry mi ha regalato una collana uguale alla sua Harry mi ha regalato una collana uguale alla sua'.
“Ho pensato che sarebbe stato carino, sai, avere qualcosa che... ci legasse, ecco.”
“E'... grazie, piccolo” Louis gli si lancia letteralmente addosso e lo stringe forte, tanto forte che ha quasi paura di fargli male. Ma Harry ricambia la stretta con la stessa forza e allora lui sorride, perché sente di non essere mai stato tanto felice in vita sua. E ammette per la prima volta che no, quello che prova per quel ragazzo non può decisamente essere solo amicizia.
Harry lo aiuta a mettere la collana, mentre Louis continua ad alternare lo sguardo dai suoi occhi grandi e verdi al piccolo ciondolo a forma di aereoplanino -gli sa tanto di loro, quella collana così semplice e bella al tempo stesso, che pensa che resterà a guardarla per parecchio tempo.
“Ti piace?”
“Tantissimo.”
“Sono contento. Avevo paura che la considerassi una cosa troppo smielata.”
“In effetti in questo momento sembriamo una coppietta al primo anniversario di fidanzamento, però mi piace comunque.”
Ride, Louis, ed Harry si perde a guardare le rughette adorabili che si formano intorno ai suoi occhi socchiusi, le labbra sottili e perfette che si increspano in un sorriso meraviglioso, la sua mano destra che si avvicina pericolosamente alla sua. E il suo movimento è quasi impercettibile, tanto che si accorge si essersi effettivamente mosso solo quando le loro pelli si sfiorano e sente le sue dita bruciare al contatto.
“E comunque non hai risposto alla mia domanda, Haz.”
“Quale domanda?”
Louis rimane in silenzio per qualche secondo, con l'aria indecisa di chi non sa cosa sia meglio fare. Poi però pensa che lui ed Harry si conoscono da un anno e che ormai sono diventati indispensabili l'uno per l'altro, e allora Haz non dovrebbe avere paura di parlargli ed aprirsi con lui.
“Perché tua madre sembra-”
“Sembra che mi odi?”
“Esatto.”
“Perché mi odia.”
Louis sospira, prima di sussurrare di nuovo un “Perché?”
Harry muove la testa a destra e sinistra quasi come a voler scaricare i nervi, poi alza il volto e posa lo sguardo in quello del suo migliore amico. I suoi occhi sono impauriti ma anche determinati, e Louis pensa di non aver mai visto niente di più bello in vita sua.
“Ci siamo trasferiti a Doncaster perché lei si vergognava di me” il suo è un sussurro spezzato, ma Louis capisce che sta per continuare e rimane in ascolto “Ad Holmes Chapel tutti mi prendevano in giro e mia madre non sopportava che il suo unico figlio si fosse dichiarato-”
Harry si blocca all'improvviso e il suo sguardo si fa sempre più impaurito, tanto che Louis sta per dirgli di lasciar stare, che a lui va bene se ha bisogno di altro tempo.
“Gay” glielo dice in un sospiro e ad occhi chiusi, Harry, così piano che Louis per un attimo pensa di esserselo solo immaginato.
“E perché cazzo non me lo hai detto prima?”
Ed è arrabbiato, Louis, arrabbiato come non lo è mai stato in vita sua, perché se Harry ha avuto il coraggio di dirglielo solo dopo un anno vuol dire che non si fida -che tutto quello che ha fatto per lui non ha significato niente.
Così si alza di scatto e comincia a camminare nervosamente verso lo scivolo mezzo rotto del parco, mentre sente Harry sospirare e seguirlo -come se avesse previsto una reazione del genere, come se sapesse fin dall'inizio come sarebbe andata.
Louis sale le scalette e per poco non sbatte la testa, poi si siede e allunga le gambe sulla lastra d'acciaio piena di disegni e scritte.
“Lou” sente il sussurro di Harry arrivare più forte che mai ma non risponde, perché in questo momento vorrebbe solo urlargli contro e gli serve qualche minuto per calmarsi.
“Mi dispiace, Lou. Ma mia madre non voleva che lo dicessi a nessuno e io avevo paura che non sarebbe stata la stessa cosa.”
“Dovevi solo fidarti, Harry.”
“Io mi fido di te, Lou, solo di te.”
“Non dire cazzate!” Harry sobbalza all'urlo del suo migliore amico ma non si scompone, perché sa che sta per scoppiare e vuole -deve- lasciarlo fare.
“Temevi che ti giudicassi? Bhe, notizia dell'ultima ora, Harry, io non sono così! E se avevi paura che mi avresti fatto schifo significa che in un anno non hai capito un cazzo di me!”
“Non avevo paura di farti schifo, Boo-”
“Non chiamarmi Boo!”
“Non avevo paura di farti schifo, Louis” ripete Harry, con quel suo solito tono pacato che ora per Louis è la cosa più fastidiosa del mondo “Solo che... Magari se te l'avessi detto un anno fa non saremmo arrivati a questo punto.”
“Magari in questo momento penserei che ti fidi davvero di me.”
“No. Magari mi avresti guardato con occhi diversi ed ora non saremmo così legati.”
“No no e no! Io ti conosco meglio di chiunque altro, Harry, abbastanza da dire che avevi paura.”
Finalmente Louis si gira, e per Harry ritrovare i suoi occhi è come tornare a respirare dopo minuti di apnea. E anche se il suo sguardo è arrabbiato lui lo sa che tutto tornerà come prima, perché il loro legame è forte e Louis gliel'ha detto tante volte che non permetterà mai che venga spezzato.
“Mi dispiace, Lou.”
“Di cosa? Di non esserti fidato?” Ora anche la voce di Louis è più bassa, ma Harry lo capisce dalle sue labbra strette in una linea rigida e dai suoi occhi più scuri del solito che no, non si è calmato per niente.
“Se non mi fidassi non te l'avrei detto neanche ora, no?”
“Se non te l'avessi chiesto non me l'avresti mai detto.”
“Io mi fido di te, Boo” ripete Harry, perché sa che Louis ha ragione ma sa anche che lui è l'unica persona in cui abbia mai avuto veramente fiducia.
“Lo so” Louis sospira ed annuisce, poi abbassa lo sguardo su quelle mani che tante volte hanno suonato per Harry canzoni bellissime al pianoforte -lui non ricorda mai i nomi dei musicisti e delle melodie, però ricorda perfettamente che Louis prima del suo arrivo a Doncaster aveva smesso di suonare ed ha ricominciato solo per lui.
“Mi dispiace.”
“Lo so.”
“Ti voglio bene, Lou. Tantissimo.”
“Lo so.”
“Potresti dire qualcosa di diverso?”
“Ti voglio bene anch'io.”
“Bene.”
“Tantissimo.”
“Bene.”
“Ma in questo momento vorrei picchiarti.”
“Già. Lo so.”
“Non ridere.”
“Scusa.”
Il sorrisetto quasi compiaciuto di Harry scompare all'istante, mentre Louis sospira e si lascia cadere con la schiena poggiata sul legno rovinato dello scivolo.
Le loro mai si sfiorano di nuovo, ma questa volta Harry poggia completamente il suo palmo enorme su quello piccolo di Louis. Lui gli sorride e aumenta la forza della stretta, per poi reclinare la testa all'indietro e chiudere gli occhi.
Non è più arrabbiato, Louis, però ha questa strana sensazione alla bocca dello stomaco che proprio non vuole andarsene. La verità è che da un po' di tempo ha cominciato -forse- a capire come si sente Harry.
Perché lo sa, Louis, che ciò che prova per quel ragazzo che ora gli sta tenendo la mano non è solo amicizia -è molto di più, Louis, è molto di più.
“Haz...”
“Dimmi.”
“Penso di provare qualcosa per te” glielo dice all'improvviso e senza filtri, come se fosse la cosa più semplice e naturale del mondo. Il cuore di Harry salta un bel po' di battiti e i suoi occhi si spalancano leggermente, poi però prende un respiro profondo e si costringe a rimanere calmo.
Dopo qualche secondo di silenzio sente Louis avvicinarsi, così si volta verso di lui e lo guarda.
E io suoi occhi sono sempre gli stessi -così dannatamente meravigliosi e profondi e blu-, le sue labbra sono rosse e sottili come al solito, le sue mani sempre piccole calde e confortanti. Eppure sembra tutto così diverso, ora, sullo scivolo del parco che li ha visti conoscersi e scoprirsi per la prima volta, che Harry quasi ha paura.
E se Louis adesso fosse solo sconvolto per quello che gli ha detto? Se quello che dice di provare non fosse vero? Se la loro amicizia si spezzasse, poi lui come farebbe ad andare avanti?
Ma è mai stata solo amicizia, Harry?
La bocca di Louis è sempre più vicina, ed Harry sa che se non vuole rovinare tutto deve scansarsi, sorridergli e tornare a casa come fanno sempre. Però i suoi occhi sembrano così determinati e il colore acceso delle sue labbra è così invitante, che non può fare a meno di avvicinarsi un po' anche lui.
E quando le loro labbra si sfiorano non sembrano neanche accorgersene, perché i loro occhi non hanno interrotto il contatto visivo neanche per un secondo e il contatto è talmente leggero che quasi pensano che sia solo frutto della loro immaginazione.
“E' quasi l'una e domani dobbiamo andare a scuola. Forse è meglio tornare a casa.”
“Sì” Louis gli sorride e annuisce, per poi scendere le scalette e avviarsi verso il cancello del parco. Harry lo segue in silenzio, perché l'atmosfera si è fatta pesante e lui non sa proprio cosa dire per spezzare l'imbarazzo.
Arrivano alla villa di Louis senza scambiarsi neanche una parola, ma quando lui sta per entrare Harry sente un vuoto enorme che gli si apre all'altezza del petto e non riesce ad andarsene senza avere anche un piccolo contatto.
Perciò gli sfiora la mano con un dito e gli sorride, per poi sussurrargli un 'buonanotte' e voltarsi.
Non fa neanche in tempo a muoversi, però, che Louis lo afferra non troppo delicatamente per un braccio e lo fa girare di nuovo verso di lui, poi si alza sulle punte e gli si butta letteralmente addosso. Harry sente le sue braccia piccole e non troppo muscolose avvolgergli il collo, così sospira e si lascia andare all'abbraccio. Ricambia la stretta poggiando le mani sulla vita stretta del suo non-sa-cosa, poi gli lascia un piccolo e delicato bacio sulla guancia e si stacca.
“Buonanotte, Boo.”
“'Notte, Lou.”
E non sa perché, Harry, forse per quell'abbraccio, per quella buonanotte appena sussurrata o per quell'espressione malinconica sul volto di Louis, ma questa gli sa tanto di ultima volta.

 
***

 
Doncaster, mercoledì 13 aprile 2016

 
Corri, Harry, corri.
Continua a correre, Harry, continua a correre.
Altri cinque secondi -solo altri cinque secondi.
 
Corre, Harry, perché di arrivare di nuovo in ritardo alla lezione del professor Jackson non se ne parla proprio. In letteratura fa schifo e l'ultima sufficienza che ha preso risale a circa un mese prima, perciò deve assolutamente sbrigarsi.
Peccato che il karma ultimamente ce l'abbia a morte con lui, perché proprio quando sta per girare l'angolo e l'aula di letteratura è a pochi metri di distanza, va a sbattere contro qualcosa di robusto e cade per terra.
Si lascia sfuggire un “oops”, prima di alzare lo sguardo e accorgersi che quel qualcosa, in realtà, è un qualcuno che conosce molto bene.
“Ciao” Louis sorride, e la prima cosa che pensa Harry è che i suoi capelli sono un po' più lunghi, ma la sua voce è sempre la stessa e i suoi occhi hanno ancora il colore di quando li ha guardati l'ultima volta.
Perché non si sbagliava, Harry, quando gli è sembrato che quella sera fosse l'ultima. Infatti per la settimana successiva Louis non si era presentato a scuola per un'influenza intestinale, mentre nei seguenti trentaquattro giorni, tre ore e cinquantadue minuti si erano accuratamente evitati l'un l'altro.
Harry aveva conosciuto un certo Grimmy -un tizio appiccicoso fastidioso e anche tremendamente noioso che aveva preso a stalkerarlo da circa due o tre settimane-, mentre Louis continuava a fuggire dai tentativi di corteggiamento di Eleanor Calder.
Tutto come prima, insomma. Tranne per il fatto che praticamente non si rivolgevano più neanche uno stupido 'ciao'.
“Dove correvi?” Ad Harry questo sembra un inutile e doloroso déjà vu, per questo sussurra un 'a lezione' e fa per superare il corpo minuto e formoso di Louis. Però non ha considerato il fatto che il più grande è sempre stato più agile di lui -che invece è un enorme imbranato-, perciò quando gli si piazza di fronte neanche se ne accorge.
Harry potrebbe superarlo con un semplice movimento della gamba, ma sente che deve rimanere lì, perché quella voce e quegli occhi gli sono mancati davvero troppo per poter scappare di nuovo.
“Ormai sono le nove e trentadue del mattino, Haz, e la lezione è quasi finita.”
“Lo so.”
“Perché non mi fai compagnia al bar, allora?”
“Perché non ne ho voglia.”
Louis sorride, perché Harry gli è mancato talmente tanto che non può farne proprio a meno. E lo sa che evitarlo è stato stupido, solo che aveva bisogno di tempo per capire bene i suoi sentimenti e continuare ad essere il suo finto migliore amico non avrebbe aiutato.
Però poi il giorno prima lo aveva visto mentre cercava di scappare da un ragazzo con in testa un ciuffo nero e in faccia un'aria da deficiente, e allora quella fitta dolorosa allo stomaco gli aveva fatto capire che in realtà il tempo non sarebbe servito a niente.
“Hai già preso il tuo caffè?”
“No, infatti rischio di addormentarmi così se non mi fai passare.”
“Se hai sonno accompagnami, no? Io devo ancora prendere il mio tè.”
“Louis.”
“Sì?”
“Che stai facendo?”
“Sto per offrirti un caffè.”
Louis lo prende per mano e lo trascina fino al bar della scuola, ed Harry è davvero troppo stanco per riuscire ad opporsi -o forse non vuole, forse quelle mani gli sono mancate così tanto che rifiutarsi di toccarle sarebbe un peccato da pagare con la pena di morte.
Quando le loro solite ordinazioni arrivano nessuno dei due ha ancora parlato, però i loro occhi si sono incontrati talmente tante volte che Louis potrebbe giurare di aver capito tutto ciò che Harry ha fatto nei trentaquattro giorni in cui si sono evitati -una delle cose che sicuramente non ha fatto è dormire, perché ha delle occhiaie talmente grandi che neanche un quintale di correttore riuscirebbe a coprirle.
“Mi dispiace, Haz” se ne esce così, Louis, come un fulmine a ciel sereno, e sa che dovrebbe assolutamente smettere di essere così impulsivo e tapparsi la bocca una volta ogni tanto -anche perché l'ultima volta che ha parlato senza pensare, poi ha perso il suo migliore amico.
“Già. Anche a me.”
“Avevo bisogno di... pensare, credo.”
“E cos'ha elaborato la tua mente in questo periodo?”
“Ho capito che non posso starti lontano.”
“Non sembra.”
“E quando ti ho detto di provare qualcosa per te dicevo sul serio.”
“Wow.”
“Smettila.”
“Di fare cosa?”
“Di comportarti come se non ti importasse di nulla.”
“Tu l'hai fatto per un mese.”
“Non addossarmi tutta la colpa, Harold. L'hai fatto anche tu.”
“Non chiamarmi Harold.”
Louis sospira e abbassa lo sguardo, perché sa che ora per riacquistare la fiducia di Harry ci vorrà il doppio del tempo che ha impiegato la prima volta, ma è deciso a volerci provare fino in fondo -gliel'ha detto tante volte che il loro legame non si sarebbe mai spezzato e lui non permetterà che avvenga una cosa del genere.
Harry fa vagare il suo sguardo sul corpo minuto di Louis, soffermandosi sulla barba incolta che ha sempre amato, gli occhi blu leggermente più scuri e tormentati di come se li ricordava, le labbra ancor più invitanti del solito. Poi i suoi occhi cadono sulla collana che ha appesa al collo, quella uguale alla sua, la stessa che lui gli ha dato quella sera nel loro posto. E pensa che no, non deve finire così, non può finire così -non può finire e basta.
Così quando Louis alza il volto e i loro occhi si incontrano di nuovo gli sorride, perché non è mai stato bravo con le parole e non sa proprio cosa dire per poter rimettere insieme i pezzi. Quando lui ricambia, però, pensa che forse non c'è niente da rimettere insieme, che forse loro non si sono mai veramente allontanati -che certi amori si perdono solo per ritrovarsi più forti di prima.
“Forse potremmo riprovarci... tu ed io insieme.”
Louis si immobilizza per un attimo, perché una cosa del genere dal suo Harry proprio non se l'aspettava e ora non sa cosa dire. Alla fine decide di rimanere in silenzio per evitare di fare qualche casino, e l'unica cosa che riesce a fare è poggiare la mano sulla sua ed annuire.
E sa che quel 'tu ed io insieme' è diverso da quello che Louis ha pronunciato mesi prima ad un ragazzo che voleva scappare da una vita ingiusta. Sa che è diverso perché negli occhi di Harry ora riesce a vedere solo amore -e si chiede se sia mai riuscito a vederci qualcosa di diverso, dentro quell'immensa distesa di verde.

 

 
***

 
Doncaster, venerdì 23 dicembre 2016

 
A Doncaster quest'inverno fa freddo, tanto che Louis non si ricorda di aver mai sentito un gelo del genere in quasi vent'anni di vita.
Perciò si stringe ancora nel suo cappotto verde scuro, mentre lui ed Harry cercano di arrivare puntuali all'appuntamento con i loro amici -non che ci siano mai riusciti, ovviamente, solo che ogni volta a casa Harry lo distrae e lui non può fare altro che assecondarlo.
Arrivano al solito Black Rock dopo circa dieci minuti di camminata, quando Liam, Niall e Zayn sono lì da circa mezz'ora.
Li salutano con un sorriso colpevole e si siedono al tavolo che è il loro da circa nove mesi.
Nove mesi strani, in realtà, perché Zayn e Liam sembrano sempre più eccessivamente complici ed Harry e Louis non sanno che pensare di quell'amicizia che sembra tanto la loro. Niall invece sta con una certa Britt, una moretta dall'aria simpatica e gli occhi blu quasi quanto quelli di Louis -quasi.
“I piccioncini ci hanno onorato della loro presenza.”
“Non rompere le palle, Zay.”
“Lou!”
“Che c'è?!”
“Non dire parolacce, per favore.”
“Liam Payne, il solito santo puritano.”
Harry e Niall si ritrovano a ridere insieme, come ogni volta che Louis, Zayn e Liam aprono questi siparietti da commedia comica.
Questi nove mesi sono stati strani ma anche tremendamente belli, perché Louis ed Harry stanno finalmente insieme e -tra litigate e scazzottate- la loro relazione non potrebbe andare meglio di così.
“Ehi, Lou, domani è il tuo compleanno.”
“Grazie per il promemoria, Nì.”
“Ti chiederei di festeggiarlo qui se non sapessi che tu ed Harry volete stare da soli.”
“Sì, bhe, in realtà ho già organizzato, Lì. Ma grazie comunque per l'invito.”
Harry sorride imbarazzato -parlare di queste cose con i suoi migliori amici non lo mette proprio a suo agio-, ma si rilassa quando sente la mano del suo fidanzato posarsi sulla sua gamba sotto il tavolino. Louis sorride a mezza bocca e gli schiaccia l'occhiolino, e lui si chiede com'è possibile che quel ragazzo -il suo ragazzo, tra l'altro- diventi ogni giorno più bello.
“Bene, ragazzi, io vado a farmi una partita a biliardo.”
“Attento a non perdere come l'ultima volta, Nì.”
“Fanculo, Zayn.”
“Ti voglio bene anch'io.”
Louis ride -di nuovo-, perché non farlo è semplicemente impossibile. L'atmosfera è così bella, così familiare, così loro e basta, che si sente per la prima volta al posto giusto, vicino alla persona che ama e ai suoi migliori amici.
“Andiamo a ballare, Lì?”
“Lo sai che sono un pessimo ballerino.”
“E che ti importa? Ci divertiamo!”
Liam sbuffa un 'ok', prima di farsi trasportare in pista da Zayn e il suo entusiasmo e cominciare a muoversi impacciato a ritmo di musica. Louis li guarda mentre si lasciano sfuggire qualche sorriso e qualche contatto ti troppo ed è sempre più convinto che no, quella non può essere solo amicizia.
Poi però lascia stare i suoi pensieri e torna a guardare Harry -non ci riesce a stare per più di un minuto senza perdersi nei suoi occhi e ormai ci ha fatto l'abitudine. Lui lo sta già guardando, perso nelle sue riflessioni intricate come sempre, e Louis gli passa una mano davanti al volto come per risvegliarlo.
Gli sorride, Harry, con uno di quei sorrisi da mozzare il fiato che ogni volta gli fanno venir voglia di baciarlo e non staccarsi più.
“Ti amo, Lou.”
In nove lunghi e bellissimi mesi, Louis ha scoperto che anche il riccio sa essere impulsivo quando vuole.
E questa è una di quelle volte in cui Harry si maledice e si dà dello stupido, perché si era impegnato così tanto per aspettare e dirglielo il giorno del suo compleanno con tanto di cena e torta fatti in casa, che ora, in un insignificante bar in mezzo a gente ubriaca e sudata, non gli sembra proprio il momento adatto.
Però a Louis certe formalità non importano, e poi lui lo sapeva già che Harry lo ama -lo legge nei suoi occhi e nei suoi gesti ogni giorno-, e sa anche che l'amore che sente potrebbe esplodergli dentro da un momento all'altro tanto è grande.
“Ti amo anch'io, Harry.”
E in questo momento Harry e Louis, con le loro labbra a modellarsi a vicenda e a curarsi ogni ferita, sentono che non avranno mai più bisogno di scappare. 
 


***
Salve a tutti!
Innanzi tutto volevo scusarmi con chi segue la mia long Delena perché non aggiorno da tipo tre settimane. 
Mi dispiace tanto, davvero, ma ultimamente ho talmente tanti problemi che il tempo di scrivere diventa pochissimo.
E vorrei farlo più spesso perché è l'unica cosa che mi fa stare meglio, però ho una mezza-famiglia a cui pensare e tutto il resto passa in secondo piano. Vi prometto che cercherò di correggere il capitolo e pubblicarlo al più presto. 
Anyway, questa piccola One Shot senza pretese è nata in una delle mie tante notti insonni e durante una lezione particolarmente noiosa di greco. Non è originale né scritta particolarmente bene -anche perché è nel mio computer in attesa di essere corretta da tipo due mesi e mezzo-, ma spero vi piaccia comunque.
Un bacio grande e alla prossima, 
Lils,

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: fearlesslouis