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Autore: Nerys    13/04/2015    3 recensioni
Quanto avevo aspettato per avere quel marchio? Giorni? Mesi? Anni! Ed ora, finalmente l'avevo ricevuto... Da adesso in avanti la mia vita avrebbe avuto uno scopo e sarei potuta restare al suo fianco, rendendomi utile ai suoi occhi!
{Partecipa al contest "Un segno zodiacale per una storia" indetto da Aurora_Boreale_ con il prompt Gemelli.}
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Twins

 

«Steph! Smettila di guardarlo, sembra che tu non abbia mai visto un tatuaggio in vita tua…» sospirò esausta Alice, mentre spostava l’ennesimo scatolone dentro la sua nuova camera da letto.

Sbuffai contrariata e ricoprii con la manica della maglia il segno che mi avevano tatuato da meno di ventiquattro ore. Non riuscivo ancora a crederci… Finalmente per i miei vent’uno anni ero riuscita ad averlo! Erano anni che lo aspettavo con impazienza ed ora non ero più capace di staccargli gli occhi di dosso! Ma questo Alice non poteva capirlo…

Per lei era solo un innocuo ed insensato tatuaggio… Mentre per me, per la mia famiglia, aveva un grande significato.

Mi sdraiai meglio sul letto della mia amica e la guardai rassegnata, mentre cercava di dare un posto a tutte le sue cose nella nuova camera. Da quello che potevo vedere ne avrebbe avuto ancora per un bel po’. Era una persona troppo pignola. Ogni volta che trovava un’ipotetica disposizione, finiva per spostare di nuovo tutto.

«Sai…» disse Alice attirando la mia attenzione. «Quando ti ho chiesto di venire da me a darmi una mano per risistemare la roba dopo il trasloco… Non mi aspettavo che passassi tutto il tuo tempo svaccata sul mio letto a fissare il vuoto. Speravo che ti saresti offerta di aiutarmi…» affermò schietta incrociando le braccia al petto e fissandomi intensamente.

Ricambiai il suo sguardo arricciandomi una ciocca di capelli intorno ad un dito. «Cosa stai facendo?» le domandai con l’espressione più innocente del mondo. «Aspetto…» rispose lasciando volutamente la frase in sospeso. «Cosa?» le domandai, ben sapendo dove volesse andare a parare.

«Che ti offra!» affermò con sguardo falsamente arrabbiato.

Era stato sempre così fra me e lei… Non c’era occasione che noi non battibeccassimo per qualcosa o ci facessimo qualche dispetto. Questa non era certo la prima volta…

La settimana precedente eravamo nel mio appartamento e quella ragazza si era messa in testa di fare una buonissima e splendida torta…

Il risultato?

Sembrava che fosse esplosa una bomba a base di farina, zucchero e sale nella mia cucina. Tutto, pavimento e mobilio compresi, erano passati dal nero pece al bianco neve… Avevo passato una giornata intera a pulire quel casino e mi ero appuntata di non farle mai più mettere piede in quella stanza!

Tenendo conto di tutto ciò… Il fatto che io stessi sdraiata in panciolle sul suo letto con i piedi appoggiati casualmente sul suo cuscino guardandola lavorare, era il minimo, contando tutte le idee che mi erano passate per la mente, ma che avevo deciso di accantonare perché troppo concentrata sul mio tatuaggio.

Inclinai il volto e guardai la camera ormai quasi ultimata. Non le mancava più tanto, se non contavamo anche i quattro scatoloni nel corridoio ed i due sotto nel salotto… «Te la stai cavando perfettamente anche da sola.» mentii spudoratamente con un sorriso. Era già pronta a ribattere con una delle sue solite tiritere quando partì la suoneria di un cellulare.

«Salvata in corner!» esclamai vittoriosa rispondendo al telefono. «Qui, Steph… Sì, certo. Cinque minuti e sono lì.» risposi più che entusiasta.

Chiusi la chiamata e vidi Alice guardarmi rassegnata. «Mi dispiace. Questione di vita o di morte.» mi giustificai avvicinandomi alla finestra aperta. «Ci sentiamo domani.» dissi sedendomi sul davanzale e saltando nel vuoto.

 

La porsche nera si fermò a qualche metro dalla casa di Alice. Senza dire una parola aprii la portiera posteriore e salii.

«Stephanie… È inconcepibile che ti dobbiamo sempre venire a cercare.» affermò infastidita una voce maschile. Maximilian era l’unica persona a chiamarmi con il mio nome di battesimo, a suo parere, era troppo volgare storpiare o abbreviare nomi.

Senza rispondergli mi sporsi verso di lui, portandogli una mano dietro il collo ed avvicinandolo. Immediatamente il suo sguardò cadde sulle mie labbra, che leccai di proposito. I suoi occhi si scurirono ed inconsciamente si avvicinò, lasciando a dividerci solo lo spazio di un respiro. Non indugiai oltre e colmai la distanza, baciandolo con forza e godendomi quell’attimo rubato. Sapevo già che dopo un primo momento di spaesamento, mi avrebbe allontanata.

Lo faceva tutte le volte.

Amavo stuzzicarlo e metterlo a disagio, ma, soprattutto, amavo lui e questo era l’unico modo a mia disposizione per averlo… Perché per lui non ero altro che una parente di trentesimo grado che non aveva di meglio da fare che creare problemi alla famiglia con il suo carattere volubile e capriccioso.

Già…

Io e l’uomo al mio fianco eravamo parenti, anche se tanto distanti da non avere più un solo gene in comune. Nessuno avrebbe immaginato una parentela tra di noi. Non ci somigliavamo per niente, non avevamo nulla in comune: lui era alto, io bassa, lui aveva i capelli biondo cenere ed io li avevo castani con le punte viola, lui aveva degli splendidi occhi verdi ed io degli accessi occhi azzurri…

Eravamo diversi come il giorno e la notte, ma nonostante ciò eravamo I Gemelli

Non gemelli nel senso: figli della stessa madre… Un altro tipo di gemelli.

Nella nostra famiglia ad ogni nuova generazione nascevano sempre due bambini lo stesso giorno alla stessa ora, non era una semplice coincidenza, ma un avvenimento che si susseguiva da secoli ormai. Si tramandava che ciò fosse dovuto ad una benedizione, ma io non ne ero totalmente certa.

Questi due bimbi venivano scelti per portare avanti gli affari di famiglia, non solo nell’ambito sociale ed economico, il loro compito principale riguardava un altro campo…

Con un movimento deciso Maximilian mi afferrò per le spalle e mi allontanò. «Smettila Stephanie. Sono esausto di questo tuo comportamento.» mi attaccò con voce infastidita, avvicinandosi alla portiera per mettere più distanza fra di noi.

Come se fosse possibile all’interno di un’auto…, pensai divertita dal suo comportamento e per niente offesa dalle sue parole. Non lo pensava davvero e ne era la dimostrazione il fatto che si leccò più volte le labbra, quasi a volersi imprimere il mio sapore.

«Di cosa si tratta stavolta?» domandai stiracchiandomi contro il sedile della porsche.

Maximilian mi lanciò un fascicolo pieno di fogli come risposta alla mia domanda. «Che ne dici di un bel riassunto?» gli chiesi sventolando la cartellina.

Mi rivolse un’occhiata accigliata, ma non controbatté. «Sappi solo che a minuti saremo arrivati.» rispose prima di voltarsi a guardare fuori dal finestrino, ignorandomi platealmente. Non intendevo così breve…

 

«Ancora un cimitero…» sbottai irritata. «Ma perché non ci capita mai una bella villetta? Mi accontenterei anche di una semplice casetta a schiera! Sono stufa di lapidi da ogni parte!»

Maximilian non si scompose e si mise subito al lavoro, attraversando le tombe con un eleganza invidiabile, non lasciandomi altra scelta che seguirlo. Lo ritrovai fermo davanti ad un albero a fissare qualcosa a pochi passi da lui.

Aveva una forma umanoide dalla pelle bordeaux e i piccoli occhi gialli che ci fissavano malevoli, la bocca piegata in un ghigno pieno di denti affilati e giallastri ed infine due corna che gli uscivano dalla testa. «Ailim fegli fhort werval…» sussurrò con voce gutturale in una lingua sconosciuta. Demone…

Inclinai il capo e lo studiai per qualche secondo prima di spostare la mia attenzione sul ragazzo al mio fianco. «Non sembra troppo potente…»

«Questo non significa che lo devi sottovalutare.» mi redarguì con un tono serio, mentre valutava attentamente il nemico, stavo per aggiungere altro, ma quello si lanciò letteralmente addosso a noi, costringendomi ad allontanarmi con uno scatto laterale. Peccato che quel demone sembrava avermi preso proprio di mira, perché si girò subito e ripartì all’attacco verso di me.

Lo scartai e presi lo slancio da terra per un salto mortale all’indietro, atterrando proprio in cima ad una lapide, mentre il demone rimase immobile a fissarmi con una smorfia diabolica.

Era veloce, ma io non ero da meno, non a caso ero la personificazione di Castor*. Prima che potesse attaccare di nuovo, Maximilian gli fu addosso e lo mandò a sbattere contro un enorme statua raffigurante un angelo.

«Iniziamo?» gli domandai quando mi raggiunse. Lui rispose con un semplice cenno del capo.

Senza attendere un minuto di più gli afferrai le mani con le mie. «Castor, gemello mortale appartenente all’oscurità, io ti invoco. Concedimi l’arma dell’Ade.» recitai, dopo di che Maximilian scomparve e tra le mie mani apparve una lunga falce.

Un grugnito poco lontano attirò la mia attenzione ed ecco che vidi sfrecciare nella mia direzione un pezzo del busto della statua. Non persi la calma e mantenni la mia posizione, limitandomi a far roteare con un gesto fluido della mano la falce, con la quale tagliai il marmo in due.

Il demone ruggì infuriato ed io non potei trattenere un ghigno, facendo aumentare la sua furia. Così era quasi troppo facile…

Allungai una mano verso di lui e gli feci cenno di avvicinarsi.

Le azioni successive furono piuttosto frenetiche. Lui si lanciò contro di me, ma lo schivai ancora una volta e con un’altra rotazione del polso tagliai di netto l’essere diabolico. «Rilascio…» sussurrai. All’istante la falce si dissolse e Maximilian comparve ancora un volta al mio fianco. «Non ti resta che finirlo.»

Senza farselo ripetere due volte mi afferrò le mani. «Pollux**, gemello immortale discendente di Zeus, io ti invoco. Concedimi la tua arma forgiata nell’Olimpo.» recitò. In un istante persi la percezione del mio corpo, trasformandomi nella sua arma. Una lancia benedetta.

In due passi fu vicino al demone e con due rapidi gesti trafisse ciò che rimaneva di lui, purificandolo.

 

Stupefacente, pensai mentre mi accomodavo meglio contro il sedile dell’auto.

L’adrenalina mi scorreva ancora nelle vene al solo pensiero che nel giro di mezz’ora avevamo distrutto una creatura demoniaca senza alcuna difficoltà. Da ora in avanti questa sarebbe stata la nostra vita, una caccia continua…

 Abbassai lo sguardo sul mio braccio e rimirai il tatuaggio che spiccava sulla pelle, il segno zodiacale dei gemelli, il nostro marchio.

Spostai lo sguardo su Maximilian, intento a studiare già nuovi fascicoli; con un leggero movimento mi avvicinai a lui e posai la testa sulla sua spalla. Non fece una piega, permettendomi di stargli vicina per una volta. Diedi una breve occhiata al suo viso in cerca di fastidio, ma sembrava rilassato. Ne approfittai e mi strinsi un po’ di più al suo fianco, sorridendo felice per questo piccolo, ma importante, cambiamento.

 

 

Facevamo parte dello Zodiaco, un’associazione di cacciatori di demoni…

Eravamo i suoi Gemelli.

 

 

Castor*: gemello mortale di Pollux, figlio di Leda e Tindaro, re spartano. Secondo il mito greco era un abile atleta e fu il vincitore della corsa nelle Prime Olimpiadi.

Pollux**: gemello immortale di Castor, figlio di Leda e Zeus. Secondo il mito greco era un pugile talmente abile da vincere le Prime Olimpiadi in tale categoria. Si tramanda che alla morte del gemello, abbia voluto vivere come il fratello un giorno sull’Olimpo ed uno nell’Ade. Mentre un altro mito riporta che ai due è stata concessa la possibilità di vivere in eterno come costellazione dei Gemelli.

 

 

Ciao a tutti!!!

Questa One-shot partecipa al contest “Un segno zodiacale per una storia” di Aurora_Boreale_ con il prompt Gemelli.

Ho cercato di dare un’interpretazione originale dello Zodiaco ed alla fine ho pensato di farlo diventare un’associazione di cacciatori di demoni. Spero che la storia vi piaccia. :)

Se avete tempo, fatemi sapere cosa ne pensate.

Kiss,

Nerys

   
 
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