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Autore: Mwotaji    13/04/2015    0 recensioni
Larry Stylinson.
Creata esclusivamente per portare a un ragionamento incentrato su una morale. Ho scelto i Larry poiché il loro é uno degli amori migliori che esistono, a mio parere.
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone né offenderle in alcun modo.
Mwotaji.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Not Allowed To Love

Il corridoio era gremito di studenti come ogni singolo giorno: chi con un quaderno in mano faceva i compiti di una qualche materia in fretta e furia probabilmente perché la sera precedente non aveva avuto il tempo o la voglia di applicarsi in quella determinata materia, chi conversava con gli amici, chi era ancora assonnato, con la testa appoggiata all'armadietto, chi rideva a crepapelle per un qualche motivo strano e chi, come Harry, era già in classe, seduto al proprio banco, ad aspettare l'inizio delle lezioni. Forse però Harry era l'unico a fare questa cosa e lo faceva ogni ogni giorno, di ogni settimana, di ogni mese, di ogni anno. Ogni mattina, qualche minuto prima della lezione, Harry entrava nella classe in cui si sarebbe tenuta la lezione di quella mattinata e si accomodava al suo solito banco, in prima fila. Quella mattina il  ragazzo si trovava nell'aula di algebra, come ogni mercoledì. Nessuno si era mai chiesto perché il ragazzo in questione si comportasse così; in realtà, però, nessuno se ne interessava. Harry non era il tipo di ragazzo che solitamente piace o che riesce a mostrarsi almeno simpatico. Non era un brutto ragazzo, anzi tutt'altro, ma si presentava male: i grandi occhiali neri gli coprivano gli occhi verde smeraldo e i capelli ricci erano sempre tenuti nascosti da un berretto grigio, anche quando si trovava in aula. La parte migliore di quel ragazzo, però, non si vedeva o meglio lui non la mostrava a nessuno. Il riccio aveva due splendide fossette agli angoli della bocca, ma non le aveva mai mostrate a nessuno da sei anni a quella parte. Questo perché Harry non sorrideva più da sei anni, da quando sua madre lo aveva lasciato, da quando suo padre lo aveva abbandonato, da quando tutti i suoi amici se ne erano andati. Harry era un bambino felice, ma da sei anni era cambiato. Come poteva un ragazzino di appena dodici anni sopportare la morte della madre? Come poteva vivere con un padre che lo incolpava di ciò? Non era stato facile, ma aveva resistito; non aveva sorriso più, però aveva resistito. Poi però era arrivato il liceo e lì la situazione di Harry era peggiorata maggiormente; non nello studio, in quello eccelleva sempre, bensì nel suo modo di relazionare. Il riccio aveva un unico amico quando iniziò il liceo, ma al terzo anno egli gli si era rivoltato contro. 'Perché?' direte voi. Perché Harry aveva finalmente avuto il coraggio di raccontare a quel suo amico di essere gay. E per questo era stato escluso, era stato isolato, era stato abbandonato persino da quello che prima riteneva il suo migliore amico. E da quell'anno si era ritrovato cosi: da solo, a resistere alla vita che gli era stata data, a sopravvivere cercando di affrontare il peggio. Spesso, però, non era semplice. Soprattutto se il peggio si chiamava Louis Tomlinson ed era il ragazzo di cui eri innamorato. Perché, si, Harry era innamorato, ma amava l'unica persona che non avrebbe mai ricambiato.
«Buona giornata ragazzi» così terminò il signor Miller, l'insegnante di algebra di Harry, per poi uscire dall'aula. La campanella suonò e la classe diventò vuota in un batter d'occhio. Solo Harry rimase al suo interno: egli non amava l'intervallo, non sapeva mai con chi trascorrerlo, perciò se ne stava rinchiuso nell'aula in cui era appena terminata la lezione e poi, ad un minuto dal suono della campanella che annunciava la fine dell'intervallo, si recava nell'aula in cui si sarebbe tenuta la lezione successiva. Quella volta però sapeva che non avrebbe fatto lo stesso, non avrebbe mantenuto il suo rito.
«Styles» una voce rimbombò nell'aula in cui vi era Harry e quest'ultimo, all'udire quel suono, non poté che irrigidirsi, come faceva ogni singola volta. Era un suono soave, la voce intonata, ma che suonava terribilmente crudele. Harry alzò lo sguardo verso colui che aveva parlato e quello fu lo sbaglio peggiore che potesse fare. Rimase incatenato a quegli occhi azzurri più del cielo, ma questo gli annebbiò i riflessi, così che non poté difendersi dal pugno che Louis gli sferrò. Ma, alla fine, era questo ciò che succedeva ogni volta che lui si trovava di fronte a Louis: Harry si imbambolava e il moro ne approfittava per calmarsi. Perché, per Louis, Harry era solo un giocattolo su cui sfogarsi, nulla di più. E questa era una delle cose che avevano portato il riccio a prendere la decisione di fare ciò che avrebbe fatto tra qualche minuto. E ci stava pensando proprio in quel momento; ogni volta che sentiva un calcio o un pugno o una ginocchiata pensava che di lì a poco sarebbe terminato tutto. Se ne sarebbe andato via, non avrebbe più sentito insulti, non si sarebbe più sentito solo né sbagliato. Perché era cosi che lo ritenevano tutti: sbagliato. Ma è davvero sbagliato amare qualcuno? Non importa se questo sia di un'altra razza o un'altra religione o dell'altro sesso, l'amore è amore ed è universale, nessuno dovrebbe essere giudicato per chi ama. Quale differenza c'è realmente fra un ragazzo etero ed uno gay? Due braccia, due gambe, un viso. Entrambi possono parlare, cantare, saltare, vivere. Entrambi possono amare, ma perché la scelta della persona che amano é discutibile? Perché se un uomo sceglie di amare una donna allora é accettato, ma se un uomo sceglie di amare un uomo allora viene definito sbagliato? Che poi scegliere non é il verbo esatto, perché l'amore arriva, non si sceglie. Arriva senza come, senza perché; arriva indipendentemente da sesso, religione o quant'altro.
La campanella che segnava il termine dell'intervallo distolse Harry dai pensieri che gli frullavano in testa pur di non pensare al male fisico che stava provando in quell'istante. Louis si fermò di colpo e uscì dall'aula, mentre Harry rimase a terra; si sollevò e, sotto lo sguardo del professore, uscì riluttante dalla stanza. Il corridoio era deserto, tutti gli studenti erano nelle loro classi. Tutti tranne Harry. Il riccio si stava trascinando verso l'armadietto numero cinquanta, quello di Louis, si appoggiò con la schiena ad esso e scivolò sul pavimento. Si guardò le braccia piene di lividi, poi si toccò il labbro superiore ormai rotto e l'occhio che sicuramente era nero. Gemette dal dolore, ma questo non lo fermò. Sapeva che quella era l'unica cosa che poteva fare, l'unica cosa che avrebbe messo fine a tutti i suoi problemi; perciò la fece. Si tastò le tasche in cerca dell'oggetto che desiderava; una volta preso, si alzò la manica sinistra della maglia e posizionò la lametta sul polso. Le lacrime scendevano dai suoi occhi, i suoi pensieri affollati su Louis e sulla sua famiglia, su ciò che avrebbero pensato tutti di lui. Si fermò per un attimo: non poteva andarsene cosi, senza un biglietto, senza lasciare nulla. Aprì, perciò, lentamente il suo zaino e ne estrasse un foglietto e una penna. Tutto ciò che riuscì a scrivere furono poche parole. Il biglietto così recitava: «L'amore è felicità, l'amore è essere felici nonostante tutto. L'amore, l'amore mio eri tu. Addio». Ed era proprio quella la parola che voleva dire da un po': addio. Scrisse «Louis» sul retro del foglio e poi si concentrò su un altro foglietto da lasciare alla sua famiglia; sapeva che non avrebbe più rivisto la sua sorellona. Scrisse un semplice «Mi dispiace, ti amo e mi mancherai» e poi un «Gemma» sul retro. Gemma, sua sorella. Le sarebbe mancata eccome, non le aveva mai dimostrato il suo affetti, ma lei lo sapeva, lo sapeva che Harry le voleva bene. Mise via la lettera e prese nuovamente in mano la lametta, prima di cambiare idea. Iniziò: un taglio, due tagli, cinque tagli, dieci tagli. Perse il conto e con esso perse anche la lucidità; gli occhi si fecero pesanti, le palpebre si chiusero. Il sangue uscì senza sosta dal suo polso e il buio prese posto nella sua mente, lasciandolo inerme, al suolo. E fu cosi che lo trovarono i suoi compagni di scuola, al termine della lezione: trovarono un corpo senza vita, privo della sua anima. Trovarono il ragazzo che tutti avevano disprezzato, che nessuno aveva mai conosciuto realmente, appoggiato all'armadietto di Louis con un biglietto poggiato al fianco. Fu il preside a porre il foglio al moro che, anche se sconvolto, prese a leggere. E gli si fermò il cuore. Era stato lui: lui aveva ucciso l'unica persona che lo aveva amato realmente. Perché, si, in quell'istante, leggendo quelle frasi Louis aveva capito ciò che aveva fatto, aveva capito ciò che provava: Louis aveva capito di amare Harry Styles, ma ormai era troppo tardi e nulla avrebbe riportato quel ragazzo indietro da lui.
La morale della favola? Prima di parlare fermatevi qualche secondo a pensare. Prima di agire riflettete su quello che state per compiere. Non tutto ciò che dite o fate è giusto; certo, ovviamente, tutti sbagliamo, ma pensateci un attimo: è giusto insultare qualcuno solo perché ama una persona del suo stesso sesso? Io non credo, io penso che l'amore sia amore sempre, che sia tra un uomo e una donna oppure tra due uomini o tra due donne. Fermatevi un attimo a pensare a questo. Riflettete prima di parlare, prima di dar fiato ai vostri pensieri. Perché molte affermazioni, che a voi potrebbero sembrare giuste, ad altre persone potrebbero far male, potrebbero portare qualcuno a fare sbagli, errori; quelle parole potrebbero distruggere la vita di uomini e donne considerati 'sbagliati' quando in realtà, probabilmente, gli unici a sbagliare sono coloro che non capiscono che nulla li rende diversi da loro.
   
 
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