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Autore: vegeta4e    13/04/2015    3 recensioni
Haytham e Connor sono alla ricerca di B. Church, colpevole di aver tradito l'Ordine Templare e di aver sottratto a Washington i rifornimenti destinati all'Esercito Continentale. Il birrificio di New York è palesemente abbandonato e questo piccolo dettaglio obbligherà padre e figlio a collaborare, costringendo il Gran Maestro a lavorare separatamente sia con Charles sia con il figlio. Successivamente Haytham li convincerà a cooperare, tentando di metter da parte l'odio tra Assassini e Templari per raggiungere uno scopo più grande, desiderato da entrambe le fazioni: vincere la guerra contro gli Inglesi.
Ma non sarà questo l'unico intoppo. Torneranno vecchie conoscenze, vecchi problemi che H. Kenway credeva di essersi lasciato alle spalle. A cosa dare la precedenza? Ad una richiesta d'aiuto o a Washington che, battaglia dopo battaglia, sta perdendo sempre più terreno?
Questi eventi coinvolgeranno anche Connor e Charles Lee, nel bene e nel male.
Dal testo:
Charles e Connor entrarono nella sala, notandomi assente e pensieroso.
«Signore? Che succede?» Sospirai nuovamente, premendomi due dita alla base del naso.
«Temo di dovervi lasciare soli nelle prossime missioni. Devo tornare in Europa» annunciai tornando in posizione eretta per darmi un contegno.
Genere: Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Lee, Connor Kenway, Haytham Kenway, Jenny Kenway
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 35

Erano passati due mesi da quando ero partito per Valley Forge, la guerra non aveva preso chissà che svolta a nostro favore, ma eravamo riusciti a riconquistare Philadelphia e Boston. Era un passo piccolo, sì, ma pur sempre in avanti. Sempre meglio dei risultati ottenuti da George.

Avevo mantenuto la posizione su Monmouth con l’intenzione di spingere gli Inglesi verso la costa e costringerli alla ritirata. Era una delle poche mossa a mia disposizione, i nostri erano pochi, sperare di vincere in un testa a testa era pressoché impossibile. L’unica soluzione era resistere, salvare il maggior numero possibile di vite e avanzare, metro per metro, fino a pressare le giubbe rosse per obbligarle alla fuga.

«Signore» mi voltai, stupendomi nel trovarmi davanti Philips con le mani giunte sul ventre. Mi passai una mano tra i capelli, lasciando perdere i piani e le tattiche e dedicandomi al mio collega.

«Non chiamarmi così» risposi con una smorfia. Dio, non ero ancora abituato a sentirmi chiamare così da un mio pari, «hai novità?» Sfregai le mani tra loro un paio di volte, sperando di riattivare la circolazione.

«In verità sì, ma non sono nuove positive» annuii espirando dal naso, pronto a ricevere la notizia. «Israel ha chiesto aiuto. Gli Inglesi stavano raggiungendo il porto di Boston, a quest'ora saranno già nel pieno dello scontro.» Ringhiai. Non potevo permettermi di avere risultati scarsi quanto Washington, non in quel momento, che stava andando tutto per il verso giusto.

«Manderò altri soldati, tanto qui la situazione è tranquilla.»

Philip annuì, concordando con l'unica cosa che potessi fare. «Ho saputo anche che c'è il tizio che era con te al Congresso Continentale.» Smisi di respirare. Haytham? Cosa diavolo ci faceva a Bunker Hill?

Lo guardai ancora. «Ne sei sicuro?»

Annuì. «Il foriero ha detto così» mi si congelò il sangue nelle vene più di quanto già non fosse. Perché era andato a Boston? Cosa credeva di fare, armato solo di spada e pistola e senza conoscere le tattiche militari che eravamo soliti usare?

Mi passai ancora una volta una mano tra i capelli, indeciso sul da farsi. Cristo, si sarebbe ficcato in qualche guaio, me lo sentivo.

«Affido a te il comando finché sarò via» gli mollai una pacca sulla spalla, «vado a Boston, i soldati mi raggiungeranno lì il prima possibile. Preparane un centinaio.» Lo superai ignorando la sua espressione sconvolta e mi diressi verso la staccionata coperta a nord, una sottospecie di stalla in cui tenevamo i cavalli. Ne sellai uno in fretta e furia, le mani tremanti per il freddo e la paura. Non volevo gli accadesse qualcosa. Non doveva, o i sensi di colpa mi avrebbero accompagnato fino alla tomba.

«Stai scherzando, vero?» Philip berciò rauco, il volto paonazzo per il vento e le braccia spalancate. «Abbandoni l'esercito così, su due piedi?»

«Non abbandono niente. Vado da Israel, ha bisogno di una mano.» Montai a cavallo, le gambe tese e i piedi irrigiditi sulle staffe. «Prepara i soldati il più in fretta possibile, cercherò di prendere tempo» lo lasciai in procinto di ribattere, la bocca mezza aperta e l'indice sollevato.

Spronai il cavallo e mi allontanai, dirigendomi verso l'uscita dell'accampamento col cuore in gola. Avevo un brutto presentimento.

Cristo, perché doveva rendermi le cose più difficili? Haytham voleva agire, non se ne sarebbe rimasto a Fort George neanche se l'avessi supplicato in ginocchio, ma doveva capire che sarebbe stato un intralcio per l'esercito, ed io non potevo occuparmi anche di lui.

Colpii col tallone il fianco del purosangue per l'ennesima volta, seguendo il sentiero più o meno sgombero con l'ansia di aver fatto una stronzata a lasciare Valley Forge nelle mani di Philip. Non che non mi fidassi, ma qualsiasi cosa fosse successa sarebbe stata colpa mia. Stavo lasciando l'accampamento e delegando ad un uomo la sorte dei miei soldati, e la solidarietà verso Putnam non avrebbe giustificato un'eventuale disgrazia. Almeno credo.

Non mi resi conto di nulla e un secondo dopo venni investito dal gelo. Un freddo improvviso mi ghiacciò il cervello, la neve intorno al viso, nelle orecchie, la schiena zuppa, così come le gambe. Un dolore del cazzo alla nuca mi costrinse a strizzare gli occhi e a grugnire con disappunto.

Ero a terra. Aprendo a fatica gli occhi riuscii a intravedere il mio cavallo ancora lì, ringraziando Iddio, leggermente stordito, ma a pochi metri da me. Quindi ruotai il capo e guardai la sagoma che mi sovrastava, senza riuscire a capire chi fosse. La sua mano pesante sul petto mi spingeva l'aria fuori dai polmoni, impedendomi di inspirarne di nuova.

Non poteva che essere una sola persona. «Tu.»

«Charles» la sua solita espressione del cazzo stampata in viso.

«Togliti immediatamente, idiota.» Scalciai e tentai di alzarmi, ma fallii miseramente. Beh, avrei dovuto aspettarmelo, ero bloccato da settanta e passa chili. «Ho detto di toglierti!» Afferrai la tunica del mezzosangue e spinsi, ma Connor non si mosse di mezzo centimetro.

«Disertore, eh? Con che coraggio osavi parlare male di Washington?»

Tentai di liberarmi con un colpo di reni, ma riaffondai nella neve con un tonfo. «Non sto disertando, per chi mi hai preso?» Ringhiai, le mani ancora salde sulla sua casacca, il suo naso ad un palmo dal mio. «Ho un onore, io. Levami le mani di dosso.»

Mi fissò dubbioso per una manciata di secondi, non si fidava di me. Non si sarebbe mai fidato di me. Il lavoro svolto insieme in assenza di Haytham non gli aveva fatto cambiare idea. Anche se, in tutta onestà, non capivo quale fosse il problema. Non ero stato io a bruciare il suo villaggio, non avevo sua madre sulla coscienza, quindi perché tutto quell'astio?

E la mia, di opinione? Mentirei se dicessi di avere fiducia nel ragazzo. Mi ero seriamente impegnato per andare d'accordo con lui, per dimostrargli che avremmo potuto ottenere dei risultati nonostante fossimo rivali, ma non ci riuscivo. Non con il disprezzo che mi riservava ogni volta che mi guardava. E porca puttana, se c'era uno tra noi che avrebbe dovuto guardare l'altro dall'alto in basso, beh, quello ero io.

«Ti servirà a poco l'onore quando sarai morto» ah, se sperava di ammazzarmi così facilmente si sbagliava di grosso. Alzai un ginocchio colpendolo in mezzo alle gambe, approfittandone per spingerlo di lato e alzarmi. La poca neve intrappolata tra i capelli mi scivolò sul collo, provocandomi un brivido.

Imprecai, quello stupido ragazzino mi aveva già fatto perdere abbastanza tempo.

Mi scrollai i residui di ghiaccio dai calzoni e Connor si rimise in piedi, mettendo mano all'accetta che si portava sempre dietro. No, non gli avrei concesso un combattimento. Non mentre suo padre rischiava la vita.

Schivai in tempo un attacco piegandomi all'indietro, i muscoli della schiena tesi per non cadere di nuovo in quella melma umida e fredda. Tornato in posizione eretta calciai la neve con la punta dello stivale, mandando pezzetti di acqua ghiacciata negli occhi del ragazzo. Sfruttai quei pochi secondi in cui abbassò la guardia e gli tolsi l'arma, lanciandola via di una decina di metri. Quindi lo afferrai ancora per la giubba, spingendolo malamente contro il tronco più vicino.

Gemette all'impatto, ma me ne curai poco. «Mi stavi seguendo? Lasciami fare il mio lavoro, ragazzino. Torna da quello stupido vecchio a tenergli la mano prima che esali l'ultimo respiro.»

«» ammise senza vergogna, «ti stavo tenendo d'occhio. Non mi fido.»

«Credi che possa aiutare gli Inglesi?!» Sbottai indignato. Quello era il colmo.

«Non so che piani tu abbia, so solo che non mi piaci. E non mi piacciono i tuoi modi di fare.» Provai a trattenermi fino alla fine, lo giuro, ma non ci riuscii.

Le nocche impattarono contro le sue labbra con violenza, la pelle tagliata dopo aver sfregato contro gli incisivi. «Fatteli piacere i miei metodi, perché salveranno il culo a tuo padre» almeno spero. Alzò il viso dalla neve, guardandomi senza capire.

«Mio padre?» A fatica si rimise in piedi, pulendosi il labbro spaccato con la manica. «Cosa c’entra ora?»

«Si trova a Boston in questo momento. È a Bunker Hill, gli Inglesi stanno per sbarcare e attaccare la città, spera di fermarli. Da solo!» Calciai ancora la neve, frustrato. Perché stavo perdendo tempo prezioso con l’indiano? Dovevo pensare a Israel. E ad Haytham, per la miseria. Connor non meritava altre attenzioni.

Mi avvicinai al mio cavallo e rimontai in sella mentre il ragazzo si abbassò per raccogliere il tomahawk.

«Stai andando da lui?»

Tirai lei briglie e calmai il purosangue, concedendo un’ultima occhiata al mezzosangue. «Certo. Non posso permettere che Boston ricada nelle mani delle giubbe rosse. Ho sputato sangue per riconquistarla.» Lasciai che mi guardasse qualche secondo e non aggiunsi altro.

Spronai il cavallo senza preoccuparmi di cosa avrebbe fatto. Che tornasse da Achille, che proseguisse verso Valley Forge, non mi interessava. Ero ancora troppo lontano da Boston e l’ansia mi stava uccidendo.

 

Per tutto il tragitto mi era sembrato di essere seguito, ma non vi badai molto. In prossimità di Bunker Hill avevo intravisto l’Assassino seguirmi a qualche metro di distanza, credendo forse che saltare di ramo in ramo l’avrebbe reso anonimo. Ma Haytham mi aveva insegnato a non lasciare nulla al caso, istruendomi a far maggiore attenzione nella foresta, specialmente dopo l’incontro con la donna Mohawk. Era rimasto affascinato dalla sua agilità, dalla sua leggerezza. E noi facevamo fatica ad avanzare nella neve alta.

Udii i primi colpi di cannone e istintivamente accelerai. Il cuore in gola, la camicia appiccicata alla schiena e tanta ansia nel petto.

Connor mi affiancò poco prima di entrare sul campo di battaglia, ma non dissi nulla, né che mi ero accorto da subito che mi avesse seguito né commentando il fatto che fosse lì.

Tirai le briglie, fermandomi poco fuori il bosco. Una decina di palle di cannone caddero a pioggia sul terreno, martoriando più di quanto già non fosse la terra e distruggendo trincee.

Smontai da cavallo in silenzio e legai le redini ad un ramo basso, volgendo poi lo sguardo verso la collina dove c’erano i patrioti. Cercai Putnam con lo sguardo, ma in quel via vai di soldati non riuscii ad individuarlo.

«Che facciamo?» La voce del ragazzo mi innervosì, ma tentai di calmarmi. Non potevo permettermi di perdere la concentrazione.

«Per prima cosa troviamo Israel, poi vediamo» senza aspettare risposta mi incamminai, pregando che le navi attraccate al porto di Boston non sparassero un’altra bordata in quell’istante. Accelerai il passo scavalcando qualche cadavere, chi senza un arto, chi con il petto forato. Erano irriconoscibili, a fatica si riusciva a distinguere il colore della giubba.

Raggiunta la cima della collina non faticai ad scovare Putnam. Mi dava le spalle, urlava ordini e gesticolava come un folle, bestemmiando contro quei pochi soldati superstiti che sapevano di avere le ore contate.

Posai una mano sulla spalla del generale, ma l’accoglienza non fu delle migliori.

«E tu che cazzo vuoi?» Mi berciò contro senza neanche voltarsi.

Non mi offesi, era fatto così. «Buongiorno anche a te.»

«Charles?» Si tolse il sigaro di bocca e sputò a terra, «che Dio mi fulmini, che diavolo fai qui?»

«Il messaggio è arrivato e Philip manderà altri soldati il prima possibile, intanto posso aiutarti a guadagnare tempo.»

Mi rise in faccia, sputando ancora. «Neanche Gesù Cristo riuscirebbe a cavarsela, non ‘stavolta!» Rimise il sigaro tra le labbra, indicando con un cenno della mano tutti i cadaveri che ci circondavano. Sì, decisamente un bello spettacolo. «Abbiamo ancora circa centocinquanta uomini, di cui cento sono già praticamente morti! Si cagano in mano al solo sentirmi parlare, come speri di poterli mandare a combattere? Ah, Dio!»

Un’altra bordata partì dal porto, i patrioti urlarono.

«Resisteremo.» Israel alzò le mani in segno di resa, arrendendosi di fronte alla mia determinazione. «A proposito, hai visto un certo Haytham Kenway? So che è stato qui.» Vidi Connor alzare lo sguardo da terra e la cosa mi stupì non poco. Da quando si preoccupava per suo padre?

«Se l’ho visto?» Ridacchiò, «quel vecchio è tutto pazzo, te lo dico io. Ha insistito per dare una mano, ma i fucili non bastano per l’esercito, figuriamoci per i volontari.»

«Dov’è ora?» Incalzai, il cuore che riprese a martellare contro la cassa toracica.

«Non ne ho idea, chissà in che casini s’è cacciato. E sai che ti dico? Ben gli sta!» Sputò per la terza volta ed io pregai che si sbagliasse. Non poteva essere morto, no. Come l’avrei detto a Jennifer? Con che coraggio sarei potuto tornare a New York e annunciare una simile disgrazia? Senza neanche il corpo, magari. Dio, non mi avrebbe più guardato in faccia.

Mi si accapponò la pelle, un brivido di paura a scuotermi il petto.

«Delle navi posso occuparmi io» ci voltammo verso Connor, «se smettessero di sparare riuscireste a resistere fino all’arrivo dei rinforzi?»

Putnam lo guardò con sufficienza, convinto che bleffasse. «Eccone un altro, stesso stampo di quell’altro.» Sorrisi. Che a Connor piacesse o no, l’impronta di Haytham si vedeva eccome.

Il ragazzo sembrò non gradire il paragone, indurendo lo sguardo con disappunto. «Forse. Voglio delle scuse al mio ritorno.» Avrei riso per la risposta dell’indiano, ma quando voltai lo sguardo oltre le spalle di Israel mi si gelò il sangue nelle vene.

La nuova bordata passò in secondo piano davanti al corpo di Haytham. Era lì, a una ventina di metri da me, immobile e sporco di terra.

«Cristo.» Mormorai deglutendo a fatica. Mi mossi come un automa, superando Putnam e passando in mezzo ai soldati che correvano senza criterio, ormai in preda al panico. Scavalcai altri cadaveri e mi accovacciai a terra, afferrandogli un braccio e girandolo supino, verso di me. Era ferito alla tempia sinistra, il sangue si era seccato, ma non ero sicuro si fosse coagulato completamente.

«Haytham?» Gli poggiai una mano sul petto e lo scossi piano, temendo avesse qualche costola rotta. Cristo, davo per scontato che fosse vivo.

Portai l’indice e il medio sulla giugulare e solo Iddio sa quanto mi sentii leggero nel sentire il battito. Doveva essere svenuto per la botta in testa, non c’erano altre ferite e il taglio in fronte non era sufficiente ad uccidere.

Chiusi gli occhi e sospirai, la mano che dal collo scivolò verso il viso, il palmo appoggiato sulla sua guancia sinistra.

Alzai lo sguardo verso il porto, le navi che ancora sparavano contro la città in ginocchio. Sbrigati, ragazzo. Ho bisogno di aiuto.

 

 

Oggi ho superato me stessa, lol.

Chiudete un occhio sul ritardo mostruoso, da bravi. Mi farò perdonare col prossimo capitolo.

Boh, ormai sono ripetitiva, ma graaaazie a tutti, aw.
A lunedì prossimo!

   
 
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