XXII
FULMINI
E
SANGUE
La
coda
dell’armatura di Ares si arricciò. Era pronto alla
battaglia e già vedeva il
nemico avvicinarsi. Atena stava al suo fianco, anch’essa
pronta allo scontro.
“Efesto
ha
ingrandito le ali della tua armatura, o sbaglio?”
domandò lei.
“Non
sbagli” ammise
lui “Le mie quattro ali sono immense. Mi piacciono”.
“È
stato molto
gentile..”.
“Gli
manderò un
mazzo di fiori..”.
Phobos,
Deimos ed
Enyo osservavano i nemici, discutendo di strategia. Le amazzoni, sui
loro
cavalli, erano già pronte. I cavalieri di Atena si erano
schierati, così come
quelli di altre divinità giunte al tempio. Apollo,
Poseidone, Artemide ed
Efesto erano giunti con i loro eserciti. Le schiere di Hades erano in
marcia e
prossime ormai alla meta. Madre Era, forte e magnifica, era pronta a
vendicarsi
di ogni torto subito.
“Dov’è
Arles?”
chiese Ares, guardandosi attorno.
“Allo
Star Hill”
rispose Atena “Ci va sempre, prima di una battaglia
importante. Credo serva a
dargli la giusta carica..”.
“Fa
provare pure
me!” sorrise sadicamente Febo.
Marte
ghignò e gli
concesse l’onore di maneggiare la lancia che teneva ancorato
il sacerdote al
pavimento. Il Dio solare, con immensa soddisfazione, rigirò
l’oggetto,
lacerando la carne del mortale.
“Guarda,
fratello!”
notò Febo “Guarda come stringe i denti per non
gridare. Non vuole darci questa soddisfazione!”.
Marte
rideva,
piuttosto soddisfatto. Prese fra due dita il volto di Arles e lo
fissò dritto
negli occhi.
“Guardame
bene en
faccia, fio de ‘na mignotta strabica!”
parlò il romano.
Il
sacerdote cercò
di mantenere il controllo ma il Dio stava usando i propri poteri. Con
quelli,
era in grado di infondere il puro terrore nell’animo del suo
avversario. Subito
il mortale sentì il cuore accelerare il ritmo in modo
innaturale. Gemette,
tentando di liberarsi.
“Nun
fa ‘o
splendido, mortale!” ghignò Marte “Non
te poi move!”.
“Arles!”
gridò una
voce.
Il
sacerdote la
riconobbe: era quella di Aiolos. Aiolos? Che fosse giunto a tanto, pur
di
vendicare quanto successo in passato? Che avesse lui indicato la via a
Febo e
Marte? Arles chiuse gli occhi, in un gemito. Il battito del suo cuore
era
impazzito, velocissimo, e questo faceva sì che la ferita
sanguinasse molto. Con
la mente annebbiata, si preparò alla fine. La freccia
d’oro del Sagittario era
già puntata contro di lui, la vista ormai era sfuocata ed il
respiro iniziava a
venirgli meno. Del resto, si disse, era quello che meritava. Il passato
che era
finalmente giunto a saldare i conti. Si portò una mano al
petto. Il ritmo
cardiaco aumentò ulteriormente poi ci fu silenzio. Spalanco
gli occhi e li
richiuse. Non provava più dolore, o paura, o rimorso. Non
provava più nulla. La
freccia d’oro non serviva più.
“Eppure..”
si
diceva, perplesso, Ares “Ho una strana
sensazione..”.
Gli
eserciti infine
iniziavano a scontrarsi ma il Dio, che solitamente trovava la guerra
piuttosto
eccitante, non riusciva a concentrarsi. In ogni guerra passata aveva
perso dei
figli ed ammetteva, se pur a fatica, di temere il ripetersi di simili
eventi. Vide Phobos
e Deimos con a
fianco alcuni cavalieri d’oro. Trovò Enyo fra le
amazzoni, che già combatteva. Individuò
facilmente Kanon, che spiccava
fra i
soldati di Poseidone con la sua Kamui alata. Altri discendenti del Dio,
dall’indole pacifica e non legati alla guerra, come Eros ed
Anteros, erano ben
lontani da lì.
Non
era il solo che
si preoccupava per la famiglia. Mur, poco distante da Phobos e Deimos,
attendeva il ritorno di Kiki. Il ragazzo si era fatto valere, nella sua
prima
missione in armatura? Ed era rimasto ferito? L’Ariete era in
apprensione. Anche
Ioria aveva un’aria strana, che Mur non riuscì ad
interpretare. Però era tardi
ormai per pensieri e ripensamenti. La battaglia era iniziata ed il
nemico già
stava attaccando.
Minerva
incitò
l’esercito e poi guardò in su, cercando con lo
sguardo Atena. Era lei il suo
obbiettivo ma, non appena scattò per raggiungerla, una forza
la ributtò a
terra.
“Dove
credi di
andare, bellezza?” la apostrofò Kanon
“Io e te abbiamo un conto in sospeso!”.
“Fatti
da parte,
mortale!” ordinò lei “Non è
te che voglio!”.
“Poco
mi importa”.
“Come
vuoi. Allora
ti ucciderò e poi andrò oltre”.
“Provaci!”.
“Riprenditi,
avanti!” esclamò Aiolos, scuotendo il sacerdote.
Quando
lo vide
riaprire gli occhi, tirò un sospiro di sollievo. Sorrise.
Arles lo fissò,
mettendo a fuoco lentamente. Vide il volto del Sagittario, imperlato di
sudore
e dall’aria preoccupata.
“Mi
senti?” domandò
Aiolos.
Il
sacerdote annuì e
poi gemette, portandosi una mano al petto.
“Scusa”
commentò il
Sagittario “Ho tentato di rianimarti ed alla fine ho dovuto
usare il mio Atomic
Thunderbolt su di te. Per farti ripartire il cuore. Immagino faccia un
po’
male”.
“E
Marte? Febo?”
riuscì finalmente a dire Arles.
“Li
ho trafitti con
la freccia d’oro”.
“Ma..perché?”.
“Come
sarebbe a
dire? Siamo colleghi, è mio compito aiutarti”.
“Ma
io ti ho fatto
uccidere! Dovresti odiarmi!”.
“Dovrei,
ma portare
rancore non serve a niente. Dovresti smetterla pure tu di odiarti
tanto. Il
passato è passato ed è il presente che conta, per
dar vita ad un grandioso
futuro”.
“Futuro?”.
“Non
pensi mai al
futuro? Sarebbe ora che iniziassi, sai?”.
“Forse
hai ragione.
Però io non capisco..”.
“Mettiamola
così:
non sopporto l’idea che ci siano orfani per il
mondo!”.
“Orfani?”.
“Non
fare quella
faccia! Non lo sai?”.
“Che
cosa dovrei
sapere?”.
“Ma
come?! Discordia
non ti ha detto che..”.
“Voi
due!” parlò
proprio Discordia “Allontanatevi! Pensate forse di riuscire
ad uccidere due
divinità come Marte e Febo con una semplice
freccia?”.
Aiolos
reagì e
scoccò un’altra freccia, che questa volta stese
Febo. Il sacerdote si alzò,
anche se con fatica.
“Allontanatevi!”
ordinò Discordia “Mio fratello non farà
nulla, finché io sono qui..”.
Aiolos
si accigliò,
vedendo Arles indossare l’armatura del drago.
“Amico..”
commentò
“..quello era un infarto! Non penserai mica di andare a
combattere?!”.
“Sto
bene!” protestò
il sacerdote.
“Certo!
Come no!”.
“Andate
via!” insistette
Discordia, mentre Marte lentamente si rialzava.
“Non
fuggo di certo
dinnanzi ad uno scontro, madame” ribatté Aiolos,
incoccando una nuova freccia e
guardando minaccioso il Dio romano.
“A
Rambo!” sfotté
Marte “Accanna ‘a fascetta!”.
“Come
osi? Farai la
fine di Febo!”.
Discordia,
vedendo
che nessuno dei due cavalieri aveva intenzione di muoversi,
usò i suoi poteri.
Una pioggia d’oro investì Sagittario e sacerdote,
allontanandoli dallo Star
Hill. Arles non apprezzò il gesto e protestò. Poi
si fermò a riflettere. Se non
era stato Aiolos a tradire, allora chi poteva essere stato? Chi
conosceva tutti
i dettagli di strategia e sicurezza del santuario?
Virò,
con un singolo
battito di ali.
“Discordia!”
gridò,
temendo per la sua vita.
Kiki
ed i cavalieri
di bronzo, seguiti da Shion e l’esercito di Hades, giunsero
al tempio il più in
fretta possibile. Plutone, che attendeva la sua controparte greca, li
attese ed
attaccò. Kiki saltò e si nascose in una
rientranza delle rocce, fra le rovine.
Udì un singhiozzo e si girò. C’erano
tre bambini nascosti, probabilmente
abitanti di Rodorio rimasti coinvolti negli scontri.
“State
tranquilli!
Sono un amico” si affrettò a dire, creando il suo
muro di cristallo per
difenderli dai colpi vicinissimi della battaglia “Vi
difenderò io. Andrà tutto
bene!”.
Poco
distante,
Nettuno ed il suo esercito si stava scontrando con Poseidone ed i suoi
sottoposti. I cavalieri d’oro passavano da un avversario
all’altro. Phobos e
Deimos si ritrovarono di fronte Giano Bifronte. Perplessi, non sapevano
bene
come affrontarlo. Il Dio pareva prevedere ogni loro mossa e li
anticipava.
“Ioria!”
esclamò
Phobos, trovandoselo vicino “Meno male che sei qui! Dacci una
mano contro
questo coso”.
Il
Leone non
rispose. Si limitò a fissare i gemelli di Ares, senza
parlare.
Arles,
Aiolos e
Discordia atterrarono in mezzo agli scontri.
“Sei
davvero deciso
di combattere?” si stupì Sagittario, fissando il
sacerdote.
“Ma
sì, smettila!
Piuttosto tu, Discordia..”.
“Cosa?”
sbottò lei,
scocciata.
“Non
posso
permettere che tu combatta!”.
“Io
ho sempre
combattuto”.
“Sì,
ma..”.
La
Dea sorrise. Arles
non rispose a quel sorriso, non sapendo come nascondere la sua
preoccupazione.
“Non
angosciarti”
riprese lei “Andrà tutto bene”.
“Va
via. Se dovessi
morire o..”.
“Non
accadrà. Io ho un
motivo per restare in vita”.
“Ora
anch’io..”.
“E
fallo un
sorriso!” interruppe Aiolos “Diventerai padre, puoi
concederti un attimo di
gioia!”.
“Sorriderò
quando
tutto questo sarà finito”.
“Bene!
allora
facciamola finita in fretta”.
“Dov’è
tuo
fratello?”.
“Ioria?
Accanto ai
tuoi, immagino..”.
Arles
lo cercò con
lo sguardo. Sul tetto di qualche casa più in giù,
lo vide. Probabilmente Aiolos
lo avrebbe presto raggiunto, per sostenerlo. Kanon, al contrario, lo
avrebbe
riempito di insulti. Il sacerdote scosse la testa, pensandoci. Poi vide
uno
strano scintillio d’oro fra le mani del Leone.
“Phobos!”
gridò.
Shura
e Deathmask si
stavano divertendo. Anche se i nemici parevano non finire mai, le loro
tecniche
riuscivano sempre a farsi valere. Poi un uomo respinse entrambi i loro
attacchi. Con un ghigno sadico, mostrò solo in parte il suo
volto, coperto dal
mantello.
“Chi
saresti, tu?”
domandò il Capricorno.
“Saturno
è il mio
nome. E mangio i bambini cattivi!”.
La
romana Proserpina
era riuscita a scovare Persefone. Accanto a lei, Cerere e Flora
manipolavano le
piante per riuscire a sconfiggere i loro avversari. Pesci, preoccupato
per la
sorte di colei che era divenuta la sua amante nel periodo estivo,
tentava di
aiutarla.
“Ti
serve un
aiutino?” domandò Milo, lanciando la sua Cuspide.
“Magari!”
ammise
Aphrodite.
Poco
distante, Camus
stava aiutando i soldati di Poseidone. Shaka aveva raggiunto Dohko ed i
cavalieri di bronzo, che contro l’esercito di Plutone si
stavano facendo
valere. Mur ed Aldebaran aiutavano Efesto, alle prese con Vulcano ed i
suoi
attacchi di fuoco. Era strano per i saint combattere a fianco di uomini
considerati nemici fino a poco tempo prima, come i giudici di Hades o i
generali marini. Ares aveva iniziato uno scontro contro Marte, ed
Aiolos si era
deciso ad aiutarlo. Però si era subito distratto, vedendo la
strana reazione di
Arles.
“Phobos!”
gridò il
sacerdote.
Il
fratello,
concentrato sulla battaglia, non percepì il pericolo. Si
voltò e vide Ioria.
Deimos spiccò il volo ma il gemello non ci riuscì
ed il Leone lo aggredì,
brandendo la daga d’oro che uccideva le divinità.
Cadde in terra, preso di
sorpresa.
“Ioria!”
chiamò
Aiolos, raggiungendo in fretta il fratello.
“Fermati!”
ordinò
Arles, afferrando il Leone, che con furia cieca continuava a sferzare
colpi.
“Che
fai,
fratellino?!” si allarmò Sagittario, aiutando il
sacerdote.
“Vattene!”
gridò
Ioria “Andatevene tutti! Specialmente tu!”
minacciò, puntando il pugnale contro
Arles.
“Sei
tu, dunque!”
rispose il sacerdote “Sei tu il traditore che ha svelato il
luogo dove si
trovava mio padre Ares!”.
“Sì.
Ed anche come
raggiungere te, gran sacerdote, allo Star Hill”
confermò il Leone.
“E
perché? Fratello,
perché?” domandò Aiolos, senza capire.
Nel
frattempo,
Deimos aveva raggiunto il gemello e cercava di farlo riprendere.
“Perché?
Ma come?
Quest’uomo non ha portato altro che sofferenza.
L’unica divinità che posso
permettere resti in vita è Atena. Le altre non portano che a
guerre continue”.
“Ma,
Ioria! La
nostra Dea è alleata delle divinità che stai
tradendo! Ed eliminare Arles, o i
suoi parenti, non ti ridarà il tempo che io e te abbiamo
perso.
Fratello..guardami! Torna in te!”.
“Aiolos..”.
Il
Sagittario riuscì
ad avvicinarsi a sufficienza e disarmò il fratello minore.
“Ioria..”
parlò Arles
“..io ti chiedo perdono. Chiedo perdono a te ed a molti a cui
ho fatto del
male. Se lo vorrai, porgerò il mio petto ai tuoi colpi
quando tutto questo sarà
finito. Però ora dobbiamo combattere uniti,
perché Atena e gli altri Dei greci
hanno bisogno di noi”.
“Atena
è la sola Dea
giusta!”.
“Può
essere. Ma
adesso smettila!”.
Deimos
guardava con
odio il Leone, stringendo a sé il gemello. Arles
intuì i suoi pensieri e tentò
di frapporsi fra Dio e cavaliere.
“Non
è il momento..”
cercò di dire, ma una voce ben più potente della
sua si udì.
“Vi
ammazzo tutti!”
sbraitò Ares, capendo quanto successo.
“Calmati!”
cercò di
rabbonirlo Atena, con scarsissimi risultati.
“Leone!
Diverrai la
mia prossima vittima!”.
“Padre!
Comprendo la
tua ira..ma..”.
“Taci,
Arles! Perché
lo difendi? Ha tradito anche te e non vede l’ora di vederti
morto in terra, in
un lago di sangue”.
Il
padre ora stava
dinnanzi al figlio. L’armatura del Dio era immensa e faceva
sembrare il
sacerdote un ragazzino minuto.
“Perché
non è il
fottuto momento di litigare fra noi!” gridò il
figlio “E se qualcuno usasse il
cervello, lo capirebbe!”.
Shion
osservava la
scena divertito. Era bello vedere il suo successore in
difficoltà.
“Ecco
un altro che
vuole ammazzarmi..” sbottò Arles
“..più tardi! Prendi il numero, cazzo! Adesso
pensiamo a questa guerra contro i romani”.
“Stai
lontano dal
mio bambino!” si intromise Ares.
“È
quello che avrei
dovuto fare, in effetti” ammise Shion “Ma non
potevo permettere che i figli di
Ares girassero liberi per il mondo. Sì, sapevo che erano due
e sapevo che erano
figli tuoi. La loro madre impazzì, fu ritenuta pazza, quando
iniziò a dire che
aveva concepito con il Dio della guerra. Per questo i bambini le furono
sottratti e sarebbero stati adottati da chissà chi, se non
fossi intervenuto.
In Kanon percepii subito un alone malvagio ma in Saga no.
Perciò pensai che il
sangue di Ares si fosse trasmesso solo al gemello più
piccolo. Ma mi sbagliavo.
Saga, sebbene si mostrasse come il bambino più puro e buono
che avessi mai
conosciuto, era in realtà il più bastardo dei
due. Intriso fin nel midollo di
geni paterni”.
“Te
l’ho detto,
vecchio. Prendi il numero e ci sentiamo dopo. Ora..”
cercò di riprendere Arles,
ma fu interrotto di nuovo da Shion, che riprese a parlare.
“Non
voglio
ucciderti. Non voglio affrontarti. Ti sei rivelato
all’altezza, Aristotles. Hai
scelto un successore degno di questo nome ed hai guidato il santuario
come si
deve, almeno nell’ultimo periodo. Non ha senso per me
punirti. La punizione più
grande è la tua mente tormentata, e te la infliggi da solo
ogni giorno”.
“Dov’è
lui? Il mio
successore sta bene?”.
“Certo.
Ha compiuto
la sua missione ed ora è assieme agli altri cavalieri che
combatte e protegge i
deboli. Non potevi scegliere di meglio, a mio avviso”.
Arles
fece per rispondere
ma Marte piombò fra loro, interrompendo la conversazione.
Voleva a tutti i
costi la testa di Ares e di quel suo figlio maledetto! Però
il suo colpo fu
fermato dalla mano della sorella Discordia. Era furiosa ed i suoi
capelli si
erano tinti di rosso.
“Scansate!”
ordinò
il Dio.
“No,
fratello. Non
ti permetterò di far del male all’uomo che
amo”.
“Ami?”
domandò
Marte, perplesso.
“Sì,
amo. Sono
pronta ad affrontare tutti gli Dei romani del creato, pur di rimanergli
accanto. E non sarai di certo tu a portarmelo via. Allontanati e
desisti, se
non vuoi che ti attacchi”.
“Sorè,
io te adoro.
Ma nun te poi fa pija da sto burino! Sta mezza carzetta
mortale..”.
“Sono
affari miei da
chi mi faccio pigliare, chiaro? Avremo un figlio, perciò
abituati all’idea e
sparisci! Non osare sfiorarlo con un solo dito!”.
“Un
fio? Ma che,
davero? Nun me stai a cojonà?”.
“No,
non ti sto
prendendo in giro. E sono felice. Sono davvero felice!”.
Marte
guardò negli
occhi la gemella ed arrossì leggermente. Era irritante come
quella donna riuscisse
sempre ad avere la meglio.
“Un
figlio? Ho
sentito bene?” domandò più di qualche
romano, interrompendo la propria
battaglia e fissando Discordia “Questo è
inaudito!”.
“Eliminatela!”
scandì Proserpina “Un sangue misto, meticcio e
impuro non può essere
tollerato”.
“Provate
a
toccarla..” minacciò Arles, aprendo leggermente le
ali dell’armatura “..e vi
smonto in tanti di quei pezzi che manco vostra madre vi riconosce,
chiunque
essa sia!”.
Minerva
era spietata
ma Kanon lo era altrettanto. Non si faceva scoraggiare dalla potenza
della Dea
e la stuzzicava volando. Adorava la sua armatura del drago!
Ghignò, sferrando
l’ennesimo attacco. La Dea fu colpita e gemette, furiosa. Che
stava combinando
suo fratello? Perché vedeva sempre più romani e
greci smettere di combattere
per litigare fra consanguinei? Roteò la lancia e
tentò di trafiggere Kanon, che
volò di lato e schivò. Tirò, di
rimando, un forte pugno in pieno viso alla Dea.
Minerva barcollò e si adirò ancor di
più.
“Muori,
mortale!”
sbraitò, questa volta riuscendo a colpirlo.
“Devi
impegnarti di
più!” sfotté Kanon, estraendosi la
lancia dal braccio e tirando una ginocchiata
al ventre della Dea.
Minerva
non se lo
fece ripetere e contrattaccò, stavolta con più
violenza. Kanon finì in terra e
si accigliò. Maledetta Dea! Era già pronta con la
lancia, ma una fiamma gliela
portò via.
“Che
succede?”
domandò, stupita.
“È
arrivato il mio
amico Ikki” sorrise Kanon “E ora prega chi ti pare.
Ti resta poco da vivere!”.
Saturno
era affamato
e lo dimostrò mordendo i suoi avversari. Deathmask e Shura
trovarono la cosa
disgustosa ma sfuggirgli era difficile. Il vecchio Dio era grande,
molto più di
loro, e pareva non provare dolore.
“Ho
un piano”
mormorò Shura “Tu distrailo..”.
“E
come credi che
possa fare?!” gemette il Cancro “Lo hai visto
bene?”.
“Non
lo so!
Ingegnati!”.
“Me
la paghi
questa..”.
Deathmask
saltò,
agitandosi per attirare l’attenzione del Dio. Al suo fianco,
apparve Shaina con
un sorriso. I due insieme riuscirono a distrarre Saturno a sufficienza.
Shura
ne approfittò e lanciò la sua Excalibur,
tranciando il braccio sinistro della
divinità.
“Ho
capito quel che
vuoi fare!” sorrise il Cancro.
“Bravo,
ora però
continua a distrarlo!”.
Milo
ed Aphrodite
erano stati raggiunti da Mirina, assieme ad altre amazzoni. Cerere era
brava ad
evocare le piante e gli animali. Con un suo comando, creature
misteriose
apparivano dal nulla, plasmate dalla sua volontà, ed
attaccavano i nemici. Lo
Scorpione e Pesci le rimandavano indietro e le bloccavano con i loro
attacchi.
Persefone invece combatteva contro Proserpina senza alcuna
pietà, insultandola
pesantemente. Poco più in là, i rispettivi
consorti facevano altrettanto. Hades
però aveva Eleonore dalla sua parte, che non si risparmiava.
Le sue falci
d’argento colpivano gli avversari e ne trapassavano le carni.
Sorrideva
soddisfatta mentre avveniva questo, dimostrandosi una degna sposa del
Dio degli
Inferi. Poseidone osservava ammirato le movenze della cognata ma la sua
consorte, la bella Anfitrite, non era da meno. Camus inoltre dava
manforte,
combinando la forza del ghiaccio al controllo dell’acqua del
popolo marino.
Questo ne aumentava la potenza, anche se Nettuno sapeva bene come
difendersi.
Mur ed Aldebaran invece avevano a che fare con il fuoco. Vulcano
evocava la
lava, mandandola contro gli avversari. Non era facile respingerla,
nemmeno con
il Crystal Wall. Stavano iniziando a stancarsi. Tutto questo sarebbe
durato
ancora a lungo?
“Venite!
Per di
qua!” chiamò una voce.
Kiki
non sapeva da
dove venisse ma si guardò attorno ed intravide Shun,
nascosto fra le rocce.
“Venite!”
insistette
il medico.
Il
giovane cavaliere
prese con sé i bambini che aveva protetto e raggiunse
Andromeda.
“Seguitemi!”
indicò
Shun, precedendo il gruppo.
Era
un passaggio
segreto, scavato nella roccia.
“Che
posto è questo?
Non ne ero a conoscenza” si stupì Kiki.
“Lo
hanno costruito
antichi cavalieri per proteggere Rodorio. Il gran sacerdote me ne ha
rivelata
l’ubicazione per difendere più civili
possibili”.
“Capisco..”.
Fra
loro, Kiki
riconobbe Sarah ed altre ancelle.
“Aiutami
a
proteggerli, Kiki. Gli attacchi sono sempre più forti e
sempre più vicini. Non
so se la mia catena reggerà..”.
“Certo,
Shun.
Volentieri”.
Arles
era pronto ad
affrontare chiunque. Romano, greco, mortale o Dio che in qualche modo
volesse
fare del male a Discordia.
“Con
Eleonore sono
arrivato tardi..” disse “..ma con lei no. Nessuno
le farà del male. E poi..Discordia,
come sei bella quando ti arrabbi!”.
La
Dea arrossì, non
aspettandosi una frase del genere.
“La
ami, dunque?”
parlò Marte, mostrando per un instante di saper formulare
una frase senza usare
il suo dialetto.
“Lei
sta per darmi
il dono più grande che potessi mai chiedere. E nessuno le
farà del male, finché
io sarò in vita! Ora ho una regione per esistere, anche se
sono circondato da
validi motivi per morire”.
“Combatteresti
per
lei, anche contro la tua gente?”.
“Contro
il mondo
intero, se fosse necessario”.
Ares
e Marte si
fissarono.
“E
che te devo dì?”
sospirò il romano, rivolto al suo equivalente greco
“Nun te posso ammazzà! Er
Romeo fio tuo m’ha fatto piagne. È bono con mi
sorella, nun me viene de
infierì”.
“Ammetto
di aver
molto da ridire su questa unione ma..” sospirò a
sua volta Ares “..se questa
donna ti impedisce di voler costantemente la morte, Arles, allora non
posso che
approvare”.
“Come
se mi servisse
la tua approvazione..” ridacchiò il sacerdote.
“Non
le farò alcun
male” concluse il Dio.
“Ao,
cognato! Me hai
fatto incazzà de brutto. Ma la gemella mia te ama. Er fio
mio Cupido sé annato
a divertì dale parti tua..”.
“Probabilmente
anche
mio fratello Eros..”.
“Disgraziati
e
fetenti! Te do la mano, Aristocoso là..er nome strano che ha
usato er pecora
viola”.
“Ok..”.
“Ma
num me fa
incazzà de novo!”.
“Farò
il possibile”.
“Ma
come?” si stupì
più di qualche romano “Marte! Lo devi attaccare ed
uccidere”.
“Ma
nun me cagà er
cazzo te! O te sdrumo! Aristotizio mena e io mejo di lui. Volemo
invità er papà
suo? Ce divertimo?”.
Scese
il silenzio.
Poi due figure incappucciate si mostrarono, dissolvendo una barriera
che le
nascondeva. Con un solo cenno, bloccarono tutti i conflitti in atto.
“Finalmente
silenzio” parlò una voce femminile.
“Sì,
era ora”
rispose una maschile.
“E
voi chi sareste?”
domandò Atena.
“Io
sono il Fato”
rispose l’incappucciato con la voce maschile.
“Ed
io il Destino”
si unì l’altra creatura.
“Che
succede?”
domandò Minerva, stanca di prendere fuoco per colpa di Ikki.
Kanon
ignorò la sua
domanda e la colpì di nuovo. Poi vide la Dea estraniarsi del
tutto dalla
battaglia ed inginocchiarsi.
“Che
ti prende?”
domandò, senza capire.
Si
guardò attorno. Molti
Dei, greci e romani, si stavano inchinando. I cavalieri d’oro
si guardarono fra
loro. Stanchi, sporchi di sangue ed alquanto perplessi, non riuscivano
a
capire.
“Mio
signore” si
inchinò anche Atena, dinnanzi a Fato.
“Vi
osserviamo da un
po’..” parlò Destino “..e devo
dire che il vostro comportamento l’ho trovato
alquanto sciocco”.
“Sciocco?”
ripeté
Ares, senza capire.
“Molto
sciocco”
confermò Fato.
Destino
si avvicinò
ad Arles, che Discordia stringeva a sé.
“Sei
ferito..” parlò
la Dea dinnanzi a cui tutti si erano inchinati “..lascia che
ti aiuti”.
“No”
la fermò il
sacerdote “Aiutate mio fratello Phobos, ve ne prego! Voi che
incarnate il
potere supremo del mondo, salvate mio fratello. Io sto bene”.
Phobos
era moribondo
fra le braccia di Deimos, che non lo voleva lasciare. Destino ci mise
pochi
istanti a rimarginarne le ferite, anche se si stancò. Ares,
vedendo questo,
chinò ancora più la testa per la riconoscenza.
“Ma..”
si stupì il
Dio greco “..voi siete romana, Destino. Perché
avete salvato mio figlio, che è
greco? Patteggiate forse per noi?”.
“Non
patteggio per
nessuno. Io e Fato troviamo ridicola la vostra disputa.
L’Olimpo non è forse
abbastanza grande per tutti? Questa guerra non ha alcun
senso”.
“Io..noi..forse..”.
“Non
serve che ti
giustifichi. Tu sei il Dio della guerra, la cerchi. Mi stupisco di
altre
figure, come Minerva o Atena, che dovrebbero usare il
cervello..”.
“In
effetti..”
commentò Kiki, ascoltando la conversazione e raggiungendo il
gruppo, dopo
essersi accertato che i bimbi che proteggeva non corressero alcun
pericolo “..non
ha molto senso tutto questo. Intendo dire: chi crede oggigiorno agli
Dei? Romani
o greci che siano, in quanti credono in loro? Ha senso combattere fra
noi? I culti
ormai quasi dimenticati, divenuti mitologia e non più
religione, non dovrebbero
andare d’accordo come fratelli? Specie fra voi, che siete
nati l’uno dalle
ceneri dell’altro!”.
“Non
è proprio così,
ma il concetto è quello” annuì Fato.
“Ma allora
noi..che facciamo?” domandò Era.
“Siete
Dei! Io e
Fato siamo alleati da millenni” spiegò Destino
“È così difficile per voi fare
altrettanto? E poi..chi di voi greci vuole stare sull’Olimpo?
Ognuno di voi ha
il suo tempio in un luogo specifico e ci vive felice!”.
“Non
è tanto per l’Olimpo..”
spiegò Apollo “..è che i romani ci
stanno proprio sulle palle!”.
“E
perché? Avete talmente
tante cose in comune che potreste essere considerati la stessa persona!
Chi ha
iniziato tutto questo?”.
Gli
Dei si
guardarono fra loro. Probabilmente era nato tutto dalle manie di
grandezza di
Zeus e Giove, che però adesso erano morti.
“Kanon!”
sbottò
Atena “Smettila di picchiare Minerva!”.
“Ma
mi diverto..”
piagnucolò il cavaliere.
Anche
altri
ricominciarono a litigare e combattere e così il Fato,
stufo, alzò un braccio
al cielo. Una luce fortissima avvolse tutti i presenti, che chiusero
gli occhi.
Riaprendoli,
i greci
si fissarono. Che era successo? Dei romani non vi era traccia alcuna.
“Lieto
di vederti
tutto intero, Kiki” sorrise il sacerdote “E con dei
giovani al seguito..”.
“Li
ho salvati”
rispose il ragazzo “Ma sento in loro il cosmo”.
“Sì.
Lo percepisco
pure io. Futuri cavalieri, finalmente!”.
“Vi
ho riportato la
collana”.
“Tienila
tu, mio
successore. Credo che per me sia giunto il momento di
riposare”.
Arles
si toccò il
petto, ora non più protetto dall’armatura.
Sanguinava ancora ma quasi tutti i
presenti erano messi abbastanza male, perciò non ci diede
troppo peso.
“Ma
io..” balbettò
Kiki, non sentendosi pronto.
“Sei
stato
coraggioso” lo incitò Shion, toccandogli una
spalla “Saggio, generoso e
potente. Sei pronto. E poi, se ti servirà aiuto, ricorda che
non sei solo”.
Il
giovane annuì,
con un sorriso. Mur lo osservava piuttosto stupito e orgoglioso.
“E
tu? Cosa credi di
fare?” domandò Era, rivolto ad Arles, mentre la
folla applaudiva Kiki.
“Io?
Devo pensare al
futuro. Renderlo lieto il più possibile”.
“Ah,
tanto per
toglierti un peso..non temere più le pene
dell’oltretomba. Gli Dei non
subiscono certi trattamenti, salvo casi eccezionali”.
“Dei?”.
Il
sacerdote si
guardò le mani, sporche del proprio sangue. Non era rosso,
come quello umano,
bensì azzurro come l’ikor divino. Alzò
lo sguardo e fissò il gemello. Pure lui,
sul viso, mostrava una ferita scintillante d’azzurro.
“Ma..io
non voglio
essere un Dio!” protestò.
“Sono
le piccole
cose della vita, ragazzo mio” rispose Ares, mettendogli un
braccio attorno al
collo e scoppiando a ridere.
“Ma
dove siamo?”
domandò Nettuno “Questo è
l’Olimpo?”.
“Zio,
stamo a casa”
annuì Marte “Er tizio embacuccato ce ha spediti de
novo sur monte Olimpo”.
“Quindi..la
guerra è
finita?”.
Marte
annuì e si
accese una sigaretta. Si guardò attorno. Erano rimasti
così in pochi..c’era
quasi da annoiarsi! Minerva era stata uccisa, ecco perché
non udiva quella
vocina fastidiosa!
“E
adesso, che
facciamo?” domandò Vulcano, ferito in
più punti.
“Boh.
Festa? Se
Bacco non sta emmbriaco..”.
“Festa?
Marte..che
dici?”.
“A
me piace come
idea” annuì Nettuno.
“E
se invitassimo
anche loro?” si unì Cupido, rimasto al monte
durante la battaglia.
“Entendi
er nemico?”
storse il naso Marte.
“Papà,
non sono più
nemici. Qui c’è tanto posto..”.
“Te
fai bisboccia
con zio Bacco quando io me assento, vero?”.
Cupido
sorrise. Non
era il tipo in grado di portare rancore.
Kiki
si era abituando
ormai al suo ruolo. Era una sera abbastanza tranquilla di primavera e
se ne
stava alla tredicesima senza troppi pensieri. Atena passava molto tempo
sull’Olimpo,
assieme ad Ares ed altre divinità. Questo sgravava il suo
compito di difensore,
anche se a lei piaceva molto stare al grande tempio. Sorrise, notando
un certo
nervosismo sul viso di Arles.
“Secondo
te..” parlò
il ragazzo “..perché ha chiesto di venire qui al
tempio?”.
“Non
lo so” ammise
il precedente sacerdote, leggermente scocciato “So solo che
sull’Olimpo c’era
un sacco di personale qualificato e lei ha insistito per venire
qui”.
“C’è
Era con lei. La
più qualificata in assoluto..”.
“Oh,
Kiki!” sorrise
Kanon “Guarda che è normale che sia nervoso! Sta
per diventare papà”.
I
due gemelli si
fissarono. Entrambi in abiti borghesi, attendevano con pazienza che
qualcuno
desse loro notizie.
“Ma
quanto ci vuole?”
domandò Ares.
“Pazienza!
Ci vuole
pazienza” sorrise Aphrodite “La natura ci mette il
suo tempo”.
“La
natura è un gran
troia!” borbottò il Dio della guerra, offrendo una
sigaretta al figlio.
Phobos
e Deimos
erano giunti al tempio proprio per assistere all’evento,
sotto minaccia del
padre. Phobos si era ripreso del tutto ed era il solito Dio incazzato
di
sempre.
“Rilassati,
fratellino” commentò Deimos.
“È
che..” ammise
Arles “..a me succedono sempre cose spiacevoli. Ho paura che
questa volta sia
lo stesso. Sono terrorizzato”.
“E
non dovresti. Sai
cosa sarà? Maschio o femmina?”.
“Non
lo so”.
“Tu
cosa vorresti?”.
“Non
ho
preferenze..a me basta che vada tutto bene!”.
“E
perché non vai
dentro da lei?”.
“Io
porto una sfiga
allucinante! Se sto qua, vedrai che andrà tutto molto
meglio”.
Deimos
ridacchiò.
Kiki rise a sua volta. Poi la tenda si scostò e scese il
silenzio. Dalla dimora
di Atena era uscita finalmente Era, stringendo fra le braccia un
fagottino
minuscolo. Si avvicinò lentamente ad Arles e solo in quel
momento sorrise.
“Prendi
fra le
braccia il tuo primogenito, nipote” parlò la Dea.
“È
un maschio?”
domandò Ares, cercando di vedere il piccolo.
“Sì.
La femmina è
con la madre”.
“Sono
due?” balbettò
Arles.
“E
che ti aspettavi?
Sei un gemello figlio di gemelli e lei lo stesso” rise Kanon
“Dai, prendilo in
braccio! Fammi vedere il mio nipotino!”.
“Com’è
silenzioso..”
commentò Phobos.
“Ha
strillato fin
adesso” rise Era “Ha dei polmoni notevoli! Adesso
si è calmato ed ha cambiato
colore di capelli”.
“Oh,
che bello! Anche
lui cambia colore!” gioì Ares.
Arles
sorrise e
finalmente prese il bimbo, che lanciò un versetto di
protesta.
“Ciao”
lo salutò e
lo osservò.
I
capelli del
piccolo erano rossi, come quelli dello zio Marte e della madre quando
si
arrabbiava.
“Quando
si infuria..”
spiegò la Dea “..diventano neri. La bimba invece
ha i capelli come quelli della
mamma ma diventano blu se la infastidisci”.
“È
splendido”
commentò Pesci “Con quei capelli, sembra un
piccolo bocciolo di rosa”.
“È
il mio piccolo
miracolo” mormorò l’antico sacerdote,
osservando il figlio con grandi occhi
dolci e cullandolo “Il mio piccolo miracolo..un sogno, che
credevo non potesse
mai avverarsi e invece è qui, fra le mie braccia. Mia
meraviglia..”.
Senza
riuscire più a
trattenersi, il neopapà scoppiò a piangere.
Nonostante si vergognasse da
morire, non ebbe modo di trattenere le lacrime.
“Oh,
il mio
gemellone si commuove! È così cuccioloso e
dolcioso! Abbracciami!” parlò Kanon,
abbracciando il fratello.
“Ma
fate proprio
schifo quando fate così!” storse il naso Ares
“Non vi picchio solo perché oggi
sono nati i miei nipotini, va!”.
“Abbracciami
anche
tu, papà!” scherzò Kanon e furono
Phobos e Deimos a stringere il padre.
“Come
lo chiamerai?”
chiese Kiki.
“Il
nome? Già..ci va
un nome..” si fece pensieroso Arles, osservando meglio il
piccolo “Beh..non me
ne vogliate ma..visto che il mio stramaledetto nome è
Aristotles, mentre Saga è
il nome che mi ha affibbiato Shion, io rimarrei in tema e direi
Tolomeus. Tolomeo..”.
“Tomeo,
Tommi? Carino.
Al massimo ti ucciderà da grande perché gli hai
dato un nome da vecchio”
commentò Kanon “E la bambina?”.
“Quella
è facile:
Ipazia”.
“La
studiosa d’Alessandria?
Nomi seri, fratellone”.
“Ogni
tanto combino
qualcosa di buono e serio pure io. Non posso dare nomi comuni e banali
alla mia
ragione di vita. Io vivrò per loro. Mai più
verserò lacrime pensando al
passato, perché ci sono loro ora: il mio grandioso e
meraviglioso futuro!”.
Siamo
giunti infine al penultimo capitolo. Ringrazio ancora chi ha
seguito la storia fino a qua ed avviso: chi ama il lieto fine assoluto,
si
fermi qui J
il prossimo
capitolo stravolgerà un pochino le cose per qualche
personaggio. Per chi ha
piacere di perdere ancora un po’ di tempo con la mia follia,
su Fb trova alcune
mie storie a fumetti sui Saint e un paio di disegni inerenti questa
storia
(Ares semi nudo ha riscosso più consensi del previsto). Vi
aspetto! Cercate Frirry
ed a presto, con il gran finale!