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Autore: SagaFrirry    14/04/2015    1 recensioni
La Dea Atena risveglia i suoi cavalieri, condannati nella roccia dopo aver abbattuto il muro del pianto. Tutti gli Dei greci richiamano i loro sottoposti e creano alleanze. Perché? Non me ne vogliano i puritani della mitologia..in questa storia gli Dei greci lottano contro le divinità romane. L'Olimpo è troppo piccolo!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Olympus Chapter'
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XXII

 

FULMINI E SANGUE

 

La coda dell’armatura di Ares si arricciò. Era pronto alla battaglia e già vedeva il nemico avvicinarsi. Atena stava al suo fianco, anch’essa pronta allo scontro.

“Efesto ha ingrandito le ali della tua armatura, o sbaglio?” domandò lei.

“Non sbagli” ammise lui “Le mie quattro ali sono immense. Mi piacciono”.

“È stato molto gentile..”.

“Gli manderò un mazzo di fiori..”.

Phobos, Deimos ed Enyo osservavano i nemici, discutendo di strategia. Le amazzoni, sui loro cavalli, erano già pronte. I cavalieri di Atena si erano schierati, così come quelli di altre divinità giunte al tempio. Apollo, Poseidone, Artemide ed Efesto erano giunti con i loro eserciti. Le schiere di Hades erano in marcia e prossime ormai alla meta. Madre Era, forte e magnifica, era pronta a vendicarsi di ogni torto subito.

“Dov’è Arles?” chiese Ares, guardandosi attorno.

“Allo Star Hill” rispose Atena “Ci va sempre, prima di una battaglia importante. Credo serva a dargli la giusta carica..”.

 

“Fa provare pure me!” sorrise sadicamente Febo.

Marte ghignò e gli concesse l’onore di maneggiare la lancia che teneva ancorato il sacerdote al pavimento. Il Dio solare, con immensa soddisfazione, rigirò l’oggetto, lacerando la carne del mortale.

“Guarda, fratello!” notò Febo “Guarda come stringe i denti per non gridare. Non vuole darci questa soddisfazione!”.

Marte rideva, piuttosto soddisfatto. Prese fra due dita il volto di Arles e lo fissò dritto negli occhi.

“Guardame bene en faccia, fio de ‘na mignotta strabica!” parlò il romano.

Il sacerdote cercò di mantenere il controllo ma il Dio stava usando i propri poteri. Con quelli, era in grado di infondere il puro terrore nell’animo del suo avversario. Subito il mortale sentì il cuore accelerare il ritmo in modo innaturale. Gemette, tentando di liberarsi.

“Nun fa ‘o splendido, mortale!” ghignò Marte “Non te poi move!”.

“Arles!” gridò una voce.

Il sacerdote la riconobbe: era quella di Aiolos. Aiolos? Che fosse giunto a tanto, pur di vendicare quanto successo in passato? Che avesse lui indicato la via a Febo e Marte? Arles chiuse gli occhi, in un gemito. Il battito del suo cuore era impazzito, velocissimo, e questo faceva sì che la ferita sanguinasse molto. Con la mente annebbiata, si preparò alla fine. La freccia d’oro del Sagittario era già puntata contro di lui, la vista ormai era sfuocata ed il respiro iniziava a venirgli meno. Del resto, si disse, era quello che meritava. Il passato che era finalmente giunto a saldare i conti. Si portò una mano al petto. Il ritmo cardiaco aumentò ulteriormente poi ci fu silenzio. Spalanco gli occhi e li richiuse. Non provava più dolore, o paura, o rimorso. Non provava più nulla. La freccia d’oro non serviva più.

 

“Eppure..” si diceva, perplesso, Ares “Ho una strana sensazione..”.

Gli eserciti infine iniziavano a scontrarsi ma il Dio, che solitamente trovava la guerra piuttosto eccitante, non riusciva a concentrarsi. In ogni guerra passata aveva perso dei figli ed ammetteva, se pur a fatica, di temere il ripetersi di simili eventi.  Vide Phobos e Deimos con a fianco alcuni cavalieri d’oro. Trovò Enyo fra le amazzoni, che già combatteva. Individuò facilmente Kanon, che  spiccava fra i soldati di Poseidone con la sua Kamui alata. Altri discendenti del Dio, dall’indole pacifica e non legati alla guerra, come Eros ed Anteros, erano ben lontani da lì.

Non era il solo che si preoccupava per la famiglia. Mur, poco distante da Phobos e Deimos, attendeva il ritorno di Kiki. Il ragazzo si era fatto valere, nella sua prima missione in armatura? Ed era rimasto ferito? L’Ariete era in apprensione. Anche Ioria aveva un’aria strana, che Mur non riuscì ad interpretare. Però era tardi ormai per pensieri e ripensamenti. La battaglia era iniziata ed il nemico già stava attaccando.

 

Minerva incitò l’esercito e poi guardò in su, cercando con lo sguardo Atena. Era lei il suo obbiettivo ma, non appena scattò per raggiungerla, una forza la ributtò a terra.

“Dove credi di andare, bellezza?” la apostrofò Kanon “Io e te abbiamo un conto in sospeso!”.

“Fatti da parte, mortale!” ordinò lei “Non è te che voglio!”.

“Poco mi importa”.

“Come vuoi. Allora ti ucciderò e poi andrò oltre”.

“Provaci!”.

 

“Riprenditi, avanti!” esclamò Aiolos, scuotendo il sacerdote.

Quando lo vide riaprire gli occhi, tirò un sospiro di sollievo. Sorrise. Arles lo fissò, mettendo a fuoco lentamente. Vide il volto del Sagittario, imperlato di sudore e dall’aria preoccupata.

“Mi senti?” domandò Aiolos.

Il sacerdote annuì e poi gemette, portandosi una mano al petto.

“Scusa” commentò il Sagittario “Ho tentato di rianimarti ed alla fine ho dovuto usare il mio Atomic Thunderbolt su di te. Per farti ripartire il cuore. Immagino faccia un po’ male”.

“E Marte? Febo?” riuscì finalmente a dire Arles.

“Li ho trafitti con la freccia d’oro”.

“Ma..perché?”.

“Come sarebbe a dire? Siamo colleghi, è mio compito aiutarti”.

“Ma io ti ho fatto uccidere! Dovresti odiarmi!”.

“Dovrei, ma portare rancore non serve a niente. Dovresti smetterla pure tu di odiarti tanto. Il passato è passato ed è il presente che conta, per dar vita ad un grandioso futuro”.

“Futuro?”.

“Non pensi mai al futuro? Sarebbe ora che iniziassi, sai?”.

“Forse hai ragione. Però io non capisco..”.

“Mettiamola così: non sopporto l’idea che ci siano orfani per il mondo!”.

“Orfani?”.

“Non fare quella faccia! Non lo sai?”.

“Che cosa dovrei sapere?”.

“Ma come?! Discordia non ti ha detto che..”.

“Voi due!” parlò proprio Discordia “Allontanatevi! Pensate forse di riuscire ad uccidere due divinità come Marte e Febo con una semplice freccia?”.

Aiolos reagì e scoccò un’altra freccia, che questa volta stese Febo. Il sacerdote si alzò, anche se con fatica.

“Allontanatevi!” ordinò Discordia “Mio fratello non farà nulla, finché io sono qui..”.

Aiolos si accigliò, vedendo Arles indossare l’armatura del drago.

“Amico..” commentò “..quello era un infarto! Non penserai mica di andare a combattere?!”.

“Sto bene!” protestò il sacerdote.

“Certo! Come no!”.

“Andate via!” insistette Discordia, mentre Marte lentamente si rialzava.

“Non fuggo di certo dinnanzi ad uno scontro, madame” ribatté Aiolos, incoccando una nuova freccia e guardando minaccioso il Dio romano.

“A Rambo!” sfotté Marte “Accanna ‘a fascetta!”.

“Come osi? Farai la fine di Febo!”.

Discordia, vedendo che nessuno dei due cavalieri aveva intenzione di muoversi, usò i suoi poteri. Una pioggia d’oro investì Sagittario e sacerdote, allontanandoli dallo Star Hill. Arles non apprezzò il gesto e protestò. Poi si fermò a riflettere. Se non era stato Aiolos a tradire, allora chi poteva essere stato? Chi conosceva tutti i dettagli di strategia e sicurezza del santuario?

Virò, con un singolo battito di ali.

“Discordia!” gridò, temendo per la sua vita.

 

Kiki ed i cavalieri di bronzo, seguiti da Shion e l’esercito di Hades, giunsero al tempio il più in fretta possibile. Plutone, che attendeva la sua controparte greca, li attese ed attaccò. Kiki saltò e si nascose in una rientranza delle rocce, fra le rovine. Udì un singhiozzo e si girò. C’erano tre bambini nascosti, probabilmente abitanti di Rodorio rimasti coinvolti negli scontri.

“State tranquilli! Sono un amico” si affrettò a dire, creando il suo muro di cristallo per difenderli dai colpi vicinissimi della battaglia “Vi difenderò io. Andrà tutto bene!”.

Poco distante, Nettuno ed il suo esercito si stava scontrando con Poseidone ed i suoi sottoposti. I cavalieri d’oro passavano da un avversario all’altro. Phobos e Deimos si ritrovarono di fronte Giano Bifronte. Perplessi, non sapevano bene come affrontarlo. Il Dio pareva prevedere ogni loro mossa e li anticipava.

“Ioria!” esclamò Phobos, trovandoselo vicino “Meno male che sei qui! Dacci una mano contro questo coso”.

Il Leone non rispose. Si limitò a fissare i gemelli di Ares, senza parlare.

 

Arles, Aiolos e Discordia atterrarono in mezzo agli scontri.

“Sei davvero deciso di combattere?” si stupì Sagittario, fissando il sacerdote.

“Ma sì, smettila! Piuttosto tu, Discordia..”.

“Cosa?” sbottò lei, scocciata.

“Non posso permettere che tu combatta!”.

“Io ho sempre combattuto”.

“Sì, ma..”.

La Dea sorrise. Arles non rispose a quel sorriso, non sapendo come nascondere la sua preoccupazione.

“Non angosciarti” riprese lei “Andrà tutto bene”.

“Va via. Se dovessi morire o..”.

“Non accadrà. Io ho un motivo per restare in vita”.

“Ora anch’io..”.

“E fallo un sorriso!” interruppe Aiolos “Diventerai padre, puoi concederti un attimo di gioia!”.

“Sorriderò quando tutto questo sarà finito”.

“Bene! allora facciamola finita in fretta”.

“Dov’è tuo fratello?”.

“Ioria? Accanto ai tuoi, immagino..”.

Arles lo cercò con lo sguardo. Sul tetto di qualche casa più in giù, lo vide. Probabilmente Aiolos lo avrebbe presto raggiunto, per sostenerlo. Kanon, al contrario, lo avrebbe riempito di insulti. Il sacerdote scosse la testa, pensandoci. Poi vide uno strano scintillio d’oro fra le mani del Leone.

“Phobos!” gridò.

 

Shura e Deathmask si stavano divertendo. Anche se i nemici parevano non finire mai, le loro tecniche riuscivano sempre a farsi valere. Poi un uomo respinse entrambi i loro attacchi. Con un ghigno sadico, mostrò solo in parte il suo volto, coperto dal mantello.

“Chi saresti, tu?” domandò il Capricorno.

“Saturno è il mio nome. E mangio i bambini cattivi!”.

 

La romana Proserpina era riuscita a scovare Persefone. Accanto a lei, Cerere e Flora manipolavano le piante per riuscire a sconfiggere i loro avversari. Pesci, preoccupato per la sorte di colei che era divenuta la sua amante nel periodo estivo, tentava di aiutarla.

“Ti serve un aiutino?” domandò Milo, lanciando la sua Cuspide.

“Magari!” ammise Aphrodite.

Poco distante, Camus stava aiutando i soldati di Poseidone. Shaka aveva raggiunto Dohko ed i cavalieri di bronzo, che contro l’esercito di Plutone si stavano facendo valere. Mur ed Aldebaran aiutavano Efesto, alle prese con Vulcano ed i suoi attacchi di fuoco. Era strano per i saint combattere a fianco di uomini considerati nemici fino a poco tempo prima, come i giudici di Hades o i generali marini. Ares aveva iniziato uno scontro contro Marte, ed Aiolos si era deciso ad aiutarlo. Però si era subito distratto, vedendo la strana reazione di Arles.

 

“Phobos!” gridò il sacerdote.

Il fratello, concentrato sulla battaglia, non percepì il pericolo. Si voltò e vide Ioria. Deimos spiccò il volo ma il gemello non ci riuscì ed il Leone lo aggredì, brandendo la daga d’oro che uccideva le divinità. Cadde in terra, preso di sorpresa.

“Ioria!” chiamò Aiolos, raggiungendo in fretta il fratello.

“Fermati!” ordinò Arles, afferrando il Leone, che con furia cieca continuava a sferzare colpi.

“Che fai, fratellino?!” si allarmò Sagittario, aiutando il sacerdote.

“Vattene!” gridò Ioria “Andatevene tutti! Specialmente tu!” minacciò, puntando il pugnale contro Arles.

“Sei tu, dunque!” rispose il sacerdote “Sei tu il traditore che ha svelato il luogo dove si trovava mio padre Ares!”.

“Sì. Ed anche come raggiungere te, gran sacerdote, allo Star Hill” confermò il Leone.

“E perché? Fratello, perché?” domandò Aiolos, senza capire.

Nel frattempo, Deimos aveva raggiunto il gemello e cercava di farlo riprendere.

“Perché? Ma come? Quest’uomo non ha portato altro che sofferenza. L’unica divinità che posso permettere resti in vita è Atena. Le altre non portano che a guerre continue”.

“Ma, Ioria! La nostra Dea è alleata delle divinità che stai tradendo! Ed eliminare Arles, o i suoi parenti, non ti ridarà il tempo che io e te abbiamo perso. Fratello..guardami! Torna in te!”.

“Aiolos..”.

Il Sagittario riuscì ad avvicinarsi a sufficienza e disarmò il fratello minore.

“Ioria..” parlò Arles “..io ti chiedo perdono. Chiedo perdono a te ed a molti a cui ho fatto del male. Se lo vorrai, porgerò il mio petto ai tuoi colpi quando tutto questo sarà finito. Però ora dobbiamo combattere uniti, perché Atena e gli altri Dei greci hanno bisogno di noi”.

“Atena è la sola Dea giusta!”.

“Può essere. Ma adesso smettila!”.

Deimos guardava con odio il Leone, stringendo a sé il gemello. Arles intuì i suoi pensieri e tentò di frapporsi fra Dio e cavaliere.

“Non è il momento..” cercò di dire, ma una voce ben più potente della sua si udì.

“Vi ammazzo tutti!” sbraitò Ares, capendo quanto successo.

“Calmati!” cercò di rabbonirlo Atena, con scarsissimi risultati.

“Leone! Diverrai la mia prossima vittima!”.

“Padre! Comprendo la tua ira..ma..”.

“Taci, Arles! Perché lo difendi? Ha tradito anche te e non vede l’ora di vederti morto in terra, in un lago di sangue”.

Il padre ora stava dinnanzi al figlio. L’armatura del Dio era immensa e faceva sembrare il sacerdote un ragazzino minuto.

“Perché non è il fottuto momento di litigare fra noi!” gridò il figlio “E se qualcuno usasse il cervello, lo capirebbe!”.

Shion osservava la scena divertito. Era bello vedere il suo successore in difficoltà.

“Ecco un altro che vuole ammazzarmi..” sbottò Arles “..più tardi! Prendi il numero, cazzo! Adesso pensiamo a questa guerra contro i romani”.

“Stai lontano dal mio bambino!” si intromise Ares.

“È quello che avrei dovuto fare, in effetti” ammise Shion “Ma non potevo permettere che i figli di Ares girassero liberi per il mondo. Sì, sapevo che erano due e sapevo che erano figli tuoi. La loro madre impazzì, fu ritenuta pazza, quando iniziò a dire che aveva concepito con il Dio della guerra. Per questo i bambini le furono sottratti e sarebbero stati adottati da chissà chi, se non fossi intervenuto. In Kanon percepii subito un alone malvagio ma in Saga no. Perciò pensai che il sangue di Ares si fosse trasmesso solo al gemello più piccolo. Ma mi sbagliavo. Saga, sebbene si mostrasse come il bambino più puro e buono che avessi mai conosciuto, era in realtà il più bastardo dei due. Intriso fin nel midollo di geni paterni”.

“Te l’ho detto, vecchio. Prendi il numero e ci sentiamo dopo. Ora..” cercò di riprendere Arles, ma fu interrotto di nuovo da Shion, che riprese a parlare.

“Non voglio ucciderti. Non voglio affrontarti. Ti sei rivelato all’altezza, Aristotles. Hai scelto un successore degno di questo nome ed hai guidato il santuario come si deve, almeno nell’ultimo periodo. Non ha senso per me punirti. La punizione più grande è la tua mente tormentata, e te la infliggi da solo ogni giorno”.

“Dov’è lui? Il mio successore sta bene?”.

“Certo. Ha compiuto la sua missione ed ora è assieme agli altri cavalieri che combatte e protegge i deboli. Non potevi scegliere di meglio, a mio avviso”.

Arles fece per rispondere ma Marte piombò fra loro, interrompendo la conversazione. Voleva a tutti i costi la testa di Ares e di quel suo figlio maledetto! Però il suo colpo fu fermato dalla mano della sorella Discordia. Era furiosa ed i suoi capelli si erano tinti di rosso.

“Scansate!” ordinò il Dio.

“No, fratello. Non ti permetterò di far del male all’uomo che amo”.

“Ami?” domandò Marte, perplesso.

“Sì, amo. Sono pronta ad affrontare tutti gli Dei romani del creato, pur di rimanergli accanto. E non sarai di certo tu a portarmelo via. Allontanati e desisti, se non vuoi che ti attacchi”.

“Sorè, io te adoro. Ma nun te poi fa pija da sto burino! Sta mezza carzetta mortale..”.

“Sono affari miei da chi mi faccio pigliare, chiaro? Avremo un figlio, perciò abituati all’idea e sparisci! Non osare sfiorarlo con un solo dito!”.

“Un fio? Ma che, davero? Nun me stai a cojonà?”.

“No, non ti sto prendendo in giro. E sono felice. Sono davvero felice!”.

Marte guardò negli occhi la gemella ed arrossì leggermente. Era irritante come quella donna riuscisse sempre ad avere la meglio.

“Un figlio? Ho sentito bene?” domandò più di qualche romano, interrompendo la propria battaglia e fissando Discordia “Questo è inaudito!”.

“Eliminatela!” scandì Proserpina “Un sangue misto, meticcio e impuro non può essere tollerato”.

“Provate a toccarla..” minacciò Arles, aprendo leggermente le ali dell’armatura “..e vi smonto in tanti di quei pezzi che manco vostra madre vi riconosce, chiunque essa sia!”.

 

Minerva era spietata ma Kanon lo era altrettanto. Non si faceva scoraggiare dalla potenza della Dea e la stuzzicava volando. Adorava la sua armatura del drago! Ghignò, sferrando l’ennesimo attacco. La Dea fu colpita e gemette, furiosa. Che stava combinando suo fratello? Perché vedeva sempre più romani e greci smettere di combattere per litigare fra consanguinei? Roteò la lancia e tentò di trafiggere Kanon, che volò di lato e schivò. Tirò, di rimando, un forte pugno in pieno viso alla Dea. Minerva barcollò e si adirò ancor di più.

“Muori, mortale!” sbraitò, questa volta riuscendo a colpirlo.

“Devi impegnarti di più!” sfotté Kanon, estraendosi la lancia dal braccio e tirando una ginocchiata al ventre della Dea.

Minerva non se lo fece ripetere e contrattaccò, stavolta con più violenza. Kanon finì in terra e si accigliò. Maledetta Dea! Era già pronta con la lancia, ma una fiamma gliela portò via.

“Che succede?” domandò, stupita.

“È arrivato il mio amico Ikki” sorrise Kanon “E ora prega chi ti pare. Ti resta poco da vivere!”.

 

Saturno era affamato e lo dimostrò mordendo i suoi avversari. Deathmask e Shura trovarono la cosa disgustosa ma sfuggirgli era difficile. Il vecchio Dio era grande, molto più di loro, e pareva non provare dolore.

“Ho un piano” mormorò Shura “Tu distrailo..”.

“E come credi che possa fare?!” gemette il Cancro “Lo hai visto bene?”.

“Non lo so! Ingegnati!”.

“Me la paghi questa..”.

Deathmask saltò, agitandosi per attirare l’attenzione del Dio. Al suo fianco, apparve Shaina con un sorriso. I due insieme riuscirono a distrarre Saturno a sufficienza. Shura ne approfittò e lanciò la sua Excalibur, tranciando il braccio sinistro della divinità.

“Ho capito quel che vuoi fare!” sorrise il Cancro.

“Bravo, ora però continua a distrarlo!”.

 

Milo ed Aphrodite erano stati raggiunti da Mirina, assieme ad altre amazzoni. Cerere era brava ad evocare le piante e gli animali. Con un suo comando, creature misteriose apparivano dal nulla, plasmate dalla sua volontà, ed attaccavano i nemici. Lo Scorpione e Pesci le rimandavano indietro e le bloccavano con i loro attacchi. Persefone invece combatteva contro Proserpina senza alcuna pietà, insultandola pesantemente. Poco più in là, i rispettivi consorti facevano altrettanto. Hades però aveva Eleonore dalla sua parte, che non si risparmiava. Le sue falci d’argento colpivano gli avversari e ne trapassavano le carni. Sorrideva soddisfatta mentre avveniva questo, dimostrandosi una degna sposa del Dio degli Inferi. Poseidone osservava ammirato le movenze della cognata ma la sua consorte, la bella Anfitrite, non era da meno. Camus inoltre dava manforte, combinando la forza del ghiaccio al controllo dell’acqua del popolo marino. Questo ne aumentava la potenza, anche se Nettuno sapeva bene come difendersi. Mur ed Aldebaran invece avevano a che fare con il fuoco. Vulcano evocava la lava, mandandola contro gli avversari. Non era facile respingerla, nemmeno con il Crystal Wall. Stavano iniziando a stancarsi. Tutto questo sarebbe durato ancora a lungo?

 

“Venite! Per di qua!” chiamò una voce.

Kiki non sapeva da dove venisse ma si guardò attorno ed intravide Shun, nascosto fra le rocce.

“Venite!” insistette il medico.

Il giovane cavaliere prese con sé i bambini che aveva protetto e raggiunse Andromeda.

“Seguitemi!” indicò Shun, precedendo il gruppo.

Era un passaggio segreto, scavato nella roccia.

“Che posto è questo? Non ne ero a conoscenza” si stupì Kiki.

“Lo hanno costruito antichi cavalieri per proteggere Rodorio. Il gran sacerdote me ne ha rivelata l’ubicazione per difendere più civili possibili”.

“Capisco..”.

Fra loro, Kiki riconobbe Sarah ed altre ancelle.

“Aiutami a proteggerli, Kiki. Gli attacchi sono sempre più forti e sempre più vicini. Non so se la mia catena reggerà..”.

“Certo, Shun. Volentieri”.

 

Arles era pronto ad affrontare chiunque. Romano, greco, mortale o Dio che in qualche modo volesse fare del male a Discordia.

“Con Eleonore sono arrivato tardi..” disse “..ma con lei no. Nessuno le farà del male. E poi..Discordia, come sei bella quando ti arrabbi!”.

La Dea arrossì, non aspettandosi una frase del genere.

“La ami, dunque?” parlò Marte, mostrando per un instante di saper formulare una frase senza usare il suo dialetto.

“Lei sta per darmi il dono più grande che potessi mai chiedere. E nessuno le farà del male, finché io sarò in vita! Ora ho una regione per esistere, anche se sono circondato da validi motivi per morire”.

“Combatteresti per lei, anche contro la tua gente?”.

“Contro il mondo intero, se fosse necessario”.

Ares e Marte si fissarono.

“E che te devo dì?” sospirò il romano, rivolto al suo equivalente greco “Nun te posso ammazzà! Er Romeo fio tuo m’ha fatto piagne. È bono con mi sorella, nun me viene de infierì”.

“Ammetto di aver molto da ridire su questa unione ma..” sospirò a sua volta Ares “..se questa donna ti impedisce di voler costantemente la morte, Arles, allora non posso che approvare”.

“Come se mi servisse la tua approvazione..” ridacchiò il sacerdote.

“Non le farò alcun male” concluse il Dio.

“Ao, cognato! Me hai fatto incazzà de brutto. Ma la gemella mia te ama. Er fio mio Cupido sé annato a divertì dale parti tua..”.

“Probabilmente anche mio fratello Eros..”.

“Disgraziati e fetenti! Te do la mano, Aristocoso là..er nome strano che ha usato er pecora viola”.

“Ok..”.

“Ma num me fa incazzà de novo!”.

“Farò il possibile”.

“Ma come?” si stupì più di qualche romano “Marte! Lo devi attaccare ed uccidere”.

“Ma nun me cagà er cazzo te! O te sdrumo! Aristotizio mena e io mejo di lui. Volemo invità er papà suo? Ce divertimo?”.

Scese il silenzio. Poi due figure incappucciate si mostrarono, dissolvendo una barriera che le nascondeva. Con un solo cenno, bloccarono tutti i conflitti in atto.

“Finalmente silenzio” parlò una voce femminile.

“Sì, era ora” rispose una maschile.

“E voi chi sareste?” domandò Atena.

“Io sono il Fato” rispose l’incappucciato con la voce maschile.

“Ed io il Destino” si unì l’altra creatura.

 

“Che succede?” domandò Minerva, stanca di prendere fuoco per colpa di Ikki.

Kanon ignorò la sua domanda e la colpì di nuovo. Poi vide la Dea estraniarsi del tutto dalla battaglia ed inginocchiarsi.

“Che ti prende?” domandò, senza capire.

Si guardò attorno. Molti Dei, greci e romani, si stavano inchinando. I cavalieri d’oro si guardarono fra loro. Stanchi, sporchi di sangue ed alquanto perplessi, non riuscivano a capire.

“Mio signore” si inchinò anche Atena, dinnanzi a Fato.

“Vi osserviamo da un po’..” parlò Destino “..e devo dire che il vostro comportamento l’ho trovato alquanto sciocco”.

“Sciocco?” ripeté Ares, senza capire.

“Molto sciocco” confermò Fato.

Destino si avvicinò ad Arles, che Discordia stringeva a sé.

“Sei ferito..” parlò la Dea dinnanzi a cui tutti si erano inchinati “..lascia che ti aiuti”.

“No” la fermò il sacerdote “Aiutate mio fratello Phobos, ve ne prego! Voi che incarnate il potere supremo del mondo, salvate mio fratello. Io sto bene”.

Phobos era moribondo fra le braccia di Deimos, che non lo voleva lasciare. Destino ci mise pochi istanti a rimarginarne le ferite, anche se si stancò. Ares, vedendo questo, chinò ancora più la testa per la riconoscenza.

“Ma..” si stupì il Dio greco “..voi siete romana, Destino. Perché avete salvato mio figlio, che è greco? Patteggiate forse per noi?”.

“Non patteggio per nessuno. Io e Fato troviamo ridicola la vostra disputa. L’Olimpo non è forse abbastanza grande per tutti? Questa guerra non ha alcun senso”.

“Io..noi..forse..”.

“Non serve che ti giustifichi. Tu sei il Dio della guerra, la cerchi. Mi stupisco di altre figure, come Minerva o Atena, che dovrebbero usare il cervello..”.

“In effetti..” commentò Kiki, ascoltando la conversazione e raggiungendo il gruppo, dopo essersi accertato che i bimbi che proteggeva non corressero alcun pericolo “..non ha molto senso tutto questo. Intendo dire: chi crede oggigiorno agli Dei? Romani o greci che siano, in quanti credono in loro? Ha senso combattere fra noi? I culti ormai quasi dimenticati, divenuti mitologia e non più religione, non dovrebbero andare d’accordo come fratelli? Specie fra voi, che siete nati l’uno dalle ceneri dell’altro!”.

“Non è proprio così, ma il concetto è quello” annuì Fato.

 “Ma allora noi..che facciamo?” domandò Era.

“Siete Dei! Io e Fato siamo alleati da millenni” spiegò Destino “È così difficile per voi fare altrettanto? E poi..chi di voi greci vuole stare sull’Olimpo? Ognuno di voi ha il suo tempio in un luogo specifico e ci vive felice!”.

“Non è tanto per l’Olimpo..” spiegò Apollo “..è che i romani ci stanno proprio sulle palle!”.

“E perché? Avete talmente tante cose in comune che potreste essere considerati la stessa persona! Chi ha iniziato tutto questo?”.

Gli Dei si guardarono fra loro. Probabilmente era nato tutto dalle manie di grandezza di Zeus e Giove, che però adesso erano morti.

“Kanon!” sbottò Atena “Smettila di picchiare Minerva!”.

“Ma mi diverto..” piagnucolò il cavaliere.

Anche altri ricominciarono a litigare e combattere e così il Fato, stufo, alzò un braccio al cielo. Una luce fortissima avvolse tutti i presenti, che chiusero gli occhi.

 

Riaprendoli, i greci si fissarono. Che era successo? Dei romani non vi era traccia alcuna.

“Lieto di vederti tutto intero, Kiki” sorrise il sacerdote “E con dei giovani al seguito..”.

“Li ho salvati” rispose il ragazzo “Ma sento in loro il cosmo”.

“Sì. Lo percepisco pure io. Futuri cavalieri, finalmente!”.

“Vi ho riportato la collana”.

“Tienila tu, mio successore. Credo che per me sia giunto il momento di riposare”.

Arles si toccò il petto, ora non più protetto dall’armatura. Sanguinava ancora ma quasi tutti i presenti erano messi abbastanza male, perciò non ci diede troppo peso.

“Ma io..” balbettò Kiki, non sentendosi pronto.

“Sei stato coraggioso” lo incitò Shion, toccandogli una spalla “Saggio, generoso e potente. Sei pronto. E poi, se ti servirà aiuto, ricorda che non sei solo”.

Il giovane annuì, con un sorriso. Mur lo osservava piuttosto stupito e orgoglioso.

“E tu? Cosa credi di fare?” domandò Era, rivolto ad Arles, mentre la folla applaudiva Kiki.

“Io? Devo pensare al futuro. Renderlo lieto il più possibile”.

“Ah, tanto per toglierti un peso..non temere più le pene dell’oltretomba. Gli Dei non subiscono certi trattamenti, salvo casi eccezionali”.

“Dei?”.

Il sacerdote si guardò le mani, sporche del proprio sangue. Non era rosso, come quello umano, bensì azzurro come l’ikor divino. Alzò lo sguardo e fissò il gemello. Pure lui, sul viso, mostrava una ferita scintillante d’azzurro.

“Ma..io non voglio essere un Dio!” protestò.

“Sono le piccole cose della vita, ragazzo mio” rispose Ares, mettendogli un braccio attorno al collo e scoppiando a ridere.

 

“Ma dove siamo?” domandò Nettuno “Questo è l’Olimpo?”.

“Zio, stamo a casa” annuì Marte “Er tizio embacuccato ce ha spediti de novo sur monte Olimpo”.

“Quindi..la guerra è finita?”.

Marte annuì e si accese una sigaretta. Si guardò attorno. Erano rimasti così in pochi..c’era quasi da annoiarsi! Minerva era stata uccisa, ecco perché non udiva quella vocina fastidiosa!

“E adesso, che facciamo?” domandò Vulcano, ferito in più punti.

“Boh. Festa? Se Bacco non sta emmbriaco..”.

“Festa? Marte..che dici?”.

“A me piace come idea” annuì Nettuno.

“E se invitassimo anche loro?” si unì Cupido, rimasto al monte durante la battaglia.

“Entendi er nemico?” storse il naso Marte.

“Papà, non sono più nemici. Qui c’è tanto posto..”.

“Te fai bisboccia con zio Bacco quando io me assento, vero?”.

Cupido sorrise. Non era il tipo in grado di portare rancore.

 

Kiki si era abituando ormai al suo ruolo. Era una sera abbastanza tranquilla di primavera e se ne stava alla tredicesima senza troppi pensieri. Atena passava molto tempo sull’Olimpo, assieme ad Ares ed altre divinità. Questo sgravava il suo compito di difensore, anche se a lei piaceva molto stare al grande tempio. Sorrise, notando un certo nervosismo sul viso di Arles.

“Secondo te..” parlò il ragazzo “..perché ha chiesto di venire qui al tempio?”.

“Non lo so” ammise il precedente sacerdote, leggermente scocciato “So solo che sull’Olimpo c’era un sacco di personale qualificato e lei ha insistito per venire qui”.

“C’è Era con lei. La più qualificata in assoluto..”.

“Oh, Kiki!” sorrise Kanon “Guarda che è normale che sia nervoso! Sta per diventare papà”.

I due gemelli si fissarono. Entrambi in abiti borghesi, attendevano con pazienza che qualcuno desse loro notizie.

“Ma quanto ci vuole?” domandò Ares.

“Pazienza! Ci vuole pazienza” sorrise Aphrodite “La natura ci mette il suo tempo”.

“La natura è un gran troia!” borbottò il Dio della guerra, offrendo una sigaretta al figlio.

Phobos e Deimos erano giunti al tempio proprio per assistere all’evento, sotto minaccia del padre. Phobos si era ripreso del tutto ed era il solito Dio incazzato di sempre.

“Rilassati, fratellino” commentò Deimos.

“È che..” ammise Arles “..a me succedono sempre cose spiacevoli. Ho paura che questa volta sia lo stesso. Sono terrorizzato”.

“E non dovresti. Sai cosa sarà? Maschio o femmina?”.

“Non lo so”.

“Tu cosa vorresti?”.

“Non ho preferenze..a me basta che vada tutto bene!”.

“E perché non vai dentro da lei?”.

“Io porto una sfiga allucinante! Se sto qua, vedrai che andrà tutto molto meglio”.

Deimos ridacchiò. Kiki rise a sua volta. Poi la tenda si scostò e scese il silenzio. Dalla dimora di Atena era uscita finalmente Era, stringendo fra le braccia un fagottino minuscolo. Si avvicinò lentamente ad Arles e solo in quel momento sorrise.

“Prendi fra le braccia il tuo primogenito, nipote” parlò la Dea.

“È un maschio?” domandò Ares, cercando di vedere il piccolo.

“Sì. La femmina è con la madre”.

“Sono due?” balbettò Arles.

“E che ti aspettavi? Sei un gemello figlio di gemelli e lei lo stesso” rise Kanon “Dai, prendilo in braccio! Fammi vedere il mio nipotino!”.

“Com’è silenzioso..” commentò Phobos.

“Ha strillato fin adesso” rise Era “Ha dei polmoni notevoli! Adesso si è calmato ed ha cambiato colore di capelli”.

“Oh, che bello! Anche lui cambia colore!” gioì Ares.

Arles sorrise e finalmente prese il bimbo, che lanciò un versetto di protesta.

“Ciao” lo salutò e lo osservò.

I capelli del piccolo erano rossi, come quelli dello zio Marte e della madre quando si arrabbiava.

“Quando si infuria..” spiegò la Dea “..diventano neri. La bimba invece ha i capelli come quelli della mamma ma diventano blu se la infastidisci”.

“È splendido” commentò Pesci “Con quei capelli, sembra un piccolo bocciolo di rosa”.

“È il mio piccolo miracolo” mormorò l’antico sacerdote, osservando il figlio con grandi occhi dolci e cullandolo “Il mio piccolo miracolo..un sogno, che credevo non potesse mai avverarsi e invece è qui, fra le mie braccia. Mia meraviglia..”.

Senza riuscire più a trattenersi, il neopapà scoppiò a piangere. Nonostante si vergognasse da morire, non ebbe modo di trattenere le lacrime.

“Oh, il mio gemellone si commuove! È così cuccioloso e dolcioso! Abbracciami!” parlò Kanon, abbracciando il fratello.

“Ma fate proprio schifo quando fate così!” storse il naso Ares “Non vi picchio solo perché oggi sono nati i miei nipotini, va!”.

“Abbracciami anche tu, papà!” scherzò Kanon e furono Phobos e Deimos a stringere il padre.

“Come lo chiamerai?” chiese Kiki.

“Il nome? Già..ci va un nome..” si fece pensieroso Arles, osservando meglio il piccolo “Beh..non me ne vogliate ma..visto che il mio stramaledetto nome è Aristotles, mentre Saga è il nome che mi ha affibbiato Shion, io rimarrei in tema e direi Tolomeus. Tolomeo..”.

“Tomeo, Tommi? Carino. Al massimo ti ucciderà da grande perché gli hai dato un nome da vecchio” commentò Kanon “E la bambina?”.

“Quella è facile: Ipazia”.

“La studiosa d’Alessandria? Nomi seri, fratellone”.

“Ogni tanto combino qualcosa di buono e serio pure io. Non posso dare nomi comuni e banali alla mia ragione di vita. Io vivrò per loro. Mai più verserò lacrime pensando al passato, perché ci sono loro ora: il mio grandioso e meraviglioso futuro!”.

 

 

Siamo giunti infine al penultimo capitolo. Ringrazio ancora chi ha seguito la storia fino a qua ed avviso: chi ama il lieto fine assoluto, si fermi qui J il prossimo capitolo stravolgerà un pochino le cose per qualche personaggio. Per chi ha piacere di perdere ancora un po’ di tempo con la mia follia, su Fb trova alcune mie storie a fumetti sui Saint e un paio di disegni inerenti questa storia (Ares semi nudo ha riscosso più consensi del previsto). Vi aspetto! Cercate Frirry ed a presto, con il gran finale!

   
 
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