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Autore: Jess2792    14/04/2015    4 recensioni
Se già di per sé la violenza è brutta, la violenza che subiscono donne e bambini è a dir poco agghiacciante.
In questa breve storia viene racchiusa l'esperienza di una donna, di una moglie, ma soprattutto di una madre, vittima di abusi continui, che vuole proteggere la sua bambina. E per farlo verrà aiutata.
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Finiva sempre così: un litigio, una sberla in direzione dell’occhio destro e un pianto incontenibile che faceva sentire buia quella stanza illuminata dall’aria gioiosa di festa natalizia. Lui non si calmava, la bambina piangeva e io sentivo l’umido del sangue che scendeva nei capelli; attorno a me disordine, porcellana rotta e sangue, il mio sangue, sulla moquette. Come potevo farmi sottomettere, di nuovo?
-“Questa volta ti ammazzo!“, gridava lui con aria minacciosa.
Non so nemmeno io con quali forze, ma riuscì nell’intento di portare fuori la bambina e di rientrare per affrontarlo in qualche modo. Se l’unico modo per salvare mia figlia era quella di farmi massacrare di botte, allora mi sarei lasciata ammazzare, l’importante era che lei si salvasse e, magari, dimenticare, perché si sa: i bambini accumulano tutto nella loro mente, anche se non se ne rendono conto.
Dalle scale sentì la voce di Michy che mi chiamava, prima che riuscisse a raggiungermi però gli chiusi la porta, lasciando fuori la bambina. Michy bussò fortemente più e più volte, senza ricevere risposta ne da me ne da quella bestia che girovagava per casa confusa, persa nell’odio. A quel punto non fece altro che prendere in braccio la bambina e chiamare i soccorsi. Io ricordo solamente che quando mi girai per andargli incontro, la Bestia sganciò uno dei suoi pugni e mi fece cadere a terra, completamente priva di forze, non si fermò e mi prese a calci per secondi che parevano ore nella mia testa. L’ultimo calcio fu quello definitivo, non mi permise più di respirare, però lui non era contento di vedere aggrapparmi alla vita, così prese un coltello e me lo piantò nel fianco.
Da quel punto non vidi più nulla, ne udì un suono. Quando riaprì gli occhi ero sul lettino dell’obitorio, sentivo la puzza di cadavere nell’aria. Sentì la voce di Michy, era lì ad eseguire la mia autopsia. Era incredibile come riuscisse a rimanere calmo davanti al corpo di una persona che conosceva bene e che aveva aiutato in ogni suo momento difficile, poi però si allontanò, lasciando gli strumenti in mano alla sua collega e si diresse nell’ufficio. Lì si chiuse dentro e iniziò a piangere come non mai in vita sua. Mi avvicinai e lo abbracciai forte.
-“Giuro, mi prenderò cura di lei e ti giuro, sulla mia stessa vita, che lui la pagherà!“, disse con voce rauca e soffocata.
Anni dopo continuavo a vegliare su lui e la mia bambina. Ciò che mi aveva promesso era vero: Mary aveva compiuto diciotto anni, era una splendida donna e chiamava Michy papà, come era giusto che fosse.
Michy non le disse mai chi era suo padre, forse non si sentiva pronto, forse non voleva, ma della sua mamma Mary conosceva tutto.
-“Papà, credi che la mamma sia qui con noi?“, chiese Mary fissando la mia tomba.
-“Lei è sempre con noi, nel cuore di chi le voleva bene, soprattutto nel tuo. Non ti ha mai abbandonata. E’ morta per proteggerti, ma ha rifiutato l’invito di Dio di diventare un angelo per continuare a vivere sulla Terra e proteggere te.”.

   
 
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