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Autore: Piperilla    15/04/2015    1 recensioni
Mai fermarsi alla superficie delle cose.
Questa è una verità più importante di quanto si possa credere: sotto l'aspetto ordinario, infatti, molte persone nascondono capacità fuori dal comune: quella che permette loro di governare i quattro Elementi fondamentali.
In un luogo sperduto vengono riunite queste persone speciali: separati contro la loro volontà da parenti e amici, segregati in quella che è più una prigione che una scuola, viene insegnato loro tutto sul loro potere e su come padroneggiarlo: gli anni si susseguono in una serie infinita di lezioni e addestramenti fino a quando, nelle mente dei prigionieri, non rimane più nulla delle loro vite precedenti. Fino a quando non diventano strumenti nella scalata al potere bramata dai quattro Maestri che dirigono quel luogo.
Ma proprio come la lava ardente, la ribellione si agita appena sotto la superficie.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga degli Elementi'
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«Non ne potevo più di stare sdraiato in quel letto!».
   Jackson sbuffò.
   «Basta, Giovanni! È la quarta volta che lo ripeti!».
   Dopo un mese di convalescenza, finalmente Giovanni era perfettamente guarito ed era tornato alle sue abituali attività.
   «Piuttosto, chiediti come hai fatto a riprenderti tanto in fretta!» esclamò l’americano.
   Il giorno dopo la fuga di massa dal Centro, infatti, notando che le condizioni di Giovanni erano migliorate in modo repentino, Jackson aveva esaminato nuovamente la ferita. Quello che aveva visto l’aveva lasciato incredulo. Uno strato di pelle si era già formato sulla ferita a coprire la carne viva e la febbre che lo divorava era cessata. Sapeva bene che una lesione del genere non poteva guarire tanto in fretta senza un aiuto esterno… e lì non c’era nessuno in grado di fare una cosa simile.
   Giovanni lo fissò.
   «Se non temessi di passare per pazzo, oserei dire che sia stata Sofia a guarirmi».
   Jackson strabuzzò gli occhi.   «Cosa?!».
   L’italiano fece una smorfia. «Lo so, lo so… è impossibile, inoltre non sarebbe mai riuscita a entrare qui senza essere notata e soprattutto non avrebbe avuto motivo di farlo… però mi è sembrato di vederla, quella notte. Di sentire le sue mani accarezzarmi la fronte e scoprirmi la ferita. Probabilmente erano solo allucinazioni» concluse, scrollando le spalle.
   Jackson, al contrario, saltò in piedi.
   «Ma non capisci? Non era un’allucinazione! Lei è davvero stata qui, è riuscita a entrare… avanti, andiamo!».
   «Andiamo? E dove?».
   «A chiamare Tsukiko e Prudencia. Dobbiamo organizzare delle squadre di ricerca! Se è riuscita a tornare fin qui, quella notte, non possono essere troppo lontani! Sofia potrebbe aver lasciato delle tracce del suo passaggio. Possiamo ancora trovarli!» esclamò Jackson correndo verso la grande sala semicircolare dell’Ala Sud. Spalancò la porta con violenza.
   «Dobbiamo parlare!» disse con veemenza alle due donne che avevano osservato il suo ingresso con aria preoccupata. Giovanni, che lo seguiva da vicino, chiuse la porta.
   «Abbiamo appena scoperto una cosa molto importante» esordì l’americano. Lanciò un’occhiata all’uomo che aveva accanto. «La notte della fuga, Sofia è stata qui».
   «Cosa?». Prudencia scattò in piedi, rovesciando la sedia. «Come diavolo l’avete scoperto?».
   «Avevo notato che, il giorno dopo la fuga, la ferita di Giovanni aveva subito un miglioramento improvviso e apparentemente inspiegabile. Poco fa, parlandone, mi ha rivelato di aver visto Sofia quella notte al suo capezzale. Credeva fosse un’allucinazione generata dalla febbre, ma evidentemente non è così. Lei è stata davvero qui e ha guarito in parte la sua ferita».
   «Ma questo è impossibile». Tsukiko lo interruppe. «La capacità di guarire le ferite è estremamente rara, ci si può riuscire solo dopo decenni di addestramento e Sofia non è certo a quel livello!».
   «Ovviamente lo è. Ci aveva già tenuto nascosto il fatto di essere al nostro stesso livello… niente ci garantisce che non sia più abile di noi» s’inserì Giovanni con aria amareggiata.
   «Non ci sono livelli al di sopra di quello di Maestro, quindi devo convenire con Tsukiko: quello che dite è impossibile» rimarcò Prudencia.
   Jackson sembrò titubante. Ma fu Giovanni a spazzare via definitivamente tutte le loro convinzioni.
   «Un grado al di sopra dei Maestri esiste» affermò.
   Gli altri tre lo guardarono con aria scettica.
   «Se ci fosse un livello superiore, l’avremmo già raggiunto» disse Jackson.
   «Ma un livello superiore c’è» insisté Giovanni.
   «I Testimoni degli Elementi». Tsukiko trattenne il fiato. Era nata e cresciuta in un piccolo paesino del Giappone, e ricordava ancora la sua nonna materna che le raccontava storie sui Portatori di Elementi, sull’Energia – e sui Testimoni. Ma riguardo a questi ultimi, sembrava si trattasse solo di leggende nate intorno a Maestri particolarmente dotati.
   Giovanni annuì. «Ho trovato alcuni cenni, nei manoscritti che ho esaminato, e ho rinvenuto anche alcune testimonianze orali. Come per i Portatori d’Energia, sembra che i Testimoni degli Elementi esistano… ma che siano incredibilmente rari».
   «O incredibilmente sfuggenti» sottolineò Jackson.
   Prudencia s’irrigidì. «Sofia non può essere una Testimone. È impossibile!» gridò, mentre la rabbia, l’amarezza e l’invidia l’accecavano. «Sono solo leggende – e neanche credibili. Non ci sono prove che questi cosiddetti Testimoni fossero qualcosa di più di Maestri dotati e bene addestrati. Quello su cui dovremmo concentrarci è trovarla ed eliminarla. Se è stata qui, potrebbe aver lasciato delle tracce lungo la strada che ha percorso!» esplose, giungendo alla stessa conclusione che aveva fatto scattare Jackson poco prima.
   «Non la troverete». L’affermazione di Giovanni li lasciò interdetti. «Sofia sa tutto riguardo a tattiche di combattimento e di difesa. Avrà di certo cancellato ogni traccia e seminato falsi indizi. Cercarla non servirà ad altro che a sprecare tempo ed energie» disse con voce piatta.
   Gli altri tre lo guardarono stupefatti. Poi Prudencia esplose.
   «Tu non vuoi che la cerchiamo, è questa la verità!» disse con astio all’uomo bruno che la guardava senza l’ombra di emozioni sul volto. «È viva e vuoi che rimanga tale, anche se questo significa lasciare in circolazione un nemico fin troppo pericoloso!».
   «Non mi interessa quello che pensi» replicò lui, sempre distante. «Mi sono limitato a dirvi come stanno le cose. Ma se volete cercarla, fate pure».
   «Certo che lo faremo» ribatté l’argentina, uscendo dalla stanza e tirandosi dietro i Maestri dell’Aria e della Terra.
   Rimasto solo Giovanni prese una sedia, la trascinò di fronte alla vetrata, sedette e aspettò.

*

«Sofia è stata qui» disse Prudencia, rivolgendosi alle circa duecento persone che aveva di fronte. «La notte dopo la fuga. Nonostante sia passato tutto questo tempo, forse è ancora possibile rinvenire delle tracce del suo passaggio. Trovarla è fondamentale».
   Tsukiko prese la parola.
   «Ci divideremo in gruppi da venticinque. A ogni gruppo verrà assegnata una zona da controllare. Ogni sei ore, i capisquadra si riuniranno per aggiornarsi e farsi assegnare una nuova zona di ricerca». Mentre lei parlava, Jackson si muoveva veloce tra la folla, formando gruppi in cui fossero presenti Portatori di tutti e quattro gli Elementi. Una volta terminato, nominò lui stesso i capisquadra.
   «Quando vi chiamo, venite qui e prendete la mappa per sapere qual è la zona di vostra competenza. Vediamo… Callum per il gruppo uno» chiamò. Un uomo di circa trent’anni, castano e dall’aria apparentemente anonima andò da Jackson, prese la mappa e indirizzò rapidamente il proprio gruppo verso la zona di ricerca. La scena si ripeté identica per ogni gruppo.
   «Olimpia per il gruppo due… Nikanor per il gruppo tre… Moira per il gruppo quattro… dov’è Moira?» ripeté impaziente, quando la Figlia dell’Aria che aveva chiamato non si presentò. La ragazza sbucò alle sue spalle un istante dopo, affannata, per ricevere istruzioni.
   «Ora… Evan per il gruppo cinque. Il gruppo sei a Tsukiko, il sette a Prudencia e l’ultimo a me» concluse rapidamente l’americano.
   «E ora muoviamoci» disse Prudencia, avviandosi con il proprio gruppo.

*

I giorni divennero settimane. Le ricerche proseguivano di ora in ora, di minuto in minuto. Le zone diventavano sempre più ampie, il tempo di riposo diminuiva e i risultati scarseggiavano. Sette volte si imbatterono in false piste, per quattro volte proseguirono per due giorni prima di finire immancabilmente in un vicolo cieco. Tre settimane dopo, si arresero.

*

Giovanni li aspettava nella grande sala da cui gli altri tre Maestri erano partiti, settimane prima.
   Ogni giorno si era recato in quella stanza e si era seduto di fronte alla vetrata, seguendo con gli occhi il sole compiere il proprio percorso e osservando indifferente gli sforzi vani degli occupanti del Centro.
   Quando entrarono, non si voltò e non parlò.
   «Sarai soddisfatto spero» ringhiò Prudencia alle sue spalle. «Non l’abbiamo trovata».
   Giovanni restò in silenzio.
   «Non rispondi? Certo che no, tu saresti in grado di trovarla ma non hai intenzione di farlo!» proseguì l’argentina.
   «Ti sbagli».
   Fu difficile per lui dirlo. Non aveva mai tollerato le sconfitte, ed essere stato raggirato da quella che considerava la sua creatura era un vero tormento per il suo orgoglio.
   «Se Sofia non vuole farsi trovare, allora nemmeno io posso riuscirci» proseguì con voce piatta. «E lei non ha alcuna intenzione di essere scoperta».
   «Ma potrebbe tornare» disse Tsukiko speranzosa. «Per sapere se abbiamo trovato qualche indizio che possa portarci a lei… o per vedere te».
   «Non tornerà». L’apatia di Giovanni era sempre più evidente.
   «Come fai a dirlo con tanta sicurezza?» gli chiese Tsukiko. Lui scrollò le spalle.
   «Lo so e basta. La conosco abbastanza da sapere che non desidera tornare. Tantomeno per me» concluse con un evidente sforzo.
   Prudencia, stizzita per non essere riuscita a vendicarsi di Sofia, se ne andò sbattendo la porta. La bella orientale la seguì. Jackson, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, trascinò una sedia accanto a Giovanni e sedette vicino a lui, fissando gli occhi nel terso cielo primaverile che si intravedeva oltre la vetrata.
   «Ti stai spegnendo, amico mio» disse senza guardarlo. «Il tuo potere sta morendo, e se non fai qualcosa in fretta, potresti perderlo per sempre».
   «Non ho più stimoli» rispose cupo l’italiano. «Non ho trovato quello che cercavo, e ho perso Sofia».
   Jackson si voltò a guardarlo.
   «Non sono mai riuscito a capire che tipo di sentimenti provi verso quella ragazza. Ti ho visto comportarti come un padre amorevole e un istante dopo torturarla come il peggiore degli aguzzini. L’hai portata ovunque, le hai insegnato tutto quello che sai, ma non ti sei mai rassegnato a lasciarla andare. L’hai tenuta confinata qui, legata a te in modo che non potesse andarsene, ma da alcuni anni la ignori sempre di più… come se non ci fosse, come se non fosse mai esistita nella tua vita. Vuoi averla accanto, ma la tieni lontana». L’uomo parlò lentamente, cercando una volta di più di capire che legame tenesse Giovanni stretto a Sofia in modo tanto forte e insieme tanto crudele, come se pronunciare le parole ad alta voce potesse finalmente svelargli quel segreto.
   Giovanni decise di rivelargli quello che non aveva mai confidato a nessuno.
   «Quando ci siamo ritrovati – io, te, Prudencia e Tsukiko – e abbiamo deciso di fondare il Centro, Sofia era già con me. Quattro anni prima mi ero recato in Spagna – avevo un incarico come diplomatico presso l’Ambasciata italiana. Non appena scesi dall’aereo, svenni».
   Jackson lo guardò senza parlare, perfettamente immobile, temendo che s’interrompesse. Ma Giovanni proseguì.
   «Mi portarono in ospedale. Dovetti reprimere il mio potere per far sì che non notassero nulla di strano, ma fu qualcos’altro a lasciare i medici perplessi. Avevo difficoltà a respirare, era stato quello il motivo dello svenimento, ma nonostante tutti gli accertamenti non riuscivano a trovare una spiegazione. Io sapevo abbastanza di medicina e del potere degli Elementi da capire che quello che avevo non riguardava il mio corpo, ma il Fuoco. C’era come un pugno invisibile che mi strizzava i polmoni, bruciandoli, e mi impediva di prendere fiato liberamente. Come se qualcosa avesse risvegliato il mio Elemento in modo violento e improvviso».
   S’interruppe e prese fiato.
   «Firmai quello che dovevo firmare e mi dimisero. Sapevo, ormai, che stare lì era inutile. Così iniziai a girare il Paese: a volte quel pugno di fuoco diminuiva d’intensità, altre volte aumentava, ma era sempre lì, presente. Fin quando un giorno non capitai a Barcellona».
   Giovanni s’interruppe di nuovo, come se il solo ricordo di quello che era successo potesse togliergli il respiro come era accaduto tredici anni prima.
   «Camminavo lungo il Passeig de Gràcia, osservando gli edifici distrattamente. Ero già stato lì, mi piace molto quell’architettura ma quel giorno ero distratto. Poi, arrivato di fronte a Casa Batlló, fui costretto a fermarmi. Mi mancava di nuovo il fiato, come il giorno in cui ero arrivato in Spagna, tre mesi prima, ma stavolta c’era qualcosa di diverso. Tutto in me bruciava, non solo i polmoni: il Fuoco mi stava divorando. Mi appoggiai a un albero, e vi lasciai una bruciatura».
   Jackson lo incitò a proseguire.
   «Guardai l’altro lato della strada. Proprio di fronte a me c’era un uomo che teneva per mano una bambina di circa undici anni. Era così piccola ed esile che faceva pensare a una fatina o a un folletto dispettoso. Guardava incantata Casa Batlló, come se non potesse saziarsi di quella stravaganza, con gli occhi ambrati che brillavano».
   Jackson non seppe trattenere un moto di stupore.
   «Era Sofia» mormorò piano. Giovanni annuì e chinò il capo.
   «Rimasi a osservarli» riprese. «Sentii l’uomo – era suo padre – dirle che era tardi, che dovevano andare via, che non potevano restare ogni giorno fermi per un’ora a guardare quella casa, per quanto bella fosse. Ricordo ancora l’espressione con cui lo guardò Sofia» disse, scoppiando inaspettatamente a ridere. «Lo fissò come se fosse completamente pazzo e iniziò una tirata inimmaginabile su Gaudì. Restarono lì per altri venti minuti, poi si allontanarono. Li seguii. Avevo capito che era lei che mi chiamava, e che in realtà non mi aveva tolto il respiro: me lo aveva dato. Ora che l’avevo trovata, il Fuoco che mi bruciava dentro era la più bella sensazione che avessi mai provato. Mi sentivo più energico, il Fuoco mi fluiva nelle vene e mi faceva sentire più potente di quanto non fossi mai stato. Non potevo lasciarla andare.
   «Proprio il giorno seguente, però, dovevo tornare al lavoro. Chiesi di essere trasferito all’Ambasciata italiana a Barcellona. Grazie a un mio amico, un Maestro della Terra, la procedura fu rapida e ottenni subito il trasferimento. Così riuscii a restarle vicino, nell’ombra».
   «Quando fondammo il Centro, Sofia aveva solo quindici anni. Come hai fatto a portarla via da Barcellona?» chiese Jackson, affascinato suo malgrado. Quello di cui parlava Giovanni non era amore né attrazione, né tantomeno una pura affinità tra Elementi. Era un po’ di tutte e tre le cose – ma nessuna di esse in particolare.
   «La settimana seguente fui costretto a riprendere il lavoro. Mi serviva, ma non riuscivo a distogliere la mente dal ricordo di quella bambina. Il mio sangue, il mio Elemento, tutto mi spingeva verso di lei. La sua sola esistenza era per me come il canto delle sirene: mi attraeva e affascinava. Non sapevo come avvicinarla, come portarla via – ma fu il destino a darmi un’opportunità incredibile. Me ne resi conto quando vidi suo padre, il signor Lindberg, entrare nel mio ufficio e presentarsi come un collega».
   Per un attimo, Giovanni sembrò vergognarsi.
   «Mi bastò un istante per elaborare un piano. In poche settimane divenni molto amico di Thobias Lindberg: fu forse uno dei pochi, veri amici che io abbia mai avuto. Tre mesi dopo averlo conosciuto ero ospite fisso in casa sua, e ufficialmente uno zio acquisito per Sofia. Credo che lei abbia sempre saputo quale sentimento mi muovesse, se di sentimenti si può parlare: fatto sta che, un anno dopo il mio arrivo a Barcellona, misi in atto l’ultima parte del mio piano per portarla via dalla sua famiglia.
   «Era un periodo caotico all’Ambasciata: Italia e Spagna stavano dando vita a una serie di accordi bilaterali, gli incontri e le comunicazioni erano sempre più frequenti e, come spesso accade nella diplomazia, le cene erano uno dei momenti preferiti dagli esponenti dei vari governi per trattare in modo informale. Una sera, sul finire dell’inverno, fu organizzata una grande serata di gala a Barcellona. In quanto collaboratori dell’ambasciatore, sia io che Thobias eravamo costretti a partecipare. Lui portò con sé la madre di Sofia, Tamara. Era una donna bellissima» ricordò Giovanni «entrambi lo erano. Alti, biondi e statuari, sembravano quasi fratello e sorella, benché Thobias fosse di origini danesi e Tamara brasiliana». Jackson sembrava perplesso. Giovanni capì subito a cosa pensava. «Sì, Sofia non somiglia a nessuno dei due, se non in qualche tratto. Comunque, quella sera decisero di affidarla a una babysitter… come se ce ne fosse bisogno» disse, scoppiando di nuovo a ridere. «È sempre stata terribilmente seria e responsabile. Pare sia nata così… stando anche a quello che mi raccontavano Tamara e Thobias».
   «Non riesco a capire cosa c’entri il fatto che l’avessero affidata a una babysitter» ammise Jackson.
   Giovanni proseguì. «Giusto, in effetti non te l’ho detto. Be’… fu facile. Rintracciai quella ragazza, prima della cena, e le diedi molti soldi. In cambio, lei portò Sofia su una nave diretta a Civitavecchia, in Italia, e da lì la portò nella mia casa a Roma, dove si nascosero per qualche mese. Quella stessa sera incendiai l’appartamento in cui la babysitter abitava e dove era stata lasciata Sofia. Il fuoco divorò ogni cosa, e nessuno si stupì del fatto che non furono mai ritrovati i resti dei due cadaveri. Io rimasi a Barcellona per qualche mese, a consolare i miei due amici distrutti dal dolore, e poi feci ritorno a Roma, dal mio piccolo folletto dispettoso».
   «Hai fatto credere a quello che consideri uno dei tuoi migliori amici che la sua unica figlia fosse morta?» chiese Jackson sbigottito. Non aveva certo un cuore tenero, però quello che aveva fatto Giovanni gli sembrava davvero oltre ogni limite.
   L’altro chinò di nuovo il capo, come se la vergogna fosse troppa da sostenere.
   «Una parte di me se ne pente ogni giorno. A volte mi rimprovero l’egoismo che mi ha portato a strappare Sofia alla sua famiglia… ma non sono mai riuscito a condannare del tutto quello che ho fatto. Nonostante sia tornato spesso da Thobias e Tamara, nonostante abbia portato avanti la nostra amicizia tanto da essere scelto come padrino del loro secondo figlio, il bisogno di averla accanto mi ha sempre impedito di pentirmi di quello che avevo fatto abbastanza da lasciarla tornare da loro».
   «E tu non le hai mai detto quello che avevi fatto». Quella di Jackson era più un’affermazione che non una domanda.
   «Non ce n’era bisogno. Certo, cercavo di convincermi che non sapesse, che non avesse intuito. Ma non era vero, e in realtà non ci credevo neanche io».
   «Quindi sa».
   «Ne ebbi la conferma cinque anni fa. Era appena tornata da un viaggio in Danimarca quando venne a parlarmi. Mi disse che aveva rintracciato i suoi nonni paterni e che aveva scoperto che Thobias era stato trasferito all’Ambasciata italiana di Istanbul. Mi arrabbiai tantissimo» ammise Giovanni. «Il mio timore più grande era proprio quello: che ritrovasse la propria famiglia e uscisse dalla mia vita. Aggiunse che non ce l’aveva con me per quello che aveva fatto – sapeva tutto nei minimi dettagli – e che desiderava tornare dalla sua famiglia, ma che questo non avrebbe significato doverci dividere. Non le credetti. Persi il controllo e l’attaccai violentemente. Troppo violentemente. Rimase ferita in modo grave, e per salvarla dovetti chiedere aiuto a un Maestro dell’Acqua che conoscevo da tempo. Lui arrivò e riuscì a guarirla quel tanto che bastava per impedirle di morire. Poi la portò via con sé».
   «Ricordo. Ci avevi detto che era partita per affrontare un addestramento speciale» esclamò Jackson.
   Giovanni annuì.
   «Proprio così. La verità, invece, è che fui costretto a lasciarla partire per affrontare la convalescenza in un luogo dove non potessi arrivare. Era la condizione che aveva posto il Maestro che l’aveva guarita, quando aveva saputo per quale motivo l’avevo attaccata con tanta violenza.
   «Non opposi resistenza. Sofia sapeva che la stavo attaccando: avrebbe potuto evitare il colpo, difendersi, ma non lo fece. Nonostante tutto, si fidava di me. Non credeva che potessi farle del male, e io l’ho tradita. L’ho quasi uccisa».
   Sfinito, Giovanni tacque. Dopo un breve silenzio, fu Jackson a parlare.
   «Per questo ti sei allontanato da lei. Avevi paura che potesse capitare di nuovo».
   L’altro confermò.
   «Prima di lasciarla partire, le proibii di cercare i suoi genitori. Le dissi che si erano rifatti una vita, che avevano avuto altri figli e l’avevano dimenticata. Feci leva sul suo amore per loro. Provai a convincerla che ricomparire dopo tutti quegli anni sarebbe servito solo a riaprire vecchie ferite e a farli soffrire. Non penso che ci credesse, ma ormai mi conosceva troppo bene. Sapeva che, pur essendo loro amico, non avrei esitato a fare loro di nuovo del male, pur di tenerla con me. E così ottenni quello che desideravo: lei non li cercò e non li nominò più. Ma per una cosa tanto desiderata e infine ottenuta, ne avevo persa un’altra. Avevo perso il suo cuore».
   Il silenzio scese tra i due uomini, e la notte calò prima che si decidessero a separarsi.

*

 Blaze tamburellava nervosamente le dita sulla superficie liscia del tavolo.
   «Doveva essere tornata otto giorni fa!».
   «Quella che sta facendo non è una cosa facile. Probabilmente le occorre più tempo di quello che aveva previsto» tentò di rassicurarlo Laurence.
   André, in silenzio, sembrava non ascoltarli nemmeno.
   «Accidenti André! Lo so che siete entrambi cocciuti, ma ormai dovreste averla superata! Invece sembra che a te non importi niente di quello che potrebbe esserle successo!» esplose Blaze.
   Continuando a giocherellare con la matita che teneva tra le dita, André lo ignorò. Dopo aver ascoltato sbuffare il giovane americano per un quarto d’ora, si decise a rispondergli.
   «Non mi preoccupo per Sofia perché so che sta bene».
   «Ah davvero? E come lo sai? Te l’ha forse detto un pesciolino?» chiese sardonico Blaze.
   Il suo sarcasmo volò sopra la testa di André.
   «Nabeela non si è mossa di qui, in queste tre settimane» disse, parlando della Fenice prediletta di Sofia. «Se Sofia fosse stata in difficoltà, sarebbe corsa da lei».
   Un silenzio stupefatto accolse la sua affermazione. Nessuno aveva pensato di controllare il comportamento di Nabeela per capire come stesse Sofia.
   «E tornerà presto» aggiunse André. Guardò oltre la finestra, dove la Fenice, appollaiata sul ramo di un albero, teneva gli occhi fissi verso il limite estremo della Valle, in attesa.
   «A proposito… ha detto a qualcuno dove sarebbe andata?» chiese il giovane biondo.
   Laurence rispose negativamente.
   «Ha detto solo che doveva cercare una persona e che era fondamentale trovarla il prima possibile. Il perché non ce lo ha spiegato» disse sospirando.
   «Be’ spero che sia qualcuno di veramente importante, perché mi sta facendo impazzire! Poteva almeno farci sapere che sta bene!» sbuffò Blaze.
   André sorrise di fronte alla sua apprensione. Blaze si era unito a loro solo cinque anni prima e, nonostante la giovanissima età – all’epoca aveva solo quindici anni – aveva mostrato di possedere un potere già molto sviluppato, tanto da arrivare al rango di Figlio della Terra in meno di cinque anni. Quasi un record. Ma, proprio perché conosceva Sofia da meno tempo di André e Laurence, si preoccupava per lei, quando spariva. André scosse la testa. Personalmente, aveva capito da molto tempo che se c’era qualcuno per cui non bisognava preoccuparsi, quella era proprio Sofia.
   «Sa difendersi» disse, cercando di calmare il ragazzo che aveva di fronte. Poi guardò Laurence in cerca di sostegno. «Spiegagli che non deve preoccuparsi per Sofia, ma piuttosto per chi si mette contro di lei».
   Laurence scoppiò a ridere. «Dopo quello che ha fatto a Giovanni, non credevo ci fosse bisogno di dirglielo!».
   Suo malgrado, Blaze si unì alle risate degli altri due.
   «Penso comunque che avrebbe dovuto dirci qualcosa in più. Ho sempre detestato il modo in cui sparisce… e ora più che mai. Sicuramente Giovanni e gli altri saranno sulle nostre tracce. Uscire dalla Valle è un rischio troppo alto» disse, tornando serio.
   «Ma è necessario. Proprio perché potrebbero essere sulle nostre tracce c’è la possibilità che trovino una delle strade che portano qui, e in quel caso dobbiamo essere pronti a difenderci, anche con un aiuto esterno. Credo sia questo il motivo per cui Sofia è partita» disse André.
   «Per cercare degli alleati? Ma i Maestri all’esterno di certo sono già stati avvicinati da chi è rimasto al Centro a questo fine. Inoltre Jackson, Prudencia, Giovanni e Tsukiko hanno molte conoscenze e un notevole ascendente, all’estero. Chi mai si metterebbe contro di loro per aiutarci?» esclamò Blaze, scoraggiato.
   Lo sguardo di Laurence si illuminò.
   «Una persona forse c’è. E credo sia proprio questa la persona che Sofia sta cercando».
   Gli altri due ebbero un moto di stupore.
   «E chi sarebbe questa persona?» chiesero in coro.
   Laurence scosse la testa.
   «Non posso dirvelo. Riguarda una vicenda della sua vita troppo delicata perché possa parlarvene io… lo farà lei, non appena sarà tornata. Se è proprio la persona a cui penso, però, si spiega anche perché ci sta mettendo tutto questo tempo a rintracciarla».
   «E cioè?» chiese André impaziente.
   «Questa persona non sta mai ferma troppo a lungo nello stesso posto. Per trovarla bisogna tracciarne gli spostamenti, dato che sono pochissime le persone che sanno dove si trova. E questa informazione viene custodita gelosamente» fu l’enigmatica risposta.
   «Bene. Dunque ora sappiamo che Sofia è non si sa dove, a cercare una persona che non sappiamo chi sia e che non abbiamo idea di dove si trovi. E non si sa quando tornerà» sintetizzò Blaze. «Se non fosse tragica, questa situazione avrebbe del ridicolo».
   Di nuovo, tutti e tre scoppiarono a ridere, alleviando la tensione per qualche istante.

*

Tra lezioni ed addestramenti, altri tre giorni trascorsero tranquilli nella Valle degli Elementi. Ormai mancavano solo due settimane al Solstizio d’Estate e tutti si preparavano a festeggiare, poiché Solstizi ed Equinozi rappresentavano i quattro Elementi e il loro momento di maggiore comunione con la Natura intera. In quei quattro giorni, distribuiti lungo l’arco di un anno, il potere degli Elementi era come potenziato.
   Quest’abitudine – da tempo persa, al Centro – era stata prontamente ripresa dai Portatori che si erano stabiliti alla Valle e che avevano posto il contatto con la Natura come punto focale della loro vita con gli Elementi.
   Tutti, ormai, si erano accorti della prolungata assenza di Sofia. L’unica a esserne preoccupata, oltre a Blaze, Andrè e Laurence, era Emma.
   «Secondo voi dov’è andata?» stava appunto chiedendo ad Ailie e Fernando.
   I due – con cui aveva molto legato – l’ascoltavano pazientemente cercando di rassicurarla, benché non avessero le risposte che cercava. Fernando aveva provato a informarsi con Laurence, ma aveva scoperto solo che Sofia era partita per cercare una cosa e che non sarebbe tornata finché non l’avesse trovata.
   «Sono certo che sta bene» disse Fernando, cingendo con un braccio le spalle di Emma e stringendola a sé. «L’ho vista allenarsi e addestrare gli Apprendisti del Fuoco per sei anni e ti garantisco che sa difendersi, all’occorrenza».
   Ailie annuì, spalleggiandolo. «Non dimenticare che ti ha portata via dal Centro e che si è scontrata da sola con chi vi stava inseguendo… e ne è uscita senza alcun danno!». Poi rimase in silenzio a guardarli. Chiaramente c’era del tenero, tra quei due. Stavano spesso insieme, quando Fernando era libero dalle lezioni e dagli addestramenti. Emma, non avendo ancora trovato il proprio Elemento, seguiva solo le prime, e quello era per lei un altro motivo di preoccupazione. Temeva di essere abbandonata a se stessa da un momento all’altro anche se questa paura, con il trascorrere dei giorni e grazie anche alle rassicurazioni di Laurence e Blaze, stava lentamente svanendo.
   In quel momento Elizabeth arrivò come una furia sul prato di fronte all’Ala Est dell’edificio, dove si trovavano i tre amici.
   «Oh, ma che carini siete!» disse ironica a Fernando ed Emma. «Sempre insieme eh? Che teneri…».
   Emma arrossì violentemente. Fernando, invece, la strinse ancora di più, fissando Elizabeth con aria impassibile.
   «Cos’è, invidia?» le chiese insinuante. Ormai tutti l’avevano vista con André anche se lui, in pubblico, cercava di non farsi notare con lei.
   La frecciata non andò a segno, almeno apparentemente. Liz lo guardò sollevando un sopracciglio.
   «Invidia? E di cosa?» disse con indifferenza, come se la risposta non la interessasse.
   Dopo aver scambiato uno sguardo con Ailie, Fernando decise di affondare il colpo. Se Elizabeth voleva la guerra, l’avrebbe avuta.
   «Non saprei… magari del fatto che André fa di tutto per non farsi vedere in atteggiamenti troppo intimi con te dagli altri! Certo, lo capisco… sei molto bella, ma personalmente anch’io mi vergognerei di far sapere a tutti che sto con una ragazza presuntuosa, boriosa, insopportabile e neanche dotata di chissà quale grande potere!».
   Stavolta Elizabeth non riuscì a nascondere la rabbia. Divenne verde, e ogni bellezza sembrò svanire dal suo volto mentre l’ira e la vanità ferita la pervadevano.
   «Posso stenderti in qualunque momento!» ringhiò minacciosa.
   Fernando la guardò sogghignando.
   «Non farmi ridere, ragazzina. Ho sei anni di addestramento alle spalle e sono già piuttosto avanti nell’apprendistato di terzo livello… azzardati anche solo a pensare di attaccarmi, e ti garantisco che te ne farò pentire».
   Anche se furiosa, Elizabeth percepì la nota di minaccia nella voce del giovane e decise di non rischiare. Se ne andò senza aggiungere altro.
   Un largo sorriso illuminò il volto di Ailie. L’umiliazione di Elizabeth la rendeva raggiante: ogni giorno che passava, tollerava sempre meno lei e la sua presunzione. Guardò Fernando.
   «Sei stato grande!» gli disse felice. «Si meritava proprio una bella lezione, quella sciocca arrogante».
   Fernando le rivolse il suo miglior ghigno, che però in quel momento lo rendeva più comico che minaccioso. Emma li rimproverò.
   «Non dovevate trattarla così… ha dei sentimenti anche lei! E poi non è antipatica come sembra» esclamò, tentando di difendere Elizabeth.
   Ailie scosse il capo. «Emma, tu sei un tesoro, ma sei anche troppo buona. Liz non è antipatica: è infida, maligna e non merita alcuna fiducia. Quindi non devi difenderla. Quelle come te potrebbe mangiarsele per colazione».
   «Ailie ha ragione» disse Fernando, rincarando la dose. «I suoi comportamenti sono strani. Ad esempio, sta con André ma sembra non provare nessun sentimento per lui… tanto per dirne una. Inoltre fa sempre dei discorsi strani sul potere, su quanto avremmo potuto imparare restando al Centro… forse Sofia avrebbe fatto meglio a lasciarla lì» concluse, esprimendo ad alta voce un pensiero che condivideva con Ailie.
   Emma protestò. «Visto il modo in cui la trattate, è ovvio che si nasconda dietro una maschera fredda e dura!».
   Gli altri due scambiarono uno sguardo rassegnato che sembrava dire “niente da fare, è senza speranza”.
   «Mi sa che è inutile continuare a discuterne… sei tanto buona quanto cocciuta» disse Ailie alla sua amica, che le sorrise… un istante prima di balzare in piedi.
   «Cosa c’è?» chiesero in coro Fernando ed Ailie, allarmati.
   «Ho una strana sensazione… credo che Sofia sia tornata!» esclamò Emma eccitata, correndo intorno all’edificio seguita dagli altri due.

*

Nabeela emise un verso tremulo, slanciandosi dall’albero nell’aria tersa del pomeriggio.
   André scattò in piedi, allontanando Elizabeth che l’aveva appena raggiunto. Poi mise la testa fuori dalla porta della stanza in cui si trovava e iniziò a gridare.
   «Blaze! BLAZE! Laurence! Venite qui, presto!».
   I due arrivarono trafelati.
   «Che succede?» chiese il primo, allarmato. André puntò un dito verso la finestra spingendo via Elizabeth che, nel tentativo di attirare la sua attenzione, gli si era praticamente appesa a un braccio.
   Blaze e Laurence corsero alla finestra e la spalancarono. Videro Nabeela compiere acrobazie nell’aria, mentre il suo canto aumentava d’intensità.
   I loro occhi si illuminarono.
   «Sofia è tornata!» gridò Laurence con la sua voce profonda, mentre gioia e sollievo lo riempivano. I tre corsero nel parco, mentre Elizabeth seguiva André con aria insoddisfatta.
   Non appena uscirono furono raggiunti da Emma, Ailie e Fernando. Tutti insieme corsero oltre prati e collinette, dribblando laghi e alberi e seguendo la Fenice che, cantando gioiosa, faceva loro strada fino a condurli a un centinaio di metri dal punto in cui una cascata si infrangeva rumorosa a terra dando vita ad un fiume.
   Rimasero in attesa. All’improvviso, la cascata si aprì come una tenda.
   Sofia si diresse veloce verso di loro, seguita da un uomo che nessuno di loro aveva mai visto. Un bel sorriso danzava sul volto di entrambi, mentre Blaze e Laurence si facevano avanti e stringevano la loro giovane amica in un abbraccio. Anche André si avvicinò a loro; si fermò di fronte a Sofia, osservandola attentamente.
   «Be’, direi che…» iniziò incerto.
   «Lo penso anch’io» rispose lei, guardandolo con aria seria. Poi si abbracciarono come se nulla fosse accaduto tra loro.
   Blaze alzò gli occhi al cielo. «Io proprio non li capisco!» esclamò rassegnato.
   Dopo aver salutato gli altri – e ignorato un’occhiata velenosa di Elizabeth – Sofia si voltò verso l’uomo che era arrivato con lei. «Bene, ragazzi» esordì «sono stata via più a lungo di quanto pensassi, ma la mia ricerca ha avuto successo. Vi presento Gregory» disse, accennando all’uomo alto che le stava accanto.
  «Greg, loro sono Laurence, Blaze e André…».
   L’uomo fece loro un cenno. «Sofia mi parla di voi da cinque anni». Sembrava ironico.
   Lei proseguì. «… e poi Ailie, Fernando, Elizabeth… ed Emma».
   L’uomo quasi ignorò i primi tre, soffermandosi su Emma. «Anche di te mi ha parlato molto. Dice che qui sei l’unica che non ha ancora trovato il proprio Elemento» disse, osservandola come se volesse trapassarla con lo sguardo. Emma arrossì: era esattamente quello che aveva temuto. Sofia però le strinse la spalla e le sorrise, tranquillizzandola un po’.
   «Greg resterà con noi per un po’» riprese lei, avviandosi verso la casa. «Ci aiuterà con gli addestramenti sul controllo del potere, la ricerca e la cancellazione delle tracce e altre cose che possono tornare utili».
   André le si affiancò.
   «Il tuo amico non sembra molto socievole» le disse, osservando i tentativi – perlopiù vani – degli altri di intavolare una conversazione con l’uomo dall’aria sarcastica che si era appena unito a loro.
   Sofia annuì.
   «È un misantropo, sarcastico e a volte persino crudele, quando si tratta di ferire qualcuno con le parole. In realtà ama profondamente insegnare, e all’occorrenza sarebbe pronto a sacrificarsi per salvare un suo allievo o chiunque dipenda da lui anche in minima parte. Senza contare che è un Maestro dell’Acqua straordinario. Ha un talento indescrivibile, e l’ha coltivato con un addestramento perfetto e assolutamente completo. Avrete modo di apprezzarlo, te lo garantisco».
   Poco convinto, André assentì. In quel momento gli altri li raggiunsero.
   «Come mai ti ci è voluto quasi un mese, per trovarlo?» chiese Blaze, che aveva ascoltato tutto.
   «Aveva seminato parecchie false piste» rispose Sofia, rivolgendo un mezzo sorriso a Gregory. «Solo dopo averne seguite alcune ho capito che in realtà si trovava nel posto più ovvio» proseguì, scoppiando a ridere al ricordo del luogo in cui l’aveva trovato.
   Laurence le chiese perché ridesse. Lei glielo spiegò.
   «Devi sapere che Greg ha un talento impareggiabile tanto nel percepire gli Elementi – e questo gli permette di individuare i Portatori e le tracce delle loro manipolazioni anche a grandi distanze – quanto nelle strategie di guerra. È una specie di investigatore privato, nel nostro settore».
   «E allora?» chiese Laurence, continuando a non capire.
   «L’ho trovato a Londra. A Baker Street».
   «Non ci credo». Blaze scoppiò a ridere tanto da restare senza fiato. Sembrava non riuscire a smettere.
   «Si diverte con poco» disse Gregory a Sofia, accennando al giovane che continuava a ridere senza freni.
   Lei scrollò le spalle. «Gli piace ridere. E poi anch’io l’ho trovato molto divertente… senza contare che ti eri nascosto lì proprio perché anche tu lo trovavi esilarante».
   Gregory stirò le labbra in una linea sottile e spalancò gli occhi. «Mi hai scoperto!».
   Sofia scoppiò a ridere di fronte alla sua buffa espressione. Aveva dimenticato quanto potesse essere divertente parlare con Gregory.
   Finalmente giunsero a casa.
   «Be’ Greg comunque… benvenuto alla Valle».
   Alzarono gli occhi sulle mura amiche. Di fronte a loro si stendeva, ancora indefinito, il futuro. 
   
 
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