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Autore: genesisandapocalypse    15/04/2015    7 recensioni
Gli occhi di Luke sono vitrei, nascosti da una nube di pensieri e ricordi. Dice di aver superato tutto, ma nessuno ci crede, Eloise per prima, che riuscirebbe a mettere da parte il suo odio colossale per Michael Clifford, se potesse aiutare.
Essere scappata nell’università al centro di Sydney è stata un po’ una salvezza, per Gioia. E che lo sia pure per qualcun altro?
Ashton ha perso fiducia nelle donne da tempo e scorbutico com’è, riesce a togliersele di mezzo, ma ogni tanto sa anche essere gentile.
A Cardiff c’è stata per soli tre anni, Eva, abbastanza per tornare a Sydney con qualcosa di troppo e far rimanere secco Calum.
E Scarlett, non sa bene come, finisce più spesso in quel bar che in camera propria.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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RABBIA.
 
“Tu non verrai punito per la tua rabbia, tu verrai punito dalla tua rabbia.”
 “La rabbia è solo una codarda estensione della tristezza. 
È molto più facile essere arrabbiato con qualcuno piuttosto che dirgli che sei addolorato.”
 
Luke si sveglia con una strana energia positiva che lo invade. Nulla di esagerato, non si metterà a cantare e a sorridere smagliante, ma il fatto che si sta alzando alle otto del mattino e si sta dirigendo in doccia, è una gran cosa.
Il pensiero dell’università gli ronza in testa, senza lasciargli tregua - un po’ come Eloise - e gli fa davvero strano, ma un po’ ne è contento.
Non ha voglia di oziare sul letto tutto il giorno, di guardare con sguardo vuoto l’ennesima telenovela o di muoversi per la casa senza meta, vuole fare qualcosa.
La doccia la fa durare poco, il tempo di lavarsi i capelli e il corpo, e in poco tempo è già vestito di tutto punto, i jeans stretti, le converse ai piedi e una canotta.
Tutto del medesimo colore: nero.
Esce dalla stanza con in spalla una tracolla e si avvia verso il portone di casa, pronto ad uscire.
«Dove vai? - Eloise ha le braccia incrociate e un cipiglio severo in volto - così presto, in più?» Luke si gira lentamente, scontrando gli occhi azzurri con quelli di lei, identici.
Arriccia il naso e aggrotta la fronte.
«All’università,» le risponde, stringendosi nelle spalle.
Eloise inarca le sopracciglia verso il basso, non sa bene se crederci o meno, ‘ché quante volte l’ha ritrovato in un pub, con questa scusa?
Col cazzo che lo lascia ubriacare alle otto di mattina.
«Dimmi dove vai, Luke!» ripete, velenosa.
Luke si altera, stringe le labbra tra di loro e guarda oltre di lei, poi si gratta il braccio con nervosismo.
«Ti ho detto all’università,» le ringhia contro, sistemandosi la tracolla e aprendo la porta di casa.
Eloise si avvicina, afferrandogli il polso con le dita prima di vederlo sparire, affina lo sguardo di ghiaccio e digrigna i denti.
«Non ti vengo a raccogliere in qualche cazzo di bordello, chiaro?» tuona, il viso che mano a mano si colora di rosso e una vena sul collo che inizia a pulsare.
Luke si stacca velocemente, dandole una leggera spinta per allontanarla e spalanca ancora di più la porta.
«Fanculo, Eloise,» ed esce, sbattendosi la porta alle spalle.
Cammina frettoloso, una sigaretta che subito finisce tra le labbra e le sopracciglia inarcate verso il basso per la rabbia.
Entra nei cortili della scuola che mancano cinque minuti alla prima lezione, dai dormitori escono vari studenti e tanti altri stanno al bar accanto all’università.
Scrolla le spalle e finisce la propria sigaretta con un tiro, prima di lanciarla lontana, incurante di spegnerla.
«Ehi,» si gira di scatto, la voce delicata che gli ha stuzzicato le orecchie deriva dalla ragazza di ieri, che ha appena salutato un’amica.
Gioia ha i capelli lunghi e scuri e il viso pulito, sempre sorridente.
Tiene lo sguardo fisso su di lei per un po’, tamburellando le dita sulla coscia, prima che la ragazza se ne accorga e si giri verso di lui.
Gli sorride smagliante, abbandonando le amiche con una scusa e avvicinandosi. Luke cerca di imitarla, ma non è un asso nei sorrisi.
«Luke, buongiorno - esplode lei, sedendosi al suo fianco - come stai?» arriccia leggermente il naso per l’odore di fumo, ma non smette di sorridergli nemmeno un attimo.
Luke si stringe nelle spalle, mordendosi il labbro inferiore.
«Uhm, bene, tu?» sbiascica.
«Sto una meraviglia - incrocia le proprie dita e le poggia in grembo - sicuro di star bene?» gli chiede, poi, inarcando le sopracciglia verso il basso.
Luke sbatte le palpebre più volte, incredulo che possa essersi accorta del suo nervosismo. Si stringe nelle spalle e affina le labbra, annuendo leggermente.
«Beh, in questo caso penso che ci toccherebbe entrare, stanno per iniziare - si alza e, paziente, aspetta che si alzi anche lui e che si incammini al suo fianco, come se fossero vecchi amici - dovremmo avere le stesse lezioni, no?» aggiunge, spostandosi i capelli lisci su una spalla.
Luke annuisce solamente, giocherellando con il proprio piercing e rivolgendole una lunga occhiata.
E la curiosità di Gioia cresce sempre di più.
 
È uscita di casa tanto presto che non le sembra vero, solo per un dannato telefono che, quel tipo, ha deciso di scambiare.
Per grazia divina, il bar dove si sta dirigendo non è poi così lontano dal suo lavoro. Sbuffa, poi sbadiglia assonnata e infine si lecca i denti per assicurarsi di non ritrovarci qualche traccia del rossetto rosso che indossa.
Non ha nemmeno fatto colazione e ora sente lo stomaco ritorcersi, gridando per ottenere del cibo.
Arriva a destinazione e si accorge che la porta è ancora chiusa, segno che il proprietario deve ancora arrivare. Stanca, frustrata e affamata, si poggia al muro e incrocia le braccia, sbuffando quando si accorge che non può ammazzare il tempo ascoltando la propria musica o giocherellando con il telefono.
«Ma guarda un po’ chi si vede,» sente dire una voce, facendole girare il viso verso sinistra. Il ragazzo, che lei ha imparato a odiare in meno di un giorno, si sta avvicinando a lei con un ghigno sul volto spigoloso e barbuto.
Scarlett si rizza in piedi e controlla orario, sospirando quando si accorge che ha ancora quarantacinque minuti per andare al lavoro.
Quarantacinque minuti per prendere il suo telefono.
«Cosa ci fai qui?» le chiede lui, fintamente sorpreso, mentre fa girare le chiavi del bar sull’indice. Apre la porta velocemente, entrando dentro e non accertandosi minimamente che lei gli stia dietro o meno.
«E me lo chiedi pure? - sbrocca Scarlett, ‘ché di prima mattina già le girano di suo, se ci si mette pure il tipo - qualcuno ha avuto la splendida idea di scambiare il proprio telefono con il mio!» ulula, inferocita, tirando fuori l’iPhone del ragazzo di fronte a lei e rigirandoglielo sotto il naso.
Lui ride, si avvicina al bancone e si poggia su di esso con i gomiti, sorridendo beffardo alla ragazza.
«Ieri ha chiamato un certo Andrea, sai? - inizia, ignorando la frase di lei - cercava una certa Scarlett e non sembrava molto felice di sentire la mia voce,» affina le labbra e alza le spalle, reprimendo una risata all’espressione sconcertata di Scarlett, che si porta le mani sulle guance.
«Io ti uccido!» soffia, prima di sedersi sullo sgabello e affinare lo sguardo.
Poi un rumore sospetto invade le quattro mura quasi vuote del locale, facendola arrossire imbarazzata e facendo ridacchiare il ragazzo.
«Hai fame?» le chiede, prima di avvicinarsi alla vetrata e afferrare un cornetto al cioccolato, ponendoglielo sotto il naso.
«No, io no-»
«Mangia!» le ordina, indicandoglielo, prima di iniziare a preparare un cappuccino, dandole la schiena.
Scarlett lo giura, vorrebbe ribattere e tirarglielo in faccia quel cornetto, piuttosto, ma lo stomaco grida aiuto e no, proprio non può rifiutare. Si fionda su di esso e inizia a mangiarlo, lasciandosi sfuggire un sospiro di felicità appena ne addenta il primo pezzo.
Il ragazzo sorride divertito, prima di girarsi per posare il cappuccino sul bancone.
Rimangono in silenzio qualche minuto, lui poggiato con il bacino sullo scaffale al di là del tavolo e Scarlett che mangia disturbata solo dallo sguardo insistente del barista.
Si pulisce le labbra con il fazzoletto, attenta a non togliere ulteriormente il rossetto, e infine alza gli occhi azzurri sul viso di lui.
«Bene, quanto ti devo?» gli chiede, afferrando la borsa e tirando fuori il portafoglio.
«Niente.»
«Come niente?»
«Offre la casa,» non sorride nemmeno, si stringe nelle spalle e Scarlett aggrotta la fronte, incredula. Come può quel ragazzo passare dall’essere la persona più odiosa sulla faccia della terra a quella più gentile?
Annuisce, poi ringrazia flebilmente e infine poggia l’iPhone di lui sul bancone, ridacchiando.
«Solo i ricconi possono permetterselo, quindi?» gli chiede, alzando un sopracciglio e sorridendo sarcastica.
«Chi ha mai detto che io non lo sia?» ribatte lui, afferrandolo, prima di tirar fuori quello di lei e porgerglielo.
Scarlett l’afferra, poi l’accende e controlla da cima a fondo che si tratti del proprio telefono. Infine, alza gli occhi su di lui e fa un cenno con il capo per ringraziare, ancora un po’ insicura, si gira e si avvia alla porta.
La apre e, giusto prima di uscire, il ragazzo parla.
«Ci si vede, Scarlett,» dice, marcando il suo nome e facendola sussultare.
Come fa a sapere il suo nome? Ah, giusto, la chiamata di Andrea.
Lei si gira, lo squadra da cima a fondo e fa un cenno con il capo.
«Spero di no..»
«Ashton.»
«Bene - incrocia le braccia e sorride falsamente - spero proprio di no, Ashton,» e, con lo stomaco pieno e il proprio cellulare in mano, si avvia verso il lavoro.
 
Eva è sdraiata sul letto, una foto nelle mani e gli occhi leggermente lucidi.
Ha già pianto abbastanza e non ha intenzione di rifarlo, ma fa davvero male.
Jonathan le aveva promesso amore, aveva deciso di andare a vivere con lei e le aveva fatto conoscere persino i suoi genitori.
Poi è bastata la notizia a distruggere tutto.
Un bambino.
Un bambino che li ha fatti dividere.
E gliel’ha detto, la sua decisione avrebbe dovuta prendere lì. Se solo avesse detto che non avrebbe voluto avere a che fare con il bambino, sarebbe stato per sempre.
E così è stato, Eva non ci ha pensato due volte a fare le valigie, tornando dalla propria famiglia. Suo figlio non sarebbe cresciuto con una mamma single e basta, ma con tutto l’amore possibile, sebbene non con quello del padre.
Si asciuga una lacrima che è sfuggita al suo controllo appena qualcuno bussa alla sua porta. Si alza lentamente e butta la foto sul letto, prima di posare la mano sulla maniglia e tirarla giù.
Sua madre, con un sorrisino emozionato in volto, la sta guardando con occhi felice.
«Amore, c’è una persona per te!» le dice, battendo le mani più volte.
Eva sbatte le palpebre più volte, poi sospira e affina gli occhioni verdi.
«Se si tratta di Calum, mamma, non ti rivolgo la parola per giorni interi,» sibilla, già nervosa di suo. Ma la madre scuote la testa, afferrandola da un braccio e precipitandosi nel salotto.
«No, niente Calum - le dice, sorridente - penso che questa ti faccia davvero piacere!» aggiunge, poi corre verso il divano, dove un ragazzo ci sta scompostamente seduto sopra.
Ci mette poco a riconoscerlo.
Pelle diafana, capelli sparati in aria e colorati, piercing al sopracciglio e occhi di un verde così chiaro da sembrare acqua cristallina.
Non è cambiato di una virgola, in tre anni.
«Michael?» sgrana gli occhi e sente il cuore andarle un poco più veloce del solito, mentre la madre decide di andarsene in cucina e lasciare i due da soli.
Il ragazzo alza lo sguardo su di lei, illuminandosi, prima di correre ad abbracciarla come se fosse tutto ok, come se lei avesse continuato a farsi sentire, come se non fosse sparita dalla circolazione per sua volontà, scordandosi di ognuno di loro.
«Dio mio, Eva! - dice, esaltato, stringendola tra le braccia - come stai?» si allontana un minimo per poterla guardare negli occhi, sorridendo smagliante e accarezzandole un braccio.
Eva si emoziona, da quant’è che non lo vede? È stato il suo migliore amico per anni, il primo a cui ha rivelato la sua intenzione di partire, l’unico che, sebbene con tristezza, abbia accettato la sua scelta.
«Benissimo e tu? Dio mio, quante volte ti sarai tinto in questi anni?» gli passa una mano fra i capelli, tremante, mentre sbatte le palpebre più volte per evitare agli occhi di inumidirsi più di quanto già non siano.
«Oh, non ti immagini nemmeno! - ride lui - mi sei mancata tantissimo,» le rivela, addolcendo lo sguardo.
Eva sorride ancora di più, afferrandolo da un braccio e portandolo verso la propria camera, così per stare più scomodi.
«Anche tu, Mich - dice, usando persino il vecchio soprannome, una volta seduti sul letto - e mi dispiace così tanto di non essermi fatta sentire, davvero, non so come ho potuto farvi questo,» aggrotta la fronte e si stringe nelle spalle, sentendosi in colpa come poche volte nella vita.
«Tranquilla, Eva, non ce l’ho con te - le dice, accarezzandole la schiena - ti ho già perdonata da tempo,» aggiunge, e potrebbe dirle che è l’unico del loro gruppo ad averlo fatto, ma non vuole rovinare il momento.
È solo che la capisce, lui stesso avrebbe dimenticato tutto e tutti, di fronte a una nuova vita, non può mentire.
Poi si illumina, ricordando ciò che Calum ha detto la sera prima e fa cadere gli occhioni sullo stomaco rigonfio.
«Uhm, allora sei incinta, eh?» e Eva quasi si strozza con la propria saliva.
 
Calum sta pulendo con precisione impeccabile il vetro che, giusto il giorno dopo, assemblerà sulla macchina che gli hanno portato una settimana prima, totalmente distrutta.
Ha faticato come pochi a rimetterla in sesto, ma adesso è un gioiellino, forse migliore di prima, e ne è davvero felice.
La testa continua a vagare sulla scena del giorno prima, in cui gli occhi verdi e lucenti di Eva Palmer, la sua ex ragazza, si sono scontrati con i suoi.
Non l’aveva riconosciuta fino a quel momento, probabilmente perché era più alta di come la ricordasse, aveva i capelli più lunghi e lisci e la pancia gonfia di chi porta una vita in grembo.
Però, nel momento in cui l’aveva guardata negli occhi aveva sentito il fiato mozzarsi, perché quelle iridi le aveva viste da vicino così tante volte che, in qualunque modo, l’avrebbe riconosciute.
Sente la rabbia montargli in corpo, anche se non avrebbe poi tutte queste motivazioni. Sì, insomma, ce l’ha a morte con lei per averlo totalmente abbandonato, per non averci nemmeno provato, in quella relazione a distanza. Gliel’ha detto una settimana prima di partire, del resto, e gli ha spezzato il cuore, così fragile a soli diciotto anni.
E in più, è tornata, dopo tre fottuti anni, incinta.
Incinta di chissà chi.
Grugnisce, poggia il vetro sul pavimento, ‘ché potrebbe buttarlo a terra in un momento di ira e romperlo, e addio lavoraccio.
Si passa le mani sul viso e fra i capelli, prima di poggiarsi sul cofano della macchiane e inarcare le sopracciglia scure e folte verso il basso, con i denti che stringono forte il labbro e incrociare le braccia sul petto.
Ce l’ha con lei perché ha visto con i proprio occhi che si è rifatta una vita, lontana da Sydney e da lui, mentre Calum non ha fatto nulla.
Ah, e lei non ha avuto scrupoli a farsi un altro.
Sente un forte rombo e vede con la coda dell’occhio una Harley Davidson rossa frenare sul marciapiede.
«Ehi, Cal!» alza gli occhi scuri e li scontra con quelli trasparenti di Michael.
«Michael? Che ci fai qui?» aggrotta la fronte e si rizza in piedi, stringendosi nelle spalle, confuso poiché l’amico abita piuttosto lontano dall’officina ed è strano trovarselo tra i piedi.
«Ero da.. uhm, Eva.»
Il silenzio li avvolge.
Calum lo guarda dall’alto al basso, con occhi inferociti, mentre Michael si stringe nelle spalle, leggermente in ansia per la reazione dell’amico.
Che può farci? Lui non ce l’ha con Eva.
«A fare cosa?» gli ringhia contro, avvicinandosi.
«A trovarla.. farci una chiacchierata, insomma,» stringe le labbra tra loro e guarda l’amico.
Calum ride, sarcastico, prima di dargli le spalle e camminare verso gli scaffali dell’officina.
«Dopo che non si fa sentire per tre cazzo di anni, vai persino a trovarla? - stringe i pugni - non vedi? Si è fatta una vita, probabilmente ti avrà sostituito con un altro migliore amico, Michael, apri gli occhi,» ringhia, cattivo.
Michael si avvicina, indispettito, e gli punta un dito contro.
«Solo perché tu sei così coglione che non è riuscito ad andare avanti e non ha fatto un cazzo della sua fottutissima e inutile vita, non puoi prendertela con lei,» sputa, furioso.
Calum si gira verso l’amico e lo guarda a occhi sgranati e sconcertati.
Non ci crede - non vuole crederci - che Michael gli abbia appena detto parole così cattive.
«Cosa?»
«Mi hai sentito, porca troia - fa lui, dando una botta alla scrivania a pochi centimetri - ti piangi addosso da tre anni e non riesci ad accettare che Eva sia andata avanti senza di te, ma che ti aspettavi? Che il vostro amore durasse in eterno? Che una volta tornata fosse tutto come prima? - ride, cattivo - amico, apri gli occhi tu!» aggiunge, camminando all’indietro per uscire da lì.
Calum lo segue, slacciandosi la camicia che porta legata alla vita e buttandola a terra con forza.
«Sei uno stronzo!» gli grida contro.
«Non sei il primo a dirmelo, Calum - ribatte, un sorrisino storto sul volto arrossato dalla rabbia - e vedi di farti un esame di coscienza, non puoi odiare una persona solo perché non ti ama più,» questa volta si gira sul serio, prima di salire in groppa alla propria moto e scapparsene verso casa.
Calum si stringe nelle braccia, ferito e incazzato.

 
***
Ehilà,
come va?
Eccoci con un nuovo capitolo, arrivato piuttosto presto.
Che ne pensate? Vi piace?
Allora, abbiamo Luke che ha una strana voglia di andare all'università, bisticcia di prima mattina con Eloise - che non si fida - e incontra Gioia.
Poi c'è Scarlett che fa una bella sorpresa ad Ashton e lo aspetta al bar, per riprendersi il proprio telefono. Lui si accorge che ha fame e le offre una bella colazione.
C'è Michael che va a trovare Eva, emozionandola da morire.
E infine un bel bisticcio tra Calum e il tinto. Forse Michael è stato proprio stronzo, ma è l'unico tra tutti che ha il coraggio di dire le cose in faccia a tutti.
Bene, vi lascio qui!
Bye bye,
Judith.
  
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