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Autore: pica    15/04/2015    2 recensioni
Nove volte che negli occhi di Erik non c'è stato che Charles, e negli occhi di Charles non c'è stato che Erik.
[raccolta di flashfic per il Sillabario di Maridichallenge]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Illeso
agg. [il-lé-ʃo]
[dal lat. illaesus, comp. di in- e laesus, part. pass. di laedĕre «ledere»]
1 Non leso, che non ha ricevuto offesa o danno
2 Persona che, avendo corso un pericolo, non ne ha avuto alcun danno nel corpo

 
Mani ovunque – le sue, aggrappate alla spalliera del letto – quelle di Erik avvinghiate ai suoi fianchi come gli artigli di un rapace. C’è rumore, osceno, umido, l’illusione di ritmo spezzata dalla mancanza di fiato, da un filo di voce che trema – il sangue che pulsa, persino quello è assordante. Almeno sa di essere vivo. O è solo l’ennesima illusione?
Erik spinge dentro di lui, sente la schiena sbattere contro la spalliera, stringe le ginocchia attorno al suo bacino e chiude gli occhi.
Non fa male. Non troppo. Mai.
Però è come stare sul filo di un rasoio, sull’orlo di un burrone senza sapere se riuscirà a saltare abbastanza a lungo per arrivare dall’altra parte. Ogni volta gli pare di dover morire, quando Erik fa l’amore con lui in questo modo. Gli pare di trovarsi fra le fauci di una bestia.
La lingua di Erik gli percorre la giugulare con precisione pericolosa, c’è uno sfregare di denti contro la pelle bollente che Charles scambia per la lama di un coltello. Geme. Erik geme su di lui e poi spinge più forte, la lingua scompare ed al suo posto si chiudono due file di denti, attorno ad una spalla.
Ah –“
Questo – questo fa male. Lascerà un segno.
E chi è lui per chiedergli di smettere?
“Ah, no, Erik –“, impianta cinque dita sulla sua spalla. “No – non, rallentare, va bene così.”
Erik non rallenta, non chiede scusa, non lecca nessuna ferita. Lascia tutto per dopo. Lo raccoglie fra le proprie braccia e lo scopa più forte, e se Charles non avesse imparato a non aver paura delle proprie paure, ora starebbe soffocando.
 
Piano, con cautela, riprende a respirare. Erik si lascia cadere sul materasso al suo fianco, Charles intravede un sorriso sconfinato sulle sue labbra schiuse che vorrebbe baciare, ma ha bisogno di respirare, o questa volta ci lascia la pelle davvero.
Anche se, a ripensarci, al diavolo l’ossigeno.
Quando si sporge sulle labbra di Erik, un mugolio compiaciuto vibra in mezzo al loro bacio esausto.
“Miagoli come un gatto”, nota Charles, anche se vorrebbe ridere. L’ha appena divorato come solo un predatore selvatico potrebbe fare. Erik gli concede un sorriso stanco ad occhi chiusi e, nonostante tutto, dopo pochi minuti torna a trascinarlo fra le proprie braccia.
Eppure Charles sa che questa volta non dovrà morire.
Erik inizia a leccargli la spalla, a sfiorare il segno di un morso con le labbra, ad accarezzargli fantasmi di lividi che fanno già un po’ meno male. Su di lui, Erik ha le mani più gentili che abbia mai conosciuto; piene d’amore, ricolme di cura ed attenzione, lo tracciano come se fosse un tesoro troppo fragile da maneggiare, e scrivono sul suo corpo promesse infinite da ricordare. Non è mai davvero in pericolo, non ha mai davvero paura. Prende lo slancio e salta, salta fino a volare. Sa che ci sarà sempre Erik ad afferrarlo, dall’altra parte. È così che fanno l’amore: senza respirare, un salto nel vuoto.
   
 
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