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Autore: aturiel    15/04/2015    2 recensioni
E adesso Nico, in preda a un attacco di rabbia verso il mondo intero, era sotto un portico a congelare per il vento, tentando inutilmente di accendere la sigaretta che teneva tra le labbra. Ormai erano quasi cinque volte che quel dannato vento gliela spegneva e, se non avesse avuto come padre Ade, sicuramente si sarebbe messo a bestemmiare. Alla sesta volta, finalmente, riuscì a tenerla accesa abbastanza per fare un tiro, ma, poco prima che ne facesse un secondo, due dita ne schiacciarono la punta, spegnendola nuovamente.
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Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Erano circa tre ore che Nico se ne stava sdraiato sul suo letto a osservare il soffitto. Era ancora vestito e non si era nemmeno i lavato i denti, da bravo ragazzo depresso quale si sentiva in quel momento, e il diluvio che imperversava fuori era semplicemente il coronamento drammatico della sua situazione.
Non era colpa sua se non voleva solo del bene a Percy, se lo aveva amato con tutto se stesso. Non era colpa sua, eppure lui aveva deciso di andarsene, e questo faceva arrabbiare Nico più di ogni altra cosa: perché gli aveva chiesto conferma di ciò che aveva capito, se non era ciò che voleva sentirsi rispondere? Almeno potevano fingere ancora di essere legati semplicemente da amicizia. E invece no, Percy aveva voluto sapere, e adesso lui si trovava esattamente nelle condizioni dell'anno precendente, quando aveva aperto la busta con l'invito al matrimonio. Lo perseguitava, Percy Jackson, e non si rendeva nemmeno conto di tutto ciò che gli stava facendo passare. Odiava Percy, ne era assolutamente certo.
E avrebbe continuato ad odiarlo se qualcuno non avesse suonato alla sua porta, interrompendo i suoi poco felici pensieri. Inizialmente pensò di lasciare, chiunque fosse lì fuori, suonare il campanello, ma poi, dopo il quarto driiin fastidiosissimo, decise di alzarsi e di mandare al diavolo di persona lo stronzo che veniva a citofonargli alle undici e mezza di sera. Aprì la porta e si ritrovò di fronte un fradicio esemplare di figlio di Poseidone con una faccia pallida da far paura tirata in un sorriso colpevole.
Se il primo istinto fu quello di saltargli al collo e baciarlo, lui diede retta al secondo: gli tirò uno schiaffo sonoro e gli chiuse la porta in faccia. Una volta dentro, si accasciò alla porta e si chiese che cosa stesse passando per la testa a Percy. Che avesse dimenticato qualcosa di fondamentale – come il portafoglio – a casa sua e se ne fosse accorto solo ora? Che non avesse dove andare a dormire e volesse, sfacciatamente, chiedergli ospitalità?
Maledetto cuore, smetti di battere come un tamburo, per favore.
Il campanello ricominciò a suonare, come se Percy avesse deciso di attaccarsi al pulsante, quindi decise di uscire dalla porta e, questa volta, mandarlo via definitivamente. Non si aspettava, però, che l'amico si fosse appostato davanti alla porta e che, non appena lui la ebbe aperta, si scagliasse contro di lui, abbracciandolo.
Si sentiva soffocare da quelle braccia, eppure non le allontanò, anzi, ricambiò timoroso la stretta.
«Scusa».
Cinque lettere e tutta la tristezza e la rabbia erano svanite dal cuore di Nico.
«Mi sei mancato».
Altre dodici e il cuore, questa volta, perse un battito.
«Ti amo».
Di nuovo cinque e il cuore di Nico, questa volta, si fermò. Alzò la testa dalla spalla di Percy e incrociò il suo sguardo, così sicuro e profondo, come mai lo era stato.
«Cosa... cosa hai detto?» sussurrò.
«Io sono scomparso dalla tua vita e da quella di tutti gli altri, poi io a Annabeth abbiamo deciso di sposarci e mi è venuto in mente che, forse, così avremmo potuto riprendere i contatti. Mi mancavate tutti, ma a te, Nico, ho pensato tanto, tantissimo: non sapevo che fine avessi fatto, se fossi vivo o morto, se avessi una ragazza o se avessi trovato lavoro... e volevo vederti, così ti ho invitato. Ma l'anno scorso non sei venuto al mio matrimonio. Ti ho aspettato tanto, pensando che, prima o poi, saresti entrato nel ristorante e mi avresti salutato. C'erano tutti, ma nessuno era preoccupato. Ho chiesto a Jason se ti avesse per caso sentito e se sapesse perché non c'eri e lui... lui non ha voluto spiegarmi, ma qualcosa non andava. Non mi spiegavo come mai tu non fossi venuto, perché fossi semplicemente scomparso, quindi ho iniziato a rimuginarci, e sapevo – ero certo -, che ci fosse qualcosa sotto. Quindi ho detto ad Annabeth che sarei andato a fare un giro e ho chiesto a Jason di darmi il tuo indirizzo. Non voleva, ma poi l'ho convinto, e quindi sono qui».
«Ma... ma cosa c'entra tutto questo?» chiese Nico, il cui cuore non aveva ancora ripreso vita, nonostante il fiume di parole sconclusionate uscite dalla bocca di Percy.
«Ti ho visto così diverso, cresciuto. Ho visto casa tua, il disastro che hai qui dentro, il ragazzo nudo e tutto... e non sapevo perché, ma mi dava fastidio. E poi mi hai detto che eri gay e che l'hai capito innamorandoti di qualcuno. Ho pensato a Jason e tutto mi è sembrato giusto: lui sapeva tutto al matrimonio, e non voleva ti vedessi, quindi...» prese fiato, poi continuò: «Poi ho capito, mi hai detto che ero io. E me ne sono andato perché non ci volevo credere, perché era impossibile che quel ragazzino che per me era come un fratello più piccolo mi amasse in modo diverso da come io amavo lui. Cinque minuti dopo essermene andato, mi sono pentito, perché devo averti fatto più male di quanto immagino, e non voglio farti del male, Nico. Ho pensato di tornare, ma poi mi sono detto che sarebbe stato meglio scomparire definitivamente dalla tua vita e lasciarti in pace... ma non ce l'ho fatta, perché mi sei mancato da morire e non volevo tornare a casa con la consapevolezza di averti abbandonato di nuovo. E quindi sono tornato».
«Perché mi hai detto quelle cose, Percy?» disse ora Nico, con il cuore che, ora, si sentiva sull'orlo di un precipizio: quel dannato ragazzo dagli occhi color del mare lo stava uccidendo, perché di tutto questo non c'era assolutamente nulla che giustificasse quelle parole, che spiegasse un “ti amo”. «Forse non lo sai, Percy, ma amare qualcuno significa volerlo far sorridere, ridere, cercare ogni contatto con lui, guardarlo quando non se ne accorge, magari voler renderlo felice, cercare ogni modo per parlargli, esserne quasi ossessionato, averlo sempre nella testa e, perché no, volerlo baciare, desiderarlo. Tu non mi ami, Percy, hai qualcosa che non va in quella testa, e sei un egoista. Mi dici delle cose e poi mi fai scoprire che sono tutte stupidaggini, cazzate. Non basta non vedermi a un cazzo di matrimonio per pensare di amarmi» e detto questo si allontanò da lui, sentendo di odiarlo, forse ancora più di prima.
«Nico, io... io lo giuro, io ti amo».
«Devi smetterla, e te ne devi andare, ora. Io non ho niente da dirti».
«Senti, Nico, pensi davvero siano tutte sciocchezze? Pensi che per me sia facile essere qui, bagnato fradicio, mentre a casa ho una moglie che mi aspetta? Pensi che mi senta bene a dirti che ti amo e vedere che nemmeno ci credi?»
«Non mi interessa. Sei sparito per anni – anni! - e adesso pretendi di amarmi. Percy, non ci si innamora in un pomeriggio».
«Non in un pomeriggio, ma in un anno intero passato a pensarti, e un pomeriggio e in una sera quando ti ho visto di nuovo».
«E allora baciami, Percy» disse Nico rabbiosamente, sicuro che, per strapparsi di dosso definitivamente il figlio di Poseidone, sarebbe stato necessario distruggersi completamente: come avrebbe, infatti, dimenticato un bacio, se non era riuscito a dimenticare nemmeno uno sguardo? Ma in quel momento non gli interessava, anche perché sapeva che, probabilmente, lui non lo avrebbe nemmeno sfiorato.
Percy si avvicinò e gli mise le mani sul viso, tenendolo dritto verso di sé. Era ancora bagnato, e le gocce di pioggia scivolavano anche sulle guance di Nico che, apparentemente deciso, teneva gli occhi fissi su di lui, non aspettandosi che avrebbe dovuto chiuderli per un bacio. E invece, pochi secondi dopo, le labbra di Percy si posarono sulle sue e lui, gli occhi, li chiuse.


Era strano sentire le mani di Percy che gli tastavano la schiena nuda, ed era strano sentirsi sfilare la maglietta da mani così tremanti. Ed era stranissimo per lui vedere che l'altro non si scostava dai suoi tocchi che, ne era certo, erano tutt'altro che pazienti. Voleva sentire la pelle di Percy a contatto con la propria, voleva placare il desiderio che si era impossessato di lui e affondare nei suoi capelli scuri. Nico sfilò a Percy gli occhiali, la cravatta, la giacca e la camicia, finché non gli si mostrò un corpo perfetto, abbronzato e adulto, diverso da quello che aveva sempre osservato da lontano quando era poco più che un ragazzino.
Percy aveva perso tutt'un tratto la sua sicurezza, e ora esitava sulla cerniera dei suoi pantaloni. Nico allora lo baciò di nuovo, più a fondo di prima, e aprì invece quelli del compagno che sussultò e gemette piano. Non sapeva esattamente se continuare o no, nonostante lo desiderasse con tutto il suo essere: l'altro gli sembrava troppo sconvolto e impaurito; quindi gli chiese, sottovoce: «Sei sicuro che vuoi continuare?»
«Sì, Nico, sì che lo voglio» rispose e, per tutta risposta, si fece forza e aprì il bottone dei jeans neri di Nico.
Si sentiva benissimo, gli sembrava di star per morire per la troppa eccitazione e per la paura di spaventare Percy e di farlo andar via di nuovo. Non pensava che avere il corpo di quel ragazzo fra le dita e sentirlo fremere ai suoi tocchi sarebbe riuscito ad eccitarlo tanto; lo desiderava come nessun altro e voleva che anche l'altro provasse la stessa cosa, quindi prese il suo sesso fra le labbra e iniziò a leccarlo nel modo più sensuale in cui riusciva. L'altro dovette gradire, perché affondò le mani nei suoi capelli per spingerlo ancora di più verso di lui e incominciò a gemere, inarcando il bacino contro la sua bocca.
Probabilmente non era una cosa che avrebbe dovuto fare, ma non concluse il suo lavoro e, poco prima che l'altro venisse, si sollevò di nuovo e lo baciò. Evidentemente Percy aveva perso l'insicurezza di prima, perché non aspettò nemmeno che il bacio fosse finito che lo spinse contro il letto, schiacciandolo con il proprio corpo, ora bollente. Gli sfilò senza troppe cerimonie anche i boxer e iniziò a masturbarlo con una mano, mentre l'altra vagava ovunque, come la sua bocca. Nico non pensava potesse essere così bravo, non tanto da fargli accelerare il respiro così velocemente. I suoi tocchi erano diventati quasi rudi, ma non gli facevano mai male, le sue labbra erano bollenti e scaldavano ogni centimetro di pelle che sfioravano. Il figlio di Ade si sentiva completamente sopraffatto da lui, dalle sue dita e dalla sua lingua: se solo pensava a cosa si era perso in tutti quegli anni, gli girava la testa. Percy quindi con l'altra mano gli aprì le gambe e fece per entrare in lui, ma Nico lo fermò e disse, con il fiato rotto: «Se entri così, mi fai male... vieni qui» e detto questo, tiratosi su, catturò il suo sesso con la bocca e lo bagnò di saliva, godendo dei gemiti sempre più rumorosi di Percy che, questa volta, entrò in lui con decisione. E Nico, sentendo che la campana vicino al suo appartamento suonava dodici rintocchi, sorrise nel mezzo del suo orgasmo, unito al ragazzo che amava: era finita la sua brutta giornata, e nel migliore dei modi.








 

Note autrice:
Non sono molto sicura di questa storia, un po' perché temo di essere andata in OOC, un po' perché ho paura possa annoiare. Nonostante tutto, volevo scrivere per una volta qualcosa di un po' più leggero del solito, quindi ho cercato di divertirmi a scrivere io per prima, ed è uscito questo. Spero davvero che a qualcuno sia piaciuta e ringrazio ancora chi ha commentato e messo la fic nei preferti/seguiti/ricordati!
P.s. per la scena finale, abbiate pietà di me: è la prima scena di sesso dettagliata che scrivo, quindi cercate di non decapitarmi... o almeno, non per quella xD
Per il resto, sono aperta a critiche costruttive di qualsiasi genere!
A presto,
Aturiel
   
 
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