L’abete, alto otto metri,
faceva bella mostra di sé al centro della piazza principale. Turisti e semplici
curiosi sostavano a lungo ad osservare gli ornamenti natalizi dell’albero, che
si distinguevano se non per bellezza almeno per originalità: quelle che ad uno
sguardo distratto o da lontano sembravano normali palle rosse di natale, erano in realtà teste mozzate e rasate, dipinte con
il loro stesso sangue e appese per un orecchio ai rami dell’abete.
Quelle teste appartenevano agli
aiutanti dei protagonisti, quei personaggi senza arte né parte il cui unico
scopo nella vita era di sacrificare la stessa per consentire ai loro amici con
ruolo primario di sconfiggere gli antagonisti e far trionfare il bene, o
meglio, la bontà. Non c’era da stupirsi che il sindacato villain
avesse insistito perché venissero usate quelle teste come ornamento: era colpa
di quegli aiutanti se cattivi altrimenti imbattibili venivano regolarmente
sconfitti da illustri sconosciuti che non potevano competere con loro per forza
o astuzia.
Seduto al tavono
di un bar a pochi metri dall’abete, Naraku osservava
il colosso vegetale scuotendo il capo: sapeva bene che venivano usate le teste
degli aiutanti perché erano gli unici personaggi buoni morti che si trovavano
da alcuni anni a questa parte. Le teste dei protagonisti erano inutilizzabili,
visto che restavano belle salde sulle loro spalle, nemmeno fossero attaccate
con il vinavil. In un certo senso, quell’esposizione di teste di personaggi
minori era una ripicca infantile che descriveva bene la rabbia impotente del
sindacato villain, incapace di ottenere risultati
concreti. Per Naraku quell’abete era uno spettacolo
tristissimo e ridicolo, ma non si aspettava nulla di meglio dal sindacato.
C’era stato un tempo in cui era una organizzazione
forte e veramente rappresentativa, e aveva ottenuto risultati importanti
riuscendo addirittura ad influenzare la metafisica letteraria: era stato il
periodo d’oro in cui i villain si erano imposti come
i personaggi di spicco delle opere migliori, rimanendo nell’immaginario
collettivo ben più dei pallidi protagonisti buoni.
Ma in quell’epoca magica erano
già insiti i germi del degrado successivo. Inebriati dal successo e convinti
che quei grandi risultati fossero ormai acquisiti, i dirigenti del sindacato villain abbandonarono la linea movimentista seguita sino ad allora, e l’organizzazione diventò sempre più
burocratica, consumando tutte le migliori energie in riti formalistici e
inutili. E così, quando iniziò il riflusso, non riuscirono a impedirlo,
nonostante i loro grandi proclami. E il riflusso continuava ancora: alcuni dei
migliori villain erano costretti all’umiliazione di
essere rappresentati in maniera monodimensionale, senza introspezione né
niente, il fascino della malvagità cedeva il passo ad ottusità e ridicolaggine,
i sentimenti dolciastri e gli stereotipi riprendevano preopotentemente
quota, e di fronte a questo sfacelo il sindacato non sapeva fare altro che
aggrapparsi alle poche e lodevoli eccezioni per blaterare di “inversione di
tendenza” e di “ora della riscossa”.
Naraku alzò il calice di Chateau Grillon e sospirò. Lo sapevano tutti che la solidarietà villain era finita, e che il sindacato era ormai un guscio
vuoto. Ubique naufragium est,
e ognuno pensava solo per sé: quegli incontri annuali indetti dal sindacato
erano ancora affollati, ma di fatto servivano solo per
scambi di favori. La solidarietà villain era
degenerata in una rete di clientele.
Un sorso di vino interruppe
quei pensieri malinconici. E dopo, ci pensò una voce stridula.
“Molto tempo che non ci si
vede, Naraku”
Il mezzodemone
si voltò e vide un vecchio con addosso una stinta
palandrana ottocentesca. Nonostante il saluto amichevole non c’era sorriso sul
suo volto, ma una espressione torva e grifagna.
“Ben trovato, Scrooge”
Il protagonista del Canto di Natale era uno dei pochi villain la cui presenza era gradita a Naraku,
sebbene questo stupisse molti. Infatti i villain più stupidi — quelli della Marvel, ovviamente —
ritenevano Scrooge un traditore che aveva rinnegato
le sue imprese malvagie per diventare un benefattore. Non sapevano, gli
sciocchi, che quell’apparente conversione era stata in realtà il più grande
colpo di genio della sua carriera: il vecchio non aveva abbandonato la sua
attività di utilitarista, ma l’aveva semplicemente delocalizzata
nei paesi del Terzo mondo, dove sotto le spoglie di un banchiere di
microcredito taglieggiava interi paesi sub-sahariani. E così, strozzino in
Africa e filantropo in Inghilterra, aveva guadagnata fama imperitura,
consacrata addirittura dalla Disney, che aveva messo a frutto creando una Fondazione benefica Ebenezer
Scrooge che riceveva donazioni da tutta
Naraku apprezzava Scrooge per questa
sua abilità luciferina e perché, al pari di lui, disprezzava grandemente la
vuota formalità degli incontri del sindacato villain.
Così gli allungo una sedia.
“Come va, Scrooge?”
“Come sempre: male. Quest’anno
è stato pieno di fastidi e noiosissimi incontri e conferenze, e come se non
bastasse a capodanno devo presenziare ad un ricevimento per festeggiare la mia
ammissione al Rotary”
“Credevo fossi stato ammesso
l’anno scorso”
“Oh, sì. E se è per questo,
anche l’anno prima e l’anno prima ancora. Ogni anno, verso novembre, mi
cancellano in modo da potermi riammettere, visto che le onorificenze che ricevo
fanno sempre notizia e attirano prestigio. E funziona sempre! Facci caso, caro Naraku, le cronache mondane si ripetono ciclicamente quasi
uguali, perché la notizia che suscita accese discussioni oggi tra un mese non
sarà solo dimenticata, ma addirittura rimossa”
Il vecchio Scrooge
non si smentiva mai, la sua conoscenza degli ingranaggi del consenso e del
potere era amplissima.
“Buono questo vino” commentò
l’usuraio liquidando il secondo bicchiere nel giro di pochi minuti.
“La cantina del Bar Barie è
sempre ben fornita”
“Eh già, se c’è ancora qualcosa
di buono qui a Smallvillain è la gastronomia… La cosa
buona di fingersi filantropo è che posso mangiare delizie praticamente gratisi, visto che i ristoranti di lusso fanno a gara per
avermi come ospite”
“Se devo essere sincero, non mi
sembra che ti vada così male come dici” osservò Naraku.
“Gli affari vanno a gonfie
vele, ma le dosi di mondanità che devo sorbirmi per tutelarli mi distruggono.
Comunque, c’è chi sta peggio di me”
“Ad esempio?”
“Ad esempio tu, no?” e qui Scrooge fece una risatina. Naraku
si adombrò, ma non disse nulla.
“Ho sentito dire che la tua
autrice sta per farti secco, e come se non bastasse per rendere possibile la
tua dipartita ti costringe a fare stupidi errori di strategia”
Naraku si girò nervosamente il calice tra le dita.
“Sei tormentato da quella tua
patetica imitazione” continuò Scrooge “Mi pare si
chiami Orochimaru, giusto? E anche la tua prestanza
fisica rischia di sparire a causa della trasformazione in ragno”
L’ammirazione per il vecchio
strozzino era intatta, ma la piacevolezza della sua compagnia stava diminuendo
a discreta velocità.
“Ma la ciliegina sulla torta è
che il deteriorarsi qualitativo del manga in cui appari ha ridotto così tanto
il numero dei lettori seri che, quando uscirai di scena, non diventerai un mito
delle forze oscure come tanti altri villain, spesso
meno meritevoli di te”
Era troppo. Naraku
si alzò bruscamente e si allontanò a grandi passi. Visto che a Scrooge piaceva mettere il dito nella piaga, avrebbe messo
anche mano al portafoglio e pagato il conto del vino.
Il problema era che ciò che il
vecchio aveva detto era vero. La sua immagine declinava inesorabilmente a causa
delle scelte buoniste e commerciali di Rumiko Takahashi, al punto che non era in grado di liberarsi di
una ragazzina frivola e incapace quale era Kagome, la
protagonista. Essere sconfitto da una sciocca summa di luoghi comuni della donna sottomessa all’eroe, era questo
il suo destino? Se sì, era sommamente umiliante: già Scrooge
lo aveva canzonato, e chissà quanti altri villain
godevano della sua digrazia.
Quasi a confermare i suoi
timori, un sasso sibilò vicino alla sua tempia, seguito da una risata
infantile. Naraku si voltò di scatto per avvelenare a
morte il colpevole, ma Franti era già fuggito, ridendo
malignamente, l’infame.
La cosa peggiore era che tutto
quello stava avvenendo indipendetemente dalla sua
volontà, e non ci poteva fare nulla. Sarebbe stato meglio soccombere a causa di
propri errori che per l’insano desiderio di ordine e sanità morale di
un’autrice repressa. Ma anche quel piccolo frammento di libertà gli era negato.
Incupito e disilluso, Naraku avrebbe voluto tornare a
casa senza frapporre altro in mezzo, ma purtroppo doveva presenziare al
convegno di apertura, altrimenti sarebbe stato radiato dall’albo dei villain, e nelle sue condizioni non se lo poteva
permettere. Così, di malavoglia, si recò al PalaFlagg,
il loco di tutti i principali eventi di Smallvillain.
Ciò che tu hai da fare, affrettalo! disse Gesù a
Giuda, e quello era il motto di ogni antagonista in situazione critica.
Tuttavia, quando raggiunse il PalaFlagg, Naraku si stupì di
trovare la porta di ingresso aperta e tutte le sale vuote. Come mai quel
deserto a meno di un’ora dall’inizio dei lavori? Entrò comunque, con qualche
sospetto ma senza paura: lì nessuno aveva interesse a tendergli un agguato.
Più si addentrava e più
l’edificio sembrava buio e abbandonato. Alla fine trovò la sala delle
conferenze, totalmente immersa nell’oscurità. Non che per lui fosse un problema
vedere al buio, e infatti notò in fondo alla sala un
gruppo di figuri che armeggiavano sul palco degli oratori. Stava per gridar
loro “Chi va là” quando tutte le luci della stanza si accesero insieme con
effetto accecante, l’intera sala sfavillò di luci e colori e nell’aria risuonò
l’inno del sindacato:
We are the world
We are the
villains
We are the ones
Who make a darker day
So let’s start give in
That’s a choice we’re
making
We’ll ruin your own
lives
It’s true we’ll make a
darker day
Just you and me
Sul palco, decine di persone
applaudivano Naraku. Tra gli altri, il mezzodemone riconobbe Scrooge, Lex Luthor, Anne Wincourt, Ni Jien’i, Pennywise, Legato, Sylar, Don Giovanni e vari altri. Quando l’ovazione iniziò
a scemare, dalla folla avanzò Darth Sidious, per gli amici Palpatine, che afferrò un microfonò e dichiarò con solennità:
“In virtù dell’autorità a me
conferitami io proclamo il qui presente Sommo Naraku villain dell’anno
Nuovi e più scroscianti
applausi. Naraku abbozzò un sorriso, ma mentre
raggiungeva il palco pensava che quella sceneggiata, proprio degna del
sindacato villain, non lo avrebbe salvato dalla
sconfitta. Ma tant’è, ormai era lì…
Nel frattempo molti lo
avvicinavano per congratularsi, gli stringevano la mano.
“Prima pensavi che volessi
deriderti, eh?” gli disse Scrooge “In realtà non ho
dimenticato di quella volta che mi hai prestato Kanna
per riscuotere i miei crediti”
“Né io ho dimenticato di quando
mi hai permesso di usare la forma ragno” aggiunse Pennywise.
“Per non dire dell’importanza
delle tue emanazioni per creare i cloni da battaglia” rincarò Sidious.
“Naraku
ha fatto molto per tutti noi” dichiarò il capitano Ahab
“E noi dobbiamo sdebitarci aiutandolo in questo momento difficile”
Fu allora ch si fece largo tra
gli astanti un giovane dai capelli castani, che Naraku
riconobbe essere Light Yagami. Aveva tra le mani un
pacchetto, che offrì sorridente al festeggiato.
Naraku sciolse il fiocco con il miasma e scartò l’involucro.
Dentro c’era un quaderno dalla copertina nera su cui campeggiava la scritta Death Note.
Gli occhi del mezzodemone si accesero di gioia. La solidarietà villain, dopotutto, resisteva ancora. O forse, di fronte
all’ondata dolciastra di un mondo ipocrita che deprecava i mali che attivamente
foraggiava, quel patto di mutuo soccorso era risorto nella coscienza di tutti i
cattivi… la felicità gli dette quasi le vertigini.
Scrooge gli allungò una penna. Naraku
aprì il quaderno, si inebriò leggendo la prima regola: L’umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà. Anche
senza leggere le successive, sapeva che il decesso sarebbe avvenuto tramite
attacco di cuore dopo 40 secondi se non avesse scritto altro.
E scrisse.
Kagome Higurashi.