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Autore: Amaya Lee    15/04/2015    4 recensioni
[ KuroKen | PWP ]
Lui, Kuroo Tetsurou, se l'è cavata da Dio fino ad ora, con un paio di frizzanti bacetti e furbe mani un po' troppo scivolose. Senza poi così tanta malizia.
Ma non si innamora finché non vede l'evanescente bagliore di tutta la pelle immacolata, che è incantevole e algida perché quello lì se n'è stato vicino alla finestra aperta per ore, con le dita occupate freneticamente da un videogame.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: PWP
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NA: Wow. Okay. Che ne sto facendo della mia vita? Grande. Mi vergogno come non mai. E non sono neanche andata oltre il rating arancione, perché infondo non sono scesa esageratamente nei particolari. Come primo tentativo nel genere "erotico" e specialmente "Plot, What Plot?" farà sicuramente pena, ma vi prego di essere clementi, quest'oggi rinuncio a un po' della mia innocenza.
Che ci vogliamo fare, i KuroKen sono questo e tanto altro e io sono un colpo di testa ambulante. Apprezzo opinioni e critiche costruttive, buttatevi, e buona lettura.








 

Quando poche le eternità









 

Lui, Kuroo Tetsurou, se l'è cavata da Dio fino ad ora, con un paio di frizzanti bacetti e furbe mani un po' troppo scivolose. Senza poi così tanta malizia.

Si è divertito e preoccupato e dedicato tanto a questo, come quando si scopre un hobby incredibilmente intrigante e ci si immerge fino in fondo, tendendo ad escludere un po' tutto il resto, piano alla volta, dalla propria quotidianità e dai pensieri più frequenti; e volgendosi ad una completezza che è ben diversa dall'equilibrio della vita di un adolescente, e che sa di fragole e di mestizia e panna fredda. Il sapore fresco di cute levigata e carezzevole.

Ci si sente, a un certo punto, come argilla che mulina sul tornio.

 

Ma non si innamora finché non vede l'evanescente bagliore di tutta la pelle immacolata, che è incantevole e algida perché quello lì se n'è stato vicino alla finestra aperta per ore, con le dita occupate freneticamente da un videogame.

 

Non si innamora finché non stringe consapevolmente l'innocenza tra le sue mani, inviluppata scompostamente tra lenzuola assolate.

 

***


 

Non vuole farlo lentamente. Sa che servirebbe solo a dilungare la fatica per uno e il momentaneo travaglio per l'altro, e l'unica cosa che vuole adesso, proprio adesso, è farlo sentire bene. Più di quanto abbia mai fatto usando esclusivamente le mani o la bocca.

È qualcosa di reciproco e indissolubile, che trascende l'affetto di anni e il rispetto di sempre.

Il più giovane cerca di prendere fiato, tenendo gli occhi incollati enigmaticamente al moro, il quale, intanto, trascina le ginocchia sul materasso avvicinandosi.

Le cosce aperte. L'euforia, il sangue che si scalda, scorrendo svelti ovunque.

 

Le labbra si aprono in silenzio. In un palpito, l'impazienza, e nello sguardo la travolgente totalità che quel confine dissolto rappresenta.

 

Le cosce aperte tremano. Il cuore sprofonda un po'.

«Cazz–» Il resto dell'imprecazione scompare in un gemito, un po' corrotto, un po' distante.

Kenma trae un respiro incandescente prima che questo possa venire a mancare, quando la vita gli viene avvolta da braccia tenaci. E lo stringono, lo stringono forte e spassionatamente, ma senza mai fargli male; finché lui chiude gli occhi e fa scorrere le dita sottili su quelle spalle a lui accostate ed in tale semplice tocco, all'interno della risolutezza ardente di ambizione, riconosce un fondo germogliante di tenerezza. Perché infondo l'altro è attento, sempre; quando lo spinge, lo stende, lo plasma e lo fa godere. Ogni volta.

Le sue braccia verginee premono sul retro del collo di Kuroo, lì dove, inconsapevole demone di tentazione, una mano si aggroviglia e si diluisce tra le ciocche nere, nerissime, tirando e forse strappando, non c'è nessuno abbastanza lucido per saperlo.

Ansima, senza alcun remore o vergogna, perché è vergine ma non pudico. Gode puerilmente con l'amplesso e non ha mai pensato, nemmeno per un secondo, di non essere pronto; perché quello a toccarlo è Kuroo, ed è assolutamente disposto ad accogliere tutto ciò che Kuroo gli offrirà da qui a per sempre.

«Di più, di più, di più, di più–» Le preghiere così egoistiche si precipitano fuori dalle diafane labbra infiammate, in una nenia logorroica e sporca. Sporca d'incanto e di trasporto. Si viziano a vicenda senza pensarci due volte, perché sanno che arriveranno a gratificarli altri sospiri spezzati a metà e invocazioni virtuosamente pagane. E nessuno dei due prova dolore.

Kuroo affonda per la terza volta e, per la millesima, sconvolge la concezione di piacere del compagno, che stavolta l'aria la fa uscire dal corpo in un gemito più altisonante.

Un papavero di capriccio è sbocciato sulla giugulare del più giovane, un capriccio che ha in sé del paradiso. È perfetto e loro sono immensi, intoccabili all'infuori della piccola nirvana costituita dal letto sfatto e offeso dal delirio di movimenti. Scricchiola, sembra poter cedere, ma resta in piedi, se non altro da piccato e risentito testimone.

La bocca adoratrice del maggiore, conduttore di ogni bellissimo atto, lambisce centimetro dopo centimetro la superficie più esterna di Kenma, raggiunge istante dopo istante un nuovo spigolo molle, un imprevisto suono di soddisfazione da parte dell'amante. E Kuroo li prende. Tutti; uno ad uno.

Prova la stessa fretta afrodisiaca ed ha la stessa pazienza di toccare l'estasi solo con le punte formicolanti dei polpastrelli, per ora. Perché entrambi stanno nel modo più assoluto perdendo la testa ma è meglio, è bello farlo insieme.

È bello fare questo e molto altro insieme, ma più stretti, allacciati, un po' più vicini di prima, cosicché ci sia uno scambio intrinseco di materia, a livello di spirito. Chissà come, poi.

Non se lo chiedono; Kenma stringe finché non ne può più, e il compagno si lascia amare in quel modo – si lascerebbe amare da quel ragazzo in qualsiasi modo, che sia con un bacio, o uno sguardo, un graffio o uno schiaffo in pieno volto. Per lui... è così. È difficile, ma è la cosa più naturale.

Preme un bacio sul capezzolo ipersensibile e ottiene un amabile piagnucolio, per cui stravede, e si sente un bastardo – il bastardo che estorce con l'infida violenza gemmei lamenti – o un profanatore di tombe.
Un ventre sollecita nuovamente l'altro e tutto il mondo si incendia ancora; il tremolio si espande dalle nocche esangui del più giovane ai polsi lividi, e striscia su per le braccia fino a raggiungere il petto ed inabissarlo nel venereo caos del piacere.

La cadenza degli affondi sale, sale come il crescendo di un'orchestra in perfetta sintonia.

E le unghie che gli escoriano il dorso, ora, e la lingua di Kenma in giravolte che gli incide l'anima.

«Ku-roh» Si rompe la voce e i frammenti caldi e sfrigolanti ricadono tra le lenzuola asettiche, dimenticati. Kenma lo chiama ancora ma il lemma si scioglie ancor prima di lasciare completamente la bocca licenziosa, depositando un ameno sapore. Immaturo, ancora. Il nome di Kuroo. «K–ah... ah»

Basta questo; il patema carnale nello spremere la gola e farne uscire un suono. Bastano quegli occhi liquidi, febbrili, voraci. E questo ragazzo un tempo era pigro e svogliato.

«Tutto bene?» sussurra il maggiore, districando un braccio tonico e usandolo per rimuovere dalla fronte i capelli d'inchiostro impasticciati e sudati. Respira affannosamente senza volerlo, ma non gliene frega niente.

Per un momento indugiano su di lui quegli occhi felini, d'oro fluido come il cioccolato e sensuali come le gambe bianche, ora sollevate quasi al livello delle sue spalle.

Kenma annuisce sommessamente ma mantiene connessi i loro sguardi in uno solo, che sa di tutto fuorché pura e sintetica carnalità. C'è tanto in quegli occhi.

«...Continuo?» soffia Kuroo, ineluttabilmente speranzoso, ma cauto comunque. Devoto; come non è mai stato.

«Sì» viene espresso nel soffio che sa di fragole e di libertà. Innamorato perso. Come non è mai stato.

Esiste molto di più della scottante sensazione ovunque i loro corpi si sfreghino, molto più dell'abbandonarsi lascivo del capo di Kenma all'indietro, una volta che le spinte all'interno del suo corpo si fanno ritmiche e poderose, bisognose, e molto più anche degli ansimi irregolari del maggiore e quelli snocciolati con la frequenza illibata del più giovane. E quel di più inafferrabile come la felicità delle fiabe ce l'hanno entrambi negli occhi.

«Ku-Kuro.»

Egli sente, e si cala quel che basta perché l'altro possa mormorargli all'orecchio tutto ciò che desidera. Tutto.

«Kuro.» Ma non c'è altro, per Kenma. Quella parola è l'unica che conta.

E dopo un battito di ciglia – ciglia nelle quali rimangono incastrate goccioline di sudore e una lacrima – , c'è una risposta. «Sono qui.»

«Kuro» implora.

«Sì... sono qui.» E gli viene da sorridere, perché sta usando una voce concentrata di tenerezza e promesse che, almeno per il momento, saprà mantenere; sorride perché la sua voce ha lo stesso effetto della visione astratta dell'eliso per un peccatore.

Sa che la loro minuscola bolla d'amore non durerà ancora a lungo, e perciò dirotta le proprie labbra su quelle precariamente dischiuse dell'altro, suggellando la propria sete con un bacio poco preciso, che eppure contiene il principio atavico del perfetto.


 

***

 

Kuroo fa scorrere piano le dita tra arruffati capelli biondi, come se gli costasse un'incommensurabile fatica, e mille e una chimere gli si agitano dentro al posto delle farfalle. Non è mai stato tipo da castelli in aria, ma proprio per niente.
Perché lui, Kuroo Tetsurou, non ha mai voluto vivere altro che il presente. E il presente è fatto di cose che vengono e cose che vanno.

Poche eternità. Giusto un pizzico, per mandare giù il mondo.

 

Ora gli fa male tutto, dai muscoli alle ossa alla testa, però infondo è meglio, bello, condividere anche questo.

Ora sì, che hanno fatto l'amore, forse un po' di ansia e un po' di paura c'è in mezzo a quel disordinato di più. C'è senz'altro.

 

Ma non provano dolore – lasciandosi sfiniti, vulnerabili e lievi come anime.

 

 

 

  
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