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Autore: LaMusaCalliope    16/04/2015    1 recensioni
Michele si sveglia tardi e il bus che di solito prende tutte le mattine per andare a scuola ha saltato una delle sue corse e così si ritrova in fermata con un sacco di gente. Ce la farà ad arrivare in tempo a scuola? Buona lettura! :)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Quando la sveglia suona per la quinta volta, Michele si decide ad alzarsi. Con la mente ancora annebbiata, scalcia le coperte e un brivido freddo lo attraversa. Nonostante sia giugno, la mattina l'aria è fredda. Cerca, con gli occhi chiusi, sul comodino il telefonino che continua a suonare. Alla cieca, toglie il blocco tastiera e pigia sullo screen, finalmente la sveglia si spegne. Con un enorme coraggio apre gli occhi, guarda l'ora e … le 7:30?! È tardi, deve sbrigarsi. Cerca dei vestiti puliti nella montagna sulla sedia. Prende a caso dei jeans e una maglia a maniche corte. Corre in bagno e si fa una doccia veloce e fredda -deve essersi bloccata la caldaia-. Salta la colazione. Afferra la cartella, cerca le chiavi e solo dopo averle cercate in ogni angolo di casa, esce. Si dirige velocemente verso la fermata dell'autobus. La trova gremita di gente. Pessimo segno, di solito è vuota. Aspetta per quelle che gli sembrano ore prima che l'autobus faccia capolino. Lo ferma e sale. È quasi tentato di riscendere ma l'ora tarda lo convince ad affrontare l'inferno: l'autobus è pieno e con la temperatura che va alzandosi sempre di più, comincia a mancare l'aria.
Michele si trova stretto tra gente che prova in ogni modo a tenersi, mentre l'autobus riparte. Non tenta nemmeno di cercare un posto per sedersi, sarebbe inutile. Quando l'autobus frena, gli arriva una gomitata dallo sconosciuto che gli sta davanti. Non si lamenta, ma piuttosto inizia a innervosirsi: l'autobus non riparte. Michele da un'occhiata fuori dal finestrino e per prima cosa vede una lunghissima fila di auto, in entrambe le direzioni. Non ci voleva! I minuti scorrono, le otto si avvicinano e lui è sempre più sicuro di fare tardi a scuola, di mancare la prima ora. Il suono dei clacson riecheggia nel bus che è diventato un forno. La testa di Michele inizia a girare per la mancanza d'aria. Allora guarda ancora fuori dal finestrino, cercando di concentrarsi. Sul marciapiede vede la gente camminare: c'è una signora che porta il suo cane a passeggio, il cane abbaia mentre la donna si ferma per prendere un telefono che squilla insistentemente dalla borsa e rispondere; ci sono dei ragazzini delle medie che vanno a scuola, zaini in spalla, sorrisi sui volti e una grande allegria. Un uomo passa in quel momento con la bicicletta vicino al bus e fa trasalire Michele. È un lampo, cerca di seguirlo con lo sguardo ma è già sparito, superando la fila di auto. Quanto vorrebbe avere una bici, così non sarebbe costretto a rimanere bloccato nel traffico in uno stupido mezzo che sta prendendo sempre più le sembianze di una sauna. Intanto, sul marciapiede, la signora ha ripreso a camminare e il cagnolino sembra contento di questo. Passa una ragazza sulla ventina con in mano un vassoio pieni di tazzine di caffè. Indossa un grembiule verde e in tasca ha un taccuino, Michele deduce che sia la cameriera di qualche bar lì vicino. Si avvicina alla signora col cane che nel frattempo si è fermata di nuovo. La ragazza inciampa a pochi passi dalla signora e il vassoio cade. I bicchierini di caffè si vuotano sul vestito verde della donna che inizia a urlare contro la ragazza. Questa gesticola dispiaciuta, raccoglie ciò che le è caduto e, dopo aver detto qualcosa -forse delle scuse- alla signora, sparisce dentro un edificio. Allora l'autobus sembra riprendere vita e parte. Michele cerca di pescare il telefono dalla tasca posteriore dei jeans. Con una mano si attacca a un palo, con l'altra cerca lo smartphone. Quasi come un miracolo, riesce a prenderlo, ma il miracolo svanisce non appena legge l'ora. 8:10. Ha perso la prima ora. S’immagina la prof di matematica, nella seconda, fargli la ramanzina per aver saltato un'importantissima lezione. Sente quasi la sua voce stridula, sopra tutto quel frastuono: "Siamo alla fine dell'anno! Tra poco avrai gli esami! Degnati di essere presente quando spiego!" scaccia quei pensieri, prevedendo che lo faranno impazzire. Intanto il bus procede a passo lento. È vicino al Colosseo, è già una cosa. Mancano poche fermate e lui sarebbe sceso. Arrivati proprio davanti al monumento, il mezzo si ferma ancora. Stavolta a causa di un semaforo rosso. Dura tanto, Michele lo sa e, infatti, approfitta, come tutte le mattine, di quel tempo per ammirare l'imponenza del Colosseo. Un lato è coperto dalle impalcature, ma la facciata -se così si può chiamare- è in buone condizioni. Le arcate lasciano intravedere l'interno. Michele non ci è mai entrato e di questo è dispiaciuto. Decide di che un giorno lo avrebbe visitato. Fuori dal monumento, turisti, guide, venditori ambulanti e gladiatori si affollano, creando una gran confusione. Ci sono ragazzi che fanno le foto, altri che parlano incuranti di avere una tale meraviglia a pochi passi. Il verde scatta e l'autobus riprende la sua corsa. Passa per Via dei Fori Imperiali e Michele si perde a osservare quelle colonne per metà distrutte, quegli archi. E pensa. Pensa al fatto che un tempo quel posto era il cuore pulsante di Roma. Pensa a tutte le persone che si recavano là, al Foro, per incontrarsi, parlare, prendere decisioni importanti. Immagina la gente passeggiare tra quelle colonne, immagina i bambini rincorrersi, districandosi dalla folla. Immagina la vita in una di quelle che un tempo era una casa. Un'altra brusca frenata seguita da uno spintone lo fa tornare alla realtà. Le porte dell'autobus faticano ad aprirsi, a causa della troppa gente. Qualcuno scende, in pochi salgono. C'è chi si rassegna e decidere di aspettare, che inizia a camminare, armandosi di pazienza e chi invece si fa largo a forza di spintoni. Tra due fermate sarebbe arrivato. Sarebbe uscito da tutto quel caos solo per trovarne altro, in un'aula, con una decina di suoi coetanei, alcuni dei quali suoi amici. Le porte, dopo alcuni tentativi fallimentari, si richiudono e l'autobus riparte. I Fori scorrono ancora sotto gli occhi di Michele.
Ammira un’ultima volta la loro storica bellezza prima di vederli sparire. Il caldo si è fatto insopportabile. Vorrebbe levarsi la giacca ma sarebbe troppo complicato. Decide di soffrire in silenzio. Sono entrati in una strada trafficata e, infatti, il bus si ferma ancora. Michele si accorge di avere il telefono in mano e controlla di nuovo l'ora. Mancano venti minuti alle nove. In cuor suo spera ardentemente di farcela. Quindi riprende a guardare fuori. C'è gente che cammina velocemente. Altra che invece se la prende comoda. Poco più avanti vede la fermata dell'autobus. Riesce a distinguere chiaramente tre persone. C'è una donna con un passeggino, lo spinge avanti e indietro, come per cullarlo. Michele immagina che il bambino stia piangendo. La donna cerca in una borsa qualcosa e quando lo tira fuori, vede che è un biberon. Lo dà al bambino nella culla ma poi lo rimette in borsa, tirandone fuori un ciuccio che il piccolo sembra apprezzare. L'autobus avanza e la fermata si fa più vicina. Le altre due persone sono un ragazzo più piccolo di lui e una ragazza della sua stessa età. Li conosce entrambi, vengono alla sua stessa scuola. Il ragazzo ha in bocca una sigaretta e ogni tanto fa uscire il fumo. La ragazza invece sembra assorta dai suoi pensieri. Le cuffie nelle orecchie, muove la testa a ritmo di musica e mima le parole della canzone.  Il bus si muove ancora e arriva alla fermata. Come prima, le porte faticano ad aprirsi e quando finalmente lo fanno, un po' di gente esce dalla vettura, creando spazio. I tre salgono e subito lo spazio diminuisce a causa del passeggino ingombrante. Appena riparte, Michele si avvicina il più possibile alla porta centrale e prenota la fermata. Tra pochi minuti sarebbe arrivato a scuola. Mancano meno di dieci minuti alla seconda ora. Si convince di riuscire ad arrivare in tempo. La sua fermata si avvicina sempre di più. Il bambino -o meglio la bambina- ha ripreso a piangere e la mamma le sussurra una ninna nanna per farla calmare. Michele è vicino alla ragazza, che continua a sentire la musica talmente alta da riuscire a cogliere alcuni frammenti della canzone. Si sorprende nel riconoscere le parole. Inizia a canticchiarla a mente. L'autobus si ferma di nuovo.  Le porte si aprono e Michele scende, seguito a ruota dai due. Mentre si incammina verso la scuola, segue l'autobus con gli occhi, lo vede allontanarsi. Distoglie lo sguardo solo quando l'autobus sparisce, puntandolo sul cancello della scuola. Chiuso. Michele controlla l'ora, sono le 9:05. Ha perso la giornata. Si dà mentalmente dell'idiota. Pensa alle lezioni a cui mancherà; a quanto i professori spiegheranno. Si dà di nuovo dell'idiota. Dietro, sente il ragazzo imprecare, lo vede dare un calcio al vento, lo vede accendersi una sigaretta e sputare fuori altro fumo. Poi vede lei, le dita che armeggiano sulla tastiera del telefono. Rimette mani e cellulare in una tasca dei jeans. Si incammina verso la fermata del bus a testa china. Michele la segue, mentre l'altro ragazzo rimane nell'atrio della scuola a fumare.
Michele si accorge di avere una mattinata a disposizione. Prende il primo autobus che passa e che possa arrivare alla sua meta. Anche la ragazza sale e si siedono vicini. Michele è dalla parte del finestrino. Guarda ancora fuori. Lei intanto ascolta la sua musica. Sul bus ci sono poche persone ma fuori... Fuori brulica di gente. Arrivati quasi al Colosseo, la ragazza alza lo sguardo, prima puntato sul telefono e impreca sotto voce. Ha perso la fermata. -Tu dove scendi?- chiede a Michele. Lui le risponde con un "qui" e lei si alza e arriva alla porta. Quando si aprono, scendono insieme. -io faccio un giro al Colosseo. Vuoi... - la ragazza annuisce, intuendo la domanda. Il loro viaggio a bordo di un autobus li ha portati a conoscersi. Una vera odissea.

 

 

   
 
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