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Autore: scriverepervivere    16/04/2015    6 recensioni
Per quanto Laura stia cercando di scappare dalla sua “Città di Carta” si rende conto che essa la trascina sempre in un vortice.
Non può sostituire Londra, no, ma può ancora immaginare di essere lì. Il traffico si ferma e riparte, quella ormai è casa sua.
Ma lei ha bisogno di spostarsi da sola.
E con i rumori della vita di città che riecheggiano nella sua testa, lei è pronta ad affrontare tutti i dolori, i problemi, i misteri, gli amori.
O almeno crede.
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«Tutte le cose sono più brutte viste da vicino»
«Non proprio tutte»
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«Dimmi, Ross Lynch, dimmi solo una cosa. Perché stai ancora con lei?»
Lui mi fissa. Ed io mi giro.
Silenzio. Solo le macchine fanno eco.
«Perché non voglio restare solo proprio ora!» mi urla.
Mi giro, lo affronto un’ultima volta. Lui è lontano. Ho percorso un tratto di strada.
Allora urlo: «Idiota! Non eri solo»
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«Baciami»
E lui lo fa.
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Come ho potuto solo minimamente pensare, che la mia Città di Carta fosse un luogo?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 I'm not really looking for another mistake.

 

Il viaggio è stato estenuante. Il fatto che avessi un uomo accanto a me che mi dormiva sulla spalla, non rendeva di certo la situazione entusiasmante.
Il contrario.
Non parliamo del ragazzino dietro al mio sedile che è stato tutto il tempo – E DICO TUTTO IL TEMPO – a rompere perché voleva un-fottutissimo-videogioco.
Ho cercato in tutti mi modi possibili di fare la persona menefreghista e pensare a me, ma la situazione degenerava minuto per minuto.
Il bambino si era messo a piangere. L’uomo accanto a me russava come se non ci fosse un domani.
Fu la hostess a salvarmi dalla situazione, annunciando a tutte le persone dell’aereo che stavamo per atterrare.
Bene, la situazione peggiorò ancora di più. Il bambino urlava, urlava e piangeva.
DIO. CHE. STRESS. DI. CORPO. E. ANIMA.
Quando finalmente il rompi pa…il bambino smise, eravamo già atterrati e io ero felice come una pasqua. Almeno credo…
Il fatto che sia lontana da casa, senza alcuna speranza (o soldi) di ritorno, non mi rendeva molto felice. Però nemmeno triste.

«Bene, siamo arrivate» Delia si mise di fianco a me.
«Si, finalmente»
«Ci dovrebbe essere un taxi all’uscita dell’aeroporto, che ci porti alla scuola» alzò il manico della sua valigia, e si mise a camminare.
«Ahm, okay» ero poco sicura, e credo che l’espressione della mia faccia non aiutasse.
«Dai musona, vedi che ci troveremo bene! E’ solo questione di sistemarci e fare un po’ di abitudine»
Un po’ di abitudine.
Che parola strana “abitudine”.
A-bi-tu-di-ne.
Se la ripeti tante volte poi, perde senso.
Forse il senso l’aveva già perso per me.
E forse è una parola formata da tanti secondi, minuti, ore o mesi.
Scuoto la testa e scaccio il pensiero.
Ragazzi sono a Los Angeles, dovrei essere felice. Eppure, eppure, eppure … sento un strano peso nella pancia, come un blocco. Acido in bocca. E’ come se le mie gambe all’improvviso fossero incollate nel pavimento, come se urlassi aiuto e nessuno mi sentisse.
Come se fossi in una cupola di vetro. Hai presente? Si… che se urli troppo si spacca, intanto … le cose fragili si spaccano sempre, prima o poi.
Un tocco.
Solo un tocco. Un dito. E sarebbe crollato.
Avrei buttato giù il limite, e mi sarei divertita in fondo.
E’ quello che devo fare. Divertirmi.
 
In taxi io e Delia manteniamo un costante silenzio. Un silenzio pieno di sguardi.
Inizio io il gioco. La guardo, preoccupata.
Lei mi restituisce lo sguardo dopo minuti, però è felice.
La guardo. Mi guarda.
E’ strano, come specchiarsi.
Vorremo dirci tante cose, lei vorrebbe rassicurarmi.
A me non resta che piangere.
Poi decide lei di spezzare l’imbarazzo che ci circondava.
Ma fa male. Tocca l’argomento sbagliato.
«Hai salutato Dave?»
Una parola. Quattro lettere.
D-A-V-E. Dave.
Lui sarebbe stato il mio ragazzo in questo momento, se non fossi qui, ovvio.
Sì, insomma … chi voglio prendere in giro, è davvero uno schianto. Se togliamo la S moscia e il fatto che è un po’ fuori di sé, per dire.
Però suona in una band.
Non è famosa. Fanno piccoli concerti in qualche locale il fine settimana, la mia migliore amica, Meredith, fa la cantante. Lei si che è brava.
E sexy.
Cosa che io non sarei mai potuta essere. Pf.
Ma già il fatto che Dave ricambiasse il mio sentimento mi faceva molto piacere.
Ecco, questa scuola mia ha rovinato la vita. In questo momento potrei stare con lui, potrei sentirlo suonare la chitarra. O magari stare in silenzio. Quei silenzi imbarazzanti che però, alla fin fine, si dicono tutto.
«Mi ha mandato una mail, ieri sera. Niente di che»
Ed era vero. Niente di sentimentale, niente che possa far sciogliere un cuore. Non è da lui. Non lo sarebbe mai stato. Almeno credo.
 

 
A : Laura Marano
Da: Dave Grayson
Oggetto: Saluti!
Laura, sapere che te ne stia andando mi rincuora, ma questa è la tua vita, e perciò non sarò io a decidere al tuo posto. So solo che la tua mancanza si sentirà, soprattutto le tue pazzie. Noi siamo qui, e ti aspettiamo. Magari quando deciderai di ritornare, noi saremo diventati famosi.
Chi lo sa? Grazie di tutto, anche perché sei stata la nostra fan numero uno, fin dall’inizio.
Un saluto,
Dave.
 
Sì insomma, una cosa da niente. Tanto si sa che poi … la mia mancanza si sarebbe sentita poco, o forse per niente.
«Mm..va bene, allora» sorrise piena di gusto.
 

PANICO.
E’ SUCCESSO DAVVERO. SONO LONTANA CHILOMETRI E CHILOMETRI DA CASA. IN UNA SCUOLA CHE NON CONOSCO.
Delia era già andata per conto suo. Lei era dall’altra parte della scuola, perché frequenta corsi diversi dai miei. Quindi, sono sola. Quindi, non ci saremo mai viste.
La professoressa davanti a me finisce di dare indicazioni ad una ragazza, e poi sposta lo sguardo nella mia direzione. Sorride.
Abbassa gli occhi su un foglio che tiene in mano e sospira.
«Tu devi essere Laura Marano»
«Sì, sono io» intanto mi guardo intorno.
«Ah bene! Benvenuta ad L.A.! La tua stanza, come scritto qui, è al piano di sopra, numero 351. I corsi verranno assegnati stasera a tutti gli studenti. Ci sono due materie obbligatorie più due a scelta. Saprai tutto più tardi. Ora dovrai essere molto accaldata, il viaggio è stato lungo. Meglio che vai in camera e ti sistemi. Alle 18.00 in punto, in teatro. A più tardi» mi sorride e va via.
Rimango ferma per un secondo, riformulo tutte le informazioni che mi ha dato.
18.00 in punto al teatro della scuola.
18.00.
Che ore sono? Alzo lo sguardo in direzione dell’orologio bianco appeso al muro. 17.27.
Meglio andare.
 
Entro nella stanza cercando di fare meno rumore possibile. Questo posto sembra un hotel a cinque stelle.
La mia camera non è molto grande, ma almeno è confortevole.
C’è un letto ad una piazza, con le coperte azzurre e il cuscino bianco rivestito da esse.
Due comodini, uno a destra del letto e uno a sinistra. Davanti al letto c’è un mobile con sopra una tv. Sopra essa, troviamo uno scaffale per mettere libri o altre cose.
Vicino il mobile c’è un’altra porta. Dovrebbe essere per il bagno.
Al lato destro del letto ci sono due armadi, blu oceano, con le ante scorrevoli. A sinistra, invece, la scrivania con sopra altre mensole.
Infine, due finestre che danno sul giardino della scuola e fanno intravedere un pezzo di città.
Non posso lamentarmi.
Metto la valigia sul letto e la apro.
I vestiti sono tanti. E non ho voglia di sistemarli. Che stress.
Apro la mia borsa e faccio uscire il mio computer, che ripongo ordinatamente sulla scrivania.
Non vorrei mai averlo fatto.
Per sbaglio, indietreggio goffamente e inciampo sulle altre borse.
Che male. Ho fatto un rumore assurdo, tanto che alla mia porta, in questo momento, stanno bussando.
Mi rialzo velocemente, mi aggiusto i capelli e apro.
Davanti a me si presenta una ragazza alta, capelli castani ondulati e gli occhi verdi. Mi guarda e mi sorride. Mettendo in risalto i suoi denti perfettamente bianchi e dritti.
E lei sue fossette.
«Ho sentito uno strano rumore, stai bene?» mi chiede cortese.
«Ahm … sì, sì … sono inciampata, grazie comunque» arrossisco impacciata.
«Sei nuova?»
«Sì, sono arrivata poche ore fa» mi sposto per farla entrare.
«Allora, è d’obbligo presentarmi … sono Ellie, la tua vicina di stanza. Vengo da New York»
Stringo la sua mano. Mi sento un po’ strana. «Laura, da Londra»
«Oh che bella!»
Sì, puoi contarci.
«Ahm, non sono mai stata a New York, ma è una delle megalopoli da visitare assolutamente»
«Ovvio!» ride. Mi piace la sua risata. «Hai sentito dell’incontro a teatro per l’inizio dell’anno?»
«Sì, sì … ma non so dove sia il teatro» mi gratto la nuca.
«Ci avrei scommesso. Se vuoi andiamo insieme, così ti presento il resto dei miei amici. Ti piaceranno vedrai. Sono sicura che anche tu piacerai a loro»
Sicura.
Piacere.
«Sì, perché no?!» sorrido.
 
Mentre andiamo a teatro, lei mi racconta che è qui da un anno, ma è tornata dalle vacanze di Natala solo ieri. E’ andata a trovare i suoi genitori. E’ figlia unica.
Mi dice che le prossime vacanze saranno quelle di Pasqua. Tra tre mesi.
E’ dolce. Ed è anche impressionante come io mi sia affezionata subito. Non vedo l’ora di conoscere il resto dei suoi amici. Dovranno essere fantastici.
Arrivate lì, ci subiamo un’ora di accoglimenti da parte della direttrice. Ci presenta i professori. E ci dice le materia.
Inglese e Storia sono obbligatorie. Per il resto scelgo Arte e una materia che chiamano “La Vie”, la vita. In francese. La fanno quasi tutti. In pratica si parla dei problemi di oggi, dell’adolescenza e di cose di questo tipo.
Tipica or per farsi un sonnellino. Alla fine dell’ora, poi, assegnano dei libri da leggere.
La scuola dura quattro ore, dalle 8.00 alle 12.00, poi si va alla mensa, che è aperta dalle 12.30 alle 14.00. Il pomeriggio si può uscire fuori dalla scuola per visitare Los Angeles, e poi i compiti sono d’obbligo.
Mica male.

Ellie mi scuote e mi prende per un braccio.
«Lei è Chelsea» mi indica una ragazza bellissima, capelli neri lunghi fino al sedere e occhi azzurri. Sorriso agghiacciante.
Indossa una felpa rossa con scritto “SELFIE” in bianco. Mi fa ridere. Dei leggins neri e delle scarpe da ginnastica. Mi sorride e mi dice che fa atletica.
«Loro sono Gabriel e Will» rispettivamente capelli biondi e capelli rossi.
Quest’ultimo ha le lentiggini, io amo le lentiggini. Gabriel ha lo sguardo dolce. Mi squadra.
Non capisco se piaccio o no. Ma non m’importa. Mi presento a tutti, e sono felice che abbia dei nuovi amici.
Ellie mi prende in disparte. «Loro due stanno insieme, sono molto dolci e belli. E’ da più di nove mesi»
«Chelsea e Gabriel?»
«Ma no! Gabriel e Will» mi sorride dolcemente.
Ah. Ora. Capisco. Tutto.
Quell’aria un po’ femminile l’avevo notata. Ma non mi dà fastidio. Per niente.

Ellie si gira verso l’ingresso del teatro.
C’è un ragazzo. Un ragazzo alto con i capelli color grano e gli occhi cioccolato. Sorride impacciato.
Ha le mani in tasca, e struscia la sua snaker sul pavimento.
Ellie corre verso di lui e lo abbraccia forte.
E’ molto bello. E’. Molto. Bello.
Si scambiano delle parole, e poi vengono verso me.
«Laura lui è Ross, Ross lei è Laura» ci presenta.
Ross. Non è americano. Non è nemmeno inglese. Si sente dalla voce.
«Piacere di conoscerti» mi dice.
E’ italiano. Però sa l’inglese alla perfezione. Madrelingua?
Racconta che è nato in Italia, ma che da piccolo si è trasferito in Inghilterra.
Motivi familiari.
Stiamo tutta la serata insieme, tutti e sei. Ci divertiamo a conoscerci e a fare i cretini.
Forse quei tre mesi sarebbero passati in fretta.
 
Rientro in camera che sono le 23.56.
Questa giornata è stata molto straziante, ma allo stesso tempo bella.
Metto apposto la valigia, e controllo le mail.
Una da Meredith.


A: Laura Marano
Da: Meredith Sure <>
Oggetto: Come stai?

Ciao peste, tutto bene lì a Los Angeles? E’ stato faticoso il tuo primo giorno? Incontrato qualche ragazzo carino?
Qui si sente la tua mancanza, e tanto. Oggi siamo usciti per il centro, abbiamo fatto la tua via preferita. Oxford Street.
Andrew non faceva altro che parlare del suo corso di skate e della ragazza figa che ha adocchiato. Anna faceva finta di non sentire, nonostante la sua cotta per Andrew.
Dave ha chiesto di te. Se ti avevo sentita.
Ho fatto la vaga, spero vada bene.
Rispondimi presto, peste!
Mer.

 
A: Meredith Sure
Da: Laura Marano
Oggetto: Re: Come Stai?

Ciao topa, devo dire che questa giornata è stata pesante. Non ti racconterò del bambino che urlava in aereo e dell’uomo che russava sulla mia spalla. Ho deciso di rimuovere il ricordo.
Povera Anna, portale i saluti da parte mia.
Io sono arrivata a scuola, ho conosciuto dei ragazzi fortissimi! Ellie, che viene da New York, mi ricorda te, sempre sorridente e mai corrucciata, forse posso sostituirti. Hahah. Poi ho conosciuto Chelsea (un vero schianto) che viene da Miami. Due ragazzi dolcissimi, Gabriel e Will, stanno insieme, non sono sdolcinati. Anzi. Mi fanno morire. Poi ho conosciuto Ross, italiano. Capelli grano e occhi scuri. E’ la fine del mondo.
Purtroppo è occupato con una tipa, mi pare. E io ancora sono presa da Dave. A proposito, hai fatto bene.
Ora ti mando un bacio, domani iniziano le lezioni.
Ps: aggiornami sempre! <3
Ci sentiamo topa!
Laur.

 
Sotto le coperte ho un momento da dedicare a me stessa.
Ai miei pensieri.
Penso ai miei genitori, e un po’ li ringrazio per avermi mandata qui.
Penso a Delia, a cosa starà facendo.
Penso a Mer, se avrà letto la mia mail.
E poi penso a quel “Piacere di conoscerti” detto all’italiana.
Penso al piccolo bacio che si sono dati Gabriel e Will prima di andare a letto.
E ai Ray-Ban neri che porta Ellie.
Poi ripenso all’accento italiano.
A come sta bene con l’inglese. E alla tipa misteriosa che Ross ha accennato.
Dicono sia simpatica, ma che vada in un’altra scuola a Los Angeles.
Mm.
Poi lascio un pensiero a me, che non sto davvero cercando un altro sbaglio.



scriverepervivere:


Io. Mi. Scuso. Per. L'assenza.
Davvero, è da gennaio che non mi faccio sentire, sono tipo morta e resuscitata.
Scusate! Ma la scuola mi tiene occupata, e poi ho avuto un momento che non mi andava di scrivere.
Ci avevo provato, ma il capitolo era venuto una schifezza e quindi l'ho eliminato.
Spero che questo possa compensare la vostra attesa, almeno credo.
Bene, sinceramente non so cosa pensare di ciò, ma ci ho messo me stessa.
Se mi lasciaste una recensione sarei molto felice, anche se non la merito!
Che dire ... come state? Tutto apposto? 
Io vi prometto che non sparisco più, ho già delle idee che mi frullano in testa per come continuarla.
Spero vi sia piaciuto.
Fatevi sentire con una recensione, ho bisogno di un parere!
Un bacione grande! A presto! (giuro!)



 
 
 
 
 
 
   
 
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