Sorella, scomparsa
bambina,
per te di dolore io
scoppio
perché per sedarti
mammina
ti ha somministrato
troppo oppio.
Non era divertente.
Isaac socchiuse gli occhi, guardandosi attorno con sguardo
da vipera in gabbia, prima di rileggere di nuovo le frasi in rima che qualcuno
di loro aveva scritto.
Piccoli, crudeli, malvagi goblin. Pensavano che soltanto
perché avevano sofferto meritavano di essere commiserati, che perché non
avevano più i genitori potessero fare quegli scherzi.
Una di loro, Ashley, incontrò il suo sguardo. Lo guardava
apparentemente senza nessun interesse, semplicemente annoiata.
Poteva vedere nei suoi occhi quella scintilla di malizia.
Era uno scherzo e si erano messi tutti d’accordo e lei lo osservava solo per
capire come stesse reagendo.
Isaac sibilò ed Ashley, presa di sorpresa, spalancò gli
occhi, sobbalzando sulla sedia. Per un solo secondo aveva potuto vedere le sue
graziose labbra ricoperte da lucidalabbra piegarsi in un ghigno che nulla aveva
di umano.
Piccoli rivoltanti goblin.
Isaac portò di nuovo lo sguardo alla scritta che appariva,
sfocata, sulla lavagna. Come poteva la professoressa non vederla? Perché non
diceva niente?
Erano d’accordo. Era ovvio che fossero d’accordo, non
c’erano altre possibilità. Erano tutti d’accordo.
Si morse le labbra, stringendo la penna in un pugno.
“Isaac? Isaac, mi stai ascoltando?”
La professoressa. Quella donnetta insignificante, entrata
nell’istituto con la speranza di portare conforto ai poveri orfanelli e che
aveva visto il suo sogno infrangersi non appena resasi conto che ai poveri
orfanelli non interessava nulla dei lutti che avevano subito.
Quella donna che lo fissava, con quel suo sorriso tremulo e
l’aria di una che ha paura.
“Ti senti bene? Hai delle brutte occhiaie, sei sicuro di
aver dormito a sufficienza?”
Panico. Poteva sentirlo, il panico. Poteva sentire le parole
della donna volteggiargli attorno, il terrore circondarlo e avvelenargli
l’aria.
Non le interessava la sua salute, lei voleva essere certa
che non succedesse nulla durante la sua ora.
Isaac la guardò, stringendo le mascelle fino a farsi
scricchiolare i denti. Era stato solo un secondo ma lo aveva visto: quel ghigno
beffardo che le rendeva il viso un’orrenda maschera di malvagità.
Eccolo lì il suo vero volto.
Il loro vero volto.
“Sì.”
Rimase a fissare la professoressa, voltata nuovamente verso la
lavagna. Era solo, ignorato da tutti- almeno fino al prossimo scherzo.
Chinò lo sguardo su quello che dovevano essere i suoi
appunti, trovandosi a leggere solo una catena di parole senza senso in quella
calligrafia che non era la sua. Non poteva essere la sua.
Anche se aveva le mani sporche di inchiostro, anche se stava
afferrando la penna, quelle parole non potevano essere state scritte da lui.
Era uno scherzo. Un altro scherzo.
Socchiuse gli occhi, affondando il volto fra le mani,
tentando di lottare contro quell’ondata di stanchezza che minacciava di
vincerlo e lasciarlo alla mercé degli altri.
Non era divertente. Non era affatto divertente.
Serrò le labbra, tentando di concentrarsi: quando non
dormiva per qualche giorno rischiava sempre di perdere lucidità e si trovava in
balia della confusione mentale.
Perché quella filastrocca lo infastidiva così tanto?
Non aveva sorelle, o fratelli, per quanto contava. Di
sicuro, poi, non aveva neanche mai rischiato di averne. E allora perché non la
sopportava?
Perché descrive come rischiavo di finire, dolcezza?
Il sonno stava uccidendo la sua mente. Riusciva a sentire
quel dolore lancinante che, invece di svegliarlo, accompagnava e dava maggior
forza al sopore.
Conficcò le unghie nella carne della propria fronte,
combattendo disperatamente contro le proprie palpebre. Era arrivato ad una
svolta, non poteva abbandonare tutto così, non poteva…
C’era stata la possibilità di finire in quel modo, era vero.
Sarebbe potuto accadere, i suoi genitori avrebbero potuto tentare di sedarlo e
mandarlo in overdose.
Ma non era successo in dieci anni. Non c’era mai stato
neanche il rischio che accadesse- erano sempre stati attenti, avevano sempre fatto di tutto per farlo rimanere al sicuro…
Forse non sarebbe mai accaduto. Ma, dolcezza, non trovi che sto dimenticando ciò che è più importante?
Perché quando i suoi pensieri sembravano divenire coerenti
il sonno tentava di vincerlo? Era forse una cospirazione, una tattica?
Dischiuse le labbra, lasciandosi sfuggire un esile sibilo in
risposta a quella voce che, unica e sola, riusciva a farsi sentire con forza
nello stanco antro che era la sua mente.
Oh, dolcezza… davvero non te ne rendi conto? Sono così confuso che non ricordo più chi mi circonda.
Gli altri, i goblin. Da quando li considerava importanti?
Erano soltanto meccanismi, il carburante necessario per la macchina che lui
avrebbe creato.
Isaac aggrottò la fronte, infastidito. Perché non vedeva la
soluzione? Come poteva essere che solo parte del suo cervello comprendeva un
dettaglio fondamentale mentre lui non riusciva ad unire i puntini di
quell’incomprensibile farsa?
La lavagna. Guarda la lavagna.
Portò lo sguardo alla lavagna, aspettandosi di leggere quella filastrocca insignificante- e rimanendo sorpreso quando si rese conto che i versi erano cambiati.
Ninna nanna ninna
nanna,
sonno e suono di
condanna
buonanotte alla
ragione
e alla sua
generazione
di mostruosità
assortite
quando fuori l’aria è
mite.
Le scritte sono cambiate eppure ancora sembrano dirigersi a me. Non v’è dubbio alcuno circa chi le abbia scritte, vero?
“No di certo.” Mormorò Isaac rivolgendo un’occhiata velenosa ai compagni di classe.
Esattamente, dolcezza! Non solo sono tutti d’accordo, loro possono persino leggermi nella mente. Sanno dei miei genitori ed evidentemente sanno che il sonno sta tentando di farmi perdere la ragione. Che cosa ricavo da ciò?
“Loro stanno facendo qualcosa. Vero? Loro…”
Ebbene sì, è ovvio che stiano cercando di farmi impazzire.
“Ma perché?”
Ha davvero senso questa domanda? Non sono giunto ad una
risposta senza saperlo?
“…Vero.”
Adoro queste piccole conversazioni fra me e me, riesco sempre a farmi ragionare! Vedi, dolcezza, ciò che conta ora è reagire. E cosa si fa contro i mostri?
“Professoressa? Isaac sta parlando da solo.”
Guardati attorno. Non li vedi? Non vedi come riescono a distorcere la realtà? Non ti rendi conto che si trasformano in mostri orrendi soltanto per spingerti alla pazzia?
“I-Isaac? Vuoi, uh, vuoi andare in infermeria?”
Ignora quelle voci che si insinuano nella nostra mente,
che tentano di fermarci, che ti spingono a non fare nulla. Non vedi? Loro hanno
paura di noi, della nostra ribellione. È per questo che entrano nella nostra
mente e ti dicono di fermarti. Ma ora, dolcezza, non dobbiamo preoccuparci più
di nulla.
“Isaac, io ti… ti… smettila di guardarmi in quel modo!”
Dobbiamo solo, sai, lasciarci andare. Ignorare ciò che loro tentano di farci passare come ‘coscienza’. Ascolta la tua ragione, dolcezza, è così chiaro ciò che dobbiamo fare, così semplice- dobbiamo solamente lasciarci andare.
“Cosa… Isaac, posa quelle forbici! Isaac!”
Dobbiamo solamente uccidere i mostri.
Ninna nanna ninna
nanna,
nell’inconscio e
nell’attesa
solo aspiri ad
un’ascesa
a cui smani come
manna
fino a smantellar le
mura
di una notte fonda e
scura.
Ma non rivedrai
l’aurora,
Né le fauna né la
flora.
Un oscuro sogno è
meglio
delle tenebre al
risveglio,
dormi ancora per un
po’
ninna nanna ninna oh.
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-:.:*:.:-
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Buon Natale, tesoro. Questa storia è per te.
Le filastrocche sono versi presi da "Il treatrino delle bambole morte". La prima è dalla filastrocca "Edera", il resto sono versi presi alla rinfusa da "Il brusco risvegliarsi". Sono versi presi perchè possono centrare qualcosa con Isaac- o, comunque, che la paranoia di un adolescente che non dorme da giorni può pensare centri con la propria vita.
Con la speranza che possa piacervi e la promessa che le altre storie STANNO continuando, vi auguro un felice Natale.