Ciao
a tutti gli amanti della coppia Tonks/Lupin!
Una
piccola fanfic per augurare a tutti quanti Buon Natale!
M.
Regalo
di
Natale
Autrice:
menestrella07
Categoria:
Harry Potter
Genere:
angst, sentimentale, introspettivo
Personaggi:
Nimphadora Tonks,
Remus Lupin
Pair:
Tonks/Lupin
Rating:
verde
Disclaimer: I personaggi di questa fanfic
non mi
appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling e di tutti
coloro ne detengano
i diritti. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo
di lucro.
«
J.K. Rowling, Harry Potter e il principe
mezzosangue
Buio.
Smaterializzarsi gli aveva sempre
provocato una sensazione misteriosa, difficile da spiegare a coloro che
non ne
erano pratici. Il fatto che si potesse sparire, anche solo per pochi
istanti,
gli aveva sempre procurato una certa inquietudine, forse
perché risvegliava un
lato del suo carattere che si era costantemente sforzato di mantenere
celato,
anche ai suoi amici più cari. La strana eccitazione che si
impadroniva di lui
ogni qual volta assisteva alla disgregazione del proprio corpo lo
turbava
profondamente. Come avrebbe potuto essere altrimenti? Remus Lupin
sapeva quanto
pericoloso potesse essere, per uno come lui, attardarsi in simili
pensieri,
mentre gli restava ancora così tanto da fare ed era
così importante lottare per
rimanere in vita e poter compiere fino in fondo la propria missione.
Faceva
freddo quella sera. Il gelo, da
cui si era momentaneamente isolato in quei rapidi secondi di
incorporeità,
tornò ad impadronirsi di lui non appena le sue scarpe
toccarono nuovamente il
marciapiede, coperto di neve. Una folata di vento ghiacciato si
insinuò tra le
pieghe del suo mantello liso, facendolo rabbrividire. Il professore
incrociò le
braccia al petto, nel vano tentativo di riscaldarsi, o forse,
istintivamente,
per dimostrare a se stesso di essere di nuovo tutto intero.
Una
vetrina addobbata a festa gli
rimandò la sua immagine, così pallida e spenta in
confronto alla gaiezza delle
luci di Natale che circondavano il suo volto riflesso, in una magia che
solo i
Babbani erano in grado di creare, anche se solo per pochi giorni
all’anno.
Che
cosa ci faceva lì? Perchè aveva
accettato l’invito di Molly? Che cosa lo aveva spinto ad
abbandonare la
tranquillità della sua camera per ritrovarsi frastornato
dalle risate e
dall’allegria che si erano impadronite di Grimmauld Place?
Come avrebbe fatto a
tollerarle dopo quei lunghi mesi di solitudine?
Lupin
scosse violentemente il capo, per
cancellare dalla mente le immagini dolorose degli ultimi mesi,
trascorsi tra i
suoi simili per guadagnarsi il loro appoggio nella guerra imminente
contro
Voldemort. Ci aveva provato, con tutto se stesso, ma i risultati erano
stati
minimi: i lupi mannari erano creature malvagie, rose dal risentimento e
dall’odio nei confronti dei maghi che consideravano
“normali”. Solo lui era
sembrato desideroso di ristabilire un ponte con la società
civile, a cui egli
sentiva in ogni caso di appartenere... a cui non era pronto a
rinunciare.
Le
finestre illuminate del numero 12 di
Grimmalud Place colpirono il suo sguardo abituato
all’oscurità, costringendolo
a socchiudere gli occhi. Non appena fu abbastanza vicino da poter udire
le voci
gioiose di coloro che la abitavano, fu sommerso da un improvviso
affetto per
tutti loro; desiderò ardentemente di poterli riabbracciare e
si accorse di non
sentire più freddo.
Che
cosa lo aspettava, una volta
entrato? Harry gli sarebbe andato incontro per stringergli la mano, in
quel
consueto gesto che permetteva loro di esprimere più di
quanto riuscissero a
fare con le parole. Molly invece gli avrebbe sicuramente gettato le
braccia al
collo, stringendolo tanto forte da costringerlo a sentirsi parte della
famiglia. Ron, Ginny e gli altri ragazzi si sarebbero seduti attorno a
lui per
ascoltare qualche terrificante episodio delle sue recenti avventure,
che Lupin già
sapeva avrebbe preferito tenere per sé. Hermione
probabilmente si sarebbe
educatamente informata sulla sua salute, celando la propria
preoccupazione
dietro ad una discussione sugli usi e costumi della società
mannara.
Quanto
a lei… No, non
l’avrebbe incontrata. Molly gliel’aveva giurato.
“Tonks
trascorrerà il Natale con la sua
famiglia” gli aveva spiegato qualche giorno prima, dopo
essere apparsa
inaspettatamente nel focolare della sua camera al Paiolo magico.
“Te lo dico
perché so già che non avresti il coraggio di
chiedermelo.”
Già,
ultimamente era facile
smascherarlo. L’ultima volta in cui era riuscito a fare
capolino nel soggiorno
di Grimmauld Place, sempre via caminetto, si era guardato intorno
agitato,
suscitando il riso della padrona di casa.
“Tranquillo,
lei non c’è.”
Da
quanto tempo non si vedevano? Mesi,
probabilmente. Chissà come stava… Male, secondo
Molly. “I suoi capelli sono
ancora grigi.”
Dio,
che situazione!
Remus
Lupin, l’uomo-lupo condannato a
vivere ai margini della società, aveva inavvertitamente
catturato l’attenzione
di quella giovane, incosciente, bellissima Auror e le aveva spezzato il
cuore. La
sua unica giustificazione stava nel fatto che si era sentito in dovere
di
proteggerla, come aveva promesso a Sirius. A sua discolpa poteva anche
ammettere che la sua decisione di starle lontano faceva soffrire pure
lui.
Era
innamorato di lei. La verità aveva
fatto breccia con una certa fatica nei suoi pensieri, ma ora ne era
sicuro. Lo
aveva capito qualche settimana prima quando, durante una brutta zuffa
con un
altro lupo mannaro, aveva temuto di perdere la vita e, con essa, la
possibilità
di vederla un’ultima volta.
Be’,
ad essere del tutto sincero, non
era propriamente questo ciò che desiderava. Non
più. Voleva toccarla, ancora
una volta, perché mai come in quei mesi passati tra quelle
creature bestiali, che
non conoscevano affetto e tenerezza, aveva sentito la
necessità di provare un
vero contatto umano.
Era
stato il ricordo di quel bacio
fugace nei corridoi di Hogwarts a tenerlo in vita, non la magia. Per
quanto
dopo si fosse sforzato di negarlo con ogni fibra del suo essere, era
sopravvissuto solo per poter provare di nuovo quella sensazione di
assoluto
abbandono, che cancellava tutte le pene del presente e del passato
nella
dolcezza di un istante.
Non
c’era inquietudine nell’abbraccio di
Tonks. Voldemort semplicemente non esisteva. Persino la sua condizione
cessava
di tormentarlo, anche se solo per un breve attimo.
Una
fragorosa risata superò le pareti
incantate del n. 12, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Malocchio… pensò.
Chissà quale sarebbe la sua
opinione, si chiese, se avesse trovato il coraggio di confessargli la
natura
dei sentimenti che aveva iniziato a nutrire per la sua pupilla.
“Mamma,
mamma!” gridò all’improvviso un
bambino, apparso dalle ombre della notte sull’altro lato
della strada. Con la
faccia schiacciata contro la vetrina del vicino negozio di giocattoli,
additava
alla giovane madre tutto ciò che avrebbe voluto ricevere per
Natale.
“Ma
soprattutto voglio quel trenino
rosso!” esclamò, animandosi di gioia al pensiero
delle avventure che avrebbe
potuto creare con il nuovo gioco.
La
ragazza sembrò allarmata per qualche
istante.
“Vedremo,
tesoro” disse infatti. “Quel
trenino è molto costoso; non so se Babbo Natale
riuscirà ad accontentarti…”
Il
bambino sembrò dispiaciuto, ma
rivolse alla madre uno sguardo comprensivo e non aggiunse altro.
Fu
questo a spingere Lupin ad estrarre
la bacchetta. Con gesto automatico la agitò, mentre da
qualche parte in
periferia un pacchetto voluminoso appariva vicino ad un camino mal
alimentato.
Sulle
labbra del mago, consapevole di
aver violato le regole per una buona causa, si dipinse un tenue sorriso.
Un’improvvisa
folata di vento agitò il
suo vecchio mantello, che si attorcigliò intorno a lui come
in un abbraccio.
Qualcosa di magico gli sfiorò la guancia, accarezzandolo
teneramente.
Che
sortilegio era mai quello? Lupin si
guardò rapidamente intorno, sfoderando la bacchetta.
Solo
allora la vide. Alla fine della
strada, accanto ad un lampione che emanava una spenta luce gialla.
Tonks.
La
brezza della sera lo costrinse ad
alzare il bavero del cappotto, nel vano tentativo di proteggersi da
quel freddo
pungente. La mano si attardò vicino al volto, dando
l’impressione di fissarsi
in un saluto silenzioso.
Da quella distanza
riuscì a mala pena a
distinguere i contorni della sua figura sottile, avvolta nel pesante
mantello
scuro; eppure qualcosa dentro di lui si accese di gioia quando
sentì che lei abbozzava
un debole sorriso, prima di smaterializzarsi.
§
fin §