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Autore: Rinalamisteriosa    18/04/2015    3 recensioni
[MinaKushi soft | AU] Dedicata a una cara amica *-*
La rabbia che provava inizialmente era stata sostituita dall’impazienza e dalla curiosità di vedere le fotografie della gita scolastica. Una gita alla prefettura di Osaka in cui aveva passato la maggior parte del tempo con lui, con il ragazzo che stava in soggiorno, imparando a conoscerlo meglio.
Aveva capito che Minato era gentile di natura, il suo comportamento non aveva secondi fini ed era anche molto intelligente e sensibile.
In poche parole, si trovava bene in sua compagnia, che fossero a scuola o altrove.
Lo raggiunse e lo trovò seduto, intento a disporre sul tatami le prime foto.

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Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kushina Uzumaki, Minato Namikaze | Coppie: Minato/Kushina
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Ci vorrebbe un'altra vita per amarti nuovamente'
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Nick: Rinalamisteriosa

Titolo: Senza alcun preavviso

Fandom: Naruto

Personaggi: Kushina Uzumaki; Minato Namikaze

Coppia: Minato/Kushina (soft)

Prompt usato: 50 - Fotografia

Nota: Aspettavo proprio un’occasione speciale per decidermi a rivederla e a postarla qui su EFP, finché non mi è venuta in mente Roby e il suo compleanno ^^

Questa è la mia terza MinaKushi AU, leggermente collegata alle prime due postate tanto tempo fa (ma non vi obbligo certo ad andare a rileggerle, eh xD si capisce anche da sola), spero vi piaccia!

Disclaimer: I personaggi citati non mi appartengono e non ho scritto a scopo di lucro.

 

 

 

*

 

 

 

[Dedicata alla mia cara Ayumi Yoshida con affetto.

Tanti auguri ! <3]

 

 

 

 

 

 

Kushina doveva ammettere che concedere mezz’ora del proprio tempo libero per fare un bagno profumato in una vasca capiente era quanto di più calmante e rilassante potesse venirle in mente, soprattutto dopo un intero pomeriggio passato a studiare storia del Giappone medievale per un’interrogazione.

Essere circondata da una marea di schiuma bianca e da una certa quantità di bollicine trasparenti; massaggiarsi la morbida pelle con l’abituale spugnetta arancione; tenere i lunghi capelli color cremisi avviluppati in un candido asciugamano.

Se fosse dipeso solo ed esclusivamente da lei, non si sarebbe più allontanata dal bagno, da quel calore piacevole, dall’acqua tiepida al punto giusto, dall’inebriante profumo alla fragola che permeava l’ambiente... però non poteva in alcun modo prevedere che qualcuno suonasse al campanello.

Corrucciata, nonché seriamente intenzionata a uccidere chi aveva osato interrompere il proprio idillio, uscì dalla vasca gocciolando, si coprì velocemente con l’accappatoio e a piedi bagnati raggiunse l’atrio, mentre quel suono irritante continuava a trapanarle il cervello.

Erano quasi le otto di sera, diamine! Chi si permetteva di disturbarla non l’avrebbe passata liscia, che fosse la vicina che chiedeva il sale oppure…

«Arrivo, arrivo!» borbottò, spalancando la porta senza prima controllare e trovandosi davanti un paio di familiari occhi azzurri e un sorriso incerto.

«Ciao, Uzumaki», la salutò pacatamente. «Ho sbagliato momento, a quanto pare».

La suddetta era rimasta immobile, finché non realizzò e arrossì di conseguenza, le parole bloccate per l’imbarazzo in un nodo alla gola. Riuscì soltanto a proferire un ciao” poco udibile.

Però non potevano rimanere a lungo così, lui a guardarla in silenzio e lei a stringersi le braccia al petto come se l’accappatoio potesse farle un dispetto e mostrare tutto, perciò si decise a domandare: «Come mai da queste parti, Namikaze?».

«Ero venuto con quelle foto, ma se disturbo-».

«Le hai già fatte sviluppare?» lo fermò con un’altra domanda, interessata.

«Certo! Posso mostrartele anche doma-».

«Oh, no, non provarci! Ormai sei venuto, quindi prego: entra pure», lo esortò, facendosi da parte per lasciarlo passare nell’atrio illuminato. Kushina lo osservò togliersi le scarpe, i ciuffi biondi a ricoprirgli gran parte del viso, rabbrividendo per il freddo mentre chiudeva la porta e lo accompagnava in soggiorno.

«Ehm… aspetta qui. Vado a vestirmi con qualcosa di più consono!» disse, senza dargli nemmeno il tempo di replicare poiché filò subito in camera sua.

Minato si sentì sollevato di sapere che non le avrebbe arrecato troppo disturbo con la sua presenza, perciò si sedette e tirò fuori una busta di carta gialla in parte sigillata.

 

 

 

In realtà, Kushina si asciugò in tutta fretta e indossò i primi indumenti che le capitarono sotto mano, purché la coprissero bene. Liberò i capelli rossi dall’asciugamano e lo lanciò in un angolo, recuperando le ciabatte da sotto il letto. La rabbia che provava inizialmente era stata sostituita dall’impazienza e dalla curiosità di vedere le fotografie della gita scolastica. Una gita alla prefettura di Osaka in cui aveva passato la maggior parte del tempo con lui, con il ragazzo che stava in soggiorno, imparando a conoscerlo meglio.

Aveva capito che Minato era gentile di natura, il suo comportamento non aveva secondi fini ed era anche molto intelligente e sensibile.

In poche parole, si trovava bene in sua compagnia, che fossero a scuola o altrove.

Lo raggiunse e lo trovò seduto, intento a disporre sul tatami le prime foto. Si fermò per guardarla avvicinarsi e inginocchiarsi accanto a lui.

«Potevi aspettarmi, non ci ho messo mica tanto!» esordì Kushina con un finto broncio. «Sono tante?».

«Saranno una cinquantina. Con la mia macchina fotografica se non sbaglio ne hai scattate parecchie, anche senza chiedere permesso», le ricordò Minato con un tono per nulla risentito.

«Meglio così, guarda. Se la lasciavo a te non mi sarei divertita, e adesso saremo qui con venti foto noiosissime», replicò, finendo con una linguaccia e afferrando una fotografia a caso.

«E per questa che ci ritrae insieme, dobbiamo ringraziare Mikoto!» proseguì, mostrandogliela con orgoglio.

C’erano loro due in jeans e felpa, sorridenti e posizionati davanti a una grande scultura di pietra.

«La verità è che hai insistito così tanto che non ha potuto rifiutare...» commentò lui, tranquillo.

«È così buona con me, figurati se avevo bisogno di insistere per convincerla: questo te lo sei inventato per provocarmi, ammettilo!» ribatté.

E dopo questa frase, entrambi risero - non una, ma più volte -, Minato perché lei faceva delle espressioni troppo buffe mentre passava in rassegna ogni foto che prendeva, e Kushina perché… beh, perché era bello fare quell’attività insieme: scambiarsi opinioni e commenti senza alcun problema, donarsi sguardi e carezze involontarie.

Il tempo era piacevolmente volato, fu con dispiacere che Minato le fece notare l’ora esatta.

Kushina sgranò gli occhi, stupita. «Come? So-sono già le nove e mezza?».

«Sì. Mi dispiace averti intrattenuto, quando invece avresti dovuto cenare e poi andare a letto… ora sarà meglio che vada. Ci vediamo domani a scuola, ok?».

Detto questo, lui si alzò in piedi, la busta con le foto sottobraccio e una mano a grattarsi la guancia, attendendo educatamente una qualsiasi reazione da parte di lei, rimasta imbambolata a fissarlo.

Finché la ragazza non ebbe l’illuminazione e gli propose impulsivamente di rimanere a cena.

«Mh… non so…».

Mentre Minato ci pensava, Kushina sentiva le guance e le orecchie andare a fuoco: probabilmente avevano assunto lo stesso colore dei suoi capelli, ma non poteva saperlo con certezza, non aveva uno specchio a portata di mano.

Si morse il labbro inferiore e spostò il peso del corpo da un piede all’altro, nervosa.

Ma cosa le era saltato in mente?

Generalmente sono i maschi a invitare a cena le femmine, per capire se hanno fatto la scelta giusta, per vedere se l’interesse è ricambiato e se davvero lo era, allora potevano frequentarsi.

Prendendo l’iniziativa, sembrava che stesse sovvertendo l’ordine naturale delle cose. Certo, perché un maschiaccio restava un maschiaccio, non andava mica a pensare a quello che si farebbe normalmente.

«Ho delle confezioni di ramen istantaneo, potrei scaldarle sul fuoco o metterle in forno. O forse preferisci qualcos’altro? Del riso freddo? E da bere cosa vuoi? Acqua? Tè? Succo di frutta?» continuò, senza prendere pause tra una domanda e l’altra. Era davvero inquieta, accidenti! Ancora non sapeva se accettava o rifiutava, e già partiva in quarta con le idee.

Poi ci si metteva lui, lui che l’ascoltava con un sorriso disarmante, finché non la spiazzò del tutto rispondendo:

«A me va bene qualsiasi cosa, basta che cucini tu».

«Qui-quindi accetti?» balbettò.

«Accetto con piacere».

«Ah… ehm… d’accordo! Allora io vado», gli comunicò, portandosi una mano alla testa, chiaramente in imbarazzo. Solamente Minato riusciva a farla sentire così, diamine!

Passandogli accanto, si vide come una tipica mogliettina e arrossì ancora di più, sparendo in cucina.

E pensare che, in realtà, voleva ringraziarlo per averle mostrato le fotografie, certi pensieri melensi erano arrivati dopo, senza alcun preavviso.

 

 

 

 

  
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