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Autore: liammisalva    19/04/2015    1 recensioni
"E Louis rise. Rideva forte. Così forte che tremava tutto: il soffitto, i muri, i pavimenti, tremavo pure io. E la risata mi rimbombava in testa, forte, ancora più forte e allora pensavo che forse sarebbe potuto andare tutto bene. Mi concedevo di pensare che con lui che mi rideva nelle orecchie il mondo avrebbe fatto un po meno schifo e pensavo a quanto tutto sarebbe stato più bello. Allora sorridevo. E poi, poi ridevo anche io. Forte, sempre più forte. Con Louis."
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Eravamo in camera, sdraiati sul letto, a vedere vecchi film in bianco e nero e a parlare di noi. Quanto mi era mancata la sua vocina fina e rauca che mi grattava nell'orecchio. La barba incolta mi solleticava la guancia e io gliela accarezzavo piano con le dita: lo sapevo quanto gli piacesse. La camera era buia e vedevo poco il suo profilo spigoloso. Mi divertivo a fargli scivolare addosso le mani, perchè erano grandi, e lui era cosi minuto che ci sprofondava dentro. Lo attiravo sempre più vicino, poggiandogli le mani sui fianchi spigolosi e lo sentivo spingersi verso di me. Le ossa sporgenti della schiena sembravano allungarsi sotto le mie mani, quando lo abbracciavo. E lo abbracciavo spesso, Louis. Ma non perchè volessi, cioè, io lo volevo tanto, ma anche le rare volte che non lo volevo, il mio corpo mi spingeva contro di lui. Eravamo connessi da qualcosa, che tutt'ora non mi è chiara. Tra di noi c'è questo legame, questa corda, che non si puo spezzare, non importa quanto la si tiri. E sia quando eravamo lontani, che quando eravamo vicini lo sentivo col suo corpicino su di me. Ultimamente eravamo spesso lontani, e mi mancava. Mi mancava fin dentro alle ossa. Ogni giorno che eravamo distanti, Louis si portava via un pezzetto di me. Gli occhi si scurivano e perdevo peso, ma la cosa che piu mi faceva male era un punto a sinistra del petto. Urlava, bruciava e mi rendeva impotente. La dove prima c'era il mio cuore, ora era vuoto e questo mi distruggeva. Ma quel giorno non ci pensavo, perchè Louis era tornato e io stavo un pò meno male. Abbiamo parlato così tanto, sul mio letto. Di tutto quanto. Perchè due come noi, non possono stare tanto separati e quando si rivedono poi, si devono raccontare tutto. Mi piaceva così tanto parlare con Louis, però mi piaceva di piu ascoltarlo. Perchè aveva quella vocina che mi faceva venire voglia di stendermi accanto a lui e sentirlo parlare per sempre. Glielo dissi anche, e lui mi disse che andava bene. Che potevamo rimanere li e chiudere fuori tutto il male, tutte le cose cattive. E quando me lo disse io sentii il bisogno di averlo piu vicino, cosi gli tolsi i vestiti, indugiando tanto sul suo torace e sulle sue gambe forti, e poi tolsi i miei. Ci avvicinammo l'uno all'altro, ancora e ancora di piu, quasi a volerci scomparire dentro. Gli presi la testa tra le mani, e ci stava piccolissima. Mi sembrò una cosa buffa, così gliela sussurrai all'orecchio. E Louis rise. Rideva forte. Così forte che tremava tutto: il soffitto, i muri, i pavimenti, tremavo pure io. E la risata mi rimbombava in testa, forte, ancora più forte e allora pensavo che forse sarebbe potuto andare tutto bene. Mi concedevo di pensare che con lui che mi rideva nelle orecchie il mondo avrebbe fatto un po meno schifo e pensavo a quanto tutto sarebbe stato più bello. Allora sorridevo. E poi, poi ridevo anche io. Forte, sempre più forte. Con Louis. RIdemmo ancora per un pò, ma poi mi stancai di ridere. Mi faceva male la bocca e volevo solo poggiarla sulla sua. Così feci. Le sue labbra sapevano di sale, di mare, di sole. Spevano di cose buone e di pensieri felici, Prima piano, leggero. Poi forte, impetuoso sempre piu forte. E i baci non bastavano piu, così passammo ai morsi. La sua lingua si muoveva padrona nella mia bocca e io non potevo altro che lasciarlo fare. Mi teneva i polsi, ma io lo volevo sentire piccolo ancora un pò sotto di me. Perchè quando Louis mi baciava, tutto cambiava. Diventava grande, gigante e non entrava piu sotto le mie mani, mentre io rimpicciolivo e soccombevo ai suoi baci. Si spostò sul mio collo. E io sentivo quasi non potercela fare piu. Poi però Louis si fermò, e mi prese le mani. Me le mise davanti al viso, e io non capii. MI facevano male, ma non ne ricordavo il motivo. Vidi che avevo le unghie morse fino alla pelle, il sangue mi colava sulle mani e sui polsi, che sanguinavano a loro volta. Louis mi baciava le mani e le braccia, mi chiamava amore, mi chiedeva che avessi fatto, ma io non capivo. Prima eravamo così felici. Nascosi le mani, perchè vedevo che lo infastidivano, ma lui continuava e cercarle. Diceva di volermi aiutare, piangeva e mi urlava contro. Mi diceva di lasciarlo andare. Ma non capivo cosa volesse dire. Se voleva davvero aiutarmi, perchè mi faceva stare così male? Ci stavamo così divertendo, prima. Provavo a ricordagli i nostri baci, ma lui mi scansava e io ero confuso. Lo chiamavo forte e avevo paura, perchè mi sentivo solo. Urlavo il suo nome e piangevo disperato, lo chiamavo amore, Lou, ma lui non veniva. Allora piansi piu forte e morsi forte le mie mani. Il sangue mi si espanse in bocca e il dolore mi pervase il corpo. Ma nessun dolore esterno riusciva a farmi dimenticare come stavo dentro. Mi morsi ancora le mani, le unghie e gridai disperato. Louis allora tornò, e mi bacio dolce sulla fronte. Era tornato, il mio piccolo. Mi sdraiai sul letto, ritrovata la pace e lui si mise dietro di me e mi abbracciò stretto. Le sue braccia mi davano conforto, mi dicevano che andava tutto bene. Ma io ero spaventato, e sanguinavo, così mi addromentai piangendo. 

Mi svegliai di colpo, immobilizzato. Le luci accecavano i miei occhi, e rimpiansi il buio della mia stanza. Quale stanza? Non riuscivo a ricordare. La paura più nitida pervase ogni angolo del mio cervello e mi paralizzai ancora di piu. Louis. Dov'era Louis. Lo dovevo trovare. Mi guardai le mani, i tagli e i morsi si erano un poco ricuciti nella notte, ma ancora mi facevano male. Dove mi trovavo? Mi guardai intorno, ma non riuscivo a muovermi. Piegai la testa verso il basso, per capire cosa mi immobilizzasse e iniziai nuovamente a gridare. Urlavo forte, così forte che venne qualcuno a calmarmi. Louis, pensai. Ma quell'uomo non era Louis. Indossava un camice bianco ed era troppo imponente per essere il mio piccolo. Parlava con un tono fastidiosamente calmo e mi diceva di non gridare, perchè avrei disturbato gli altri pazienti. Pazienti? Ero sempre più confuso. Dimenticai di aver gridato e guardai ancora una volta verso il basso. Una spessa camicia di forze mi bloccava le braccia intorno al torace. Mi stringeva con delle cinghie e lasciava uscire sotto le mie mani, ma non potevo muoverle. Non potevo muore nulla. Imprecai e sputai, che diavolo succedeva? Gridai forte il nome di Lou. L'uomo con il camice tornò, mi disse che era il mio medico e che ci trovavami in un ospedale psichiatrico. E io mi misi a ridere, perchè non era possibile. Glielo spiegai e aggiunsi che anche Louis avrebbe riso. Lui allora mi guardò con la faccia piu triste del mondo, e io non ne capii il motivo, dato che il mio Lou portava solo cose belle. Mi poggiò delicatamente una mano sulla spalla e mi disse che Louis era morto da due anni ormai e farneticò qualcosa su delle cure sperimentali, che pensava iniziassero a funzionare. Ma io non ascoltavo più, e sentivo questa rabbia ceca dentro. Gli volevo graffiare la faccia a quel bastardo. Louis non è morto, non è morto, non è morto. Se lo dico è vero, ieri sera era così vero. Mi sta mentendo, e io non sopporto piu il suo tono pacato. Urlo, ricomincio a urlare e il cuore mi batte forte, fortissimo. Cerco di evadere dall'indumento ch mi stringe, ma soffoco ancora di piu. Mi scaravento in giro per la stanza in cui mi trovo e cerco di colpire con la mia testa e con il mio corpo il dottore, o qualsiasi altra cosa mi capiti a tiro. Finchè l'uomo col camice non mi inietta qualcosa nel collo e diventa tutto bianco e tranquillo. Perchè gridavo?

Sono di nuovo in quella stanza buia, al sicuro. Non capisco, sono confuso. Lo chiamo ancora, per parlare e stare sdraiati sul letto. Sono sicuro che stavolta resterà. "...Louis?"
  
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