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Autore: insegnamiadamare    19/04/2015    2 recensioni
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1841.
In questo periodo l'amore è visto ancora come un contratto, che serve per dare stabilità economica alle famiglie.
In questo schema perfetto, in cui tutti seguono la loro parte, c'è Claire: Claire che questo schema non lo rispetta, e fa di testa sua; Claire che si rifiuta di stare alle assurde regole del periodo in cui vive, e che quindi risulta essere una ragazzaccia. Claire che per vivere si rifugia nei libri, perché le è stata tolta la libertà: libertà che poi ritroverà con l'amore, un amore talmente grande da essere pronta a rinunciare a qualsiasi cosa per poterlo vivere.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                                                                            Inghilterra, Londra, 1841
 
 
Correva l’anno 1841.
Da pochi anni era nato il Regno Unito, che comprendeva ora anche l’Irlanda del nord. Quattro anni prima era salita al trono la Regina Vittoria, e con lei l’Inghilterra aveva raggiunto un picco di splendore e un periodo di stabilità economica; ma ciò non significa che mancassero i problemi.
La vita di corte era ovviamente frenetica; ogni giorno c’era un problema nuovo da risolvere, che riguardasse l’economia, la politica o quant’altro.
Ma a Claire poco importava di tutto questo. Ciò che le interessava realmente era poter cavalcare: amava fare lunghe passeggiate in sella a Fulmine, il suo amato cavallo, e finché poteva continuare a farlo, era felice.
Per questo, quel giorno, mentre il padre prendeva parte ad un’importante riunione per controllare le finanze del suo palazzo, Claire ne approfittò per uscire di nascosto e montare in sella al suo adorato Fulmine. Raggiunse la stalla accertandosi che nessuno la stesse seguendo, ed entrò
“Ehi, stallone” sorrise carezzando il muso del cavallo, che nitrì in risposta; gli fece qualche coccola e dopodiché lo condusse fuori dalla stalla. E poi via, lontano, verso la foresta, il posto in cui amava rifugiarsi insieme a Fulmine, e raramente insieme al fratello Louis; ma purtroppo Louis non sempre la capiva, anzi, molto spesso la rimproverava per il suo comportamento frivolo e disinteressato agli affari di famiglia. Ma cosa poteva mai farci, Claire, se quelle cose le apparivano noiose ed incomprensibili? Che cosa poteva farci se preferiva cavalcare in mezzo alla natura, se il suo cuore anelava alla libertà?
Così rinunciava alla compagnia del fratello, e si rifugiava da sola tra gli alti alberi al confine del suo palazzo.
Arrivata in un punto in cui era sicura che nessuno l’avrebbe vista, scese e lasciò Fulmine libero di girovagare lì intorno: anche lui come Claire odiava essere rinchiuso o legato. Infatti, così si sentiva Claire: chiusa, imprigionata tra le mura del suo enorme palazzo, dove era privata della libertà di essere se stessa.  Legata, incatenata dalle regole che le imponevano i genitori, tra cui il divieto di cavalcare e passeggiare da sola. ‘Una dama che si rispetti non osa cavalcare, è un’abitudine grezza e plebea’ ‘Non osare mai più passeggiare da sola senza una cameriera al tuo fianco! Non vorrai che la gente pensi che sei una ragazza poco raccomandabile?’ ‘Per l’amor del cielo, Claire! Cammina con un po’ di grazia e femminilità, sei una duchessa!’ queste erano le cose che le ripeteva in continuazione la madre, e pur di non sentirla borbottare continuamente, suo malgrado, l’accontentava, per ignavia o per quieto vivere.
Si sedette sotto ad un albero, poggiando la schiena contro il tronco, mentre chiudeva gli occhi e reclinava la testa all’indietro; ogni volta si riprometteva di parlare con i genitori della sua passione, e delle sue aspirazioni per il futuro, soprattutto quando si parlava di trovarle un buon partito da sposare, dato che si avvicinava all’età da matrimonio. Sapeva che avrebbe dovuto sposare colui che il padre avrebbe ritenuto più adatto a lei – o meglio, alle loro finanze- ma Claire sognava, sognava ad occhi aperti, e sognava un amore come quelli che leggeva nei libri che le regalava sempre la sua dolce balia, da quando aveva iniziato ad appassionarsi alla lettura. La sua cara balia, Marlene, l’unica persona che la capiva e l’aiutava, l’unica persona più vicina ad un’amica che abbia mai avuto. Secondo la  filosofia di vita dei genitori avrebbe dovuto fare amicizia con le contessine e le duchesse che frequentavano abitualmente il suo palazzo, ma ogni volta che si avvicinava a loro notava come fossero altezzose e vanitose, e di conseguenza vi si allontanava all’istante, come scottata da un fuoco di superbia che si ergeva attorno a loro, e che ardeva intensamente. Così si era guadagnata il titolo di viziata e maleducata, senza neanche prendere in considerazione che la compagnia a cui era costretta non fosse delle più gradevoli. Ma alla fine, a Claire stava bene così: non aveva mai avuto una vera amicizia, per cui non ne sentiva la mancanza. Stessa cosa per l’amore: sentiva parlare ogni giorno di uomini importanti che si erano innamorati di piccole serve, o di grandi dame scappate con il giardiniere di turno. Sentiva dire che era amore, quello vero, quello che ti travolge e che ti risucchia nel vortice della lussuria, ma siccome non lo aveva mai sperimentato,  poteva solo immaginare cosa si prova quando ci si innamora, e questo grazie alla grande mole di romanzi d’amore che aveva letto. E Claire sognava, sognava di incontrare l’amore della sua vita che veniva a prenderla e la portava via da quel luogo, così da potersi sposare per loro scelta, per amore, e non per affari. Sognava di veder arrivare il suo principe azzurro su un cavallo bianco, e cavalcare con lui attraverso paesi e campi sconosciuti mai visti prima; ma puntualmente era costretta a tornare alla realtà, alla vita vera, quella in cui questo tipo di cose non accadono.
Rimase per un paio d’ore a rilassarsi, cullata dai lievi raggi del sole che penetravano dalle enormi chiome di quei maestosi ed imponenti alberi, finché l’aria divenne più fredda, e capì che era arrivata l’ora di tornare. Con un sospiro triste, pesante, si alzò e prese Fulmine, per poi tornare al palazzo, dove la attendeva una sonora lavata di capo.
E non si era sbagliata.
“Si può sapere dove sei stata, signorina? E’ tutto il giorno che ti cerchiamo!”
“Calmatevi madre, ero in cortile”
“In cortile? Oh, davvero? E allora perché non ti abbiamo trovata? E perché Fulmine non era nella stalla?” touchè, colta con le mani nel sacco. Non aveva scusanti né un alibi, non le restava che ascoltare la predica in religioso silenzio, annuendo di tanto in tanto con sguardo colpevole e pentito. Di solito funzionava.
“Mi dispiace madre, non accadrà più, lo prometto” Helen sospirò, guardando la figlia, ormai arresa
“Lo dici sempre, Claire, eppure ogni volta ripeti questo errore” ‘errore’, per sua madre fare ciò che la faceva sentire bene era un ‘errore’, solo perché non rispettava i canoni della perfetta donna di corte. Claire dovette trattenersi per non risponderle, e dopo poco finalmente fu libera.
 
Si precipitò immediatamente verso la sua camera, ignorando le domande di Marlene che la seguiva agitata. Una volta giunta nella sua stanza vi si chiuse dentro e si lasciò cadere contro la porta, nascondendo il viso tra le mani. Certe volte odiava sua madre con tutta se stessa; non capiva, non capiva cosa significasse per lei cavalcare, sentire il vento sul viso, tra i capelli, immaginare di volare. Non la ascoltava mai e non sapeva del suo sogno, della sua voglia di libertà; non lo sapeva e non le importava minimamente! Ed era in momenti del genere che desiderava ardentemente scappare: andare lontano da tutto e da tutti, scappare da obblighi, doveri, regole. Ricominciare daccapo, crearsi una nuova vita dove nessuno la conosceva, dove nessuno le diceva costantemente cosa fare e come farlo.
Essere libera.
Si passò le mani tra i capelli, chiudendo gli occhi e prendendo un respiro profondo, cercando così di calmarsi e non piangere. Dopo che si fu calmata, udì finalmente i colpi di Marlene alla porta, che le urlava disperata di farla entrare.
“Apri, figliola! Oddio, stai bene?” Claire si alzò, e non appena aprì la porta Marlene le si fiondò incontro, esaminandola per vedere se stesse bene. Claire rise: era sempre eccessivamente apprensiva.
“Sto bene cara Marlene, non preoccuparti”
“Sicura? Oh, cielo! Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò concitata, stringendola poi in un abbraccio.
“Mi dispiace, Marlene. Ma sono così stanca” le sfuggì un sospiro, e la balia le accarezzò dolcemente i capelli.
“Lo so, bambina mia, lo so”
“Vorrei solo essere libera, chiedo troppo?” la voce le si spezzò di nuovo, e Marlene sciolse l’abbraccio per poterla guardare negli occhi
“Ascoltami attentamente, Claire. Se tu fossi stata come le tante duchesse che ho visto nel corso della mia vita, non mi sarei nemmeno sognata di perdere tempo ad illuderti e a farti credere che avresti potuto scegliere il tuo futuro, ma tu non sei come loro. Tu hai carattere, Claire, hai forza di volontà, sei determinata, e sono sicura, anzi, più che sicura che riuscirai ad ottenere la tua libertà ed il tuo lieto fine” Claire le sorrise commossa, e la strinse in un altro abbraccio
“Ti ringrazio, mia adorata balia, ma ti ricordo che il lieto fine esiste soltanto nelle fiabe”
 
Andò in bagno più tranquilla dopo la chiacchierata con Marlene, e mentre aspettava che la vasca si riempisse, mise nel cesto dei panni sporchi gli abiti che aveva usato per andare a cavallo. Si immerse nell’acqua calda, chiudendo gli occhi e rilassando i muscoli. Ad un tratto si ricordò che l’indomani sera ci sarebbe stata la festa di primavera a casa sua; una tradizione della loro famiglia. Sospirò, immergendosi di più nell’acqua. Adorava la primavera, forse era la sua stagione preferita: la stagione in cui il sole riscaldava di più, gli animali si svegliavano e i fiori sbocciavano. La natura si riempiva di vita, e soprattutto, era la stagione dell’amore. Si immerse completamente nell’acqua, cercando di non pensare a nulla; né alla festa, né ai genitori, né al suo futuro. A nulla. Ora desiderava soltanto essere spensierata, libera e felice.

                                                                                             ***
 
“Harold, ricorda che devi essere pronto per le sette in punto” gli ricordò per l’ennesima volta la madre. Sbuffò, ripetendole per l’ennesima volta di non chiamarlo Harold
“Ma è il tuo nome, tesoro, come dovrei chiamarti?”
“Harry, madre, Harry. Sapete che non mi piace essere chiamato Harold”
“E non riesco a capire perché, è un nome bellissimo! Era il nome del grande Harold Richardson Styles, il tuo bisnonno, che fece molto per il nostro amato paese” sbuffò di nuovo, litigando con il colletto della camicia che non riusciva a sistemare, e anche perché quella storia l’aveva sentita almeno un milione di volte. Anne ridacchiò, andandogli vicino e spostandogli le mani
“Lascia, faccio io, prima che combini qualche disastro” Harry le sorrise
“Vi ringrazio, madre”
“Di nulla tesoro. Ora però finisci di prepararti, o arriveremo tardi, e sai quanto tuo padre odi essere in ritardo. E poi, stasera conoscerai la tua futura sposa.” Harry annuì mentre Anne sorrideva
“Ecco fatto, ora veloce, che tuo padre sta già iniziando ad urlare per tutta la casa” Harry ridacchiò “Meglio che vada a calmarlo, tu sbrigati” Anne gli diede un’ultima sistemata al colletto mentre Harry annuiva, e uscì dalla stanza lasciandolo solo.
Si sedette sul letto passandosi una mano tra i capelli, per poi scompigliarli subito dopo. Quella festa lo tormentava da settimane; lì avrebbe visto per la prima volta la sua futura sposa, la sua ragazza. Gli venne da ridere perché era la sua ragazza – da quella sera lo sarebbe stata ufficialmente- eppure non l’aveva ancora mai vista.
Tutto era iniziato un mese prima, quando suo padre gli aveva proposto di sposare la figlia del duca di Glasgow; dato che era molto conosciuto e molto ricco, sposando la sua unica figlia avrebbe risollevato le loro finanze e il loro nome. All’inizio era rimasto pietrificato, come se gli avessero appena buttato un secchio di acqua ghiacciata addosso; aveva sempre pensato che un giorno avrebbe sposato la ragazza della sua vita, di cui fosse stato perdutamente innamorato. Si ritirò in camera sua per riflettere. Rimase chiuso nella sua stanza a pensare per tutto il pomeriggio, combattuto tra il desiderio di restare solo e libero, e quello di sacrificarsi per la sua famiglia. Così, presa la sua decisione, e convinto che in questo modo avrebbe aiutato la sua famiglia, andò a comunicare la sua decisione al padre.
Ritornò al presente quando sentì la madre dare ordini a destra e sinistra a tutto il personale, urlando in modo esagerato  per una semplice festa. Finì di prepararsi mentre l’ansia dentro di sé cresceva. Non ricordava nemmeno il nome di questa ragazza: Charlotte? Caroline? Genevieve? Nulla, non riusciva proprio a ricordarlo. Si diede un’ultima occhiata allo specchio, mentre la madre entrava trafelata nella sua camera
“Su Harold, andiamo!” prese il mazzo di rose che aveva poggiato sul letto, e uscì dalla stanza.
 
                                                                                           ***
 
“Claire, santo cielo, sei ancora in accappatoio?! Mancano trenta minuti alla festa, e tu non sei ancora vestita? Vuoi davvero farmi venire un colpo per caso?!” Claire alzò gli occhi al cielo, mentre Marlene si affaccendava a prendere tutto il necessario per prepararla
“Calmatevi, madre, riuscirò ad essere pronta per le sette in punto”
“Oh lo spero per te, signorina, o non la passerai liscia!” e se ne andò, sbattendo furiosamente la porta. Claire si sedette sul bordo del letto, poco intenzionata a vestirsi
“Dai piccolina, non te la prendere, sai com’è fatta tua madre"
“Oh lo so, ed è per questo che non la sopporto” sospirò alzandosi, e iniziò a vestirsi.
 
                                                                                         ***
 
La festa era ormai iniziata da circa mezz’ora, e Claire era riuscita a scappare dalle grinfie della madre, che voleva presentarla ad ogni singolo ospite, e si era rifugiata nelle cucine.
Non le piaceva tutta quella confusione, non le piaceva tutta quella gente, non le piaceva sentirsi obbligata a fare qualcosa. Si sedette su uno sgabello in un angolo, e si mise a guardare come le cuoche si affaccendavano con forni, pentole e quant’altro.
“Claire, santo cielo, finalmente ti ho trovata! Ma che ci fai qui? Rovinerai il vestito!” Marlene le andò vicino agitata e la fece alzare in fretta e furia
“Su, su, andiamo che tua madre vuole presentarti al duca Styles!” Claire però puntò i piedi a terra, facendo quasi cadere Marlene
“Di pure a mia madre che non mi sono sentita bene o inventa qualcosa; ma io di qui non mi muovo”
“Dai piccolina, non fare i capricci”
“Non sono capricci, Marlene, sai che non mi sento a mio agio in mezzo a tutta quella gente” Marlene sospirò passandosi una mano tra i capelli
“Su, Claire, tua madre vuole presentarti al duca Styles e alla sua famiglia: ci tengono a conoscerti”
“Ah sì? Bene, allora di pure loro che io non ci tengo a conoscerli, o semplicemente digli che non mi hai trovata. Semplice, no?” Claire sorrise soddisfatta della sua risposta, mentre Marlene se ne andava arresa.
 
Dopo circa venti minuti tornò nella sala da ballo, e, com’era prevedibile, la madre le fece la solita ramanzina di cui Claire non ascoltò quasi nulla. Come sempre.
Quando finalmente la madre la lasciò andare, cominciò a camminare per la sala, guardandosi attorno  e scrutando i visi che si trovava davanti, finché trovò una sedia libera e vi si lasciò cadere sopra.
Vedeva man mano le coppie formarsi e iniziare a ballare, subito dopo i suoi genitori; vide anche suo fratello, Louis, ballare con una bellissima ragazza. D'altronde, Louis era sempre stato l'orgoglio della famiglia Tomlinson: bello, bravo, intelligente, altruista e soprattutto ubbidiente, al contrario di lei che disubbidiva nove volte su dieci. Sospirò, poggiando la testa sul braccio, mentre guardava come le varie coppie ballavano. Fece scorrere velocemente lo sguardo per tutta la sala, finché non si scontrò con due occhi verdi che la paralizzarono: anche lui la stava fissando, ma quello scambio di sguardi durò poco, dato che il ragazzo fu trascinato in mezzo alla folla. Si erano guardati per poco meno di dieci secondi, eppure si era sentita strana, senza capirne il motivo.
Dopo pochi minuti un ragazzo le si avvicinò e tossì, per attirare la sua attenzione
“Salve, signorina” la salutò sorridendo. Claire lo guardò diffidente, con un sopracciglio alzato, ma il ragazzo non si scompose
“Uhm, salve”
“Vi ho vista da lontano, e volevo chiedervi se vi andava di concedermi un ballo” fece un mezzo inchino, porgendole la mano. Claire continuava a guardarlo dubbiosa e fece scorrere lo sguardo dalla mano, tesa verso di lei, al suo viso. Non poteva di certo negare che fosse un bel ragazzo: alto, folti capelli neri, occhi azzurri quasi trasparenti, labbra sottili aperte in un dolce sorriso e spalle larghe, eppure c'era qualcosa in lui che non la convinceva molto. Decise per una volta di lasciar perdere queste sensazioni e i mille dubbi, e gli porse la mano
“Molto volentieri” sorrise, e si avviarono verso il centro della sala.
Si misero in posizione: mani protese a mezz'aria poggiate l'una sull'altra, e l'altro braccio piegato dietro la schiena, e il ballo iniziò. Il ragazzo le sorrise, mentre ballavano, ma Claire era ancora un po' diffidente, per cui non lo assecondò molto.
“Non mi sono nemmeno presentato, che maleducazione, vi prego di scusarmi” Claire gli sorrise gentilmente “Mi chiamo Aaron McKelley, duca e governatore di Edimburgo”
“Piacere di conoscerla, signor McKelley. Io sono Claire Tomlinson, figlia del duca Michael Tomlinson”
“Oh, così voi siete la famosa Claire, quale onore” le sorrise di nuovo, mentre i suoi occhi la fissavano con sguardo penetrante. Si costrinse a sostenere lo sguardo
“L'onore è mio nel conoscervi, signor McKelley” tutte queste inutili cordialità le davano il voltastomaco, ma a questo tipo di cerimonie doveva per forza attenersi alle regole
“Chiamatemi pure Aaron, signorina”
“E voi chiamatemi Claire, Aaron” le sorrise di nuovo, e poi iniziarono gli scambi di coppia casuali, tipici di quel ballo.
Claire si sentì sollevata nell'allontanarsi da quell'Aaron, la metteva a disagio; preferiva di gran lunga ritrovarsi a ballare con il vecchio conte di Liverpool, che, come adesso, le sorrideva in modo affabile e la faceva sentire a proprio agio. Ed oltretutto era anche divertente. Quando cenava da loro, nonostante i giovani che si trovassero a tavola, lui era l'unico capace di intrattenere e divertire tutti senza sembrare mai ridicolo. Era proprio un simpatico vecchietto.
Al secondo scambio si trovò a ballare con un uomo che non aveva mai visto, mentre al terzo, si trovò di fronte agli smeraldi che aveva visto poco prima. Rimase senza fiato mentre i loro sguardi si incatenavano e le loro mani si toccavano: la sensazione della sua mano sulla propria la faceva sentire strana in un modo che non seppe definire, e che non aveva mai provato. Il tempo si fermò per un breve istante, la musica intorno a loro arrivava ovattata, e i loro occhi rimasero incollati. La sua espressione era indecifrabile, i suoi occhi anche; non riusciva a capire che emozione potesse provare -sempre che ne provasse- e non riusciva nemmeno a distogliere lo sguardo. Per quanto si sentisse a disagio, per quanto volesse distogliere lo sguardo, non ci riusciva: i suoi occhi erano attratti da quei due smeraldi brillanti come da una calamita. Poi il tempo riprese a scorrere, la musica tornò a rimbombare alta, e lei si trovò di nuovo faccia a faccia con Aaron, che le sorrideva. Si girò un'ultima volta per cercare quel ragazzo dagli occhi verdi, ma lo vide solo per pochi istanti, mentre ballava con una ragazza che gli sorrideva. Tornò a girarsi verso Aaron, e dopo neanche un minuto il ballo finì.
Tutte le persone nella sala applaudirono, mentre lei si fissava la mano, con il cuore che le batteva forte. Aveva visto una marea di occhi: verdi, castani, neri, azzurri, grigi, blu; alcuni con sfumature bellissime, davvero stupefacenti, ma nessun paio di occhi l’aveva mai incantata come quelli di quel ragazzo. Aveva bisogno di aria. Si infilò tra la folla e scappò verso l'uscita, mentre Aaron la chiamava e le chiedeva dove stesse andando.
 
                                                                                     ***
 
“E' stato un ballo stupendo, Harry!” Camille gli sorrise
“Sì, molto bello” Harry si sedette su una poltroncina, un po' frastornato. Si era sentito strano nel ritrovarsi gli occhi spalancati di quella ragazza puntati nei suoi. Non riusciva a capire se lo avevano stupito, se gli erano piaciuti, o qualcos'altro; sapeva solo che gli avevano fatto uno strano effetto. Forse era stata l'espressione di quella ragazza...sì, doveva essere per forza così. Si passò le mani sul viso, e si accorse che Caroline gli stava parlando, e fece finta di ascoltarla. No, non si chiamava Caroline, dannazione! Come faceva sempre a dimenticare il suo nome?! Iniziava con la c, sicuramente, quindi Chan...Cla...Camille! Sì, era Camille. Doveva assolutamente appuntarselo da qualche parte.
“Harry, tutto bene?” gli chiese la ragazza, notando il suo sguardo distratto
“Uhm? Sì, sì, tutto bene, ho solo...bisogno di un po' d'aria. Ti dispiace se esco fuori per qualche minuto?
“Oh, no, tranquillo, esci pure” gli sorrise per l'ennesima volta, e Harry si sforzò di ricambiare il sorriso, prima di uscire.
 
                                                                                      ***
 
Claire si sedette sul bordo della fontana in giardino, che si trovava abbastanza lontano dal luogo della festa. Se l'avesse vista la madre l'avrebbe sicuramente rimproverata: 'Oh Claire, santo cielo! Ti sembra il modo adatto di sederti?! Sei una ragazza, e per di più di sangue nobile! Cerca di comportarti come tale!' scosse la testa cercando di scacciare il pensiero della madre e tutti i suoi inutili discorsi. Vide i pesci nuotare verso la superficie, e mise un dito nell'acqua per cercare di toccarli, ma questi ovviamente nuotarono via, impauriti. Ricordava che quei pesci furono messi nella fontana sotto richiesta di suo nonno, William Tomlinson, che adorava i pesci e la pesca. Molto spesso andava ad un lago lì vicino che era pieno di ogni tipo di pesci: li pescava, li guardava attentamente, e dopo averli liberati provava a disegnarli e a scriverne le caratteristiche su un quaderno che portava sempre con sé. Era la sua passione, un po' bizzarra, ma comunque una passione che lo rallegrava. Ricordava anche quando ad una cena importante con duchi e conti avevano servito pesce, e lui aveva iniziato ad urlare e a sbraitare contro 'questa barbarie che uccideva pesci innocenti che non avevano alcuna colpa' per citare testuali parole. Ricordava anche che quel giorno lei e Louis avevano riso come non mai, mentre lui urlava e imprecava, e loro padre -che era il figlio- cercava in tutti i modi di calmarlo, mentre la madre cercava di nascondersi, imbarazzata da quel comportamento. Un rumore improvviso la fece sussultare, e per poco non cadde nella fontana; poggiò le mani sulla statua, che era comunque scivolosa a causa dei continui schizzi provocati dai pesci, e così le mani le scivolarono: ma fortunatamente qualcuno la afferrò dai fianchi e la aiuto a rimettersi in piedi
“Vi siete fatta male, signorina?” alzò lo sguardo, dopo essersi sistemata, e vide il ragazzo del ballo, quello con gli occhi color dello smeraldo. Rimase imbambolata a fissarlo per qualche istante, ma poi si riscosse
“No, sto bene, per fortuna. Vi ringrazio molto per avermi aiutata” Claire si sentiva estremamente in imbarazzo per la caduta e per essere stata beccata, e un'altra sensazione che non riusciva a definire, quando ripensava alle sue mani che la mantenevano.
“Beh, direi che sono capitato qui nel momento giusto” disse con un sorriso e, Dio, che sorriso che aveva
“Sì, direi proprio di sì” risero, e Claire fissò lo sguardo a terra
“Mi presento, sono Harry Edward Styles” Claire torno a guardarlo con un sopracciglio alzato. Quindi lui era il figlio degli Styles
“Styles? Il figlio del duca Styles non si chiama Harold?” Harry alzò gli occhi al cielo
“Sì, ma preferisco Harry” Claire trattenne una risata
“Io sono Claire Marie Tomlinson” si presentò, e torno a sedersi sul bordo della fontana, ma questa volta in modo più adeguato
“E così voi siete la figlia dei Tomlinson che non riuscivano a trovare, o, secondo la mia teoria, che non aveva voglia di conoscere gli Styles” disse con tono divertito, sedendosi accanto a lei
“In realtà non avevo voglia di conoscere nemmeno le cinquanta famiglie precedenti, ma avete avuto la sfortuna che sia riuscita a scappare dalle grinfie di mia madre proprio quando siete arrivati voi” Harry rise
“Sinceramente mi sarei aspettato più delle scuse tipo 'Oh, mi dispiace tanto di non essere riuscita a conoscere voi e la vostra famiglia, ma purtroppo c'è stato un imprevisto'” e rise di nuovo. Claire intanto si era incantata a fissarlo: aveva notato che quando rideva gli si formavano delle fossette ai lati della bocca, e che quella sulla sinistra era più accentuata. E soprattutto, notò che aveva un sorriso meraviglioso e una risata melodiosa. Scosse la testa per tornare alla realtà
“Oh, mi dispiace, pensavo che vi avrebbe fatto piacere la verità; ma se preferite posso anche mentire e dire ciò che avete detto voi” Harry si girò verso di lei, con ancora il sorriso stampato in volto. Stavolta, guardandolo negli occhi, vide che erano più brillanti ed espressivi di prima
“Siete una ragazza particolare”
“E' un modo carino per dire che sono strana o maleducata?”
“No, è semplicemente un modo per dire che siete particolare” Claire non riusciva a capire se si trattasse di un'offesa o una semplice constatazione; per questo rimase a fissarlo in attesa di altre spiegazioni “La maggior parte delle ragazze nella vostra situazione si sarebbero affrettate a giustificarsi in qualche modo pur di non fare brutta figura o apparire maleducate, mentre voi avete semplicemente detto la verità, senza dare importanza alle conseguenze. E' una particolarità che non si trova spesso nelle persone” Claire rimase senza parole, e abbassò il viso, fissando i propri piedi
“Sinceramente non mi importa molto del giudizio della gente. Preferisco essere me stessa ed essere apprezzata o rifiutata per come sono, piuttosto che essere benvoluta mostrando però una persona che non esiste” Harry si limitò a fissarla in silenzio, senza sapere esattamente cosa dire, cosa che non gli capitava mai “Cerco di essere me stessa il più possibile, tranne in luoghi e situazioni in cui sono costretta ad essere per forza chi non sono” Harry era sinceramente sconvolto dalla serietà delle sue parole e da come si era confidata con lui; probabilmente non era il tipo di ragazza che si preoccupava di quanto potessero essere malvagie e subdole le persone, e quindi parlava tranquillamente con chiunque. Era una caratteristica che non si incontrava spesso.
Rimasero qualche istante in silenzio, e Claire tossì per far dissolvere quella tensione che si era venuta a creare
“Beh? Vi sta piacendo la festa, signor Styles?” Harry fece una smorfia
“Vi prego, odio quando mi chiamano 'Signor Styles', mi chiamo Harry, e non sono così vecchio, potete benissimo darmi del tu”
“Va bene, Harry, quanti anni avete?”
“Cos'era, una tattica per interrogarmi?” disse in tono divertito, e Claire gli rifilò un'occhiataccia
“Se siete così giovane come dite non avrete certo problemi nel dirmi la vostra età, vi pare?”
“Certo che siete incredibile” rise
“E poi, sapendo la vostra età, potrò decidere se continuare a darvi del voi o iniziare a darvi del tu” Claire sorrise, soddisfatta della sua risposta, mentre Harry la guardava tra il divertito e l'incredulo
“Ne ho ventuno, signorina non-ho-peli-sulla-lingua, e voi?” Claire lo guardò con finto shock
“Signore! Come osate chiedere l'età ad una fanciulla?! Vergognatevi!” Harry rimase muto con un'espressione sconvolta sul volto, e Claire scoppiò a ridere. Si dovette trattenere per non ridere anche lui, e rimase con sguardo serio
“Non è molto educato prendersi gioco delle persone, sapete?” Claire continuò a ridere, e vedendola, anche Harry si concesse un sorriso
“Io ne ho diciotto, diciannove a breve”
“Riformulo la mia idea: sei strana” Claire rise.
“Quindi siamo passati ufficialmente al ‘tu’”
“Direi proprio di sì. Come mai sei qui fuori invece che alla festa?”
“Potrei farti la stessa domanda, Harold” Harry sbuffò
“Mi dici perché non ti piace il tuo nome?”
“Prova a pensare ad un uomo che si chiama Harold: come te lo immagini?” Claire alzò gli occhi verso il cielo stellato, mentre faceva una smorfia pensierosa
“Mmh vecchio, calvo, antipatico e conservatore”
“Appunto. E ora pensa a qualcuno che si chiama Harry”
“Alto, riccio, occhi verdi. Un po' antipatico, ma sopportabile” Harry rise
“Vedi? Sei strana. Nessun'altra ragazza avrebbe osato comportarsi come stai facendo tu ora”
“Lo so. Io infatti sono diversa da tutte le altre ragazze, non l'hai ancora capito, Harold?”
“Sì, l'ho capito, e ho capito anche che ti piace provocare” ridacchiò prima di alzarsi “Beh, sarà meglio che torni dentro o mi daranno per disperso. E' stato un piacere parlare con te, Claire” gli sorrise
“E' stato un piacere anche per me, Harry” inaspettatamente le prese la mano e le diede un bacio sul dorso, guardandola negli occhi, per poi rientrare senza aggiungere altro; e Claire rimase lì, con gli occhi sgranati e la mano ancora a mezz'aria, mentre il suo cuore accelerava per la sensazione che le labbra di Harry sulla sua mano le aveva provocato.
 
                                                                                      ***
 
Il giorno seguente Harry si svegliò con un peso sullo stomaco che lo perseguitava dalla sera precedente.
Sospirò e si passò le mani sul viso, mentre si sedeva al centro del letto.
Volse lo sguardo verso la finestra e vide che il sole non era ancora sorto. Si alzò e andò verso le porte-finestre che conducevano sul balcone; tirò le tende e vide come il cielo iniziava a diventare più chiaro e a colorarsi di varie sfumature di rosso e arancio. Aprì le porte e andò sul balcone che affacciava sull’enorme giardino del loro palazzo. L’aria era ancora fredda nonostante fosse ormai primavera e gli uccellini cantassero allegri volando di albero in albero. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, mentre una leggera brezza gli scompigliava i capelli e gli mandava piccoli brividi lungo la schiena.
D’un tratto gli tornò in mente la sera precedente: il momento in cui conobbe Camille, la sua fidanzata, e poi il ballo. Ma soprattutto ripensò a quella ragazza: Claire. Lo aveva fatto sentire strano, e non gli era piaciuto per niente sentirsi così, eppure non si era allontanato da lei, anzi, aveva continuato volentieri a parlarle.
Aveva troppi pensieri, troppa confusione in testa. Doveva distrarsi. Aprì di scatto gli occhi e vide il bosco che si estendeva per miglia e miglia, a pochi passi dal suo palazzo; un posto perfetto per distrarsi e stare da solo.
Così, senza ulteriori indugi, andò a vestirsi.
 
                                                                                     ***
 
Di nuovo. Era successo di nuovo.
Claire cavalcava velocemente, cercando di trattenere le lacrime, mentre ripensava alla discussione di poco prima.
 
“Santo cielo, Claire! Quante volte devo dirtelo che devi comportarti come una signora?” l’aveva rimproverata per l’ennesima volta la madre
“Cosa ho fatto questa volta?” aveva sbuffato Claire, facendo così irritare ancora di più la madre
“Che cosa hai fatto?! Hai lasciato il conte McKelley da solo nel bel mezzo della festa e sei scappata in giardino!”
“Avevo bisogno di aria, tutta quella gente mi opprimeva”
“E ti sembra un motivo valido per comportarti in questo modo?!”
“Sapete, madre, la mia salute mi sembra un motivo più che valido” Helen la guardava ormai fuori di sé dalla rabbia, esasperata dal comportamento esuberante ed irrispettoso della figlia
“Bene, signorina, vorrà dire che per salvaguardare la tua salute resterai chiusa nella tua stanza a tempo indeterminato!” Claire balzò in piedi, furibonda
“Non potete farmi questo!”
“Oh, si che posso. E ora fila in camera tua: è un ordine!” Claire aprì la bocca per controbattere, ribellarsi, qualunque cosa pur di non cedere al volere insensato della madre; ma alla fine si limitò a salire le scale velocemente per poi chiudersi a chiave nella sua stanza.
 
E dopo neanche dieci minuti, era scappata.
Era uscita dalla finestra, corsa nella stalla, preso Fulmine e iniziato una corsa folle verso il bosco in sella al suo amato cavallo, mentre ormai le lacrime avevano iniziato a rigarle il viso. Era stanca, davvero stanca di tutto questo; e ogni giorno che passava, ogni situazione del genere che affrontava, si convinceva sempre di più che l’unica soluzione era scappare.
Scappare via, lontano, molto lontano, da tutto e da tutti. Ecco ciò che Claire desiderava.
Era talmente assorta nei suoi pensieri che quando fermò Fulmine per capire dove fosse finita, si accorse di non conoscere quel luogo.
Si strofinò il viso con le mani per asciugare le lacrime e provare a riacquistare lucidità, finché non sentì un rumore. Scese da cavallo e lo mantenne dalle cinghie mentre camminava lentamente e in allerta verso il posto da cui le sembrava provenisse il rumore. Si fermò dietro ad un albero, per nascondersi, e sporgendosi appena vide un ragazzo seduto in riva ad un ruscello. Si sporse di più per capire chi fosse, ma perse l’equilibrio e cadde. Subito il ragazzo le si avvicinò mentre lei si massaggiava il fianco destro.
“Signorina, tutto bene?” aprì gli occhi che aveva tenuto chiusi senza nemmeno rendersene conto, e riuscì a mettere a fuoco soltanto la mano protesa verso di lei; afferrò la mano e il ragazzo la aiutò a rimettersi in piedi
“La ringrazio molto” il ragazzo la guardò assorto, finché
“Claire?” alzò lo sguardo verso il ragazzo, e spalancò gli occhi quando riconobbe quelle iridi verdi
“Harry?”
“Cosa ci fai qui?”
“No, cosa ci fai tu qui” Harry rise, lasciandole la mano che aveva tenuto stretta fino a quel momento senza essersene nemmeno reso conto; cercò di sembrare disinvolto, mentre in realtà si sentiva turbato da quel gesto involontario
“Stavo facendo una passeggiata con Fulmine e mi sono ritrovata qui. Forse mi sono persa” Claire sospirò mentre si guardava intorno alla ricerca di un particolare che le sembrasse familiare
“Fulmine? Davvero? Che originalità” Harry rise di nuovo, guadagnandosi così un’occhiataccia da parte di Claire
“E tu invece? Cosa stavi facendo seduto vicino al ruscello con sguardo da cuore infranto?” Harry la fissò con sguardo serio e Claire temette di aver osato troppo, ma poi le porse la mano e
“Vieni, ti faccio vedere” Claire rimase immobile per alcuni istanti a fissare la mano di Harry tesa verso di lei, per poi poggiare la propria mano sopra la sua e sussultare quando gliela strinse e la condusse verso il ruscello
“Amo questo posto. Ci vengo sempre quando voglio stare solo, quando ho bisogno di pensare o…”
“O quando vuoi scappare lontano dal mondo intero e non essere trovato” terminò la frase per lui sedendosi a terra e guardando il ruscello. Harry la imitò, fissandola con sguardo confuso
“Stavi scappando?”
“In un certo senso”
“E da chi?” Harry sentiva l’insensato bisogno di capire cosa le fosse successo, di consolarla; perché guardare quegli occhi così azzurri e limpidi pieni di un dolore che probabilmente stava provando, lo faceva sentire strano, e questa cosa non gli piaceva affatto. Non gli doveva importare nulla di lei; la conosceva appena e non era un suo problema come stava o come non stava.
Claire sospirò, facendo scorrere la mano sull’acqua limpida del ruscello; poi volse il viso verso di lui, e le mancò letteralmente il fiato quando si ritrovò occhi negli occhi con Harry. Quegli occhi verdi come due smeraldi, come un prato estivo ricoperto dalla rugiada del mattino; quegli occhi così brillanti e pieni di emozioni, emozioni che, aveva capito, si ostinava a voler sopprimere, e non ne capiva il motivo.
“Dai miei genitori” rispose, finalmente. Poi prese una pausa, indecisa se confidarsi con lui o meno. Decise che ci avrebbe provato.
“Sono sempre pronti a rimproverarmi per il mo carattere sfacciato, i miei modi di fare, il mio comportamento. Continuano a dirmi che devo essere più femminile, fare tutto ciò che mi dicono di fare. Dicono che quello che fanno lo fanno per me, altrimenti non troverò mai marito; ma io non ci riesco. Amo andare a cavallo, mi fa sentire bene, libera; ma per mia madre è una cosa da contadini e ragazzacce. E ora, in teoria, dovrei essere chiusa nella mia stanza, in punizione per aver lasciato un conte da solo durante il ballo di ieri” chiuse gli occhi per evitare di piangere: era davvero l’ultima cosa che voleva fare in quel momento.
“A me non interessa tutto questo: balli, conti, duchi, grandi feste… a me interessa solo essere libera, libera di poter fare ciò che mi piace senza impedimenti; un giorno, vorrei poter sposare l’uomo di cui mi innamorerò, non colui che mio padre sceglierà per me” Harry la fissava senza parole: si sentiva triste per lei, ma la capiva anche.
“Io tra circa due mesi dovrò sposare una ragazza che ho visto per la prima volta ieri sera, e di cui non riesco a ricordare il nome. A meno che non me lo scriva sulla mano”
Claire rise, seguita da Harry, ma poi si portò le mani sulla bocca
“Scusami” disse con tono dispiaciuto, mentre Harry la fissava con un sopracciglio alzato
“Per cosa?”
“Non so, magari ti potresti offendere” Harry sorrise nel vederla in imbarazzo
“E da quando ti preoccupi di ferire i sentimenti altrui?” la stuzzicò con un sorrisetto vispo, e Claire gli rifilò un’occhiataccia. Poteva passare da ragazzo normale e quasi simpatico ad un antipatico di prima categoria in meno di un secondo
“Sei odioso”
“Me lo dicono in molti”
 “Tu invece cosa ci fai qui?”
“Sono scappato. In realtà volevo scappare dai miei pensieri, ma quelli purtroppo mi seguono ovunque” sospirò per poi sdraiarsi a terra con gli occhi rivolti verso il cielo, per lo più coperto dalle immense chiome degli alberi
“Lo so che l'ho scelto io di aiutare i miei genitori sposando quella Ca...Camille, sì, Camille; ma non credo che ne sarò capace. Sì, è una bella ragazza, ma non la amo. Ad essere sincero, credo che non amerò mai più nessuno”
“Mai più? Sei già stato innamorato?” si sdraiò di lato verso di lui proprio nel momento in cui Harry girò il viso verso di lei, e lo vide annuire.
“Una volta sola, qualche anno fa” Claire lo guardava curiosa. Curiosa di scoprire come ci sentisse ad essere innamorati, e come fosse amare qualcuno ed essere amati
“E com'è stato?” Harry sorrise
“Non sei mai stata innamorata, vero?” Claire scosse la testa
“Posso solo immaginarlo grazie ai vari romanzi che ho letto, ma nulla di più”
“Beh” riprese Harry, girandosi anche lui di lato e trovandosi così di fronte a lei. Occhi negli occhi per l'ennesima volta.
“E' bello. Bellissimo. E' l'emozione più bella, vera e forte che si possa provare nella vita. Sei sempre felice, anche quando tutto va male, solo perché c'è lei, quella persona che anche con un sorriso o una carezza riesce a rendere una giornata cupa nella più bella della tua vita. Ma è anche doloroso; molto, molto doloroso. Hai paura, paura che qualcuno possa portarti via quella persona speciale, paura che lei possa stufarsi di te e lasciarti. Paura di non essere abbastanza, paura che tutto possa finire da un momento all'altro”
Claire vide che gli occhi di Harry si erano incupiti, e sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco
“E a te cos'è successo?” Harry prese un respiro profondo prima di sdraiarsi di schiena e tornare a fissare il cielo, interrompendo così il loro contatto visivo durato fino a quel momento.
“Mi ha lasciato. Un giorno è venuta da me, mi ha detto che si era innamorata di un altro, un pirata, ma che non lo aveva fatto apposta. Era capitato” rise, una risata amara
“Come ovviamente era capitato andarci a letto mentre stava con me. Claire non sapeva cosa fare, come rispondere; così si limitò a fargli la prima domanda che le venne in mente
“La ami ancora?”
“No. Probabilmente, se me lo avessi chiesto qualche tempo fa ti avrei detto che sì, l'amavo ancora, ma ora no, non più”
“Come hai fatto a capire di non essere più innamorato di lei?” Harry voltò di nuovo il viso verso di lei, e la vide seduta vicino a lui, molto più vicino di prima. Mise il peso sui gomiti, rimanendo sdraiato. I loro visi incredibilmente vicini, i loro occhi a contatto, il respiro di uno che si scontrava con il volto dell'altro.
“Quando pensi a lei e non provi più nulla, nemmeno la rabbia per il tradimento, ma solo il disgusto per essere stato con una persona del genere”
Il respiro caldo di Harry sul suo viso la fece rabbrividire appena, e la strana sensazione nel suo stomaco aumentò
“Quando finalmente capisci che non era la persona che credevi. Vedi, Claire, quando si è innamorati si tende a idealizzare la persona amata, e a non notare come siano realmente. Solo quando passa l'amore, la rabbia e l'odio, capisci come era in realtà quella persona”
“Sai io cosa penso invece?”
“Che cosa?” si era incantata a fissargli le labbra, rosse e piene, mentre parlava, ma in quel momento si costrinse a fissare di nuovo lo sguardo nel suo
“Che sei davvero innamorato quando ami una persona proprio per i difetti che ha; quando non la idealizzi, quando vedi che magari è arrogante, testarda o altro, ma la ami proprio per questo” Harry sorrise mettendosi a sedere, portando i loro visi molto più vicini di quanto sarebbero dovuti essere, e per istinto Claire indietreggiò fino a cadere, facendo ridere Harry in modo esagerato
“Beh? Che ti ridi?” si rimise seduta guardandolo male, con le guance arrossate per l'imbarazzo e per la situazione di poco prima. Ma la rabbia svanì quando vide Harry avvicinarsi di nuovo a lei, di nuovo i loro visi fin troppo vicini, e dopo averle sorriso le tolse qualcosa dai capelli, e dopo le mostrò una foglia.
“Quindi secondo te non ero davvero innamorato di lei?” Claire gli tolse la foglia dalla mano, e se la rigirò tra le dita
“Io dico che quando ti innamorerai davvero lo capirai” disse mentre si rimetteva in piedi
“Non mi innamorerò mai più”
“Mai dire mai” salì in groppa a Fulmine e gli sorrise “Ci vediamo, Signor Styles” disse, prima di far partire Fulmine a tutta velocità
“Non vedo l'ora, Signorina Claire” le urlò Harry di rimando, ridendo.
 
                                                                                      ***
 
Dopo aver parlato con Harry si sentiva stranamente meglio, al punto che nei giorni seguenti non faceva altro che sorridere, e rispettava gli ordini della madre senza fare una piega. La madre ne era ovviamente felice; pensava che finalmente la figlia avesse riacquistato il senno, mentre Marlene che la conosceva decisamente meglio, sospettava ci fosse qualcosa sotto.
Un pomeriggio si trovava in giardino, impegnata a curare i fiori e a catalogarli nel libro di piante della madre, quando qualcuno le si mise davanti facendole ombra. Alzò lo sguardo e vide un viso familiare sorriderle
“Salve, signorina Claire” alzò un sopracciglio, concentrandosi per capire chi fosse quel ragazzo, finché finalmente lo riconobbe e si alzò di scatto
“Salve, signor McKelley, cosa ci fa da queste parti?”
“Oh, mi chiami pure Aaron. Sono venuto in città per degli affari e ho pensato di fermarmi per un saluto”
“Avete fatto bene” gli sorrise in modo cordiale, per poi raccogliere il libro “Venite, vi accompagno dentro”
Una volta in casa Helen si mise in moto, affinché venissero preparati tè e biscotti, e il conte McKelley venisse accolto come si deve. Dopo nemmeno un quarto d'ora si accomodarono in terrazza a sorseggiare tè verde e mangiare biscotti.
“Allora, signor McKelley, come mai da queste parti?” domandò Helen, con un gran sorriso stampato in viso
“Come ho detto a vostra figlia poco fa, sono venuto in città per affari e ho pensato di fermarmi per un saluto”
“Oh, ma quale onore! Ci fa davvero molto piacere che vi siate fermato!”
Claire li guardava conversare, e vedeva ogni tanto Aaron rivolgerle un sorriso, che lei ricambiava in modo tirato. Nel sentirli parlare percepiva qualcosa di strano che non riusciva a spiegarsi. Decise di lasciar perdere, e prese un altro biscotto dal vassoio
“Quindi non c'è ancora una signora McKelley?” indagò la madre
“No, non ancora purtroppo. Ma spero ancora per poco”
“Sicuramente! Siete un ragazzo bello, elegante e pieno di virtù; ci saranno sicuramente tantissime ragazze pronte a sposarvi”
“Non saprei, ma sinceramente mi importa soltanto del volere di una dama” Aaron sorrise, lanciando una veloce occhiata a Claire, che alzò un sopracciglio confusa
“Sicuramente questa ragazza sarà più che felice di sposarvi, signor McKelley!” Helen sorrise, e continuò a chiacchierare con Aaron per quasi due ore; fino a quando quest’ultimo si congedò dicendo di dover ripartire, poiché il viaggio era lungo.
“Claire, tesoro, perché non fai vedere il nostro giardino al signor McKelley mentre preparano la carrozza?”
“Io? Perché i-” ma non riuscì a terminare la frase, dato che lo sguardo furioso della madre era molto chiaro
“Certo. Venite con me” lanciò un'ultima occhiata alla madre, che ora sorrideva soddisfatta, e poi si diresse nel cortile, seguita da Aaron.
 
Camminavano fianco a fianco, mentre Claire gli raccontava il significato di ogni singola statua, man mano che le raggiungevano. Arrivarono vicino alla statua di Apollo e Dafne, e Claire si fermò per ammirarla.
“Questa è la mia preferita” Aaron sorrise, mentre la guardava esaminarla attentamente, cercando di coglierne ogni minimo particolare
“Non la conosco. Chi l'ha scolpita?”
“E' di un'artista italiano, Gian Lorenzo Bernini, nato a Napoli e vissuto a Milano agli inizi del milleseicento. Ha scolpito questa statua tra il milleseicentoventidue e il milleseicentoventicinque. Rappresenta il momento in cui Apollo, bersaglio di una freccia lanciata da Cupido, si innamora di Dafne e la insegue, mentre lei scappa, non ricambiando il suo amore; e quando Apollo la raggiunge e le poggia una mano sul ventre, lei implora il padre Penéo, dio dei boschi, di trasformarla in un albero per sfuggire ad Apollo. Infatti, se vedi, qui si nota come i piedi di Dafne si trasformino in radici, e i capelli in foglie, e di come la pelle diventi corteccia, nonostante Apollo senta ancora il calore della sua pelle” Claire parlava sorridendo, mentre Aaron la guardava incantato
“Vedo che ti affascina la mitologia”
 “Tantissimo” Claire sorrise, e dopo poco arrivarono alla carrozza di Aaron
“Beh, è stato un piacere passare del tempo con voi, Claire”
“Anche per me, Aaron” gli sorrise e spalancò gli occhi quando vide Aaron prenderle la mano, posare un piccolo bacio sul dorso, e poi sorriderle
“A presto” e salì sulla carrozza, lasciandola perplessa.
 
Harry intanto era tornato a casa, travolto da mille emozioni diverse. Si sentiva bene quando stava in compagnia di Claire, fin troppo bene, e questo lo spaventava a morte. L'ultima volta che si era sentito così, poi ci ha messo quasi un anno per riprendersi e tornare sereno. Sospirò lasciandosi cadere sul letto, e rimase a fissare il soffitto a lungo, rimuginando. Ripensò al pomeriggio nel bosco passato con Claire, a come con lei le riusciva così facile parlare, confidarsi; con lei non si sentiva giudicato o altro, ma si sentiva bene, a proprio agio. I suoi grandi occhi azzurri gli infondevano fiducia e tranquillità; erano sinceri, vispi e trasparenti; guardavano il mondo con fiducia e ingenuità, come se il male non esistesse. Ma a volte, come quel pomeriggio in cui gli aveva parlato della sua famiglia e dei suoi sentimenti, li aveva visti tristi, vuoti, senza più allegria, e si chiedeva se non fosse impazzito, se fosse davvero possibile leggere tutte queste emozioni in un paio di occhi. Si passò le mani sul viso, prendendo un respiro profondo. Magari gli piaceva stare con Claire perché la sentiva vicina come un'amica, una sorella. Basta. Basta pensieri, basta complessi, basta ansie; lui era fidanzato, a breve si sarebbe sposato, e questa era l'unica cosa che contava.
 
I giorni passavano tra noia e quotidianità, e il sorriso di Claire scomparve di nuovo. Sentiva che le mancava qualcosa, ma non riusciva a capire cosa; aveva un peso nel petto che non riusciva a scacciare. Sospirò, lasciandosi cadere sulla poltrona della sua stanza. Si portò una mano sul petto, e chiuse gli occhi: le tornò in mente quel pomeriggio al ruscello, con Harry, e pensò che era ormai più di una settimana che non lo vedeva. E chissà se lo avrebbe rivisto.
“Claire, scendi! Abbiamo visite!” la voce della madre la fece sobbalzare e per poco non cadde dalla poltrona. Si precipitò nel salone principale, e vide la madre parlare con Aaron: avevano uno sguardo strano.
“Salve, Aaron” Claire si avvicinò a loro, e Aaron le sorrise
“Che piacere rivederla, Claire” le baciò la mano, esattamente come l'ultima volta
“Il signor McKelley è venuto appositamente per te, Claire!”
“Per me?”
“Sì, sì, per te! Ha una cosa molto importante da dirti” Claire cominciò ad agitarsi; sapeva che c'era qualcosa di strano, e che sarebbe successo qualcosa di ancora più strano. Infatti, nemmeno due minuti dopo, vide Aaron tirare fuori dalla tasca una piccola scatola e inginocchiarsi di fronte a lei. Che stava succedendo?
“Claire Marie Tomlinson, vorreste farmi l'onore di diventare mia moglie?” pronunciò quelle parole aprendo la scatolina e mostrando un anello pieno di diamanti, mentre le sorrideva come mai prima. Dire che Claire fosse sconvolta era un eufemismo. Rimase paralizzata, senza fiato, e si voltò verso la madre: sorrideva; poi tornò a guardare Aaron. Rimase in silenzio per alcuni istanti, finché un colpo di tosse intenzionale della madre la riportò alla realtà
“No”
“Che cosa?!” urlò Helen, incredula. Claire si schiarì la voce
“Sono lusingata dalla vostra proposta, Aaron, ma mi vedo costretta a rifiutare” Aaron la fissava con occhi spalancati, cercando qualcosa da dire, ma Helen fu più veloce
“Non ascoltatela, non sa cosa dice, è solo spaventata. Le parlo un secondo in privato, se permettete” prese Claire per un braccio e la trascinò nella stanza affianco
“Si può sapere cosa ti passa per la testa?!” le urlò la madre non appena furono sole
“Cosa salta in testa a me? Cosa salta in testa a lui! Ci siamo visti solo due volte per poco più di dieci minuti e mi chiede di sposarlo!”
“Mai sentito parlare di colpo di fulmine? Dovresti conoscerlo, dato tutti quei romanzetti d'amore che leggi”
“So cos'è, e non sono 'romanzetti', come li chiami tu, ma bellissimi libri d'amore!” Helen era furiosa; il viso rosso come mai prima d'ora. Si avvicinò a Claire costringendola ad indietreggiare fino alla parete opposta
“Ascoltami bene, Claire: io ho fatto i salti mortali per far sì che il conte McKelley ti chiedesse in sposa, e tu ora non rovinerai tutto con i tuoi inutili capricci! Intesi?!” Claire rimase a bocca aperta. La madre aveva messo in scena tutto? Il ballo, la visita, tutto? Si sentì pervadere da un improvviso miscuglio di rabbia e delusione.
“Voi...voi avete organizzato tutto?” Helen sgranò gli occhi, capendo di aver parlato troppo
“Siete stata voi a fare in modo che ci incontrassimo, che ballassimo insieme e tutto il resto? Ecco perché quel giorno eravate così complici, ed ecco perché facevi di tutto per farci rimanere soli” Claire si sentì mancare per l'improvvisa consapevolezza di tutte quelle cose
“Claire, tesoro, io l'ho fatto per te” allungò una mano verso di lei per accarezzarle i capelli, ma Claire gliela scostò; la fissò negli occhi, con uno sguardo freddo e pieno di rabbia
“No, madre, non l'avete fatto per me, ma per voi! Voi volete che mi sposi, ma a me non importa! E sappiate che non sposerò Aaron!” disse furiosa, tutto d'un fiato; ma la madre non si perse d'animo. Stava già per urlare contro che, consenziente o meno, lei avrebbe sposato Aaron; ma Claire la spostò di lato e corse via. Si affrettò a raggiungere la stalla e prendere Fulmine, per poi scappare via mentre la madre le urlava di tornare indietro. Non riusciva davvero a credere che avesse fatto una cosa del genere: organizzare un matrimonio combinato. Non se lo sarebbe mai aspettata dalla madre, nonostante il suo carattere. Senza nemmeno rendersene conto cominciò a piangere, senza riuscire a fermarsi; sapeva che quando sarebbe tornata a casa l'avrebbero costretta ad accettare la proposta di Aaron, e lei non avrebbe potuto rifiutare. Doveva scappare, ormai era l'unica soluzione. Raggiunse l'entrata del bosco, e sentì una voce chiamarla; si voltò e vide Harry.
“Buongiorno, Claire” le sorrise, ma appena vide il volto di lei pieno di lacrime, il sorriso gli morì. Claire lo fissò in silenzio, a lungo, quando le venne un'idea. Voleva distrarsi, voleva non pensare a tutta questa situazione contorta almeno per un paio d'ore, e lui la faceva stare bene, così:
“Ti va di venire in un posto con me?” Harry la guardò perplesso, ma Claire non si perse d'animo “Dai, sali” lo incoraggiò con un sorriso
“Non ti sembra una cosa poco appropriata per una signora?” la prese in giro, mentre con difficoltà saliva a cavallo
“E a te non sembra poco appropriato per un signore non saper andare a cavallo?”
“Touchè” Harry rise, cercando un modo per mantenersi. Quando Claire se ne accorse gli prese le mani e le guidò davanti a sé, in modo da farsi abbracciare da dietro. Harry sgranò gli occhi.
“Sei sicura-”
“Sì. Non è che stai abusando di me” ridacchiò, seguita da Harry che rilassatosi un po' le avvolse le braccia attorno alla vita. A Claire mancò il fiato, e il cuore prese a batterle velocemente. Cercò di non pensare al calore del suo torace premuto sulla sua schiena, o delle sue braccia forti che la stringevano, e partì.
Dopo circa dieci minuti arrivarono in un punto del bosco difficile da vedere se non si conosce. Scesero da cavallo, e Claire legò Fulmine ad un albero mentre provava a calmarsi: non si era mai sentita in quel modo, non aveva mai provato quelle sensazioni, non aveva mai avuto così tanta voglia di stare vicino a qualcuno. Era terrorizzata da tutto ciò che le stava succedendo: un po' perché non le era mai capitato di provare cose del genere, e un po' perché non aveva nessuna intenzione di soffrire
“Perché mi hai portato qui?” la voce di Harry la riportò alla realtà, e gli andò vicino
“Voglio farti vedere una cosa. Seguimi” andò verso due alberi enormi, talmente vicini da lasciare solo un piccolo spazio a misura d'uomo tra di loro, come una porta naturale. Claire vi passò in mezzo, ed Harry la seguì, trovandosi poi di fronte ad uno spettacolo mozzafiato: un piccolo spazio di terra, e poi un lago enorme dall'acqua cristallina. Vi erano rocce tutt'intorno, e da una di esse sgorgava una piccola cascata. Claire lo guardò sorridendo, mentre Harry girava su se stesso, incredulo
“E'...wow. Come conosci questo posto?” la guardò ancora sconvolto da quella visione, mentre Claire andò a sedersi vicino alla riva del lago
“Sai, quando passi molto tempo in un bosco ne scopri tutti i segreti” Harry la raggiunse, sedendosi vicino a lei
“Perché mi hai portato qui?”
“Questo è il mio posto speciale: sembra una cosa da bambini, ma quando voglio stare da sola mi piace venire qui. Nessuno conosce questo posto, sai? Da fuori il lago non si vede, sembra soltanto un'altra enorme distesa di terra e alberi, ma se ti fai coraggio e oltrepassi quella porta di alberi, ti ritrovi davanti ad un paradiso terrestre” Harry continuò a guardarla, mentre parlava, e nel frattempo quella strana sensazione nel suo stomaco tornò a farsi sentire
“Non lo conosce nessuno?”
“No, solo io, e ora anche tu” ad Harry mancò il respiro a quella consapevolezza. Lo aveva portato in un posto che per lei significava molto, e non riusciva a capirne il motivo
“Perché?” chiese semplicemente, e finalmente Claire si voltò verso di lui
“Non lo so. Stranamente mi fido di te, e ho sentito il bisogno di farti conoscere questo posto” Un improvviso impulso spinse Harry ad avvicinare il viso a quello di Claire, fissando prima lo sguardo nei suoi occhi e poi sulle sue labbra, mentre Claire rimaneva immobile
“Cos'è successo?” sussurrò, tornando con lo sguardo ai suoi occhi che erano dipinti di un azzurro più cupo del solito. Claire sospirò.
“Mia madre ha combinato un matrimonio tra me e il conte McKelley. Ha fatto in modo che ci incontrassimo 'casualmente', che parlassimo, e che lui mi chiedesse di sposarlo; ma io non voglio sposarlo!” gli occhi le si riempirono di nuovo di lacrime, e la voce cominciò a tremarle
“Almeno in amore voglio essere libera: libera di innamorarmi, di amare e di scegliere chi sposare” cominciò a piangere e a singhiozzare, e Harry, come un riflesso, la attirò a sé e la strinse tra le sue braccia.
Claire si strinse di più a lui, nascondendo il viso nel suo petto, e Harry, automaticamente, le avvolse le braccia attorno alla schiena, tenendola stretta. Si sentiva così dannatamente bene tra le sue braccia, e non avrebbe dovuto sentirsi così; sentiva il desiderio di restare così per sempre, e sapeva che era sbagliato provare queste cose. Si chiedeva cosa le stava succedendo, ma forse lo sapeva già, aveva solo paura di ammetterlo, di dirlo ad alta voce. Si stava innamorando di lui.
E com'era possibile? Si conoscevano da così poco, si erano parlati solo due volte; com'era possibile provare cose così per una persona che si conosce a malapena?
Eppure i sintomi erano uguali a quelli dei romanzi d'amore: stomaco che si contorce, cuore che batte furioso, sorrisi nati senza motivo. No, non si stava innamorando di lui. Probabilmente era già innamorata di lui, in modo così assurdo ed irrazionale da spaventarla all'inverosimile.
Da parte sua, Harry, era il primo ad essere sconvolto da quel gesto. Era stato un gesto automatico, fatto senza pensare realmente, e per un attimo aveva temuto che Claire lo avrebbe scacciato, offesa. E invece si era lasciata abbracciare volentieri, come se non aspettasse altro. Cominciò ad accarezzarle la schiena dolcemente, sentendola calmarsi pian piano. Da quando Isabelle lo aveva lasciato, non era riuscito più a stare con una ragazza: non riusciva più a toccarle, baciarle, accarezzarle o abbracciarle; nemmeno a stargli semplicemente vicino; era un ragazzino, e si sentiva tradito dal genere femminile. Pensava seriamente che non si sarebbe mai più innamorato, e ad essere sinceri non gli dispiaceva affatto; almeno non avrebbe più sofferto.
Ma da quando aveva conosciuto Claire tutto il suo mondo era stato stravolto: lei era riuscita a fargli provare emozioni che aveva ormai dimenticato, senza nemmeno rendersene conto, e fargliene provare anche di nuove. E aveva paura; tanta, tanta paura. Non avrebbe sopportato un'altra delusione, un altro tradimento, altra sofferenza; per questo sapeva che era meglio allontanarla, ma non ci riusciva.
“M-mi dispiace” disse Claire in un sussurro
“Shh” la tranquillizzò Harry, lasciandole un bacio tra i capelli “Si sistemerà tutto”
“Lo credi davvero, o lo dici tanto per?” alzò il viso verso il suo: gli occhi arrossati e tristi. Harry le accarezzò piano una guancia, mentre un unico pensiero gli vorticava in testa: desiderava baciarla.
“No, lo credo davvero. Prima o poi tutto si sistema” Claire gli sorrise, asciugandosi gli occhi, e si mise in ginocchio, facendo avvicinare ancora di più i loro visi. Si fissarono per alcuni istanti, finché Claire poi si sporse e gli diede un bacio sulla guancia. Harry chiuse gli occhi, lasciando andare un piccolo sospiro a quel contatto. Claire si allontano, visibilmente imbarazzata, e volse lo sguardo verso il lago; Harry invece rimase a fissarla ancora qualche minuto, cercando di assimilare tutte quelle sensazioni.
“Harry? Ti piace la mitologia?” gli domandò Claire improvvisamente
“Conosco qualche storia. A te piace?” si girò verso di lui sorridendo
“La amo. Soprattutto le storie d'amore: sono bellissime” Harry sorrise, sdraiandosi di lato
“Me ne racconti una?”
“Certo” gli sorrise, sdraiandosi di fronte a lui “Mmh, conosci la storia di Amore e Psiche?” Harry scosse la testa
“In pratica è la storia di Psiche, fanciulla bellissima ma che non riusciva a trovare marito. Era talmente bella che molti la chiamavano 'Venere' e la dea della bellezza, offesa per questo oltraggio, chiese a suo figlio Eros, in questo caso Amore, di farla innamorare dell'uomo più brutto; ma Eros sbagliò la mira e colpì il proprio piede, innamorandosi perdutamente di Psiche. Intanto i genitori di Psiche consultarono un oracolo, e sotto consiglio di quest'oracolo, portarono Psiche sulla cima di un monte e la lasciarono lì, da sola. Eros la prese e la portò al suo palazzo, dove impose che i loro incontri sarebbero avvenuti al buio, così da non scatenare l'ira della madre. Un giorno però, Psiche, istigata dalle sorelle, prese una lampada ad olio per scoprire l'aspetto del suo amante: sfortuna volle che una goccia cadde addosso ad Eros, e che questo si svegliasse. Scoperto che Psiche aveva infranto la promessa, scappò, e Psiche si pentì immediatamente di ciò che aveva fatto. Alla fine però, dopo varie peripezie che Psiche fu costretta ad affrontare per riavere Eros, riuscirono a sposarsi”
Harry la guardava incantato e sopraffatto dalla passione con cui gli raccontava la storia, e di come ne fosse affascinata
“E' proprio un amore per la mitologia, il tuo. E per l'amore” Claire sorrise, e alzò lo sguardo verso il cielo
“Già, ne sono affascinata”
 
Rimasero sdraiati vicini a parlare per parecchio tempo, finché il cielo cominciò a scurirsi, e decisero che sarebbe stato meglio tornare a casa. Camminarono insieme fino all'inizio del bosco, dove poi avrebbero dovuto prendere strade diverse. Claire sospirò, vedendo la sua casa poco distante da loro: non aveva nessuna voglia di tornarci. Harry intanto la guardava con un peso sullo stomaco. Sapeva che non aveva voglia di tornare, glielo si leggeva chiaramente in faccia, e sapeva che avrebbe dovuto affrontare l'ira della madre e avrebbe davvero voluto aiutarla, ma non poteva. Ma soprattutto, per un motivo che non conosceva, non voleva lasciarla andare, voleva restare ancora con lei.
“Beh, sarà meglio che vada. Grazie per oggi, Harry. Grazie davvero” gli sorrise e iniziò ad avanzare verso casa sua.
Un impulso improvviso, un gesto involontario, ed Harry la seguì: la prese per un braccio, la fece voltare tirandola verso di sé, e la baciò. Le avvolse le braccia attorno alla vita, stringendola a sé maggiormente, mentre le loro labbra premevano le une sulle altre.
Claire aveva gli occhi spalancati e il cuore che batteva furioso nel petto. Sentire le labbra piene, calde e morbide di Harry sulle proprie la sconvolse. Poi si lasciò andare e gli mise le mani sulle spalle, chiudendo gli occhi; vedendo che non lo respingeva, Harry iniziò a muovere le labbra sulle sue, in modo dolce e lento, per poi approfondire il bacio.
Era il suo primo bacio, e Claire non sapeva bene cosa fare; ma quando le labbra di Harry iniziarono a muoversi sulle sue, quando le loro lingue si intrecciarono e i loro sapori si mischiarono, smise di pensare e si lasciò guidare dal suo istinto e dalle sensazioni che provava.
Quando si staccarono, a Claire girava la testa, e una miriade di farfalle prese ad infuriare nel suo stomaco. Si guardarono negli occhi per alcuni secondi: i respiri a confondersi tra di loro, i loro nasi a sfiorarsi. Ma d'un tratto Harry si allontanò da lei e corse via, lasciandola lì, da sola, a gestire le emozioni di un sentimento troppo forte da poter controllare.
 
                                                                                  ***
 
Passarono giorni, poi settimane da quel pomeriggio, e da allora non si videro più.
Per tutto quel tempo Harry continuò a darsi dello stupido per essere scappato, del codardo per non riuscire ad ammettere di essersi innamorato di lei.
Claire, invece, non sorrideva più: si sentiva ferita, rifiutata e sconfitta. Quella sera, quando tornò a casa, i suoi genitori la attaccarono, facendo lunghissimi discorsi che però Claire non ascoltò. Continuava a chiedersi perché Harry l'avesse baciata, e perché si fosse pentito subito dopo. Alla fine disse semplicemente che sì, accettava di sposare Aaron. Il matrimonio fu fissato per il quattordici giugno.
 
Harry intanto continuava a rimuginare su ciò che aveva fatto: l’aveva baciata, e gli era piaciuto da morire. Si era innamorato di lei, ma aveva troppa paura per affrontare di nuovo quel sentimento. Si era innamorato di lei, e a breve avrebbe dovuto sposare un'altra. Sospirò, passandosi le mani tra i capelli e scombinandoli. Si trovava in un bel pasticcio.
Aveva baciato Claire, probabilmente illudendola o confondendola o illudendola, non lo sapeva. Molte volte avrebbe voluto andare a parlarle e chiarire tutto, ma era troppo spaventato per riuscirci; eppure doveva farlo, per Claire. Claire che lo aveva ascoltato, Claire che inconsapevolmente lo aveva aiutato, Claire che amava e che voleva vedere felice.
Si sentiva un completo idiota: il tempo passava, e lui non prendeva una decisione.
  
                                                                              ***
 
Era una sera di metà maggio, e Claire si trovava sul balcone della sua stanza ad ammirare le stelle. Era una sera particolarmente triste, in cui non riusciva ad allontanare il ricordo di Harry dalla sua testa. Ogni giorno provava a non pensarlo, diceva che le sarebbe passata; ma quando sembrava che lo stesse davvero dimenticando, il ricordo di lui, dei suoi occhi, del suo sorriso e del loro bacio le ripiombava in mente come un temporale improvviso, pronto a sconvolgerla e farla crollare.
 
“Claire!” Harry la vide rientrare, mentre correva come un pazzo verso la sua finestra. Era riuscito miracolosamente a scavalcare le mura senza farsi vedere, e ora doveva raggiungere la sua stanza, senza farsi scorgere dalle guardie. Si chiese come avrebbe saputo quale fosse stata la sua stanza, e poi la vide: solo un profilo scuro nella notte, ma la riconobbe all'istante.
Quando arrivò sotto il balcone Claire si era ormai chiusa la porta alle spalle, così, con un sospiro, cominciò ad arrampicarsi.
 
Claire si sedette sul letto, fissando il pavimento e tentando di trattenere le lacrime, quando un rumore di vetri percossi la fece sussultare: si girò di scatto verso il balcone, e vide Harry. Harry, lo stesso Harry che non vedeva ormai da quasi un mese, lo stesso Harry che l’aveva baciata e subito dopo era scappato, lo stesso Harry di cui si era innamorata.
Dopo un primo momento di shock si avviò decisa verso il balcone e aprì le porte
“Claire, finalmente, io-”
“No, Harry, tu niente! Si può sapere cosa diavolo ci fai qui a quest'ora?!”
“Claire, ti prego, ti devo parla-”
“No! Tu non devi dire proprio nulla! Devi solo andare via e non farti vedere mai più!” la voce le si stava spezzando, e non era il momento adatto per piangere
“Claire...”
“Niente Claire, Harry. Vattene, non voglio vederti mai più” il tono di voce basso e calmo che aveva assunto ora, gli fece provare una fitta dolorosa al petto. Lo odiava, e aveva tutte le ragioni del mondo più una per odiarlo, ma non riusciva a sopportarlo. E allora capì: nel momento esatto in cui la rivide, capì quanto le era mancata e che non avrebbe mai potuto vivere senza di lei; capì che avrebbe voluto vederla sorridere sempre e mai vederla triste, e capì che avrebbe voluto essere lui la ragione del suo sorriso, e mai delle sue lacrime. Però, capì anche che lei meritava di meglio.
“Ti prego, fammi parlare. Lasciami parlare e poi ti giuro che uscirò per sempre dalla tua vita” Claire sospirò arresa, e gli fece un cenno per acconsentire
“Sono stato un completo idiota, lo so. Ti ho baciata e sono scappato, ma l'ho fatto perché sono un codardo. Ho paura, paura di quello che provo, paura di quello che tu mi fai provare, paura di soffrire di nuovo, paura dell'amore. Con te mi sono sentito bene fin dal primo incontro, fin dal nostro primo sguardo, e non mi era mai capitata una cosa del genere. Con te ho sentito che potevo essere me stesso, e che potevo fidarmi di te; ed è una cosa assurda, perché io non mi fido di nessuno! Ti ho raccontato cose di me, anche futili, che non avevo detto mai a nessuno.” prese un respiro profondo, prima di continuare
“Non so nemmeno se ha un senso tutto ciò che ho detto finora, so solo che non mi sono mai sentito così, mai. Insomma, quello che sto cercando di dirti è che avevi ragione, Claire. Avevi ragione nel dire che quando mi sarei innamorato lo avrei capito. Perché io, ora, ho capito di amarti. Sono innamorato di te, Claire, perdutamente innamorato di te”
Claire era rimasta letteralmente senza parole: aveva gli occhi lucidi e spalancati, e fissava Harry mordersi il labbro inferiore, impaurito come un bambino. La amava, aveva detto che la amava; allora il bacio per lui aveva significato qualcosa, allora anche lui provava quello che provava lei. Harry la amava.
“Tu...tu sei un completo idiota! Sei un cretino senza cervello! Che ci voleva a dirmelo in quel momento, invece di scappare via, ah? Se me lo avessi detto allora, adesso non ci troveremmo in questa situazione, ed io non starei per sposare Aaron! E ti amo anche io!” disse tutto d'un fiato, mentre la voce le si spezzava e le lacrime iniziavano a rigarle il viso “Ti amo, Harry” si fissarono per un breve attimo, immobili e in silenzio, e poi Harry le andò incontro e la baciò stringendola a sé. Claire si strinse maggiormente a lui, mentre le lacrime non accennavano a fermarsi. Si amavano, si amavano ma avevano entrambi paura; eppure, ora, si sentivano pronti a rischiare, a mettersi in gioco per quel sentimento.
Quando si staccarono, Harry le asciugò le lacrime con i pollici, sussurrandole un “Stavolta non scappo, resto con te” che la fece sorridere. E finalmente Harry poté rivedere quel sorriso che gli faceva battere forte il cuore.
Tornarono a baciarsi, sussurrandosi infiniti 'ti amo' per rendere sempre più reale quella promessa. Harry le avvolse le braccia attorno alla vita, stringendola sempre più per non lasciarla andare via; e Claire si sentiva viva, libera, finalmente, libera di poter amare Harry, in quel momento, in quella non libertà che era la sua vita. Voleva essere sua per sempre, voleva appartenergli, come voleva che lui le appartenesse
“Harry, fai l'amore con me” gli sussurrò vicino ad un orecchio, e Harry fu attraversato da un brivido lungo la schiena. Si allontanò di poco per poterla guardare negli occhi, quegli occhi azzurri che amava tanto
“Ne sei sicura?” sussurrò accarezzandole una guancia, e Claire annuì
“Voglio essere tua in ogni modo possibile; voglio essere una cosa sola con te, e voglio stare solo con te. Ti amo, Harry, e voglio che sia tu” Harry le diede piccoli baci sul naso, le guance, la fronte e infine le labbra
“Ti amo anche io, Claire. Ti amo tanto” la baciò di nuovo, mentre Claire sorrideva “Facciamo l'amore”
E fecero l'amore. Fecero l'amore con dolcezza, tra baci, sospiri e carezze, trasmettendosi l'un l'altro tutto ciò che provavano. Divennero una cosa sola, e questo li unì per sempre, perché Claire non sarebbe mai appartenuta ad Aaron, non gli avrebbe mai donato se stessa come adesso si stava donando ad Harry. Lui non avrebbe mai avuto il suo cuore.
Così come Harry non avrebbe mai provato per Camille ciò che provava per Claire, anzi, non avrebbe mai provato per nessuno ciò che provava per lei; e non voleva perderla per nulla al mondo.
Fu per questo che quando si misero sotto le coperte, abbracciandosi e rimanendo stretti, Harry le propose la sua idea
“Scappiamo” Claire poggiò il mento sul suo petto per riuscire a guardarlo in viso
“Cosa?”
“Tu hai sempre detto che un giorno saresti scappata, no? Bene, facciamolo ora, scappiamo, io e te” Claire lo guardò per capire se scherzasse, ma vide il suo sguardo terribilmente serio
“Harry, scappare vuol dire lasciare tutto e tutti e non tornare mai più”
“Lo so”
“E saresti davvero disposto a farlo?”
“Per te? Senza nessun ripensamento” Claire sorrise e lo abbracciò di slancio, facendo sorridere anche Harry
“Allora? E' un sì?”
“No, è un 'certo che scappo con te'”
Rimasero svegli fino a tarda notte a coccolarsi e a pianificare la loro fuga nei minimi dettagli, che avrebbero attuato la settimana successiva, finché il sonno non rapì entrambi.
 
                                                                               ***
 
Quella settimana passò velocemente, tra incontri furtivi e lettere segrete, e in un lampo arrivò il giorno prima della partenza. Sarebbero partiti l'indomani notte, mentre tutti dormivano, lasciando solo un bigliettino per tranquillizzare i genitori.
Il sorriso di Claire era sempre più luminoso, anche Claire lo era, e la madre cominciò ad insospettirsi.
Un giorno, mentre Claire stava passeggiando con Marlene, Helen entrò nella stanza della figlia e frugò tra i mobili, finché non trovò le lettere di Harry. Così scoprì tutto: della loro relazione e della loro fuga.
Furiosa, Helen, aspettò che la figlia tornasse, seduta sul suo letto.
 
Claire rientrò mezz'ora dopo, con un gran sorriso che svanì all'istante appena vide l'espressione della madre
“Madre, che succede?”
“Che succede? Hai anche il coraggio di chiedermi che succede?” si alzò di scatto e le andò incontro stringendo tra le mani le lettere di Harry. Claire sbiancò. “Le vedi queste? Ah? Mi dici cosa diavolo ti è passato per la testa?! Una relazione con il figlio del duca Styles? Senza dirmi niente, e oltretutto ora che devi sposarti con McKelley!”
“Madre-”
“No, niente madre! Ora sai che faremo? Andrai con Marlene nella villa in campagna fino al matrimonio con il conte McKelley; altro che fuga d'amore!” Claire si sentì mancare letteralmente il respiro. Non poteva credere che stessero svanendo così tutti i loro progetti
“No! Non ci penso proprio! Io non andrò da nessuna parte e non sposerò Aaron! E poi, come vi siete permessa di frugare tra le mie cose?!”
“Sono tua madre!”
“Non m'importa! Non avete alcun diritto di frugare tra le mie cose personali!” Helen le si avvicinò, con uno sguardo minaccioso che poche volte le aveva visto i viso
“Ascoltami bene, ragazzina, non mi interessa se tu e Harry vi amate o altro, tu resterai qui e sposerai il caro Aaron, intesi?” Claire la fissò imperturbabile, ma con gli occhi ormai pieni di lacrime
“E se io non volessi?”
“Allora ti cacceremo via di casa, e non ti considereremo più nostra figlia” e detto questo se ne andò, lasciando Claire da sola con il cuore a pezzi.
Non riusciva a credere che la madre fosse capace di tutto questo; per quanto antipatica potesse essere, non pensava minimamente che potesse arrivare a fare una cosa simile: privarla della libertà, dell'amore, della famiglia. Ma non aveva nessuna intenzione di piegarsi al volere della madre: in un modo o nell'altro lei sarebbe scappata via con Harry.
Marlene entrò poco dopo, e corse ad abbracciarla
“Oh, bambina mia, ho sentito tutto” la strinse forte, e Claire si lasciò andare in un pianto liberatorio
“N-non so cosa posso fare”
“Troveremo una soluzione, fidati di me” le sorrise e le spostò i capelli dal viso
“Ne sei sicura?”
“Certo! Anzi, ho già un'idea”
 
Nel tardo pomeriggio, Claire e Marlene salirono su una carrozza diretta alla loro villa in campagna, mentre Harry preparava le ultime cose per la fuga. Gli dispiaceva lasciare la madre, ma sapeva anche che avrebbe capito, e forse lo avrebbe anche sostenuto; scrisse un biglietto per lei e lo posiziono sopra il cuscino, in bella mostra. All'una partì.
Arrivò sotto casa di Claire all'una e un quarto, ma vide la luce della sua stanza spenta
“Claire! Claire!” la chiamò, e sospirò di sollievo quando vide la luce accendersi e udì le porte aprirsi, ma quella che vide uscire sul balcone non era la sua Claire.
“Claire non c'è, Harry”
“Come...che significa?”
“Significa che non ti ama. E' andata a Parigi con Aaron, mi dispiace, ti ha soltanto illuso”
Harry si sentì venir meno a quelle parole, e una fitta lo colpì al petto; un dolore atroce, lancinante che mai aveva provato. La madre di Claire tornò dentro, lasciandolo con mille dubbi e il cuore spezzato.
Era impossibile, Claire lo amava, ne era certo, glielo leggeva negli occhi ogni volta che si guardavano, nel sorriso ogni volta che si baciavano, e nei sospiri ogni volta che facevano l'amore. Si sentiva perso, spaesato, solo. E ora? Cosa avrebbe dovuto fare, ora? Tornare a casa e provare ad andare avanti? Ma sapeva non sarebbe mai riuscito a dimenticarla e ad andare avanti: non Claire che aveva completamente stravolto la sua anima e il suo cuore, lei che lo aveva spinto ad abbattere i suoi muri di paura e mettersi di nuovo in gioco per amore, nonostante l'alto pericolo di farsi male. No, non sarebbe mai riuscito a dimenticarla. Gli veniva da piangere perché la amava così tanto, e invece a sentir la madre lo aveva solo preso in giro, e non sapeva proprio cosa pensare.
Stava per lasciarsi andare al dolore e allo sconforto, quando sentì qualcuno che lo chiamava, e poi la vide
“Harry, finalmente!”
“Marlene? Cosa fate qui?” le andò vicino e la aiutò a tenersi in piedi, mentre cercava di riprendere fiato
“Venite con me, vi spiegherò tutto durante il viaggio”
“Che viaggio?” Marlene sorrise
“Per andare da Claire” e Harry tornò a respirare.
           
Durante il viaggio Harry non riusciva a fare altro se non sorridere come uno stupido. Claire lo amava, lo amava e non lo aveva lasciato.
Marlene gli aveva spiegato che la madre aveva scoperto tutto e la aveva mandata nella villa in campagna. Gli aveva anche detto dell'idea che aveva avuto, e cioè corrompere il cocchiere per tornare indietro e andare a prenderlo, per poi scappare dalla villa in campagna.
Durante tutto il viaggio aveva comunque avuto paura che Claire lo avesse abbandonato e che non lo amasse. Ma appena scese dalla carrozza, Claire gli corse incontro e lo abbracciò di slancio, facendolo quasi cadere
“Sei qui” Harry nascose in viso tra i suoi capelli, ispirando il suo profumo che lo faceva sentire a casa
“Sono qui, e tu sei qui con me” Harry la strinse di più, avendo paura che fosse soltanto un sogno
“M-mi hai fatto spaventare” la voce iniziò a tremargli, e Claire si allontanò di poco da lui per guardarlo in viso
“Harry...”
“P-pensavo che mi avessi lasciato, c-che non mi amassi, e mi sono sentito morire” iniziò a piangere, lasciando andare il dolore e la paura che in quelle ore lo avevano consumato
“Ehi, ehi, non piangere” Claire gli prese il viso tra le mani, sentendo un peso sullo stomaco nel vederlo ridotto così per colpa sua. Non avrebbe voluto vederlo soffrire mai più “Harry, ascoltami: non avrei mai fatto una cosa del genere, chiaro? Io ti amo, ti amo più di ogni altra cosa, e non ti lascerei mai, per nulla al mondo, nemmeno sotto tortura. Quindi, ti prego, non pensare mai più che io possa fare una cosa del genere, chiaro?” Harry annuì, con gli occhi arrossati e uno sguardo da cucciolo spaurito. Claire gli asciugò le lacrime scese sulle guance con i pollici, e poi lo baciò, cercando di trasmettergli tutto l'amore che nutriva per lui.
“Sei la cosa più importante della mia vita, Harry, non dimenticarlo mai” le sorrise, e il peso sullo stomaco sparì completamente
“E tu la mia, Claire” e si baciarono di nuovo, stringendosi ognuno nelle braccia dell'altro, per poi sorridersi con le labbra e con gli occhi.
Partirono quella stessa notte, intorno alle tre del mattino.
“Mi raccomando piccolina, stai attenta. E tu occupati di lei”
“Stai tranquilla Marlene” le sorrise e la abbracciò
“Mi mancherai tanto combina guai” e tirò su col naso, cercando di non piangere, mentre Claire le baciava una guancia
“Mi mancherai tanto anche tu, Marlene. Prometto che verremo a trovar
“Ci conto eh” Claire sorrise
“Marlene? Grazie. Grazie per tutto quello che hai fatto per me in questi anni: grazie per essermi stata vicina, per essere stata la mia amica più preziosa, per aver sempre creduto in me. Ti voglio tanto bene, Marlene” la balia la strinse in un altro abbraccio, commossa dalle sue parole
“Ti voglio tanto bene anche io, piccolina.
 
Si salutarono, e salirono in carrozza. Harry le prese la mano, facendo intrecciare le loro dita
“Ne sei sicura?”
“Più che sicura” gli sorrise, giocando con le sue dita “E tu?”
“Mai stato più sicuro in vita mia”
“Te ne pentirai?”
“Mai. Non mi pentirò mai di essere scappato per poterti amare liberamente. E tu?”
“L'unica cosa di cui mi pento, è di aver aspettato tanto. Sarei dovuta scappare con te la sera del ballo, quando per la prima volta ho incontrato i tuoi occhi e me ne sono innamorata pur non sapendolo ancora” le accarezzò una guancia, portando i loro visi vicini e facendo sfiorare i loro nasi
“Grazie, Claire”
“Per cosa?”
“Per avermi fatto capire che non dovevo chiudermi all'amore solo per una delusione, ma che dovevo rimettermi in gioco, perché ad amare ne vale sempre la pena”
“Ma se non ho fatto nulla”
“Con la tua semplicità e spontaneità mi hai rubato il cuore, ti sembra fare nulla?” Claire sorrise, abbassando lo sguardo, ed Harry prontamente le alzò il viso per guardarla negli occhi
“Claire, ti amo, ti amo tanto e ora, amandoti, mi sono reso conto che non ero mai stato innamorato prima;  perché tu mi fai provare cose che non avevo mai neanche lontanamente immaginato di poter provare. Mi rendi felice con un sorriso, triste con una lacrima; mi fai ridere con il tuo umorismo ed arrabbiare con i tuoi sbalzi d'umore. Amo ogni cosa di te, e se mi chiedessero il motivo principale per cui ti amo non saprei dirlo, perché amo ogni minima parte che ti compone, pregi e difetti, e non cambierei una virgola di te, perché sei perfetta così”
Claire rimase a bocca aperta, e cominciò a piangere senza nemmeno rendersene conto
“H-ho detto qualcosa di sbagliato?” Claire gli sorrise scuotendo la testa
“E' solo che...non avrei mai pensato che qualcuno potesse dirmi cose del genere. Non avrei mai pensato di poter vivere in prima persona una storia d'amore come quella dei miei romanzi” Harry sorrise e le prese il viso tra le mani, guardandola intensamente negli occhi
“Claire, io ti amo, e sono sicuro di voler passare il resto della mia vita con te”
“Ti amo anche io, Harry, ti amo tantissimo, ti amo in un modo così intenso che non esiste nemmeno nei libri un amore così, e voglio passare anche io tutta la mia vita con te”
Harry sorrise e si fiondò per l'ennesima volta sulle sue labbra, mentre Claire si aggrappava a lui, tenendolo stretto per non lasciarlo mai andare via da lei
“Allora, pronta per la nostra vita insieme?”
“Prontissima” sorrise e si strinse a lui, mentre la carrozza partiva per una città sconosciuta, che li avrebbe accolti.
Li attendeva la felicità, li attendeva la libertà. Finalmente sarebbero stati insieme, sarebbero stati liberi, si sarebbero amati senza se e senza ma, senza nessuno dalla loro parte o contro di loro; solo loro due e ciò che provavano.
Finalmente l'amore li aveva resi liberi.
 
L'indomani mattina Helen andò alla villa in cui aveva mandato la figlia, ma trovò soltanto Marlene che le disse che Claire la aveva addormentata e che era riuscita lo stesso a scappare con Harry, lasciandole solo un bigliettino indirizzato a lei.
Helen glielo strappò dalle mani, furiosa, e lo lesse:
 
“Cara madre, se state leggendo questo vuol dire che sono riuscita a mettere in atto il mio piano e scappare con Harry.
Mi avete ostacolata fino all'ultimo minuto: non mi avete supportata e non mi siete stata vicino come avrebbe dovuto fare una madre; non mi avete accettata per ciò che sono, avete continuamente provato a cambiarmi, senza mai provare ad accettarmi per come sono.
Vi siete opposta quando vi ho esternato la mia passione per l'equitazione, vi siete opposta quando vi ho detto che amavo leggere, vi siete opposta quando vi ho detto che non volevo sposare Aaron, ed infine vi siete opposta quando avete scoperto che mi ero innamorata di Harry. Non ve l'ho detto perché sapevo che non lo avreste accettato e che ci sareste andata contro, e quando così è stato, mi sono chiesta se siete mai stata innamorata.
Molte volte ho desiderato avere una madre che mi capisse, mi amasse e mi supportasse, e  molte volte sono stata male perché non vi schieravate mai dalla mia parte; ma alla fine ci ho rinunciato: ho capito che voi non sareste mai stata quel tipo di madre, e me ne sono fatta una ragione. Ho cominciato a cavalcare di nascosto, a nascondere i libri e leggere nella soffitta, per non essere costantemente giudicata da voi, e a scappare di casa per incontrare Harry e poter stare con lui.
Sapete, ogni tanto ci speravo ancora che sareste cambiata, che mi avreste amata e capita, ma sapevo anche che non sarebbe mai stato possibile.
Però devo ringraziarvi. Devo ringraziarvi perché mi avete fatto capire esattamente la madre che non voglio essere per i miei figli; voglio essere il completo opposto di voi, e stare vicino ai miei figli, qualunque cosa decidano di fare.
Non credo che ci rivedremo ancora, quindi vi saluto definitivamente. Voglio solo dirvi che sì, sono scappata con Harry per stare con lui; perché lo amo e voglio stare con lui per sempre.
Ma sarei scappata anche se non lo avessi mai incontrato e non mi fossi mai innamorata. Pianificavo ormai da anni di scappare, aspettavo solo il momento giusto. Perché con voi mi sono sempre sentita oppressa, schiava di una vita non mia, imprigionata nella mia stessa casa, in cui mi era proibito fare ciò che amavo.
Mi era proibita la libertà.
Ed è questo il motivo principale per cui sono scappata, anzi, lo era; il motivo principale ora è Harry, è l'amore.
Se non vi siete mai innamorata, mi dispiace per voi, perché è il sentimento più bello che possa esistere. Ti fa sentire bene, felice e libera. Libera anche se non lo sei veramente, perché ti libera il cuore, l'anima, e alla fine è questo quello che conta.
Infine, voglio dirvi che vi voglio bene lo stesso, e ve ne vorrò sempre, perché siete comunque mia madre. E dite anche a mio padre e a mio fratello che gli voglio bene.
Vi saluto definitivamente, e spero che stiate bene. Non preoccupatevi per me, io starò sicuramente bene, perché c'è Harry al mio fianco.
 
Addio. Vostra figlia, Claire.
E ricordate sempre: l'amore ci rende liberi.”
 
Ancora non ci credo, ma hei, ce l'ho fatta! Dopo quasi due mesi sono riuscita a scrivere questa storia per il contest "Shadow of love" di Lilac j.
Spero di essere riuscita ad incentrare il tema, e che la storia sia riuscita bene. Spero che vi piaccia!
Ah, e vorrei ringraziare StuckInTheFairyTaleWorld per il bellissimo banner **
Saluti!

 
  
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