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Autore: Nuel    20/04/2015    15 recensioni
Lily Evans riceve un dono che suscita in lei ricordi lontani e calde lacrime. James Potter non l'aveva mai vista piangere, prima e di certo non aveva idea che anche tra i Babbani esistesse la magia.
♣ Questa fanfiction si è classificata seconda al contest "Harry Potter all'Opera" indetto da Matilde di Shabran sul forum di EFP.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La scatola magica


 

La sala comune di Grifondoro era quasi buia. Nel caminetto bruciavano gli ultimi tizzoni illuminando spicchi di tappeto e gambe di sedie spaiate, mentre dalle finestre entrava a malapena la pallida luce delle stelle.
    Era primavera, ma, lassù, sulla torre, si faceva fatica a ricordarlo: gli spessi muri di pietra erano ancora freddi e le studentesse, smessa la divisa, indossavano golfini di lana dai colori gentili sulle camicette bianche. 
    Nel silenzio rimasto dopo che gli studenti erano andati a dormire, Lily Evans se ne stava seduta da sola, sul divano rosso mattone al centro della stanza. Il fuoco si rifletteva sulle scarpe di vernice nera dalla punta un po' consumata, gettando ombre confuse sul suo viso chinato in avanti e sulle spalle incurvate, a tratti scosse da un singhiozzo, allora una mano si alzava ad asciugare una lacrima e poi tornava a stringere la lettera posata in grembo.

 
 
        “Cara Lily,
             nonna Daisy non è più con noi. Si è addormentata alle prime ore dell'alba dello scorso giovedì mattina,
       serenamente, mentre Petunia le teneva la mano.
           Non essere triste per lei. 
           Ho scritto al professor Silente per sapere come farti avere il suo grammofono e il tuo preside è stato tante
       gentile da venire a prenderlo di persona. È stato davvero molto premuroso.
          La nonna desiderava che lo avessi tu, anche se ha lasciato quasi tutti i dischi a Petunia...”
    

    Lily rilesse le righe scritte con mano tremante dalla madre, rammaricandosi, per la prima volta, di essere a Hogwarts e non a casa, con la propria famiglia. Non avrebbe più rivisto la nonna, non le avrebbe più raccontato le cose incredibili che aveva imparato a fare, non avrebbe più preso il tè con lei… poco alla volta, in punta di piedi, decine di ricordi si affollarono nella sua mente, attimi preziosi, sorrisi affettuosi e l'immagine un po' sbiadita di due bambine vestite di rosa che ballavano e saltellavano senza alcuna corrispondenza con la musica, mentre il disco scuro suonava con tono grave sul tavolino all'angolo del salotto, tra centrini di pizzo e statuine di ceramica.
    La nonna portava il nome di un fiore e rideva con gli occhi verde chiaro guardando le nipoti che piroettavano tra il tavolo ed il divano, scarpette di vernice bianca, col cinturino, e abiti primaverili con le maniche a palloncino. 
    Lily e Petunia non erano mai state più felici di allora, quando il profumo dei biscotti al burro fatti dalla nonna veniva dalla cucina e la musica riempiva l'aria. Petunia cantava senza capire le parole, inventando e stonando e Lily rideva, lasciandosi cadere sul tappeto dove il gatto aveva perso pelo bianco e nero, prima di dileguarsi, mettendosi in salvo dalle nipoti della sua padrona.
    Sembrava fosse passata una vita intera. Le bambine che avevano condiviso giochi e risate, che avevano mangiato gli stessi biscotti e diviso in due una fetta di torta di mele non erano cresciute assieme. Si erano allontanate il giorno in cui Lily era andata a Hogwarts per diventare quella che era sempre stata, senza saperlo: una strega. “… credi che io voglia essere un… un mostro?” aveva chiesto Petunia, la sua voce era tutta note acute stonate e il cuore di Lily si era infranto come un cristallo.
    Non si erano più parlate. 


James Potter, nascosto nell'ombra, sulla scala che conduceva ai dormitori maschili, guardava in pena la Evans. Non l'aveva mai vista in quello stato e non sapeva cosa fare: la tristezza era bandita dalla sua vita perché lo metteva a disagio.
    Che la Evans gli piacesse, lo sapevano tutti, come tutti sapevano che lei non lo sopportava. Così, nonostante la sua reputazione da sbruffone e da gradasso, James Potter non aveva il coraggio di scendere quei pochi gradini e raggiungerla. Per questo il suo migliore amico lo spinse, facendogli perdere l'equilibrio, e il ragazzo franò giù, imprecando tra i denti.
    « Chi c'è? » La voce della ragazza era rotta e un po' spaventata e James Potter maledisse mentalmente Sirius Black, che ridacchiava restando nascosto. 
    « Ehm… Potter, Evans. Sono solo io » disse un po' impacciato, scendendo gli ultimi scalini e palesandosi alla ragazza. Si passò una mano tra i capelli in un gesto nervoso e le si avvicinò fino a scorgere i suoi occhi lucidi, restando senza fiato. Non sapeva cosa fare quando la gente piangeva e gli occhi verde chiaro della Evans, in quel momento, erano più belli che mai.
    « Dovresti essere a letto, Potter » disse lei, tirando su col naso mentre cercava di darsi un contegno.
    « Anche tu, Caposcuola Evans » le fece notare con un sorriso impacciato.
    Ai piedi della ragazza era posato un grande oggetto di legno scuro dalla forma insolita, una sorta di cubo sovrastato da una tromba resa opaca dal tempo. La Evans era andata nell'ufficio del preside, dopo cena e quando era tornata l'aveva con sé. « È quello che ti fa piangere? » le chiese indicandolo.
    Lily abbassò lo sguardo fino ai propri piedi. « Il grammofono? » chiese sbuffando. « Beh, forse sì ». Si asciugò un'altra volta gli occhi, singhiozzando.
    « Allora perché non lo butti? » chiese lui, andando a sederle vicino.    
    « Me lo ha mandato mia nonna… » disse, ma Potter la guardò senza capire, e allora aggiunse: « è morta la settimana scorsa ».
    « Mi dispiace, Evans » sussurrò perciò James e quasi faticò a riconoscere la propria voce. Si sistemò gli occhiali sul naso, anche se non era necessario e si guardò intorno, in cerca di una via di scampo. Non sapeva come si consolano le persone. Alla fine tornò a guardare l'oggetto con la tromba il gra… graffomono. « E perché ti ha mandato questo graffomono? » le chiese per distrarla.
    « Grammofono » lo corresse lei. « Davvero non sai cos'è? »
    James scosse la testa, un po' imbarazzato e un po' impettito per l'effetto di quegli occhi su di sé. Trattenne il fiato per un momento per quanto erano belli e quanto erano vicini e quanto erano tristi.
    « È una scatola magica » gli disse Lily, con un sorriso mesto sulle labbra.
    « Magica? » chiese perplesso. Sapeva che la Evans era nata in una famiglia Babbana e sua nonna non poteva possedere un oggetto magico.
    « Può riprodurre qualsiasi musica… basta caricarlo e mettere un disco sul piatto » spiegò con tono nostalgico. 
    « Come? » le chiese lui, per nulla convinto.
    Lily scivolò giù dal divano, inginocchiandosi sul tappeto, mostrandogli una manovella sul lato della scatola. « Prima si carica », disse cominciando a girare la manovella, « poi bisogna mettere un disco… Ho solo questo, però ». Prese una grande busta quadrata e sottile dai colori scuri e ne trasse un disco nero, posandolo sul coperchio della scatola. « È un trentatregiri » disse, spostando il braccio sottile del grammofono e posandone l'estremità piegata sul disco.
    Il vinile cominciò a girare, ma la puntina saltava producendo solo un basso brusio, senza trovare il giusto solco in cui entrare.
    « Forse non funziona… » commentò Potter, che non aveva idea di cosa significasse “trentatregiri”.
    « È vecchio » disse lei con tono ferito, chinando il capo e Potter temette che si sarebbe rimessa a piangere.
    « Balliamo! » Saltò in piedi e le porse la mano. « Hai detto che è una scatola musicale, no? Allora balliamo! »
    « Ma non funziona! » protestò lei, mentre la puntina continuava a saltare.
    « Facciamo finta » spiegò lui, senza abbassare il braccio. 
    Lily lo guardò come se stesse pensando quanti punti togliergli per palese idiozia, ma poi sbuffò e l'attimo dopo rise, accettando la sua offerta.
    James Potter le tenne le dita tra le proprie e le circondò un fianco con la destra. Non riusciva a credere che stesse accadendo. Mosse avanti un passo e la Evans arretrò, seguendolo, poi la puntina trovò la giusta sede e il suono degli archi si diffuse nella stanza assieme ad una voce femminile gorgheggiante e loro ballarono senza alcuna corrispondenza con la musica. Lily sorrideva, gli occhi ancora lucidi, ma non più tristi, fissi in quelli scuri di Potter e, mentre la voce taceva e suonavano i violini, lui si chinò a sfiorarle le labbra in un bacio imprevisto.
    “So anch'io la virtù magica d'un guardo a tempo e loco, so anch'io come si bruciano i cori a lento foco” tornò a cantare la voce incisa sul disco, prima che la puntina saltasse di nuovo fuori dal solco e la musica tacesse un'altra volta, ma né James né Lily se ne accorsero. Avevano smesso di ballare, ma erano ancora vicini, gli occhi negli occhi, le guance di lei appena un po' colorate nella fioca luce del caminetto.
    « Credo… » si schiarì la voce James « credo che sia davvero una scatola magica » le disse, facendola sorridere e, allora, la baciò di nuovo.




 
La musica! Una magia al di là di tutto ciò che facciamo. (Albus Silente) 
 


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Note:
  1. “… credi che io voglia essere un… un mostro? [HP e i Doni della Morte, “La storia del principe”] - Harry assiste a questo dialogo tra sua madre e sua zia, attraverso i ricordi di Piton.
  2. La musica! Una magia al di là di tutto ciò che facciamo” [Albus Silente – HP e la Pietra filosofare]
  3. La ff si è classificata seconda al contest “Harry Potter all'opera” indetto da Matilde di Shabran sul forum di EFP con la citazione: “So anch'io la virtù magica d'un guardo a tempo e loco, so anch'io come si bruciano i cori a lento foco.” [“Quel guardo il cavaliere” da Don Pasquale di Gaetano Donizetti]
    Potete ascoltarla su: Youtube e leggere il testo.

    Come sempre, vi aspetto sulla mia pagina FB!


 


   
 
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