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Autore: BlackSwallow    20/04/2015    6 recensioni
Dal primo capitolo:
Appena superò la leggera curva della spiaggia vide, a un centinaio di metri di distanza, due ragazzi: uno messo di spalle e l’altro di fronte. Quello di fronte lo riconobbe quasi subito. Come non riconoscerlo? Biondo, alto, occhi azzurri e una cicatrice nel labbro: Jason. L’altro non riusciva a ricordarlo. Era senza maglietta, aveva i capelli neri, spettinati, che sfioravano le spalle; la figura era abbastanza alta e slanciata e brandiva una spada nera in ferro dello Stige. Percy si fermò un attimo. Come poteva essere lui? Come poteva essere cresciuto così tanto? Era vero che era un po’ che non lo vedeva, ma l’ultima volta era ancora un bambino! Non poteva essere lui.
[Pernico]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ringrazio tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo e anche i lettori silenziosi (se ce ne sono).
Spero che questo capitolo vi piaccia e come al solito mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :)

Capitolo 3

Percy ritornò alla realtà quando la sua ragazza lo strinse più forte. Erano andati in spiaggia dopo pranzo, e adesso erano abbracciati come farebbero tutte le coppiette. Sentiva il corpo caldo di Annabeth accanto al suo, la sua testa bionda appoggiata sulla spalla e il braccio sulla schiena, mentre lui aveva il capo appoggiato a quello di lei e un braccio a circondargli la vita. Non sapeva dire il perché ma si trovava a disagio messo là, come se non fosse il suo posto. E poi visto che Annabeth non parlava, Percy si era perso nei suoi pensieri. Non riusciva a togliersi dalla testa il tono gelido che Nico aveva usato per dirgli che la figlia di Atena era la sua fidanzata. ‘Adesso lo è.’ Aveva detto. Beh, era vero però c’era qualcosa che stonava nella mente di Percy. Quel pensiero ne scaturì un altro, ovvero: perché si era arrabbiato pensando che Annabeth fosse la sua ragazza? Non ne vedeva il motivo. Ma quello che soprattutto non riusciva a capire era il perché si era sentito così in colpa quando aveva sentito quell’affermazione. Di come l’aveva pronunciata Nico, sembrava che dientro ci fosse una colpa, e quella colpa era di Percy. Si diede dello stupido quando Annabeth lo strinse più forte. Quale ragazzo sano di mente si sarebbe messo a pensare a queste cose mentre era accoccolato  alla sua ragazza? Probabilmente nessuno, quindi si decise a godersi quel momento. Peccato che il suo cervello la pensasse diversamente, perché gli faceva tornare in mentre sempre Nico. Avanti, concentrati sei tu che comandi qua dentro! Si disse. L’unica cosa su cui riuscì a concentrarsi era il suo stomaco vuoto. Si maledì per aver passato in pratica tutto il pranzo a fissare Nico che rideva e scherzava con quei due dannati biondi. Ecco di nuovo, Nico era nella sua testa. Cercò di non emettere nessun suono frustato e guardò la testa bionda di Annabeth. Ora invece tratenne un sospiro. No, decisamente non si trovava a proprio agio.

A un certo punto Annabeth sospirò beata “Lo sai, Testa d’Alghe, ogni volta che ripenso al Tartaro in un certo senso sono felice… e lo sai perché?” Percy scosse la testa. Perché mai uno sarebbe stato felice ripensando a quell’inferno? “Perché quando ti sei buttato per me è stato come se con quel gesto ci avessi legati per l’eternità. ” Un brivido freddo attraversò la schiena del ragazzo. “Ci credi? Ci sono ancora persone che dicono quanto tu sia stato dolce a buttarti solo per la tua ragazza, solo per me.” Continuò Annabeth mentre Percy si accigliò. Sul serio la pensava così? Che si era buttato solo perché era la sua ragazza? Si sarebbe buttato anche per Jason o Hazel o anche per il primo passante a caso. Atena gli aveva detto che il suo difetto fatale era la lealtà verso gli amici quindi trovava impossibile lasciare andare al Tartaro un suo amico per salvarsi, avrebbe sicuramente preferito morire che lasciare cadere da solo qualcuno nel Tartaro. Nico è caduto da solo. Gli disse una stupida vocina. Percy strinse i pugni sia pensando a tutto quello che aveva dovuto subire quel povero ragazzino, sia per star pensando di nuovo a Nico.“Hey va tutto bene?” chiese la ragazza scostandosi. Percy girò la testa verso di lei, facendo incontrare i suoi occhi verdi con quelli grigi di Annabeth. Era sempre stato un pò intimidito da quegli occhi, gli stessi di Atena, che esprimevano saggezza, riflessione, ragionamento (tutte cose sconosciute a Percy) ma allo stesso tempo riuscivano ad essere belli e molte volte minacciosi. Ma sicuramente non erano gli occhi più impressionanti che avesse visto. Certo, il blu elettrico di Zeus l’aveva ‘fulminato sul posto’, il verde di suo padre, Poseidone, l’aveva fatto sentire come in mezzo all’acqua, il fuoco di Estia l’aveva fatto sentire accolto ma nessuno poteva competere con il  nero di Ade. Ade era stato il primo dio che si mostrava da dio davanti a lui. Imponente, autoritario, serio, insomma si comportava da… dio. Ma erano stati i suoi occhi a farlo tremare. Gli occhi di Ade che erano divenuti gli occhi di Nico. Sembravano fatti di oscurità distillata, liquida, che faceva confondere l’iride con la pupilla. Sembravano più profondi del Tartaro, un abisso senza fine. Mentre li guardavi ti ci potevi perdere dentro, entrare e non uscire mai più. Ma anche con tutta quell’oscurità, era evidente il fuoco che brillava dentro. Un fuoco che aveva il potere di incenerirti, era un fuoco che ti faceva sospettare di avere di fronte un genio oppure un pazzo e conoscendo Ade, Percy avrebbe detto un misto fra i due, e conoscendo Nico… avrebbe detto lo stesso. Nico assomigliava davvero tanto ad Ade, più di quanto pensasse. Avevano quell’intelligenza subdola che Atena non aveva, usavano l’astuzia con l’inganno. Certo, doveva ammettere che Percy non l’aveva molto apprezzata quando Nico aveva usato quell’intelligenza contro di lui per portarlo al Palazzo di Ade ma comunque era una cosa che non andava nè sottovalutata nè sminuita. Essendo semidei era più utile di quanto si potesse pensare.

Percy sbattè le palpebre e si riprese da quella specie di trans. “Scusa è che stanotte non ho dormito molto bene…” mentì con la prima bugia che gli passava in mente. “Incubi?” chiese gentilmente la ragazza accarezzandogli la spalla. “Già.” Le rispose e Annabeth annuì, comprensiva. “Se vuoi ti lascio riposare.” Percy sorrise. “Grazie.” La bionda sbattè un paio di volte le palpebre un po’ turbata dalla risposta come se quella proposta di lasciarlo riposare era stata fatta solo per gentilezza, ma comunque si alzò riluttante e se ne andò, non prima di aver dato un bacio appassionato a Percy. Così il figlio di Poseidone rimase con i suoi pensieri che continuavano ad andare sempre nella stessa direzione. Cavolo perché non gli voleva uscire dalla testa Nico? Diede la colpa al figlio di Ade e al suo modo di comportarsi. Se non l’avesse fatto sentire in colpa con quel “Adesso, lo è.” non avrebbe passato mezzo pomeriggio a pensarlo. Si, era sicuramente colpa di Nico. Ed era sempre colpa sua se ora il suo stomaco brontolava. Invece di mangiare a pranzo era rimasto a fissare il tavolo dove il suddetto ragazzo sedeva con Jason e Will. Santi dei, che cavolo ci faceva Will a quel tavolo?! Non sapeva che era una regola sedersi con i propri fratelli? Da quanto ti importanto le regole? Gli sussurrò sempre la stessa vocina nella testa e lui finse di non averla sentita. Era già abbastanza irritato per non aver mangiato e per visto il figlio di Ade parlare, scherzare e ridere con Jason e Will. Se ci pensava si sentiva come rodere dentro. E no, non gli piaceva affatto nè la sensazione nè la prospettiva di guardare per il resto dell’estate Nico che si divertiva con due idioti. Non che gli dispiacesse vedere Nico felice, ci mancherebbe (e poi era davvero bello vederlo sorridere.. o era davvero bello mentre sorrideva?) ma voleva sentirsi partecipe della contentezza del minore, voleva sentirlo parlare della sua giornata, voleva essere lui a scherzare con Nico e voleva essere lui la causa del suo sorriso e di quella risata. Non si spiegava il perché, voleva solo che fosse così. Probabilemnte era perché era l’unico ragazzo seduto da solo e si sentiva escluso. Già, doveva essere proprio così.

[…]

Il figlio di Poseidone sbattè le palpebre, e non appena aprì gli occhi vide il cielo azzurro. Senza accorgesene si era addormentato in spiaggia e ora si sentiva tutto indolenzito come un vecchietto. Si alzò e si stiracchiò mentre le sue ossa ‘scricchiolavano’. Chissà che ore sono… si chiese ma a giudicare dal sole doveva essere pomeriggio inoltrato. Decise di andare a fare qualcosa, il problema era cosa e con chi. Il suo primo pensiero fu Nico e si diede una manata nella fronte. Era possibile che qualunque cosa pensasse in qualche modo c’entrava anche Nico? Ovviamente no. Era che le cose che pensava riguardavano tutte Nico quindi era impossibile non pensarlo. Come era impossibile non pensare a sua madre se vedeva del gelato al puffo. Percy si leccò le labbra. Buonooo. Pensò mentre evitava di sbavare. Dovrei farlo provare a Nico...??  Il figlio di Poseidone emise un suono frustato. Quel figlio di Ade gli aveva fritto il cervello. Era tutta colpa sua se lo pensava in continuazione perché lo stava facendo sentire in colpa e siccome Percy non riusciva a far sparire quella fastidiosa sensazione al petto, non riusciva a levarselo dalla testa. Doveva tenere occupata la mente, doveva fare qualcosa di impegnativo come… come combattere. Gli sembrò subito una fantastica idea e senza pensarci due volte si diresse verso l’arena. Non appena entrò però, se ne pentì. Era tutto simile alla mattina prima. Da una parte c’era Nico, dall’altra Jason che combattevano al centro dell’arena. Stranamente non c’era nessuno a vedere il loro combattimento e Percy si chiese se i ragazzi del campo capivano che non era da tutti i giorni vedere un figlio di Ade contro uno di Giove. Poco importava, si sedette sulle gradinate. Si sentì un poco offeso quando Nico non lo notò. Era così preso da Jason che nemmeno lo vedeva? E si sentì anche un po’ arrabbiato con Jason. Perché diavolo stava appiccicato a Nico come una gomma da masticare? Che era la sua ombra? O si credeva la sua guardia del corpo? Sospirò e seguì il combattimento. Si perse ad osservare i due ragazzi, o meglio si perse a guardare Nico. Il figlio di Ade era senza maglietta, sudato, con la spada nera in mano in pieno contrasto con il candore della sua pelle. Percy dovette ammettere che era un degno figlio degli inferi. Non solo perché con quella spada si muoveva armoniosamente, come se la lama nera facesse parte del suo corpo, ma anche perché mentre si allenava aveva un aspetto regale, da principe. E che principe! Di solito non badava all’aspetto dei suoi amici, soprattutto se erano dei ragazzi, ma adesso gli sembrava impossibile non accorgesene. Nico era bello. Davvero bello. Non quella bellezza da copertina delle riviste per ragazze ma una bellezza diversa, quasi… dannata. Insomma senza maglietta, jeans neri, anfibi e una spada nera come un incubo c’è l’aveva l’aspetto del tipo bello e dannato. Non che fosse una cosa brutta, insomma era così WOW!

Continuarono a combattere senza notarlo e quando Percy decise di farsi vedere, il cielo tuonò e un fulmine cadde vicino a Nico. Il figlio di Ade spalancò gli occhi. “Ma che diavolo era?!” Jason aggrottò le sopracciglia. “Un fulmine?” chiese con ironia e Nico lo guardò male mettendosi a braccia conserte. “Avevamo detto niente fulmini ne scheletri, Grace! Hai barato.” Gli disse tra l’arrabbiato e il seccato mentre Percy cercava di capire se era terrorizzato che un fulmine stesse per colpire Nico o felice perché il figlio di Ade si stesse arrabbiando con Jason. “Eravamo in stallo! Era inutile, continuare così, no?” A giudicare dall’occhiataccia di Nico era un no.

Il figlio di Ade si girò dirigendosi verso l’uscita senza una parola e Percy potè vedere come Jason cambiò espressione e si mise a inseguire il minore. Non sapeva perché ma all’idea che Nico e Jason litigassero, Percy si sentiva gongolante come se ci fosse una specie di soddisfazione. “Nico! – lo chiamò Jason- dai non pensavo che- AHHH!” Jason gridò sorpreso quando Nico, senza preavviso e con una mossa fulminea, gli prese il braccio, glielo girò dietro la schiena, facendo inginocchiare il biondo, e gli mise il filo della spada alla gola. Il moro sorrise, il che era un po’ inquietante dato che poteva decapitare Jason solo con una mossa. “Ho vinto io, Grace. E’ questa è la numero 542. Ti ho superato.” Gli disse con un sorriso soddisfatto e poi lo lasciò andare. Jason lo guardò male mentre si metteva a braccia conserte, seduto per terra. “Intanto mi hai superato di uno. Ti ricordo che le mie vittorie sono 541 e comunque hai barato. L’hai fatto apposta di fingerti arrabbiato per farmi abbassare la guardia!” si lamentò. Nico ridacchiò. “Tu mi volevi arrostire, qual è il problema?” Jason socchiuse gli occhi “Lo sai che non ti volevo fulminare veramente.” Nico ridacchiò ancora. “Oh, perdonami, sono così abituato ai fraintendimenti! Intanto però ti ho superato, biondino”. Jason scosse la testa e sbuffò, facendo per parlare ma vide Percy e si bloccò. “Hey! Da quando sei qua?” lo salutò. Percy si alzò mentre Nico si girava e alzava un sopracciglio. “E tu da dove sbuchi?” Lui cercò di ignorare il fatto che sì, Nico non l’aveva nemmeno notato e disse mentre li raggiungeva “Un po’ prima che Jason provasse a fulminarti.” Nico ridacchiò guardando il biondo. “Non ci sarebbe mai riuscito.” “E’ una sfida?” disse in tono autoritario l’altro. “No. No, è un dato di fatto- il cielò tuonò e Nico, guardando prima il cielo poi Jason, continuò- Che può essere contestato.” Jason fece un sorrisetto e si rivolse al figlio di Poseidone “Allora Percy quale buon vento di porta qui?” Percy fece spallucce. “Avevo voglia di allenarmi un po’, ma se volete continuare voi non fa nien-” “Santi numi- venne interotto da Jason- Mi sono dimenticato dell’appuntamento con Piper!” Il figlio di Giove si alzò in fretta. “Quale appuntamento?” chiese Nico. “Ma come quale appuntamento! Quell’appuntamento, Nico!” disse mentre prendeva le sue cose freneticamente. La bocca di Nico prese la forma di una ‘o’ e disse: “Ma certo quell’appuntamento! Beh mi sono dimenticato di dirti che quell’appuntamento è stato annullato.” Jason si girò verso di lui, facendo un sorriso tirato. “No, Nico, ti ricordi che-“ “Si- lo interruppe il figlio di Ade- ma Piper, prima di venire qui, mi ha detto di riferti che ha avuto un  impegno improvviso e non può venire.” Gli occhi di Jason mandarono lampi. Ma che stanno facendo? Si chiese Percy. “Oh, ma certo! Piper me l’ha detto che ti ha incontrato ma quando ha incontrato me a detto che si era liberata, quindi devo andare a quell’appuntamento, Nico.”  Stava per dirigersi verso l’uscita quando Nico afferrò il suo braccio. “Sei sicuro che devi andare Jas?” disse il figlio di Ade con una nota di minaccia, fissando i suoi occhi neri in quelli azzurri di Jason. Il biondo perse un po’ di colore e deglutì. “Umh.. si, mi dispice… ci vediamo!” si liberò della presa di Nico, che si mise a braccia conserte seccato. Proprio sulla soglia Jason si fermò, si girò e gridò. “Percy! Se ti chiama con un soprannome dattela a gambe!” Percy lo guardò confuso mentre quello scappava e Nico gridava: “Tanto non puoi scappare per sempre, Grace!”.

Quando Jason fu fuori, Nico sospirò. “Che stavate facendo prima?” Il figlio di Ade lo guardò confuso. “Quando?” “Poco fa- rispose Percy- quando parlavate dell’appuntamento. Vi comportavate in modo strano.” Nico arrossì leggermente. “Oh, l’hai notato.” Percy aggrottò le sopracciglia. “Credi che sia così stupido?” “Umh.. no, però non sei mai stato molto attento in certe cose… comunque non ti preoccupare era solo una cosa stupida che fa Jason a volte.” Percy alzò le spalle mentre pensava che in effetti non aveva mai prestato attenzione a certe cose, di solito non gli importava più di tanto. Si, ma adesso c’entrava Nico. Pensò per poi sentirsi confuso. “Che significa che hai vinto 542 volte?” chiese allora. Nico sorrise orgoglioso. “Io ho vinto 542 volte in tre anni contro Jason e lui ha vinto 541 volte contro di me”. “Quindi vuoi dire che tu hai perso 541 volte e lui 542?” Nico aggrottò le sopracciglia. “In teoria si, ma preferisco l’altra versione. Insomma è fa più figo dire ho vinto 542 volte che ho 541 volte. No?” Percy annuì. “Già… quindi avete combattutto.. umh.. quante volte?” Nico si passò una mano fra i capelli. “Umh… quindi sarebbero mille e… umh… 1083 volte. Senza contare le parità anche se sono al massino tre e quelle che non abbiamo completato che saranno un quattro-cinque.” Percy si pentì di essere chiuso nella sua normalità insieme ad Annabeth. Si sarebbe divertito ad allenarsi con i suoi amici quasi ogni giorno per tre anni. “Allora?” chiese il figlio di Ade dopo qualche minuto di silenzio, Percy aggrottò le sopracciglia “Allora cosa?” Nico ridacchiò “Ma che hai? L’Alzheimer? Ti ricordi una cosa di sette anni fa e non ti ricordi una cosa che hai detto neppure da cinque minuti? Ti vuoi allenare o no?” La bocca di Percy diventò un ‘o’ , si in effetti se l’era dimenticato. “Emh,.. si certo ma se ti vuoi riposare prima..” l’altro scosse la testa sorridendo. “Non ho bisogno di riposare” così Percy sguainò vortice e Nico si mise di fronte a lui.

Percy fu il primo ad attaccare ma Nico lo schivò senza troppi problemi, provò ancora e questa volta il figlio di Ade lo fermò con la spada nera. Ora che ci pensava, Percy, non si era mai battuto contro Nico. Non aveva mai avuto quel privilegio. Non aveva mai incrociato la sua spada con quella di Nico. Nel frattempo le spade stridevano al contatto che nessuno dei due aveva intenzione di interrompere. Poi Percy vide un piccolo ghigno farsi strada nel viso del più piccolo e nonostante quest’avvertimento non riuscì a intercettarlo quando Nico prima oppose più resistenza, facendo mettere più forza al più grande, poi allentò la presa all’improvviso in modo tale che Percy cadesse in avanti per l’eccessiva forza. Infatti il figlio di Poseidone inciampò in avanti, avrebbe anche potuto ribattere se non fosse stato distratto dal torso nudo dell’altro. Liscio e tonico. E perfetto. Quindi cadde a terra a faccia in giù, quando la voce di Nico lo raggiunse “Avanti, Jackson, impegnati di più.” disse sornione. Percy si alzò, ora deciso più che mai a vincere “Okay, vuoi la guerra? E che guerra sia!” Anche lui si tolse la maglietta, non sapeva perché ma ora gli sembrava solo ingombrante, e vide il più piccolo indugiare sul suo torace.  “Pronto a perdere, Di Angelo?” Nico si riscosse e fece un sorriso dispiaciuto “Di solito non faccio vincere gli avversari di proposito” ribattè. Percy ridacchiò prima di attacare.

Percy non seppe dire per quanto tempo continuarono ma doveva essere da parecchio perché il sole stava tramontando ed erano entrambi stremati e sudati ma nessuno dei due voleva arrendersi. Anzi Percy aveva chiesto la parità ma Nico aveva risposto  “Se vuoi, puoi sempre dare forfè e proclamarmi vincitore!” quindi no. Niente parità. Non gli avrebbe dato la vittoria. Anche se forse la meritava: era bravissimo. I suoi movimenti erano agili e precisi, ben pensati con una strategia sotto. Quindi Nico non era solo dannatamente bello, ma anche bravo e intelligente. Chissà se è fidanzato. Pensò Percy. Sarà una ragazza fortunata. Continuò a riflettere il figlio di Poseidone, ma in cuor suo sperava che Nico fosse scapolo. Non sapeva perchè ma se immaginava Nico che si sbaciucchiava con una ragazza (a dir la verità anche una persona qualsiasi come un certo figlio di Apollo) gli dava fastidio. E perché lo considero un fratello, e voglio solo il meglio per lui. Si disse. Sì, deve essere così.

Percy fu strappato ai suoi pensieri quando si ritrovarono di nuovo con lo stridio di spade. Percy si perse un attimo a guardare il più piccolo. Ansimava, con i capelli davanti agli occhi scuri, le braccia a tenere la spada non erano troppo muscolose ma sicuramente forti, il petto si alzava e abbassava ritmicamente. Aveva i pettorali appena accennati come se volesse fare vedere che era forte ma non volgare. Come in un deja-vu la bocca di Nico prese la forma di un ghigno, non cattivo, ma di quelli che ti dicono “Ah-ah! Fregato!”. Percy avrebbe voluto dirgli che due volte lo stesso trucco non può funzionare , almeno, non lo stesso giorno con la stessa persona. Così il figlio di Poseidone, questa volta, convinto che l’avversario allentasse la presa, allentò la propria non capendo che Nico aveva invertito tattica. Nell’attimo in cui Percy allentò la propria presa sulla spada, il figlio di Ade con uno scatto fulmineo intensificò la propria facendo perdere Anaklusmos e l’equilibrio al ragazzo dagli occhi verdi. Percy cadde all’indietro e non ebbe il tempo nemmeno di alzarsi sui gomiti che una lama nera si conficcò nel terreno a pochi millimetri dall’orecchio sinistro. Sopra di lui, Nico, sorrideva trionfante con il sole dietro che non permetteva a Percy di guardarlo in viso. Percy fu attraversato da una scossa. Come quando era stato colpito dal fulmine. In quel momento, si rese conto di Nico. Come se nei sette anni precedenti fosse stato addormentato e ora un terremoto l’avesse svegliato a fargli vedere che Nico c’era, esisteva. Solo ora si rese conto che prima di allora lo aveva sempre considerato, nella sua vita, come una postilla, un dettaglio che si poteva trascurare, a volte addirittura l’aveva trattato con non sufficienza come se nella sua vita Nico fosse un opzione di cui si può fare a meno. Invece, ora, con quel terremoto si era accorto che Nico non era una semplice postilla. Nico non era un dettaglio trascurabile. Percy si era accorto solo adesso che Nico, nella sua vita, era un dettaglio fondamentale, insostituibile che se mancava tutto il resto sarebbe caduto a pezzi. Dove sarebbe lui senza Nico? Chi avrebbe salvato la situazione al Laboratorio di Dedalo? Chi avrebbe fermato Crono dall’inseguirlo? Chi gli avrebbe dato la chiave per la sconfitta di Crono? Chi si sarebbe sacrificato per tutti gli altri buttandosi nel Tartaro? Chi avrebbe guidato i suoi amici in Grecia? Chi gli avrebbe insegnato che non bisogna mai arrendersi? Chi gli avrebbe insegnato l’importanza di una promessa? Chi? Nessuno, ecco chi. Nico c’era stato per tutte quelle cose e per molte altre che Percy non ricordava. Era là e non se n’era mai accorto. “Percy va tutto bene?”chiese il più piccolo. Percy non rispose, continuò a guardarlo. Forse non rispose perchè non c’era niente da dire. Nico lo guardava dall’alto con la fronte aggrottata, e gli occhi neri fissi su di lui. Tra i suoi capelli filtravano i raggi del sole, rossi per il tramonto. Nico con la luce del sole come contrasto era davvero.. Percy non finì il pensiero che il più piccolo si inginocchiò accanto a lui “Hey, stai bene? Mi stai facendo preoccupare.” Percy studiò il suo volto: era là, il bambino che aveva salvato sette anni prima. Cresciuto e più maturo, ma era lui. Il volto aveva perso i tratti infantili per passare a quelli adolescenziali. Nico. N-I-C-O. Era sempre lui. Era sempre lui il bambino fissato con Mitomagia, era lui il bambino chiacchierone e entusiasta per qualsiasi cosa. Era sempre lui, il ragazzino introverso e triste, quello che aveva fatto finta di non cnoscerlo, quello che si era buttato nel Tartaro, quello che aveva portato l’Athena Parthenos al Campo Mezzosangue. Era lui. Ma Percy dov’era stato? L’aveva lasciato da solo. Le sue braccia si mossero da sole, circondarono il più piccolo e lo attirarono verso di sé, abbracciandolo. “Emh… Percy?”  Come risposta il figlio di Poseidone lo strinse più forte, facendo toccare il proprio petto con quello del più piccolo. Sentiva il cuore dell’altro battere accanto al proprio e il petto alzarsi e abbassarsi in sincronia col suo. Perché Percy si sentiva strano? Si sentiva a suo agio, come se quello fosse il posto in cui doveva stare. Si sentiva bene a sentire il petto dell’altro sfiorarlo quando inspirava. Stava così bene. In quel momento realizzò quanto potesse essere bello abbracciarlo e sentire il suo cuore battere, vicino al proprio. I capelli di Nico gli solleticavano  il viso e profumavano di buono.

All’improvviso Percy ebbe la sensazione che qualcuno li stesse osservando e con la coda dell’occhio gli sembrò vedere una chiazza bionda che scappava. Forse se l’era solo immaginato. Si accorse che stava ancora abbracciando Nico.

Il ragazzo, nel frattempo, era rimasto fermo immobile e Percy decise che forse doveva lasciarlo andare e allentò la presa da cui il figlio di Ade uscì in fretta. Forse era il sole, o per la stanchezza dopo il combattimento ma il volto del figlio di Ade era tinto di rosso. Nico stava per dire qualcosa ma Percy lo precedette, alzando una mano.  “Va tutto bene, tranquillo.” Nico lo guardò interrogativo e Percy rise alzandosi “Sei stato bravo, davvero. Mi hai fregato.”  Il figlio di Ade era ancora un po’ perplesso ma sorrise imbarazzato. Era strano vederlo timido, di solito (in quel giorno, in cui era stato con lui), Nico stava con la testa alta e le spalle ritte come un principe, come suo padre, fiero, orgoglioso e sicuro di sé. Però anche da imbarazzato era carino. “Credo  che, prima di cena, ci dovremmo fare una doccia” commentò Percy guardandosi. Nico sbuffò “Questa sarebbe la terza volta che la faccio oggi… Mi denunceranno per spreco d’acqua.” Percy ridacchiò. Nico prese la maglietta arancione che era nelle gradinate e se la mise facendo una smorfia al  colore e Percy rise “Non ti piace vero?” Nico guardò la maglietta “Perché l’arancione? Mi andava bene il blu, il verde, l’azzurro ma l’arancione… sul serio?” Percy rise ancora divertito “Guarda che non c’è niente da ridere, la prima volta Jason e Will mi hanno dovuto immobilizzare per mettermela.” Percy continuò a ridere per mascherare il fastidio che l’aveva preso quando il figlio di Ade gli aveva detto di come Will e Jason gli avevano messo la maglietta la prima volta. Sarei potuto essere con loro. Pensò Percy mentre si sentiva rodere dentro. Nel frattempo Nico si era rimesso la maglietta mentre stava dicendo qualcosa che Percy non comprese. Era troppo concentrato a notare che per tutto il tempo era rimasto a fissare il torso nudo di Nico. Il figlio di Ade inclinò la testa da un lato. Che cosa adorabile! Pensò Percy. Aspetta cosa? Nico richiamò la sua attenzione schioccandogli le dita davanti alla faccia. “Percy!!” Percy deglutì. “Hai detto qualcosa?” Nico alzò gli occhi al cielo. “No - sospirò- adesso è meglio che vada, altrimenti non arrivo in tempo per la cena.” A Percy non andava di rivedersi a cena. Voleva rimanere con lui a parlare e scherzare, ma anche lui aveva bisogno di una doccia per cui disse. “Okay, ci vediamo dopo.” Sorrise. Nico gli fece un sorriso sornione “Ci vediamo a cena, perdente.” Prima che il maggiore  potesse ribattere, quello stava già correndo via. Percy rimase imbambolato lì per un po’, poi scosse la testa e si mise a ridere. Il ragazzo prese la propria maglietta e se la mise, uscendo dall’arena.

Aveva intenzione di andare a farsi una doccia ma fu fermato da una voce che lo chiamava. “Percy!!” Cercò di mettere su un sorriso. “Hey!” salutò la sua ragazza che non appena gli fu vicina gli diede un bacio sulle labbra. Percy davvero non capiva, che bisogno c’era di tutto quel contatto fisico? Secondo lui non c’era bisogno di baciarsi ogni benedetta volta che si incontravano. Percy gliel’avrebbe voluto chiedere se era necessario baciarsi ogni santa volta ma beh, se per lei era così importate. “Come mai sei tutto sudato?- chiesa la ragazza, riportandolo alla realtà- non eri stanco?” adesso c’era una nota di disappunto nella sua voce. “Umh.. già però Nico mi ha pregato di allenarci insieme e siccome era da parecchio che non ci vedevamo…” mentì. Annabeth sospirò. “Sei troppo buono, Testa D’Alghe. Ora glielo vado a dire io che sei stanco e che per oggi non ti deve disturbare più.” “NO!” si lasciò sfuggire lui. La bionda alzò un sopracciglio. “Perché no?” “Perché… perché Nico è un ragazzo timido! E se gli dici così non mi parlerà più!” Annabeth sospirò. “Come vuoi tu, Testa D’Alghe.” “Io… umh… vado a farmi una doccia!” disse e Annabeth si avvicinò a lui. I loro visi si sfioravano. “Potremmo farci la doccia insieme.” Sussurò la ragazza e Percy avvampò. “M-magari un’altra volta, eh?” balbettò prima di correre via. Non appena entrò nella sua cabina si fiondò nella doccia. Stupido! Stupido! Stupido!  Quale ragazzo sano di mente avrebbe risposto così alla sua ragazza che gli proponeva di fare la doccia insieme? Non appena l’acqua gli cadde addosso si sentì subito meglio. Scacciò il pensiero di Annabeth e della sua proposta e si concentrò invece sul fatto che era da tanto che non passava un pomeriggio come quello che aveva passato con Nico. Si era divertito, si era sentito strano, si era sentito felice, per davvero. Certo quando passava il tempo con Annbeth era pure felice ma… si, insomma non era la stessa cosa. Era una specie di felicità monotona. Il figlio di Poseidone scosse la testa e uscì dalla doccia, prendendo dei vestiti. Si chiese se anche Nico si stesse vestendo. Mentre indossava la maglietta del campo guardò il libro sopra la scrivania. In teoria due settimane dopo aveva un esame, ma in quel momento non se ne curò.

Così uscì e si diresse verso la Casa Grande pensando a Nico, Annabeth, Nico, l’università, Nico, l’esame che doveva dare tra due settimane, Nico e…. aveva già pensato a Nico? Quando entrò guardò i tavoli in cerca di una testa corvina ma con suo dispiacere non la vide. Si sedette al suo tavolo da solo e guardò in giro mentre gli altri ridevano con i propri fratelli. Chissà come stava Tyson. Era da tanto che non lo sentiva. Dopo poco vide Nico entrare con gli Stoll, uno a destra e l’altro a sinistra, nemmeno fossero le sue guardie del corpo. Il minore lo salutò con un cenno e si sedette al tavolo 13, che per sfortuna di Percy, era lontano dal numero 3. Nemmeno due minuti dopo entrò Jason che si sedette subito accanto a Nico, un pò troppo vicino. Forse dovrei chiedere a Chirone di potermi sedere con loro. Pensò così si guardò intorno ma non c’era traccia né del centauro, né del Signor D. Non che avrebbe fatto differenza. Così Percy dovette restare seduto al suo tavolo da solo, a mangiare la sua pizza e bere coca cola blu. Se cinque minuti prima avrebbe giurato di avere una fame da morire adesso, con Jason che era seduto-appiccicato a Nico, aveva solo voglia di vomitare. Mentre Percy mangiava vide Nico prendere un colorito rosso stile vacca-di-apollo. Chissà che gli sta dicendo Jason. Si chiese. Neppure cinque minuti dopo ecco Will Solace sedersi di fronte a Nico. Avrebbe tanto voluto dargli un colpo in testa, così senza motivo. Will disse qualcosa e Jason, sorridendo vittorioso, disse qualcos’altro che fece saltare sù Will dalla sua panca urlando “NICO, SUL SERIO?!” Percy sbattè le palpebre guardando il figlio di Apollo che era con le mani appoggiate sul tavolo e inclinato in avanti verso Nico (ancora più rosso) e Jason che si erano ritratti indietro. Will continuava a fissare  il figlio di Ade con una faccia tra lo sconvolto e lo stupito, poi però si rese conto che tutta la mensa lo stava fissando. Il biondo deglutì visibilmente, mentre Jason si prendeva un bicchiere e se lo portava alla bocca, per nascondere il suo sghignazzare. “Emh… mi hanno… mi hanno appena detto che si è… ha perso la verginità!” prima silenzio, poi i ragazzi scoppiarono in urla, grida e fischi, mentre il cuore di Percy sprofondava. Non era sicuro di quello che stava succedendo ma la realtà gli sembrò meno vera, come se fosse ovattata. Esisteva solo lui, il sangue che gli pulsava nelle orecchie e quella sensazione di vuoto nel petto. Percy venne riportato alla realtà da qualcuno che lo urtò per poi andare da Nico a dirgli qualcosa. Il figlio di Ade avvampò guardando male Will mentre Jason ridacchiava. Che l’avesse persa con Will? No… non sarebbe stato così sorpreso. Con gli Stoll? Aveva sentito che c’erano persone che facevano cose a tre… ma no, per quanto potesse essere traviato, Nico aveva pur sempre degli standard. Con Jason? No… era, felicemente fidanzato con Piper. Ma allora con chi? Qualche figlia di Demetra? Sicuramente con qualche biondo/a. Infondo Nico aveva una predilezione per i biondi, pensò il figlio di Poseidone guardando con chi era seduto Nico. Strinse i denti. Chi era stato a traviare il suo Nico? Doveva saperlo, subito… Fermi tutti. Da quando chiamava Nico ‘il suo Nico’. E’ come se fosse mio fratello. Si disse. Non posso non essere preoccupato per lui. Ma in quel momento voleva solo prendere quel ragazzo/a è torcergli il collo ma beh, non credeva che qualcuno l’avrebbe approvato, e poi non sapeva chi era quindi abbassò lo sguardo concentrandosi sul suo piatto.

Percy notò che, Nico, non appena finì la cena sgusciò via dalla mensa ancora parecchio imbarazzato. Che cosa adorabile. Pensò. Si alzò pure lui, con l’intenzione di seguirlo ma una certa figlia di Atena lo fermò e lo intrappolò mettendolo tra un muro e lei. Quindi a meno che non fosse capace di rompere un muro con la sua capoccia, doveva affrontare la sua ragazza. Meglio dieci punti di sotura nella mia testa che affrontarla. Pensò, ma prima che potesse provare a fuggire Annabeth parlò. “Perché ti sei comportato così?” chiese stizzita. Percy deglutì. Non poteva mica dirle che già baciarsi ogni cinque minuti gli sembrava assai, e quindi fare sesso gli sembrava totalmente eccessivo e imbarazzante. “Umh… mi dispiace- provò- ma vedi, non abbiamo mai fatto niente e beh mi hai colto un po’ alla sprovvista.” Era vero. In quattro anni non erano mai andati oltre baci, abbracci e carezze. Ma a Percy stava benissimo così, non aveva alcuna voglia di avere un contatto fisico più profondo. Nel senso che non avrebbe mai pensato di metterle una mano sotto la maglietta mentre si baciavano. La ragazza sospirò. “Si, forse hai ragione… ma è proprio per questo che volevo andare un po’ più in fondo, no? Non ti piacerebbe?” Percy avrebbe tanto voluto dirle che no, gli andava benissimo tutto così ma non era la risposta che si aspettava Annabeth. “Emh, si certo.” Lei sorrise. “Andiamo Testa D’Alghe! C’è il falò!” Lo prese per mano mentre lui guardava verso dove si era diretto il figlio di Ade. Ma io volevo andare da Nico.


   
 
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