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Autore: Emapiro95    20/04/2015    7 recensioni
Cosa succederebbe se la vita di un diciassettenne qualsiasi, che vive a Londra, venisse distrutta e stravolta dall'arrivo di un "exchange student?". Mi sono basato sulle mie esperienze personali per scrivere questo piccolo racconto, spero vi piaccia!
"Il mio nome è Jared Maycon, e questa è la mia storia, la storia di come tutta questa monotonia fu distrutta. Bastò il suo arrivo perché tutto cambiasse… Dalla “A” alla “Z”."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 16 – “Perspective”

And here we are!
Bene, non vi nascondo che questo capitolo ha un posto davvero speciale nel mio cuore, perché è forse quello che mi ha permesso di affrontare anche determinate cose nella vita di tutti giorni (quindi guai a chi me lo critica, eh! :'D Scherzo, ovviamente.). Non aggiungo nient'altro se non buona lettura e, come al solito, grazie perché mi continuate a seguire :)

p.s.
Come al solito vi invito a recensire: ogni recensione mi scalda il cuore, davvero :)




Subito dopo essermi chiuso la porta alle spalle, mi diressi diretto in camera mia, cercando di non fare alcun rumore che potesse portare su di me l’attenzione dei miei genitori. Mi levai tutti i vestiti di dosso e mi rifugiai nel box doccia, sperando che l’acqua lavasse via tutti i pensieri, e cercando di fuggire dal cellulare che, minaccioso, continuava imperterrito ad emettere il solito suono di notifica.
L’acqua calda quella volta non fu in grado di farmi scivolare di dosso i pensieri; anzi, sembrò amplificarli, creando una bolla tutt’intorno a me: condizione ideale per lo scorrere irrefrenabile di pensieri di qualsiasi tipo. Non che i miei pensieri variassero molto: Alex, la campanella, il quasi bacio, Lydia, Alex, la campanella, il quasi bacio… Non per forza in quest’ordine.
Il vapore sembrava voler volare via dal box doccia con la stessa velocità con cui le mie sicurezze, le mie certezze mi avevano abbandonato poco prima, quando ero stato a tanto così dal posare le mie labbra su quelle di Alex; quando l’idea di sbagliato, di inadeguato, aveva disertato la mia mente, permettendomi di posare le mani su quelle del canadese.
Amareggiato interruppi il getto d’acqua, girando del tutto la manopola della doccia, e mi avvolsi nell’accappatoio, caldo di termosifone; mi fermai di fronte allo specchio e, come fossi in un film, non mi riconobbi nella figura che, dalla superficie di vetro, ricambiava il mio sguardo confuso… E questo non a causa del vapore, che rendeva ogni immagine riflessa dallo specchio opaca e poco chiara, ma per colpa di qualcosa che era scattato dentro di me, qualcosa che sapevo essere cambiato, qualcosa di molto più profondo.
Mi mossi sul posto, cercando di far comparire il mio volto in un piccolo spicchio di vetro non ancora ricoperto dal vapore, e quello che vidi non fece altro che confermare le mie tesi, invocando in me quelle domande che avevo evitato per così tanto tempo da farlo, ormai, automaticamente; domande che ogni ragazzo della mia età dovrebbe porsi: Chi sono? Perché sono così? Quale vita mi aspetta? Sono felice? Sarò mai felice? Posso essere felice essendo me stesso?
Fissando il vuoto, mi strofinai i capelli per cercare di asciugarmeli e, contemporaneamente, di svuotarmi la testa non riuscendo ad accettare il fatto che domande del genere non se ne vanno via così, con un getto d’acqua o con uno strofinio vigoroso: sono domande che cercano una risposta, che succhiano via la vita fino a quando non ottengono ciò che vogliono, come tante piccole sanguisughe di emozioni, che si nutrono di aspettative e di ansie. L’unica cura conosciuta era trovare risposte… Attività in cui non mi ero mai allenato molto.
Una volta essermi asciugato e rivestito, spensi le luci del bagno e mi diressi in camera mia, dove mi sedetti alla scrivania, prendendo carta, pena e raccogliendo tutti i miei pensieri.

“Caro Kyle,
Scusa se non ti ho più scritto dall’ultima volta, ma davvero non so come ho fatto, in questi giorni, a ricordarmi di avere una testa sulle spalle e non la zucca di Cenerentola. Sul serio, sono successe tante di quelle cose che non so neanche da cosa iniziare, per riuscire a dare a questa lettera il senso che vorrei assumesse.
Ok, cercherò di andare per gradi, perché altrimenti potrei perdermi con la stessa facilità con cui un verme inizia a strisciare.
Bene. D’accordo. Sarà una lettera mooolto difficile da scrivere per me… Ma questo già te l’ho detto. Ok, sto tergiversando come al solito. Stop. Resetto tutto e cerco di parlare di cose serie:
Partirò, allora, da quando ti ho lasciato, ovvero prima di Halloween. Bene… Allora, tutto è iniziato quando io, Alex e Lydia siamo andati ad una festa in casa di uno di scuola nostra, Sid.
La serata è partita nel migliore dei modi, in maniera spensierata e, soprattutto, proiettata verso le aspettative di una festa in cui poter divertirsi.
Ok, forse non era partita così bene come voglio farti credere: ero pieno di ansie, e di pensieri che tu, e sottolineo TU, mi avevi messo in testa con quella tua ultima lettera (il caso ha voluto che la ricevessi proprio il giorno prima della festa, il 30 ottobre!).
In ogni caso, il giorno della festa avevo una confusione tremenda che mi vorticava in testa, nonostante le cose con Lydia si fossero “risolte”. Avevo paura di varie cose, ma soprattutto di quello che le tue parole avevano evocato in me. Oddio, la devo smettere di essere così prolisso e di fare tutte queste digressioni: finirò col rimanere senza fogli di carta per quando la lettera sarà finita.
Bene. Quindi siamo arrivati alla festa in sé, svoltasi in tutta tranquillità (soprattutto perché l’ho passata interamente con Alex, a parlare, del più e del meno, senza freni né contegno), fino a quando Joshua, ubriaco, non ha ribaltato completamente la situazione, facendo nascere una rissa – che io stesso ho dovuto interrompere – con un ragazzino che continuava ad urlargli cose come “finocchio!”, “ha detto che è un finocchio!” etc.
Che svolta inaspettata, eh?!
Lo sarebbe se io credessi anche solo ad una parola che esce dalla bocca di quell’energumeno. Gli ho fatto una visitina nei giorni dopo la festa, quando ho notato che si stava assentando da scuola, e ogni suo singolo atteggiamento non ha fatto altro che alimentare i miei dubbi nei suoi confronti. Nasconde qualcosa, ne sono sicuro… Ed Alex ci sta cadendo come un idiota… Ma questa è un’alta storia.
Subito dopo Halloween è successo quello che mai mi sarei aspettato, e che mai avrei voluto accadesse…”

La porta della mia stanza si aprì di colpo, lasciando lo spazio necessario affinché mia madre potesse affacciarsi. «Jared, tesoro, è pronta la cena.»
«Mamma!» Inveii incollerito, alzandomi di scatto dalla sedia della scrivania per correre a chiudere la porta. «Quante volte ti devo dire che devi bussare?!»
«Scusa…» Replicò mia madre dall’altro lato della porta di legno. Potevo sentire le sue labbra tendersi in un sorriso. Mi dovetti sforzare per non imitarla. «Arrivo tra un po’, iniziate pure senza di me, non preoccupatevi.»
«D’accordo ma non metterci troppo ché il cibo si fa freddo.»
«Ok ma’.» Dissi mente mi dirigevo nuovamente alla mia postazione. «Bene, dov’ero rimasto?» Borbottai tra me e me.

“... Mio padre si è presentato a Londra, pretendendo diritti persi da ormai un bel po’ di tempo: vuole che io e mia madre ci trasferiamo con lui a Parigi.
Problemi economici, dice lui. Fanculo, penso io.
Mi sento preso per il culo, Ky… Mi sembra come se tutto quello che è successo dalla fine dell’estate fino al giorno in cui, entrando in casa, ho trovato mio padre sia stata tutta una messa in scena.
Vorrei solo che me l’avessero detto. Che almeno uno di loro avesse avuto la decenza di avvertirmi. E’ anche la mia vita, fino a prova contraria.
Ok, ho speso anche troppe parole per colui che si definisce mio padre, ora è il momento di spiegarti le due cose più importanti, che non mi stanno lasciando in pace da quando sono accadute.
Prima di tutto devo ammettere, col senno di poi, che l’arrivo di mio padre a qualcosa è servito: grazie a lui ho stretto ancora di più i rapporti con Alex, la mia unica ancora in un momento di incertezze.
Consequenziale a questo nostro ulteriore avvicinamento è quello che sto per scriverti adesso.
Ci siamo quasi baciati.
O meglio: l’ho quasi baciato sulla panchina del cortile di scuola, mentre lui faceva quello che gli riesce meglio, ovvero ascoltarmi.
Non so cosa sia scattato in me, so solo che, mentre un momento ero lì a parlare di quanto mi desse fastidio il fatto che lui si stesse avvicinando a Joshua – non per gelosia, sia chiaro, ma semplicemente perché, come ti ho scritto prima, non mi fido di lui – e della mia rottura con Lydia – ah già, l’ho lasciata! – l’istante seguente la mia mano era sulla sua e i nostri volti erano così vicini da poter sentire il suo odore di pioggia estiva ed erba bagnata.
Non faccio altro che pensare e ripensare a quel mio gesto, arazionale ed impulsivo, portato avanti in un momento di debolezza e vulnerabilità emotiva.
Bene, con questo posso dire conclusa la mia lettera. Non so neanche perché ti scrivo, né cosa voglio sentirmi dire da te… So solo che stavo impazzendo tenendomi tutto dentro.

Grazie come al solito,
Jared.


Una volta conclusa la lettera, con la mano ormai indolenzita, imbustai i due fogli di carta e raggiunsi i miei genitori a tavola, dove mi aspettava un piatto ricco di pietanze, ormai fredde.



Era inizio dicembre ormai – più o meno una settimana lavorativa da quando avevo spedito la lettera a Kyle – quando ricevetti una sua risposta, che mia madre si precipitò a consegnarmi, neanche fosse una patata bollente.
Gli ultimi giorni a scuola erano passati lentamente, senza la compagnia di Alex a rendere le giornate più leggere ed interessanti. Non che lui non volesse stare con me dopo quanto accaduto, anzi… Aveva provato più e più volte, durante le ore scolastiche, ad avvicinarsi a me e a far partire un dialogo. Ero io quello che non riusciva a stare a meno di un metro di distanza dal canadese senza che le immagini di quanto accaduto giorni prima mi affollassero il cervello, liberando una scarica elettrica per tutto il mio corpo.
Quando vidi la lettera firmata da Kyle nelle mani di mia madre, quindi, mi fiondai a prenderla tra le mani e ad aprirla.
Dovetti rileggerla un paio di volte prima di carpirne il senso.

Ciao Jay,
Ti rispondo il prima possibile – a differenza di una persona di mia conoscenza, che impiega in media due mesi per scrivere una lettera – perché quello che mi hai scritto mi ha dato motivo di credere che sei alla deriva, e che – ovviamente – senza di me sei perso.
Allora, proverò anche io ad andare per punti, per farti capire quello che voglio dirti senza però farti arrabbiare né niente del genere.
Dunque… Partirò dalla questione di tuo padre perché, paradossalmente, è quella meno grave (nel senso che non hai bisogno di me così come ne hai bisogno per gli altri punti). Non credo sia giusto incolparlo di così tante cose “solo” perché vi dovrete trasferire a Parigi.
Non puoi partire dal presupposto che quella dei problemi economici sia una scusa, perché altrimenti non uscirai mai da questo turbine di rancore verso Paul.
Lo incolpi per aver lasciato te e tua madre da soli? Bene, allora vedi questo trasferimento a Parigi come un’occasione per recuperare il tempo perduto, per arrivare a conoscere tuo padre così come hai sempre voluto fare – perché so che l’hai sempre voluto fare, Jared – e per ricominciare la tua vita daccapo. Ne hai bisogno e, soprattutto, te lo meriti.
Ovviamente il tuo problema non è il trasferimento in sé e per sé, bensì l’idea di lasciarti dietro tutta questa parte di te. Quello che ti dico è: se tutto questo fosse successo prima dell’arrivo di un certo biondo canadese la tua reazione sarebbe stata completamente diversa. Spero che tu lo sappia.
Bene, adesso il vostro psicologo di fiducia passerà al punto seguente, siete d’accordo? Perfetto.
Il punto seguente è, ovviamente, Lydia… MA FINALMENTE, DICO IO!
Ok, ho dato anche troppa importanza a Lydia. Adesso, se voi permettete, mio caro cliente, passerei al punto saliente della lettera: Alex.
Non voglio perdermi in parole inutili, Jay, perché credo che così facendo non farei altro che peggiorare la situazione. Voglio solo provare a farti ragionare, senza freni né inibizioni… Esattamente come hai ragionato quando è scappato il “quasi-bacio”.
In tutti questi mesi in cui sei stato a Londra, da quando è finita l’estate, e in quelle altrettante lettere che mi hai scritto, se c’è una cosa che ho capito è che l’unica persona che deve ancora comprendere appieno i propri sentimenti per Alex e, soprattutto la propria vera natura sei tu (e con natura non intendo né etero, né gay, né bisessuale né tantomeno alpaca; intendo la tua vera essenza, il tuo centro, come dice Babbo Natale ne “Le Cinque Leggende”*).
Bene. Quindi… Voglio farti solo una domanda: a chi pensi quando hai bisogno di parlare, o di sfogarti, per un motivo o per un altro? Quando credi che il mondo ti stia per cadere sulle spalle, facendo di te poco più di una frittata, qual è il primo volto che ti salta in mente? Non sono io, non è Lydia, e non sono neanche i tuoi amici da quattro soldi.
Il motivo per cui non mi hai scritto in questo periodo – e, attenzione, non ti sto accusando – non è stato perché hai avuto un mese incasinato (che, oddio, è vero), ma è stato perché non hai pensato a me quando avevi bisogno di parlare di qualcosa con qualcuno. Hai pensato a lui, ed è giusto che sia stato così.
Non ti dirò cosa provi o non provi per lui, perché questo è qualcosa che solo tu puoi fare, facendo finalmente un’analisi di quelle che sono le tue idee – quelle veramente tue – e  le tue sensazioni, mandando a fanculo tutti quelli che hanno condizionato, fino a questo momento, la tua vita, in ogni sua sfaccettatura.
Ma sto degenerando, come si addice ad un vero retorico.
Quello che ti chiedo di fare è domandarti quanto hai compreso di te stesso da quando Alex ha varcato le porte della Walworth Academy.

*So che non l’hai visto… A volte mi chiedo come faccio ad essere tuo amico. Sul serio, come vivi?

Sempre tuo,
Kyle


Senza rendermene conto avevo iniziato a piangere, e il macigno dentro di me aveva iniziato a sciogliersi come l’inchiostro della lettera di Kyle.
   
 
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